La lesività dell’offesa nel reato di cui all’art 612 c.p [«Ti sputtanerò in Tv» non è una minaccia]

La lesività dell’offesa nel reato di cui all’art 612 c.p [«Ti sputtanerò in Tv» non è una minaccia]

La fattispecie della minaccia, come disciplinata dalla norma di cui all’art 612 c.p, è spesso fonte di dubbi in ordine agli elementi che devono sussistere ai fini della commissione del reato. Infatti la norma è redatta con una certa “generalità” che tozza con il fondamentale principio di offensività vigente nell’ordinamento giuridico.

Tra le recenti pronunce in merito alla questione richiamata si segnala quella Cass. pen. n. 14373 del 02/04/2019.

In particolare la Suprema Corte è intervenuta a chiarire che la lesività della minaccia non può essere legata ad epiteti non in grado di esperire efficacemente i presupposti del reato di cui all’articolo 612 c.p. La minaccia deve essere, infatti, connotata, per un verso da una condotta che sia in grado di incutere timore e, per altro, il “male minacciato”, oltre che ingiusto, deve essere nella disponibilità dell’agente.

Il giudice di legittimità precisato il “quadro” legislativo e giurisprudenziale intorno alla figura del reato di minaccia passa ad analizzare il caso prospettatogli.

Un cliente di un avvocato, al culmine di una lite con il suo legale, per divergenze nella gestione di una compravendita, gli aveva detto «ti sputtanerò in tutte le televisioni». Ad avviso della Suprema Corte, non rientra nelle possibilità dell’uomo `comune´ decidere i palinsesti televisivi e quindi la minaccia di `scatenare´ i media non può spaventare.

Per la S.C., nel caso concreto, il male minacciato, costituito dalla prospettazione di rendere pubblico il comportamento della vittima, ritenuto non congruo da parte dell’agente del reato di cui si discute, non riveste nessuno dei caratteri summenzionati. La S.C, pertanto, inserisce il comportamento tenuto dall’agente come un esternazione tutelata dall’art 21 Cost. nonchè quale “esternazione…animata dalla volontà di ottenere giustizia”.


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