La legittimità del licenziamento del dipendente bancario per violazioni antiriciclaggio
La Suprema Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la recente sentenza n. 24654/19, ha statuito la legittimità del licenziamento del dipendente bancario che viola la normativa antiriciclaggio.
Il ricorso proposto agli Ermellini richiedeva, in particolare, la cassazione della statuizione di secondo grado della Corte d’Appello di Catanzaro, tra gli altri, nel punto in cui confermava la legittimità del licenziamento, disposto da un notorio Istituto Bancario, nei confronti di un proprio dipendente, Direttore di filiale, per violazione della normativa antiriciclaggio, e nella specie per omissione di Segnalazione di Operazione Sospetta.
Quest’ultimo, in particolare, avrebbe consentito la movimentazione di un particolare conto corrente e di un deposito a risparmio intestato a società autorizzata ad operare con l’estero, non provvedendo a segnalare i relativi flussi finanziari ivi transitati.
Il licenziamento, dal giudice di seconde cure (condividendo l’orientamento di primo grado), era stato postulato sulla considerazione per cui l’illecita condotta del dipendente fosse suscettibile di arrecare un apprezzabile vulnus al rapporto di natura fiduciaria intercorrente tra datore e lavoratore, giustificando pertanto il recesso ex nunc del rapporto di lavoro; ciò tenuto conto della particolare posizione rivestita dal dipendete (Direttore di filiale) e dei relativi obblighi previsti anche alla luce della contrattazione collettiva.
Tale principio, seppur di rilevante impatto, a parere dello scrivente, non deve esser inteso in senso allarmistico come “caveat” tale da giustificare in ogni caso e per qualunque dipendete il licenziamento in caso di violazione in materia AML, data anche la sempre maggior trasversalità della materia. Nel caso di specie il soggetto sottoposto a licenziamento, non può certo esser considerato un quisque de populo, trattandosi invece di lavoratore rivestente una posizione apicale all’interno della struttura di riferimento, e dunque dotato di ampi poteri decisionali e valutativi.
Non è una superfetazione precisare inoltre in tema che per “normativa” antiriciclaggio, la cui violazione è suscettiva di far venir meno il vincolo di collaborazione attiva a carico del dipendente, si debba intendere non solo la Direttiva (D.Lgs 231/07) e le ulteriori leggi a corredo, bensì anche le subordinate fonti “paranormative” rappresentate dalle disposizioni di Banca d’Italia e dalle prassi aziendali intercorrenti.
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Avv. Claudio Tarulli
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