La natura delle obbligazioni condominiali. Questioni di solidarietà e parziarietà.
Una particolare forma di comunione immobiliare: il condominio.
La pluralità di soggetti e la proprietà esclusiva di parti distinte di un medesimo fabbricato costituiscono gli elementi essenziali ‘acchè si possa parlare di condominio.
Inteso, sic et simpliciter, quale proprietà comune di alcune parti dell’immobile, poste a servizio di altre parti dell’edificio stesso, legate da un rapporto necessario e perpetuo di accessorietà e complementarietà a senso unico, il condominio è contraddistinto dalla presenza di beni comuni, ex art. 1117 c.c., stutturalmente collegati al servizio delle singole unità immobiliari e appartenenti in comunione pro indiviso a tutti i comproprietari.
La ratio delle obbligazioni condominiali.
La conservazione delle parti comuni e l’erogazione di specifici servizi è resa effettiva grazie alla stipula delle c.d. obbligazioni condominiali, ossia le prestazioni aventi ad oggetto il versamento delle somme di denaro, da parte dei singoli condomini, considerate obbligazioni propter rem.
Più specificamente, si tratterebbe di situazioni obbligatorie, la cui derivazione sostanziale riguarderebbe la contitolarità del diritto reale sulle cose e la cui individuazione – per così dire, per relationem – avverrebbe di volta in volta, in base alla successione di titolarità, da un soggetto ad un altro, del bene oggetto di proprietà condivisa.
Giova considerare che, il principio cardine di un sistema così delineato si sostanzierebbe nel fatto che il versamento dei contributi condominiali, per la conservazione, il godimento delle parti comuni, per le prestazioni dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza, costituiscono obblighi propter rem, perciò ambulatori, gravanti su ogni condòmino in base al valore della propria quota.
L’assetto condominiale è, sì, contrassegnato da una data ambulatorietà, la quale appare però mitigata dal disposto dell’art. 63 disp. att. c.c., che sancisce, negli ultimi due commi, le regole secondo le quali l’obbligo di pagamento delle prestazioni sorte quando il venditore era ancora proprietario sono a carico del compratore; e la cessione di diritti su unità immobiliari è tesa a mantenere in auge il vincolo solidale obbligatorio con l’avente causa, per quei contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministrazione copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto.
In particolare: le obbligazioni contratte dall’amministratore nell’interesse comune.
Tra le obbligazioni condominiali, acquistano un ruolo preminente le obbligazioni dei differenti condomini, contratte dall’amministratore nell’interesse comune. Il tema è peraltro risalente, e ciò che è controversa è la natura delle stesse. In passato, la giurisprudenza aveva offerto soluzioni diverse, confermando – in un primo momento e per molto tempo – l’esistenza di un vincolo solidale tra i condomini e abbracciando poi la soluzione opposta, vale a dire quella della parziarietà del vincolo. Si tratta di decidere quali siano i soggetti su cui far ricadere il rischio del mancato pagamento da parte di uno o più condomini. Ma, proprio perché fino alla recente riforma mancava una previsione espressa, in passato vi era maggiore spazio per soluzioni differenti, volte a favorire uno dei due interessi coinvolti nel rapporto de quo.
Preliminarmente occorre fare riferimento alla tesi secondo cui, nei confronti dei terzi creditori, la giurisprudenza aveva ritenuto possibile applicare il principio della solidarietà tra i condomini, tanto per le obbligazioni contrattuali, quanto per le obbligazioni con diversa fonte.
I due orientamenti giurisprudenziali a confronto.
