La madre vegana e separata può imporre la dieta ai figli minori?
Il Tribunale di Roma, Sez. Prima Civile, con sentenza del 19 ottobre 2016, su ricorso ex art. 709 ter c.p.c. del padre, si è pronunciato su una questione di notevole importanza in tema di affidamento condiviso di una figlia minore e nello specifico della gestione delle sue abitudini alimentari.
Il padre aveva richiesto la modifica delle condizioni di affidamento della minore disposte dal Tribunale a seguito del giudizio di separazione, ed in particolare egli chiedeva in via principale l’affidamento esclusivo presso di sé della minore; in via subordinata l’affidamento condiviso con collocamento prevalente presso di sé; ed in via ulteriormente subordinata la modifica delle modalità di frequentazione padre – figlia chiedendo altresì l’ammonimento della madre con diffida ad adottare scelte unilaterali relative all’alimentazione della figlia.
La problematica, quindi, nasce dall’acuirsi di una situazione di elevata conflittualità tra i genitori e dalla scelta di un rigoroso regime alimentare richiesto dalla madre all’Istituto scolastico frequentato dalla minore. Il padre in particolar modo denunciava il comportamento della madre mirato a non permettergli di vedere la figlia nei tempi e modi stabiliti dal Tribunale.
Pertanto, il Collegio accogliendo la richiesta, formulata dal padre, di modifica delle modalità di frequentazione tra padre e figlia ne disponeva le modalità, prevedendo, altresì, il monitoraggio del nucleo familiare da parte dei responsabili del Servizio Socio Assistenziale del Municipio Roma I centro.
Per quanto concerne, invece, le statuizioni relative al regime alimentare della minore il Collegio rilevava innanzitutto un forte contrasto genitoriale dovuto in primis alle dichiarazioni rese dalla madre, la quale si definiva vegetariana e non vegana ed asseriva che previo consenso del padre aveva chiesto all’Istituto scolastico di far seguire tale regime alimentare anche alla figlia minore.
Il padre, invece, al contrario, dimostrava che aveva reso un esplicito dissenso tramite una segnalazione del Servizio Sociale del Comune inviata alla Procura della Repubblica di Roma circa tale scelta unilaterale della madre. Inoltre, egli aveva depositato un certificato redatto dalla pediatra in cui dimostrava come tale regime alimentare era altamente insalubre e comprometteva lo sviluppo della figlia, la quale subiva anche ripercussioni negative sul proprio equilibrio psicologico a causa di una dieta diversa da quella dei propri compagni di classe.
Il Tribunale, alla luce della documentazione prodotta, ha dedotto che la madre aveva imposto unilateralmente alla figlia di seguire presso la propria scuola una dieta vegana con l’espresso dissenso del padre.
Pertanto, essendo la decisione relativa al regime alimentare del proprio figlio minore una decisione rientrante, ai sensi dell’art. 337 ter c.c., tra quelle di “ maggiore interesse”, tale decisione deve esser assunta di comune accordo, e rilevandone, nel caso di specie, un disaccordo tra i genitori la decisione deve essere rimessa al giudice.
Il Collegio, valutando tutta la documentazione medica attestante lo stato di salute della minore, e non ravvisando particolari ragioni legittimanti un regime alimentare restrittivo, stabilisce che al caso di specie si debba applicare il parametro della normalità e cioè l’applicazione di un regime alimentare privo di restrizioni, essendo questa l’unica scelta, che in caso di disaccordo dei genitori, garantisce il benessere della minore.
Dunque, alla luce di quanto sopra esposto, il Tribunale ha accolto il ricorso del padre e ha stabilito la necessità per la minore di seguire un regime alimentare privo di restrizioni.
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