La natura giuridica della responsabilità della P.A. per lesione di interessi legittimi

La natura giuridica della responsabilità della P.A. per lesione di interessi legittimi

Introduzione

Una questione a lungo dibattuta e tuttora irrisolta è quella che riguarda la qualificazione giuridica della responsabilità della P.A. per il danno cagionato da provvedimento amministrativo.

Di recente, il Consiglio di giustizia amministrativa della Regione Sicilia (C.G.A.R.S., per brevità), con la sentenza n. 1136 del 15 dicembre 2020, ha rimesso all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato la questione, suggerendo una soluzione contraria rispetto alla giurisprudenza maggioritaria (la quale qualifica come extracontrattuale la responsabilità della P.A da provvedimento, ai sensi dell’articolo 2043 c.c.), e aderendo alla giurisprudenza minoritaria che la ritiene qualificabile come responsabilità contrattuale.

La responsabilità della P.A per il danno da lesione di interesse legittimo: genesi ed evoluzione

La sentenza è interessante, non solo e non tanto in quanto propone una rivisitazione dell’orientamento maggioritario della giurisprudenza amministrativa più recente, ma soprattutto perché, ai fini della soluzione del quesito, pone l’accento sulla “specialità” del rapporto intercorrente tra privato e P.A., definito “rapporto di diritto pubblico”. Attraverso la valorizzazione del rapporto di diritto pubblico, la sentenza propone di qualificare in termini contrattuali la responsabilità della P.A. per il danno cagionato al privato.

Ma procediamo con ordine.

Come noto, la responsabilità della P.A. per il danno da lesione dell’interesse legittimo è stata riconosciuta per la prima volta in modo chiaro solo nel 1999, grazie alle fondamentali sentenze gemelle delle sezioni unite della Corte di Cassazione, nn. 500 e 501.

Sul punto però, occorre fare delle ulteriori osservazioni. All’epoca della citata sentenza della Cassazione, ad esclusione delle ipotesi di giurisdizione esclusiva, non era prevista la possibilità di ottenere una pronuncia di condanna in sede di giurisdizione generale di legittimità da parte del giudice amministrativo. Il giudizio amministrativo era ancora un giudizio di di diritto oggettivo, fondato sull’atto, il provvedimento amministrativo, e non sul rapporto giuridico tra P.A. e privato. [1]

All’epoca delle sentenze gemelle, il privato poteva ottenere una tutela risarcitoria solo in presenza di un interesse legittimo oppositivo, e solo dopo aver ottenuto dal giudice amministrativo l’annullamento del provvedimento amministrativo illegittimo.

Il sistema così delineato non offriva una tutela piena ed effettiva al privato: sia perché la necessità di adire due giurisdizioni comportava un dispendio di tempo e risorse, sia e soprattutto perché tale sistema, se pur garantiva una qualche tutela al privato in caso di interesse legittimo oppositivo (stante la riespsansione del diritto soggettivo e la tutela risarcitoria da parte del G.O.), non consentiva una egual tutela dell’interesse legittimo pretensivo, poiché all’annullamento del provvedimento non corrispondeva alcuna riespansione del diritto, restando pur sempre la P.A. l’unica legittimata ad emettere il provvedimento amministrativo richiesto dal privato. Nella sostanza quindi, veniva negata la risarcibilità dell’interesse legittimo, poiché nel primo dei casi summenzionati ad essere risarcito, da parte del giudice ordinario, era pur sempre il diritto soggettivo, il quale si “riespandeva” dopo l’annullamento del provvedimento amministrativo illegittimo da parte del giudice amministrativo precedentemente adito dal privato.

La sentenza delle sezioni unite, nel prendere posizione a favore della risarcibilità dell’interesse legittimo, afferma senza alcun dubbio che essa vada ricondotta all’interno dei canoni della responsabilità aquiliana, ai sensi dell’articolo 2043 c.c. [2]

Già all’indomani della sentenza della Cassazione e, in modo ancor più convinto dopo l’approvazione del Codice del processo amministrativo, la giurisprudenza amministrativa qualifica come extracontrattuale la responsabilità della P.A. per danni da lesione di interesse legittimo. [3]

La giurisprudenza amministrativa aderisce alla tesi della natura aquiliana della responsabilità della P.A. per i danni da lesioni di interesse legittimo, valorizzando una serie di elementi testuali e sistematici.