L’orientamento maggioritario (Cass. Civ. 2004, n. 14593, 2005, n.17563) aveva fatto proprio il principio di diritto secondo cui, la responsabilità dei singoli partecipanti, per le obbligazioni assunte dal “condominio” verso terzi, avesse natura solidale, posto che l’art. 1294 c.c., a cui si riferiva, riguardasse l’ipotesi in cui più soggetti fossero obbligati per la medesima prestazione. Partendo dalla definizione di solidarietà – intesa quale situazione in cui più condebitori fossero obbligati in solido, per la medesima prestazione, se dalla legge o dal titolo non risultasse diversamente – delle obbligazioni contratte dall’amministratore del condominio rispondevano solidalmente tutti i condomini. Tale previsione non era derogata dall’art. 1123 c.c., che si limitava a ripartire gli oneri all’interno del condominio, ossia le spese divise in base all’uso delle cose che ciascuno può farne. Si tratterebbe di una presunzione di solidarietà passiva, che agevolerebbe il creditore: egli può scegliere a quale debitore può rivolgersi ed ha più possibilità di ottenere l’intera prestazione, potendo esigere il tutto da ciascun debitore.
Per l’indirizzo minoritario (Cass. Civ. 1996 n. 8530), la responsabilità dei condomini era retta dal criterio della parziarietà, in base al quale ai singoli partecipanti si imputano le obbligazioni assunte nell’interesse del condominio, proporzionalmente alle rispettive quote, relativamente alle spese per la conservazione e per il godimento delle cose comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza. Pertanto le obbligazioni dei condomini erano regolate dai criteri consimili a quelli dettati dagli artt. 752 e 1295 c.c., in tema di obbligazioni ereditarie, secondo cui il pagamento dei debiti ereditari è stabilito in proporzione delle quote dei coeredi e l’obbligazione in solido di uno dei condebitori si ripartisce tra gli eredi, in virtù delle quote ereditarie.
Le Sezioni Unite sostengono la parziarietà.
Recentemente, le Sezioni Unite della Cassazione Civile (Cassazione SS. UU., 2008, n. 9148) si sono pronunciate, sostenendo la natura parziaria delle obbligazioni dei condomini verso terzi, in base alle seguenti considerazioni:
la solidarietà passiva deriva dalla contestuale presenza di diversi requisiti, primo fra tutti, la pluralità dei debitori, poi la eadem causa obbligandi, ossia il contratto da cui trae origine l’obbligazione ed infine l’idem debitum, intesa quale unicità o indivisibilità della prestazione: l’assenza di uno solo di tali presupposti decreta l’inapplicabilità del metodo solidale. Seguendo tali indicazioni, nell’ambito delle obbligazioni condominiali verso terzi, il requisito insussistente risulterebbe quello dell’unicità della prestazione comune, della sua indivisibilità.
Più specificamente, la Cassazione segnala che l’indivisibilità consiste nel modo di essere della prestazione, nel suo elemento oggettivo, specie laddove l’insussistenza naturalistica della indivisibilità non è accompagnata dall’obbligo specifico, imposto per legge a ciascun debitore di adempier per l’intero. Quando la prestazione per natura non è indivisibile, la solidarietà dipende dalle norme e dai principi. La solidarietà stessa raffigura un particolare atteggiamento nei rapporti esterni di un’obbligazione intrinsecamente parziaria, quando la legge privilegia la comunanza della prestazione. In caso contrario la struttura parziaria dell’obbligazione ha il sopravvento e insorge una pluralità di obbligazioni tra loro contestate.
Da ciò si desume che la solidarietà sussiste quando la prestazione comune a ciascuno dei debitori sia indivisibile; mentre se l’obbligazione è divisibile, il principio di solidarietà passiva va contemperato con quello della divisibilità ex art. 1314 c.c., secondo cui se più sono i debitori ed è la stessa la causa dell’obbligazione, ciascuno è tenuto a pagare il debito nei limiti della propria parte.
