La Messa alla Prova: Chi, Come, Quando
L’istituto della messa alla prove per l’adulto, introdotto dalla Legge 28 Aprile n. 67 del 2014 rappresenta al tempo stesso una nuova causa di estinzione del reato e un nuovo tipo di procedimenti speciale. Consta di tre fasi : 1) Richiesta, 2) esecuzione del programma e 3) verifica dell’esito della messa alla prova.
Il nuovo strumento che il legislatore mette a disposizione delle parti prende avvio con la proposizione di una richiesta che può essere formulata direttamete dall’imputato o da parte del suo difensore. Richiesta che deve avere requisti di carattere formale (art.464bis c.p.p.), di carattere sostanziale (art.168bis c.p.p.) e, soprattutto, è soggetta a termini decadenziali stringenti, termini che variano a seconda del giudice dinanzi al quale viene avanzata la richiesta (G.i.p., G.u.p., Giudice del dibattimento, Giudice nel processo per direttissima).
Se la domanda è proprosta dinanzi al Giudice del dibattimento l’art.464bis stabilisce che, appena venga formulata la richiesta dimessa alla prova il Giudice procedente deve sospendere il processo in corso tuttavia, perchè ciò avvenga è necessario che il richiedente alleghi alla domanda un adeguato e soddisfacente programma di trattamento1 elaborato dall’u.e.p.e. Per tale ragione, l’imputato è tenuto a depositare presso l’u.e.p.e. la domanda di programma di trattamento2 da allegare alla ruichiesta di cui all’art.464bis c.p.p.,, (unitamente agli atti rilevanti del procedimento penale, alle proprie osservazioni e proposte, anche eventualmente in ordine alla struttura nella quale intenda svolgere il lavoro di pubblica utilità) e, una volta depositata la domanda, l’u.e.p.e3. Asweguito di un aprocedura interna, rilascerà al richiedente l’attestato di presentazione della domanda, che questi è tenuto a presentare alla A.G. per dimostrare di aver formulato domanda di elaborazione del programma di trattamento non per meri fini dilatori ma al solo scopo di ususfruire della messa alla prova per poter ottenere un pieno reinserimento all’interno della collettività.
L’art. 464ter c.p.p., disciplina il caso in cui la domanda venga presentata davanti al giudice per le indagini preliminari, questi, una volta ricevuta la richiesta, trasmette gli atti al pubblico ministero, che nel termine di cinque giorni deve esprimere per iscritto il consenso (sinteticamente motivato), formulando contestualmente l’imputazione, o il dissenso, enunciando in questo caso le ragioni poste a fondamento.
Se il pubblico ministero presta il consenso, il giudice per le indagini preliminari decide ai sensi dell’art. 464quater c.p.p.,; in caso di rigetto della richiesta, l’imputato può rinnovarla prima dell’apertura del dibattimento, e se il giudice la ritiene fondata, provvederà a norma dell’art. 464 quater c.p.p.
Diversa è l’ipotesi di formulazione della domanda nel procedimento per direttissima, in tale ipotesi, tenendo conto della natura del procedimento speciale caratterizzato da tempi stringenti, portano a ritenere che non sia possibile per l’imputato presentare la domanda di ammisisone alla messa alla prova unitamente alla richiesta di programma u.e.p.e. e al programma stesso di trattamento.
Per tale motivo la soluzione che appare preferibile è quella di ritenere che il giudice possa concedere un breve rinvio – eventualmente previa richiesta di termine a difesa – per consentire alla parte interessata di formulare la domanda di trattamento all’u.e.p.e. e di produrre quindi al giudice l’attestato di presentazione. e valutare, qualora la parte sia detenuta per questa causa, se revocare o meno la misura cautelare, non essendo la messa alla prova compatibile con lo stato di segregazione.
A seguito della richiesta quindi il giudice ha due strade percorribili davanti a sé: potrà adottare una ordinanza di inammissibilità4 (per mancanza dei requisiti formali o sostanziali o per decandenza dei termini) ovvero sé riterrà ammissibile la richiesta fisserà l’udienza di rinvio per la elaborazione del programma e , a seguito di presentazione del programma potrà decidere di accogliere la richiesta (e in tal caso emetterà un’ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla prova) ovvero pronunciare, un’ordinanza di rigetto se dovesse ritenere insoddisfacente il programma proposto.
Il giudice potrebbe anche dichiarare ammissibile5 la domanda solo a seguito di sue integrazioni o modificche del programma di trattamento elaborato di intesa con l’u.e.p.e., con l’unico limite di acquisire sull’integrazione e/o modifica il consenso dell’imputato.
Una prima ipotesi di inammissibilità della richiesta è, quella che viene pronunciata per carenza dei requisiti sostanziali .
