La mail non contestata fa piena prova del patto aggiunto al contratto

La mail non contestata fa piena prova del patto aggiunto al contratto

Fa piena prova del patto aggiunto al contratto la mail non contestata

di Michele Di Salvo

La Cassazione, con la sentenza n. 14046 del 21 maggio 2024, valuta le condizioni richieste dalla legge affinché un documento, in questo caso informatico, possa ritenersi idoneo a soddisfare il requisito della forma ad probationem del contratto, nel caso concreto assicurativo.

Si sofferma sulla questione di diritto sostanziale della forma che un determinato atto deve possedere per soddisfare il requisito di forma sancito dall’art. 1888 c.c., e sulla correlata questione di diritto processuale, delle condizioni da osservare affinché una prova documentale possa essere utilizzata in giudizio.

La vicenda ha per oggetto la determinazione dell’estensione della garanzia derivante dalla stipula di un contratto di assicurazione contro il rischio di furto della merce trasportata. Il contratto era stato stipulato tramite un broker con la Zurich ed a seguito dell’evento dedotto nella polizza, successivamente verificatosi, e del diniego opposto dall’assicuratore all’indennizzo per la scopertura assicurativa inerente la merce rubata, nella fattispecie qui considerata consistente in un carico di medicinali.

La quaestio juris verte sull’estensione della copertura al rischio di furto di medicinali – per altro attività principale del trasportatore – se possa ritenersi operante per effetto di uno scambio di e-mail tra il broker ed un funzionario dell’assicuratore, in sede di stipula della polizza, ed in subordine, se la mancata estensione della copertura possa ascriversi a responsabilità del broker, per non avere saputo offrire all’assicurato un contratto adatto alle sue esigenze assicurative.

L’accoglimento del principale motivo del ricorso muove dall’esame preliminare riguardante la prova ex art. 1888 c.c. del contratto di assicurazione, anche per quanto concerne la sua estensione, la cui finalità è quella di delimitare il perimetro della responsabilità dell’assicuratore nei confronti del beneficiario, anche in ragione del prezzo pattuito in sede di sottoscrizione della relativa garanzia.

Il giudice di legittimità circoscritto il tema ai problemi di diritto ad esso sottoposti – uno riguarda le condizioni da soddisfare perché un atto possa ritenersi scritto per i fini di cui all’ art. 1888 c.c. e l’altro attiene invece all’efficacia probatoria del messaggio di posta elettronica privo di firma elettronica qualificata o digitale – cassa la sentenza gravata, muovendo dalla premessa che il messaggio di posta elettronica è un documento informatico e le condizioni richieste dalla legge affinché un documento informatico possa ritenersi uno scritto idoneo a soddisfare il requisito della forma ad probationem del contratto assicurativo, erano stabilite all’epoca dei fatti di causa dagli artt. 20 e 21, D.Lgs. n. 82/2005 nel testo applicabile ratione temporis, cioè successivo al D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159, ed anteriore alle modifiche di cui al D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235.

In particolare, posto che l’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta è liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di sicurezza, integrità ed immodificabilità, la corte di merito, non avrebbe potuto limitarsi a negare tout court che un messaggio di posta elettronica con firma elettronica semplice potesse soddisfare il requisito della forma scritta, senza previamente esaminare e vagliare le caratteristiche oggettive menzionate.

Conseguentemente le suddette caratteristiche – tra cui quelle di sicurezza, integrità ed immodificabilità – poiché debbono essere oggettive, andranno desunte dal corpus a disposizione del giudicante e, quindi, dal formato del file in cui il messaggio di posta è stato salvato dalle proprietà di esso, dalla sintassi adottata, dalla grafica.

Questa valutazione per il giudice di legittimità va condotta alla luce del consolidato principio per cui la prova scritta del contratto di assicurazione può essere desunta anche da documenti diversi dalla polizza e, a fortiori, dalle specifiche appendici o dai modelli adottati dall’assicuratore, benché usuali, purché provenienti dalle parti e da questi sottoscritti, dai quali sia possibile desumere l’esistenza ed il contenuto del patto.

La pronuncia in commento, sia nel percorso argomentativo, sia nelle conclusioni a cui la stessa perviene, mostra di condividere l’asserto espresso anche dal Procuratore Generale nella sua requisitoria, riferito alla circostanza che se c’è un vulnus snella sentenza del giudice di merito, può essere solo la mancata valutazione da parte del medesimo delle circostanze riferite alle caratteristiche oggettive del documento informatico sotto il profilo della qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità.

Il senso della motivazione espressa nella sentenza in commento poggia dunque sul rilievo che la Corte d’appello non avrebbe potuto scartare in introitu dal materiale probatorio, la e-mail inviata dall’assicurato al broker, in base ai soli rilievi della pacifica carenza della firma elettronica qualificata o digitale o della mancata adozione dei modelli o stampati usualmente impiegati poiché non imposti ad substantiam negotii, precisando però che lo stesso giudice di merito sarebbe certamente potuto giungere a tale risultato, nell’esercizio del suo potere-dovere di accertamento dei fatti, all’esito delle valutazioni prescritte dalla normativa all’epoca dei fatti vigente.

La riferibilità dello scambio di e-mail tra i rispettivi destinatari della vicenda è stata tratta dal giudice di prime cure solo dall’indirizzo e-mail di provenienza che però – come successivamente rilevato dalla corte di merito in fase di gravame – non consente di stabilire in modo sufficiente che a spedirle sia stato davvero il titolare del relativo account e non un’altra persona, posto che tale conclusione è rafforzata dal fatto che l’assicuratore ha formalmente contestato la mancanza delle sottoscrizioni, necessarie ai fini probatori ex art. 1888 c.c.