Alla luce di tali argomentazioni, risulta doveroso affermare che le obbligazioni dei condomini vengono contratte all’interno di un universo, quello condominiale, privo di titolarità e di unitarietà per ciò che riguarda il patrimonio, i diritti, le obbligazioni e le relative responsabilità. E’ l’amministratore che vincola i singoli, nei limiti delle sue attribuzioni e del suo mandato, conferitogli in ragione delle quote. Le obbligazioni dei condomini sono quindi rette dal criterio della parziarietà, in quanto contratte nell’interesse degli stessi, in relazione alle proprie tranches debitorie, alle spese per la conservazione e godimento delle cose comuni dell’edificio, alle prestazioni dei servizi nell’interesse comune, alle innovazioni deliberate dalla maggioranza.
Altra considerazione, la mancanza di una specifica disposizione che contempli la solidarietà tra i condomini, cui osta la parziarietà intrinseca della prestazione; né la stessa può ricondursi alla asserita unitarietà del gruppo, in quanto il condominio non raffigura un ente di gestione, ma un’organizzazione pluralistica, con rappresentanza nelle mani dell’amministratore.
In tal senso, si legge in motivazione: le obbligazioni dei condomini somo regolate da criteri consimili a quelli dettati dagli artt. 752 e 1295 c.c., per le obbligazioni ereditarie, secondo cui i coeredi concorrono al pagamento dei debiti in proporzione alle loro quote e l’obbligazione in solido di uno dei condebitori tra gli eredi, si ripartisce in proporzione alle quote ereditarie.
Il criterio della parziarietà viene preferito poiché non costringe i debitori ad anticipare somme a volte estremamente rilevanti, in seguito alla scelta operata unilateralmente dal creditore e poiché non vi sono ragioni per posticipare la ripartizione del debito tra i condomini al tempo della rivalsa, piuttosto che attuarla nel momento dell’adempimento.
Pertanto, una volta conseguita nel processo la condanna dell’amministratore, quale rappresentante dei condomini, il creditore può procedere all’esecuzione individualmente nei confronti dei singoli, secondo la quota di ciascuno.
Parte della dottrina e della giurisprudenza, però, afferma che la soluzione accolta dalle Sezioni Unite sembra urtare contro l’indicazione di portata generale fornita dall’art. 1294 c.c., che ha la funzione di fissare un principio di favor creditoris da applicare in tutte le fattispecie, salva la previsione contraria. Ovvio che vi sia anche l’interesse del condomino, ma certamente non spetta all’interprete la decisione su quale situazione soggettiva sia preferibile privilegiare.
Peraltro, proprio la scelta di presumere la solidarietà e la considerazione che questa non si limiti a regolare un conflitto tra parti, ma sia diretta anche a favorire il mercato, dovrebbe spingere – nel dubbio – sull’esistenza di un’eccezione nella singola ipotesi (art. 1123 c.c.), alla sua interpretazione restrittiva. Ciò vuol dire che, la previsione per la quale le spese condominiali si ripartiscono in proporzione alla proprietà di ciascuno deve essere intesa come disposizione diretta a indicare solamente la misura di ripartizione interna della comune obbligazione, senza possibilità di attribuirvi una non esplicitata volontà del legislatore (in contrasto con l’art. 1294 c.c.) di escludere la natura solidale del vincolo.
Lo stesso art. 1294 c.c. non distingue affatto tra tipologie di obbligazioni solidali e tra prestazioni divisibili o indivisibili. Anzi, la disciplina sulle obbligazioni solidali tenderebbe in realtà a riguardare specialmente le prestazioni divisibili, come quelle di denaro: tutto ciò confermato dal fatto che quelle indivisibili sono regolate separatamente; mentre gli artt. 1314 c.c. e seguenti estendono la disciplina della solidarietà anche a tale tipologia di obbligazioni, apportando alcune deroghe.
Inoltre non è l’amministratore che assume un vincolo solidale per i condomini: egli conclude solo un contratto, inteso quale fonte dell’obbligazione di pagamento ed è la legge (art. 1294 c.c.) che da ciò fa derivare l’obbligo solidale, dovendo distinguersi tra fonte dell’obbligazione solidale e fonte della solidarietà.