La domanda quindi deve essere dichiarata innammissibile quando:
la richiesta venga presentata per reati puniti, per esempio, con pena detentiva superiore a quattro anni, che non rientrino nei delitti di cui all’art. 550 co. 2 c.p.p.;
sia formulata da un imputato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza;
sia presentata da un imputato che abbia già goduto del beneficio in esame;
quando la richiesta sia presentata oltre i termini decadenza stabiliti dall’art. 464 bis c.p.p., ossia finchè il Giudice nondichiari aperto il dibattimento.
Detto altrimenti, in tutte le ipotesi in cui essa sia proposta fuori dai casi previsti dall’art. 168 bis c.p., il giudice non potrà fare altro che pronunciare ordinanza d’inammissibilità, non sussistendo i presupposti legali per l’ammissione al beneficio.
Differenti sono invece le conclusioni cui si arriva qualora difettino i requisiti formali che sussistono quando:
la richiesta non venga proposta dalla parte personalmente ma dal difensore non munito di procura speciale;
venga proposta dall’imputato per iscritto ma con sottoscrizione non autenticata nelle forme previste dall’articolo 583 co. 3 c.p.p..
quando l’imputato richieda al giudice la sospensione del procedimento con messa alla prova ma non sia in grado di produrre già in quella sede l’attestato di presentazione della richiesta all’u.e.p.e., a riprova del fatto di aver formulato domanda di elaborazione del programma di trattamento.
In tali ipotesi è tuttavia possibili per l’mputato riproporre la richiesta, sempre che il giudice non abbia già dichiarato aperto il dibattimento.
Se il giudice reputa idoneo il programma di trattamento presentato e ritiene che l’imputato si asterrà dal commettere ulteriori reati, valutata anche la circostanza che il domicilio dell’imputato, indicato nel programma, sia tale da assicurare le esigenze di tutela della persona offesa, concede il beneficio, disponendo, con ordinanza, la sospensione del procedimento con messa alla prova6.
L’imputato, quindi, dopo aver ottenuto il beneficio deve portare acompimento il programma di trattamento che ingloba in sé tutte le prescrizioni (comprese anche quelle relative al lavoro di pubblica utilità, oltre che alla mediazione, alle condotte riparatorie e risarcitorie) di cui si compone la messa alla prova.
Il giudice deve anche valutare infatti se il programma preveda il lavoro di pubblica utilità e sotto questo profilo, verificare, se la prestazione di condotte riparatorie e risarcitorie siano eventuali.
Sul punto occorre precisare che il lavoro di pubblica utilità non è prevista nella messa alla prova per i minorenni, in quanto essa rappresnta una componente essenziale della messa alla prova “per gli adulti”.
Il lavoro di pubblica utilità è una sanzione vera e propria e si sostanzia in una prestazione non retribuita in favore della collettività, che deve tener conto delle specifiche professionalità ed attitudini lavorative dell’imputato e le cui modalità di svolgimento non devono pregiudicare le esigenze di lavoro, studio, famiglia e salute, la durata di esso nella messa alla prova “per gli adulti” è fissata nel minimo, anche qui di dieci giorni ma non anche nel massimo (a differenza della sanzione irrogabile dal giudice di pace, che va da un minimo di dieci giorni ad un massimo di sei mesi), mentre è fissato il medesimo tetto massimo giornaliero di otto ore. Diverso è il luogo di svolgimento della prestazione che può essere presso lo Stato, Rregione, Province, Comuni, aziende sanitarie, ma anche presso enti, eventualmente internazionali di assistenza sociale, sanitaria, di volontariato.
È il Giudicce che in base al programma stabilisce la durata della messa alla prova, e ai sensi dell’art.464quinquies c.p.p., è data la possbilità di indicare un termine (prorogabile, su istanza dell’imputato, non più di una volta e solo per gravi motivi) entro il quale vanno adempiuti dall’imputato le eventuali prescrizioni ed i relativi obblighi inerenti le condotte riparatorie o risarcitorie imposte nel programma di trattamento elaborato dall’u.e.p.e., (di cui può essere autorizzata, previo consenso della persona offesa e sempre su richiesta dell’imputato, il pagamento rateale).
Il legislatore prevede al comma 6 dell’art. 464quater c.p.p. che i termini di sospensione del procedimento previsti al comma 5 decorrano “dalla sottoscrizione del verbale di messa alla prova dell’imputato” è quindi questo il dies a quo dal quale decorre il termine di sospensione del procedimento.
Come sopra detto il giudice, superati i profili di ammissibilità della istanza, può però determinarsi per il rigetto della richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova. Anche in questo caso pronuncerà ordinanza, di cui verrà data lettura in udienza.
il giudice rigetterà la richiesta di sospensione del procedimento quando difetteranno i presupposti e le condizioni che avrebbero potuto portare al suo accoglimento. Oltre quindi all’ipotesi in cui sussistano i presupposti per pronunciare sentenza di proscioglimento ex art. 129 c.p.p., i casi che possono determinare il rigetto sono dati dalla inidoneità, in base ai parametri di cui all’articolo 133 c.p., del programma di trattamento elaborato o dal giudizio prognostico negativo in ordine alla commissione da parte dell’imputato di ulteriori reati; o ancora, dal fatto che non siano assicurate le esigenze di tutela della persona offesa o dal mancato consenso da parte dell’imputato all’integrazione o modifica del programma di trattamento decisa dalla A.G. procedente. Una volta che la richiesta sia stata rigettata, essa potrà poi essere riproposta nel giudizio un’altra volta ancora, ma sempre prima della dichiarazione di apertura del dibattimento (in tal senso il disposto di cui all’art. 464quater co. 9 c.p.p.).
