La misura “standard” del risarcimento del danno non patrimoniale (Cassazione n. 22969/2020)
Sommario: 1. La nozione di danno non patrimoniale – 2. L’intervento della Corte di Cassazione – 3. Conclusioni
1. La nozione di danno non patrimoniale
Il legislatore non ha inteso fornire una nozione di danno non patrimoniale limitandosi a stabilire, ex articolo 2059 c.c., che “il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge” null’altro aggiungendo.
La giurisprudenza costante, intervenuta sul punto, ha osservato che per danno morale si intende l’insieme delle afflizioni e dei dolori fisici e/o psichici cagionati dal fatto illecito.
Tale definizione, da ultimo, é stata ampliata ricomprendendo anche il danno derivante dalla lesione di valori inerenti.
2. L’intervento della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione intervenendo, appunto, su un procedimento di malpratica medica – volta a ottenere il riconoscimento del danno non patrimoniale – ha chiarito che in presenza di un danno permanente alla salute, la misura standard del risarcimento prevista dalla legge o dal criterio equitativo uniforme adottato dagli organi giudiziari di merito può subire un aumento solo in presenza di conseguenze dannose del tutto anomale e peculiari.
A contrario le conseguenze dannose da ritenersi normali e indefettibili secondo l’id quod plerumque accidit – ossia quelle che qualunque persona con la medesima invalidità non potrebbe non subire – non giustificano in modo alcuno la personalizzazione in aumento del richiesto risarcimento.
La ratio di tale principio trova giustificazione nel fatto che le conseguenze della menomazione, sul piano della loro incidenza sulla vita quotidiana e sugli aspetti “dinamico-relazionali”, che sono generali e inevitabili per tutti coloro che abbiano patito il medesimo tipo di lesione, non giustificano alcun aumento del risarcimento di base previsto per il danno non patrimoniale.
Ne discende pacificamente che le conseguenze della menomazione che non sono generali e inevitabili per tutti coloro che abbiano patito quel tipo di lesione, ma sono state patite solo dal singolo danneggiato, a causa delle peculiarità del caso concreto, giustificano un aumento del risarcimento di base del danno biologico.
Il Supremo Consesso ha precisato che ciò avviene “non perchè abbiano inciso, sic et simpliciter, su “aspetti dinamico relazionali”: non rileva, infatti, quale aspetto della vita della vittima sia stato compromesso, ai fini della personalizzazione del risarcimento; rileva, invece, che quella conseguenza sia straordinaria e non ordinaria, perchè solo in tal caso essa non sarà ricompresa nel pregiudizio espresso dal grado percen’tuale di invalidità permanente, consentendo al giudice di procedere alla relativa personalizzazione in sede di liquidazione (così già, ex multis, Sez. 3, Sentenza n. 21939 del 21/09/2017; Sez. 3, Sentenza n. 23778 del 07/11/2014) (…) soltanto in presenza di circostanze “specifiche ed eccezionali”, tempestivamente allegate dal danneggiato, le quali rendano il danno concreto più grave, sotto gli aspetti indicati, rispetto alle conseguenze ordinariamente derivanti dai pregiudizi dello stesso grado sofferti da persone della stessa età, è consentito al giudice, con motivazione analitica e non stereotipata, incrementare le somme dovute a titolo risarcitorio in sede di personalizzazione della liquidazione (Sez. 3, Sentenza n. 23778 del 07/11/2014; Sez. 3, Sentenza n. 24471 del 18/11/2014).”
Nella medesima sentenza, la Corte ha, altresì, ribadito il principio di non divisibilità del danno c.d. patrimoniale asserendo che – in presenza di un danno permanente alla salute – costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione di una somma di denaro a titolo di risarcimento del danno biologico e l’attribuzione di una ulteriore somma a titolo di risarcimento dei pregiudizi di cui è già espressione il grado percentuale di invalidità permanente ovvero il danno dinamico-relazionale.
3. Conclusioni
In conclusione, la giurisprudenza della Suprema Corte, in tema di danno non patrimoniale da lesione della salute, ha chiarito che la misura “standard” del risarcimento può essere incrementata dal giudice, con motivazione analitica e non stereotipata, solo in presenza di conseguenze anomale o peculiari – tempestivamente allegate e provate dal danneggiato – mentre le conseguenze ordinariamente derivanti da pregiudizi dello stesso grado sofferti da persone della stessa età non giustificano alcuna “personalizzazione” in aumento.
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Gabriella Fabiani
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