In buona sostanza, le Sezioni Unite del 2008 introducono con estrema autorevolezza il principio di ripartizione parziaria, ma esso viene intaccato dalla nuova normativa.
La situazione viene ribaltata dalla Riforma n.220/12.
La decisione delle Sezioni Unite è stata superata dalla previsione contenuta nell’art. 63 disp. att. c.c., modificata dalla Riforma n. 220/12, la quale conferma la natura solidale del vincolo che coinvolge i condomini. Resta, però, l’interesse alla valutazione della situazione previgente anzitutto in relazione agli obblighi sorti sulla base della precedente disciplina: in tal caso, infatti, si tratta di obbligazioni regolate in ogni caso dal diritto al tempo vigente e, quindi, da considerarsi solidali per le ragioni ora viste, sempre che non si intenda seguire la differente impostazione delle Sezioni Unite.
Inoltre, l’accertata natura solidale dell’obbligazione, sussitente poichè ne sono pacificamente riconosciuti i presupposti (art. 1292 c.c.) – anche a prescindere dalla fissazione legislativa di un obbligo di pagamento solidale a carico dei condomini non morosi – conferma che quella in esame è una vera e propria ipotesi di solidarietà: con la conseguenza che, salve le specifiche deroghe stabilite dall’art. 63 disp. att. c.c., si applicheranno alla fattispecie le disposizioni che regolano in via generale le obbligazioni solidali.
E la norma così recita: “per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea, l’amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi. I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini”.
La novità si sostanzia nella previsione, sì, di una responsabilità solidale dei condomini, in quanto il creditore potrà agire nei confronti di tutti, ma con la specificazione che ciò potrà avvenire solo in caso di esito negativo dell’escussione nei confronti dei condomini morosi. Il creditore quindi potrà rivolgere le proprie pretese anche nei confronti dei condomini virtuosi, una volta appurato che i condomini morosi non siano in grado di adempiere alla propria obbligazione.
Si tratterebbe quindi di un’ipotesi di obbligazione solidale, nella quale è fissata una sussidiarietà tra le differenti obbligazioni, dal momento che nelle obbligazioni solidali, il creditore ha ampia facoltà di scegliere il condebitore cui chiedere l’adempimento.
Ciò posto, fino a che il creditore non sia prevenuto dall’offerta della prestazione, può esigere l’adempimento totale dell’obbligazione da chiunque tra i condebitori, potendo inoltre esercitare il proprio diritto anche contemporaneamente contro più debitori, richiedendo a ciascuno l’intero. L’unica limitazione alla possibilità per il creditore di agire separatamente o contemporaneamente e in via di cognizione o di esecuzione contro piu condebitori è data quindi dal solo adempimento dell’obbligazione. In altre parole, fino a quando il creditore non risulta soddisfatto completamente nel proprio credito, avendo ricevuto il pagamento dell’intero debito, potrà esercitare la data azione secondo le modalità che meglio lo aggradano.
In questa cornice si colloca opportunamente la Riforma n. 220/12.
In primo luogo, la legge de qua ha confermato la natura solidale delle obbligazioni contratte dall’amministratore di condominio, con ciò correggendo l’indicazione, non sempre condivisa, delle Sezioni Unite; secondariamente, ha fissato dei limiti alle azioni del creditore, limiti prima non esistenti e non prospettabili perchè in contrasto con la disciplina generale delle obbligazioni solidali, che assicura ampia libertà di scelta al creditore. In tal modo sono stati contemperati, almeno in parte, gli interessi in gioco: quelli delle parti del rapporto obbligatorio, tutelando il creditore, ma valorizzando anche la posizione del condomino non moroso, e quelli del mercato, che si fonda sul principio dal favor creditoris.
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Ilaria Chirillo
Laureata in Giurisprudenza presso l'Università Magna Graecia di Catanzaro, diplomata presso la Scuola di Specializzazione per le professioni legali dell'Università La Sapienza di Roma, tirocinante presso la Procura della Repubblica di Roma.
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