Riguardo i primi, essa valorizza il dato legislativo il quale, all’art. 30 c.p.a., pur non qualificando espressamente la responsabilità della P.A. in senso extracontrattuale, fa evidentemente riferimento al modello disciplinato dall’articolo 2043 c.c. laddove prevede il risarcimento per un “danno ingiusto derivante dall’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria”. [4]

Per quanto riguarda le ragioni di natura sistematica che fanno ritenere preferibile la qualificazione della responsabilità come aquiliana, si pone rilievo al fatto che in tal caso viene in rilevo non tanto la violazione di specifiche regole di correttezza o condotta, quanto, prima ancora, la violazione di norme imperative o di principi generali valevoli di loro ed erga omnes. [5]

Se pur la giurisprudenza amministrativa maggioritaria è orientata nel senso anzidetto, non sono mancate sul punto opinioni discordanti.

C’è chi, in senso opposto all’orientamento maggioritario, ha ritenuto che la responsabilità della P.A. sia di natura contrattuale, valorizzando il rapporto giuridico e la mancanza di estraneità tra soggetto danneggiante e soggetto danneggiato. Secondo tale orientamento infatti, il provvedimento viene emesso sempre a seguito di un procedimento amministrativo, in cui le parti (privato e P.A.) vengono in contatto. Si genera quindi un rapporto tra le parti, durante la fase procedimentale, similmente a quanto accade in materia contrattuale, e che non si rinviene nel caso della responsabilità aquiliana, che segue ad un rapporto occasionale che nasce nello stesso istante in cui viene cagionato il danno.

Il rapporto che si instaura tra P.A. e privato nell’ambito del procedimento è stato così accostato a quello che la dottrina civilistica definisce rapporto senza prestazione. [6]

In altri termini, la responsabilità della P.A. sarebbe qualificabile come contrattuale, pur in assenza di obblighi di prestazione, per la violazione degli obblighi di protezione gravanti sulla P.A. nel momento in cui si instaura il rapporto tra essa e il privato destinatario del provvedimento. La fonte di tali obblighi di protezione sarebbe individuabile nell’articolo 1173 c.c. [7

La sentenza della C.G.A.R.S. e la rimessione della decisione all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato

Tutto ciò premesso, la recente sentenza della Corte di Giustizia della Regione Sicilia del 15 dicembre 2020, n. 1136, pur rimettendo la decisione finale sul punto all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, prende posizione a favore della tesi circa la natura contrattuale della responsabilità della P.A. per il danno da lesione dell’interesse legittimo.

Il fatto che ha originato la pronuncia in esame riguarda un caso di danno da inerzia della P.A., in cui alla semplice inerzia (e al conseguente danno da ritardo) si è aggiunto, in senso sfavorevole all’istante, anche una sopravvenienza normativa.

In particolare, la ricorrente è una impresa che esercita l’attività nel campo della produzione dell’energia elettrica e, nel giugno 2009, aveva presentato quattro distinte istanze all’Assessorato regionale territorio e ambiente di valutazione di impatto ambientale e all’Assessorato energia di autorizzazione unica ai sensi dell’art. 12, D. Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, per la costruzione e la gestione di altrettanti impianti fotovoltaici, da realizzarsi nel Comune di Siracusa.

È accaduto che, stante l’obbligo di concludere il procedimento con provvedimento espresso gravante sulla P.A., ex art. 2, L. n. 241/90, la P.A. ometteva di pronunciarsi, costringendo la società ad adire il TAR, il quale condannava la P.A. ad emettere il provvedimento.

Tuttavia, nel 2012, veniva approvato il D.L. n. 1 del 2012, convertito con modificazioni, dalla L. n. 27 del 2012 che, a decorrere dal 25 maggio 2012 ha escluso gli impianti fotovoltaici dall’accesso agli incentivi statali.

