La modifica dell’imputazione nel giudizio abbreviato condizionato
1. Per comprendere le interazioni che si vengono a realizzare tra i due istituti, occorrono brevi cenni preliminari sugli stessi, osservati nella loro autonomia.
1.1. Il giudizio abbreviato (artt. 438 e ss. c.p.p.) rappresenta un procedimento speciale, che si caratterizza, rispetto al giudizio ordinario, per la assenza del dibattimento. E che trova il suo speculare contrappeso nella concessione all’imputato, che rinuncia alle garanzie del giudizio ordinario, di una riduzione della pena pari ad 1/3 se si procede per delitto, metà se si procede per una contravvenzione.
La l. 33/19, modificando l’art. 438 c.p.p. ed inserendo il comma 1 bis, ha previsto che non è ammesso il rito abbreviato per i delitti puniti con l’ergastolo.
Si tratta di un istituto in linea con la previsione di cui all’art. 111 co. 5 Cost. il quale, derogando al principio del contraddittorio nella formazione della prova, il cd. contraddittorio in senso forte, affermato nel comma precedente, consente, con riserva di legge, che la prova non si formi in contraddittorio tra le parti, in dibattimento quindi, quando vi sia il consenso dell’imputato.
La richiesta da parte dell’imputato, a che il processo sia definito all’udienza preliminare allo stato degli atti, ex art. 438 co. 1 c.p.p. (utilizzando gli atti contenuti nel fascicolo delle indagini preliminari, la documentazione delle indagini espletate dopo la richiesta di rinvio a giudizio e le prove assunte nell’udienza), rappresenta una tipica previsione legislativa sulla scorta della quale l’imputato rinuncia, per sua espressa volontà, al dibattimento. Con l’udienza preliminare che non svolge la sua ordinaria funzione di udienza <<filtro>>, nell’ambito della quale il giudice è chiamato a decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio avanzata dal p.m., bensì quella eccezionale in cui il G.U.P. decide nel merito sulla responsabilità dell’imputato.
La richiesta di giudizio abbreviato può provenire solo dall’imputato, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, e dopo la legge Carotti n. 479/99 non è più richiesto, sulla stessa, il consenso del p.m. Occorre, inoltre, sempre a seguito della predetta legge, distinguere l’abbreviato non condizionato o, altrimenti detto, abbreviato secco (la regola), dall’abbreviato condizionato ad integrazione probatoria (l’eccezione). Oltre alla ulteriore ipotesi che, in entrambi i casi, il giudice possa disporre, anche d’ufficio, l’arricchimento del compendio probatorio.
La richiesta dev’essere formulata entro le conclusioni all’udienza preliminare ed il giudice dispone il giudizio abbreviato con ordinanza.
Si osservano le disposizioni previste per l’udienza preliminare, ivi compreso l’art. 423 c.p.p. sulla modifica dell’imputazione, che però si applicherà solo nel caso in cui l’abbreviato contempli un’integrazione probatoria, su richiesta di parte o disposta d’ufficio dal giudice. Al contrario, se si dovesse procedere ad una modifica dell’imputazione in ipotesi di abbreviato secco, ci troveremmo di fronte ad una nullità generale a regime intermedio della sentenza ex art. 178 co. 1 lett. c) c.p.p., ovvero non più rilevabile d’ufficio né deducibile su eccezione di parte oltre la deliberazione della sentenza di 1° grado.
Terminata la discussione, se il giudice ritiene di poter decidere allo stato degli atti, pronuncerà sentenza ai sensi degli artt. 529 e ss. c.p.p. (quindi con le stesse formule terminative prescritte per il giudizio ordinario). Ed in caso di condanna applicherà la riduzione di pena prescritta per il rito.
Se, al contrario, il giudice ritiene di non poter decidere allo stato degli atti, assumerà, anche d’ufficio, gli elementi necessari ai fini della decisione (art. 441 co. 5 c.p.p.). Ipotesi in cui, se nel corso dell’attività istruttoria così disposta dovesse emergere un fatto diverso, un reato connesso, una circostanza aggravante o un fatto nuovo non contestati all’imputato, il p.m. potrà procedere alla modifica dell’imputazione nei limiti prescritti dall’art. 423 c.p.p.
L’imputato può formulare richiesta di abbreviato condizionato ad integrazione probatoria (art. 438 co. 5 c.p.p.): in tal caso deve indicare, con la richiesta, le prove di cui chiede l’ammissione.