Dopo la decorrenza del termine di messa alla prova il giudice, ricevuta la relazione conclusiva redatta dall’u.e.p.e 7 fissa l’udienza per la sua valutazione, dandone avviso alle parti ed alla persona offesa.
A questo punto, come è facile dedurre, la valutazione può avere due esiti:
Se il Giudice valuta, nel contraddittorio tre le parti, positivo l’esito (tenuto conto del comportamento dell’imputato e del rispetto delle prescrizioni stabilite) poiché ritiene che la prova abbia avuto un esito favorevole, pronuncia sentenza con la quale dichiara l’estinzione del reato. Tale pronuncia non pregiudica tuttavia l’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie;
Qualora l’esito della prova sia negativo, il giudice, ai sensi dell’art. 464septies co. 2 c.p.p., dispone con ordinanza che il processo riprenda il suo corso. Il giudice, tenuto quindi conto del comportamento dell’imputato e del mancato rispetto da parte di questi delle prescrizioni impostegli, così come emergenti dalla relazione conclusiva dell’u.e.p.e., dovrà emettere ordinanza in conformità. In caso di esito negativo l’istanza non potrà più essere riproposta, ma il pubblico ministero, in sede di esecuzione della pena, dovrà detrarre un periodo corrispondente a quello della prova eseguita8.
Può infine accadere che il Giudice durante il periodo si sospensione decida di revocare il provvedimento.
Ai sensi degli l’artt. 168quater c.p. e l’art. 464 octies c.p.p., il giudice con ordinanza, ricorribile autonomamente per cassazione, può dichiarare, anche d’ufficio, la revoca nei casi ivi disciplinati ossia per:
Grave o reiterata trasgressione al programma di trattamento o alle prescrizioni imposte, ovvero rifiuto alla prestazione del lavoro di pubblica utilità;
Commissione, durante il periodo di prova, di un nuovo delitto non colposo ovvero di un reato della stessa indole rispetto a quello per cui si procede.
Anche tale ordinanza va pronunciata previa udienza, da fissare ai sensi dell’art. 127 c.p.p., e di cui va dato avviso alle parti ed alla persona offesa almeno dieci giorni prima.
In tale ultima ipotesi il processo riprenderà il suo corso (e con esso, riprende a decorrere la prescrizione).
1Il programma deve tener conto: a) delle modalità di reinserimento sociale, che coinvolgono l’imputato e la sua famiglia, sempre che ciò sia necessario e sia di fatto possibile; b) Prescrizioni comportamentali (anche inerenti la dimora, la libertà di movimento, il divieto di frequentare determinati locali) e gli altri impegni specifici (tra cui le condotte riparatorie, restitutorie o risarcitorie, il volontariato), nonché prescrizioni attinenti il lavoro di pubblica utilità; c) Condotte di mediazione con la persona offesa (se ed ove possibile)
2 Una volta presentata la domanda il giudice, “se non sussistono ragioni di inammissibilità dell’istanza”, darà un rinvio per permettere all’u.e.p.e. di elaborare il programma di trattamento e di tale rinvio dovrà essere data comunicazione all’u.e.p.e., che in tal modo potrà organizzare il proprio lavoro. In questo lasso di tempo può ritenersi che la prescrizione sia sospesa ai sensi dell’art. 159 co.1 nr. 3 c.p
3Ufficio di Esecuzione Penale Esterna che ha sostituito il vecchio centro servizio sociale per adulti dell’amministrazione penitenziaria.
4In alcune ipotesi la pronuncia d’inammissibilità non preclude alla parte la possibilità di riproporre la domanda (salvo che decorra o scatti comunque la preclusione di fase), in altri casi la richiesta dichiarata inammissibile difficilmente potrebbe essere in seguito accolta.
5Il giudice accoglierà la richiesta sempre che non debba pronunciare sentenza ex art. 129 c.p.p. e dovrà farlo con ordinanza pronunciata in udienza, sentite le parti, nonché la persona offesa.
6 In base ai parametri di cui all’art. 133 c.p.
7Cha va depositata in cancelleria almeno dieci giorni prima dell’udienza, con facoltà per le parti di prenderne visione ed estrarne copia.
8 Ed ai fini della detrazione, a norma dell’art. 657 bis c.p.p. introdotto ex novo con la riforma, “tre giorni di prova sono equiparati a un giorno di reclusione o di arresto, ovvero a 250 euro di multa o di ammenda”.
Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
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