Pertanto, il giudice del gravame aveva esaminato – sia pure sinteticamente, come peraltro prevedono le attuali regole processuali sulla scorta delle modifiche di volta in volta apportate al processo nel corso degli ultimi anni, in nome della massima celerità possibile della giustizia civile – le caratteristiche del documento informatico.

L’orientamento della giurisprudenza di legittimità aveva stabilito che in tema di efficacia probatoria dei documenti informatici, l’e-mail costituisce un documento elettronico contenente la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti che, seppure privo di firma, rientra tra le riproduzioni informatiche e le rappresentazioni meccaniche e, pertanto, forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale viene prodotto non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime.

In tema di efficacia probatoria delle riproduzioni informatiche di cui all’art. 2712 c.c., il disconoscimento idoneo a fare perdere ad esse la qualità di prova, pur non soggetto ai limiti ed alle modalità di cui all’art. 214 c.p.c., deve essere chiaro, circostanziato ed esplicito, dovendosi concretizzare nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra la realtà fattuale e quella riprodotta.

Non è sufficiente una generica contestazione del documento, atteso che il disconoscimento, da effettuare nel rispetto delle preclusioni processuali, anche di documenti informatici aventi efficacia probatoria ai sensi dell’art. 2712 c.c., deve essere chiaro, circostanziato ed esplicito e concretizzarsi nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra la realtà fattuale e quella riprodotta.

Va altresì precisato che, è onere della parte che intende avvalersi della produzione del documento elettronico – nella fattispecie email – allegare l’intero file informatico da cui potersi evincere i codici “fonte” per la spedizione ed inoltro nella casella di posta elettronica del destinatario del relativo messaggio con annesso contenuto, eventualmente anche in forma di allegato, come del resto pacificamente avviene per la notifica in formato elettronico di atti giudiziari – le cui risultanze vanno conservate per dieci anni – anche a prescindere dal caso in cui risulti comunque dubbio il buon esito della notificazione dello stesso atto giudiziario in capo al destinatario.

La Suprema Corte è partita dalla premessa secondo la quale il messaggio di posta elettronica è un documento informatico. Le condizioni richieste dalla legge affinché un documento informatico possa considerarsi uno “scritto”, come tale idoneo a soddisfare il requisito della forma ad probationem del contratto assicurativo, erano stabilite all’epoca dei fatti (novembre 2009) dagli artt. 20 e 21 d. lgs. n. 82/05 che distinguevano i documenti informatici sottoscritti con firma elettronica “semplice” dai documenti informatici sottoscritti con firma elettronica “qualificata” o “digitale”.

Nel caso di specie si tratta di un documento con firma elettronica “semplice”: la legge, rispetto ad esso, prevede che il giudice possa liberamente valutare l’idoneità a soddisfare il requisito della forma scritta, tenendo conto delle sue caratteristiche oggettive di sicurezza, integrità e immodificabilità.

Ne deriva che la Corte d’Appello non avrebbe potuto limitarsi a negare tout court che un messaggio di posta elettronica “semplice” potesse soddisfare il requisito della forma scritta ma, invece, avrebbe dovuto previamente esaminare e vagliare le caratteristiche oggettive del documento stesso. Tale valutazione deve essere condotta alla luce del consolidato principio secondo cui la prova scritta del contratto di assicurazione può essere desunta anche da documenti diversi dalla polizza, purché provenienti dalle parti e da esse sottoscritti, dai quali sia possibile desumere l’esistenza e il contenuto del patto.

Pertanto, la Suprema Corte ha sostenuto che: la quietanza di pagamento dell’indennizzo rilasciata dall’assicurato può costituire prova idonea dell’esistenza del contratto di assicurazione; la “ricevuta provvisoria” rilasciata dall’agente munito del potere di rappresentanza può essere idonea a dimostrare l’estensione della copertura assicurativa ad eventi espressamente esclusi dalle condizioni generali di contratto.

Le regole stabilite dalla legge affinché un documento informatico possa essere utilizzato come prova in giudizio sono poche e semplici: il messaggio di posta elettronica sottoscritto con firma “semplice” è un documento informatico ai sensi dell’art. 2712 c.c.; se non sono contestati la provenienza e il contenuto, il messaggio di posta elettronica forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate; se vengono contestati provenienza e contenuto, il giudice non può espungere quel documento dal novero delle prove utilizzabili, ma deve valutarlo insieme agli altri elementi disponibili tenendo conto delle sue caratteristiche intrinseche di integrità, immodificabilità, sicurezza.

Nel caso di specie, pertanto, la Corte d’Appello non avrebbe dovuto scartare dal materiale probatorio la mail intercorsa tra il funzionario assicurativo e il broker in base ai soli rilievi della pacifica carenza della firma elettronica qualificata o digitale o della mancata adozione di modelli o stampati usualmente impiegati (anche se non imposti ad substantiam negotii), ma sarebbe potuta giungere comunque a questo risultato solo all’esito delle puntuali valutazioni prescritte dagli artt. 20 e 21 d. lgs. 82/05 (cioè mediante analisi oggettiva del documento informatico).

Ciò che invece, a detta della Suprema Corte, non risulta condivisibile è la pretesa, non espressamente prevista da alcuna disposizione di legge applicabile ratione temporis, di un requisito formale, cioè la firma elettronica certificata quale unica garanzia dell’assoluta certezza contrattuale rispetto alla diversa regolamentazione degli assetti assicurativi e, quindi, quale unica modalità di estrinsecazione delle volontà delle parti contraenti: ciò, infatti, si infrangerebbe contro il principio della insopprimibile libertà delle forme.


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