A differenza che per l’abbreviato non condizionato, in cui il giudice ammette l’imputato al rito de plano, in caso di abbreviato condizionato lo disporrà solo se risultino cumulativamente soddisfatte due condizioni: 1. l’integrazione probatoria richiesta risulti necessaria ai fini della decisione; 2. sia compatibile con le finalità di economia processuale proprie del procedimento (considerato l’effetto deflattivo sul carico degli uffici giudiziari che il rito speciale mira a perseguire).
Se il giudice accoglie la richiesta così come formulata dall’imputato, si procede all’assunzione delle prove da questi richieste ed il p.m. è ammesso alla prova contraria.
Se il giudice rigetta la richiesta condizionata, possono aversi tre esiti alternativi a seconda della situazione di partenza:
– se l’imputato aveva chiesto, in subordine al giudizio abbreviato condizionato, il giudizio abbreviato secco, il giudice sarà tenuto ad ammettere il rito non condizionato;
– se l’imputato aveva chiesto, in subordine al giudizio abbreviato condizionato, il patteggiamento, il giudice si determinerà come nei confronti di una tipica richiesta di patteggiamento, ovvero verificando che sulla stessa vi sia il consenso del p.m.;
– se l’imputato non aveva formulato una richiesta alternativa all’abbreviato condizionato: potrà reiterare la richiesta, senza modifiche, al giudice del dibattimento, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento. Nel qual caso, il giudice del dibattimento prenderà visione degli stessi atti su cui avrebbe potuto fondare il suo convincimento il G.U.P. e se riterrà che l’integrazione probatoria richiesta e negata era necessaria ai fini della decisione, instaurerà il giudizio abbreviato nella fase introduttiva del dibattimento.
Se anche il giudice del dibattimento rigetta la richiesta di abbreviato condizionato, ma all’esito del dibattimento ritiene che vi erano i presupposti per accoglierla, pronuncerà sentenza applicando, in caso di condanna, la prescritta riduzione di pena.
1.2. Il giudizio abbreviato, nel momento in cui ammette un’integrazione probatoria, su richiesta di parte (art. 438 co 5 c.p.p.) o disposta anche d’ufficio (art. 441 co. 5 c.p.p.), pone la necessità di regolare quelle ipotesi in cui, a seguito di tale attività istruttoria, seppur eccezionale, emerga la sussistenza di un fatto diverso, un reato connesso (concorso formale o reato continuato), una circostanza aggravante o un fatto nuovo, non contestati all’imputato ab origine.
Svolgendosi il rito abbreviato nell’ambito dell’udienza preliminare, la disposizione del codice di rito a cui fare riferimento e concernente la modifica dell’imputazione è l’art. 423 c.p.p.
Il che significa che in caso di fatto diverso, reato concorrente o circostanza aggravante il p.m. potrà procedere alla modifica dell’imputazione, formulando la relativa contestazione direttamente in udienza all’imputato presente (se l’imputato non è presente, la modifica è comunicata al suo difensore). Se, invece, si tratta di un fatto nuovo procedibile d’ufficio, per la modifica dell’imputazione è richiesto il consenso dell’imputato.
Chiaro è che le nuove contestazioni possono portare il processo ad un esito differente rispetto a quello originariamente prospettatosi all’imputato. Il quale quindi, in conseguenza di tale vicenda processuale ed in tutte e 4 le ipotesi contemplate dall’art. 423 c.p.p., potrà chiedere che il procedimento prosegua con rito ordinario. Considerato che, per maturare eventualmente tale decisione, l’imputato non deve necessariamente determinarsi in udienza, ma può chiedere al giudice un termine a difesa.
Se l’imputato chiede che si proceda con rito ordinario, il giudice revoca l’ordinanza ammissiva del rito e fissa l’udienza preliminare o la sua prosecuzione. E la richiesta di giudizio abbreviato non può essere riproposta.
Se, invece, si prosegue con l’abbreviato, con riferimento alle contestazioni l’imputato può chiedere l’ammissione di nuove prove (nel qual caso non operano i due limiti prescritti dall’art. 438 c.p.p. per l’accoglimento della richiesta di abbreviato condizionato) ed il p.m. è ammesso alla prova contraria. Così come, anche in questo caso, il giudice, se ritiene di non poter decidere allo stato degli atti, assumerà, anche d’ufficio, gli elementi necessari ai fini della decisione.
2. Occorre a questo punto chiarire entro quali limiti sia possibile una modifica dell’imputazione quando il rito speciale sia condizionato ad integrazione probatoria o questa sia disposta d’ufficio dal giudice.