Nella sostanza, la sopravvenienza normativa ha reso non più conveniente economicamente la realizzazione dell’impianto fotovoltaico il quale però, se il provvedimento richiesto fosse stato emanato nei tempi previsti, avrebbe consentito sicuramente all’impresa di realizzarlo in tempo utile per sfruttare gli incentivi e ottenere anche un ritorno economico.

La quaestio iuris sottoposta all’attenzione del C.G.A.R.S. dal ricorrente attiene alla possibilità per quest’ultimo di ottenere il risarcimento del danno cagionato dall’inerzia della P.A., anche nella misura del lucro cessante per la sopravvenienza normativa, che ha impedito all’impresa di realizzare l’impianto (l’impresa infatti ha rinunciato alla realizzazione dell’impianto fotovoltaico: senza incentivi, si sarebbe trattato di una attività antieconomica).

Il C.G.A.R.S., nell’analizzare la vicenda complessiva portata alla sua attenzione, ha ritenuto di focalizzare la sua attenzione sulla natura della responsabilità della P.A., in quanto essa non riveste solo un interesse meramente teorico, ma anche sostanziale: se qualificata in senso contrattuale, ciò consente di ottenere il risarcimento anche dei danni imprevedibili, ex art. 1225 c.c., e ciò potrebbe consentire al privato di ottenere il risarcimento non solo del danno da ritardo, ma anche del danno cagionato dalla sopravvenienza normativa.

Il C.G.A.R.S. rimette all’Adunanza Plenaria una serie di questioni (tra le tante, anche quella relativa all’eventuale effetto interruttivo del nesso di causalità materiale tra la condotta inerte della P.A. e danno occorso al privato da parte della sopravvenienza normativa), tra cui, per quel che qui interessa, quella riferita alla natura giuridica della responsabilità del danno da lesione dell’interesse legittimo.

Nel rimettere la questione all’Adunanza Plenaria, stante il contrasto giurisprudenziale sul punto, il C.G.A.R.S. prende posizione a favore della riconducibilità al canone della responsabilità contrattuale del danno cagionato dalla P.A., lesivo dell’interesse legittimo del privato.

Nel far ciò, il Consiglio di giustizia amministrativa procede ad una confutazione dei motivi richiamati dalla giurisprudenza maggioritaria a favore della tesi circa la natura aquiliana della responsabilità della P.A.

Osserva il Consiglio di giustizia siciliano che “una rivisitazione della natura della responsabilità dell’Amministrazione si deve alla Corte di cassazione che, in tempi recenti, ha ritenuto la responsabilità dell’Amministrazione assimilabile alla responsabilità da inadempimento dell’obbligazione (per contatto sociale qualificato) (…) con riferimento alla responsabilità del medico (Cass., sez. un., 15 gennaio 2008, n. 577), alla responsabilità dell’insegnante per il danno cagionato dall’alunno a sé stesso (Cass., sez. un., 27 giugno 2002, n. 9346) e in generale nelle ipotesi di responsabilità inerente un rapporto professionale non sorto sulla base di un contratto.

Secondo la Corte di cassazione la responsabilità dell’Amministrazione non sorge in assenza di rapporto, come la responsabilità aquiliana, ma sorge da un rapporto tra soggetti – la pubblica amministrazione e il privato che con questa sia entrato in relazione – che nasce prima e a prescindere dal danno e nel cui ambito il privato non può non fare affidamento nella correttezza della pubblica amministrazione”. [8]

Si tratta, allora, di una responsabilità che prende la forma dalla violazione degli obblighi derivanti da detto rapporto e che, pertanto, va ricondotta allo schema della responsabilità relazionale, o da contatto sociale qualificato, “da inquadrare nell’ambito della responsabilità contrattuale”, con l’avvertenza che tale inquadramento, come segnalato da autorevole dottrina, “non si riferisce al contratto come atto ma al rapporto obbligatorio, pur quando esso non abbia fonte in un contratto”. [9]