Nello specifico se sia possibile la modifica dell’imputazione quando i fatti oggetto della contestazione suppletiva erano già desumibili dagli atti delle indagini preliminari e ciononostante non siano stati contestati. E non siano collegati agli esiti istruttori.
Per poter addivenire alla loro determinazione, le SS.UU. hanno considerato le peculiarità del giudizio abbreviato: è un giudizio allo stato degli atti; l’imputato accetta di essere giudicato rinunciando al contraddittorio nella formazione della prova; è un giudizio che prevede una riduzione di pena.
Dando un peso rilevante alla prima delle tre caratteristiche, alla luce della quale si spiega che è sì consentita la modifica dell’imputazione nelle forme e nei modi prescritti per l’udienza preliminare, ma senza dimenticare che ci troviamo di fronte ad un giudizio in cui l’imputato, pur accedendo ad un’eventuale integrazione probatoria, sceglie di essere giudicato allo stato degli atti. Con tutte le conseguenze che tale scelta comporta (es. la richiesta di giudizio abbreviato all’udienza preliminare sana le nullità non assolute e comporta la non rilevabilità delle inutilizzabilità che non siano conseguenza della violazione di un divieto probatorio. Ex art. 438 co. 6 bis c.p.p.).
Pertanto, quando l’imputato valuta gli atti e si determina nella scelta del rito, valuta il capo d’imputazione, in relazione agli atti esistenti in quel dato momento.
Quando il giudice è chiamato a decidere se ammettere l’imputato al rito abbreviato condizionato, valuta se l’integrazione probatoria richiesta sia necessaria. Ed il paradigma di riferimento per fare questa valutazione sono sempre gli atti a disposizione in quel preciso momento. Capo d’imputazione compreso.
Ragione per cui il p.m. non può procedere indistintamente a modificare l’imputazione anche in relazione ad aspetti già desumibili dagli atti d’indagine e che, invece, ha trascurato. Perché altrimenti, consentire il contrario, significherebbe ammettere una palese violazione delle garanzie che l’ordinamento riconosce all’imputato. Una su tutte quella per cui l’accusa elevatagli deve caratterizzarsi per una certa stabilità.
È vero che si applicano le disposizioni sull’udienza preliminare. Ma è anche vero che queste devono essere lette ed interpretate considerando le peculiarità del rito. Poiché non si tratta di una udienza preliminare pura e semplice, bensì di una udienza preliminare nell’ambito della quale si svolge il giudizio abbreviato.
Per cui, se da un lato l’art. 423 c.p.p. sulla modifica dell’imputazione all’udienza preliminare non si applica in ipotesi di abbreviato secco, bensì solo in quella di integrazione probatoria richiesta dall’imputato o disposta d’ufficio dal giudice. Dall’altro la contestazione di un fatto diverso, reato concorrente, circostanza aggravante o fatto nuovo non contemplati nell’originario capo d’imputazione, può avere ad oggetto solo nuovi elementi emersi dall’allargamento della piattaforma probatoria ex artt. 438 co. 5 e/o 441 co. 5 c.p.p. E ciò per un fatto di coerenza del sistema.
Chiaramente esulano dalla fattispecie analizzata l’ipotesi di diversa qualificazione giuridica del fatto da parte del giudice, che è altra cosa rispetto alla modifica dell’imputazione. Così come le ipotesi di mere rettifiche di errori materiali, ovvero quando ci si trovi di fronte a semplici imprecisioni del capo d’accusa, che non incidano sugli elementi essenziali del fatto.
E persino quando la contestazione suppletiva del p.m. avvenga tra la richiesta dell’imputato di ammissione al rito speciale e l’ordinanza ammissiva da parte del giudice. Atteso che, fino a quando il giudice non si è ancora pronunciato sulla richiesta di rito abbreviato, è ancora in corso l’udienza preliminare e l’imputato può sempre revocarla, proprio in conseguenza, ad es., della contestazione suppletiva.
In conclusione, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza n. 5788 del 20 febbraio 2020, hanno affermato il seguente principio di diritto: “Nel corso del giudizio abbreviato condizionato ad integrazione probatoria a norma dell’art. 438 co. 5 c.p.p. o nel quale l’integrazione sia stata disposta a norma dell’art. 441 co. 5 c.p.p., è possibile la modifica dell’imputazione solo per i fatti emergenti dagli esiti istruttori ed entro i limiti previsti dall’art. 423 c.p.p.”.
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Tiziana Gammino
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