In merito al dato testuale da sempre richiamato dalla giurisprudenza maggioritaria a favore della tesi circa la natura extracontrattuale della responsabilità della P.A. per il danno da lesione di interesse legittimo, il C.G.A.R.S. sottolinea che esso non è dirimente circa la soluzione del contrasto. Osserva l’alto consesso amministrativo siciliano che il concetto di danno ingiusto, richiamato negli artt. 30 e 133, comma 1, lett. a), n.1) c.p.a., “non è proprio solo della responsabilità civile, poiché in entrambi i casi, il dato fondamentale da accertare è se vi è stata lesione di un interesse giuridicamente rilevante, solo che esso è assorbito, quanto alla responsabilità contrattuale, dal derivare dalla mancata esecuzione di una prestazione dovuta che costituisce la predeterminazione concreta del canone dell’ingiustizia (art. 1218 c.c.)”. 

In altri termini, il canone dell’ingiustizia del danno è necessariamente presente in entrambi i tipi di responsabilità, con l’unica differenza che nel caso della responsabilità contrattuale esso non deve essere provato, derivando automaticamente dalla mancata esecuzione della prestazione dovuta.

La sentenza in esame prosegue osservando che la situazione del privato che entra in contatto con la P.A. non è dissimile rispetto a quella della parte durante le trattative: in entrambi i casi, vi è un soggetto che aspira al raggiungimento di un bene della vita di cui l’ordinamento non assicura l’ottenimento, e confida alla correttezza di controparte. 

Secondo la Corte di giustizia siciliana si tratterebbe, in altri termini, di responsabilità precontrattuale la quale, come insegna la migliore dottrina e giurisprudenza civilistica, è disciplinata secondo i moduli della responsabilità contrattuale, ai sensi degli artt. 1173 c.c. e 1218 c.c.

Infine, osserva acutamente la sentenza che, pur continuandosi in ambito teorico a discorrere di responsabilità aquiliana, nel concreto la disciplina che viene applicata dai giudici presenta margini di somiglianza con la responsabilità contrattuale.

“In relazione alla prova della condotta, del danno evento e del nesso di causalità materiale, il privato danneggiato prova il non iure allegando l’inadempimento dell’Amministrazione alla regola procedurale (è poi eventualmente l’Amministrazione a doversi giustificare) e prova il contra ius dimostrando la sussistenza dell’interesse legittimo e la seria lesione inferta al medesimo nei termini anzidetti. In particolare, nel caso di interesse pretensivo e di adozione del provvedimento positivo, sul privato grava l’onere di produrre il provvedimento positivo o dimostrando la spettanza del bene della vita mentre, nel caso di interesse pretensivo rispetto al quale non è stato adottato alcun provvedimento e rispetto all’interesse oppositivo, il privato danneggiato ha solo oneri di allegazione (l’inadempimento e i motivi di fondatezza della domanda o i motivi di illegittimità del provvedimento), rimanendo poi alla controparte pubblica il compito di giustificare la propria scelta.

Gli oneri di allegazione e di prova del privato non differiscono pertanto, quanto a portata e difficoltà integrativa, dagli oneri del contraente che si assume leso, che produce il contratto e allega l’inadempimento della controparte” . [10]

In merito al criterio soggettivo di ascrizione della responsabilità all’Amministrazione, esso “sconta l’orientamento giurisprudenziale prevalente che rinviene nell’illegittimità del provvedimento il fatto costitutivo di una presunzione semplice in ordine alla sussistenza della colpa in capo all’Amministrazione.

Il privato può, quindi, limitarsi ad allegare l’illegittimità dell’atto, dovendosi fare rinvio, al fine della prova dell’elemento soggettivo della responsabilità, alle regole della comune esperienza e della presunzione semplice di cui all’ art. 2727 c.c., mentre spetta alla pubblica amministrazione dimostrare di essere incorsa in un errore scusabile per la sussistenza di contrasti giudiziari, per la incertezza del quadro normativo di riferimento, per la complessità della situazione di fatto.

Tale meccanismo concreto di operare dell’elemento soggettivo imprime un connotato oggettivo a un requisito per definizione soggettivo”. [11]

Di fatto quindi, pur continuando a discorrersi di responsabilità aquiliana, il modo concreto in cui è disciplinato il riconoscimento della responsabilità dell’Amministrazione per la lesione dell’interesse legittimo si avvicina maggiormente alla disciplina della responsabilità contrattuale.

Conclusioni

In conclusione, il tema della qualificazione giuridica della responsabilità della P.A. per danno da lesione di interesse legittimo non è rilevante solo per fini meramente teorici ma presenta un interesse di natura sostanziale, considerate le differenze riguardanti gli oneri di allegazione e prova gravanti sul danneggiato, i diversi termini prescrizionali e la disciplina del risarcimento del danno anche imprevedibile, ai sensi dell’art. 1225 c.c., che vi sono tra i due tipi di responsabilità.

Opportunamente quindi, il Consiglio di Giustizia amministrativa della Regione Sicilia ha deferito la questione all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, la cui sentenza avrà un valore nomofilattico anche maggiore rispetto a quello da sempre riconosciuto alle sentenze delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, stante la previsione normativa di cui all’art. 99, comma 3, c.p.a.

 

 

 


1. Cfr. sent. Cass. civ. ss.uu. n. 500/1999 che, nell’analizzare la legislazione e la giurisprudenza vigenti all’epoca, afferma che “il giudice amministrativo, che conosce degli interessi legittimi, può soltanto annullare l’atto lesivo dell’interesse legittimo, ma non può pronunciare condanna al risarcimento in relazione alle eventuali conseguenze patrimoniali dannose dell’esercizio illegittimo della funzione pubblica, mentre il giudice ordinario, che pur dispone del potere di pronunciare sentenze di condanna al risarcimento dei danni, non può conoscere degli interessi legittimi”.
2. Cfr. sent. Cass. civ. ss.uu., n. 500/99: “(…) anche la lesione di un interesse legittimo, al pari di quella di un diritto soggettivo o di altro interesse giuridicamente rilevante, può essere fonte di responsabilità aquiliana, e, quindi, dar luogo a risarcimento del danno ingiusto, a condizione che risulti danneggiato, per effetto dell’attività illegittima della p.a., l’interesse al bene della vita al quale il primo si correla, e che detto interesse risulti meritevole di tutela alla stregua del diritto positivo”.
3. Si veda, ex multis, Cons. St., Sez. VI, n. 5168/2011. Di recente, si è espressa a favore della natura extracontrattuale della responsabilità della P.A., Cons. St., Sez. IV, n. 825/2018.
4. Così, R. GAROFOLI – G. FERRARI, Manuale di diritto amministrativo, Bari, 2019, p. 1548.
5. Così sempre, R. GAROFOLI – G. FERRARI, op. cit., p. 1548, i quali richiamano Cons. St., Sez. VI, n. 5168/2011.
6. R. GAROFOLI – G. FERRARI, op. cit., p. 1542.
7. In dottrina, nel riferirsi alla lesione degli obblighi di protezione e all’affidamento ingenerato, c’è chi ha parlato di “contatto amministrativo qualificato”: a tal proposito, si veda PROTTO, La responsabilità della pubblica amministrazione per lesione di interessi legittimi come responsabilità da contatto amministrativo, in Resp. civ., 2001, 1006.
8. Cfr. C.G.A.R.S., sent. 15 dicembre 2020, n. 1136
9. Cass. Civ. sez. un., 28 aprile 2020, n. 8236
10. C.G.A.R.S., sent. 15 dicembre 2020, n. 1136
11. C.G.A.R.S., sent. 15 dicembre 2020, n. 1136

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Fabrizio Colangelo

Nel 2017 consegue la laurea in giurisprudenza all’università degli studi di Padova. Da febbraio 2018 a luglio 2019 svolge la pratica forense presso l’avvocatura distrettuale dello Stato di Venezia. Nel 2020 consegue abilitazione all’esercizio della professione forense.

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