La nullità dei contratti atipici di investimento “4YOU”: tra squilibrio contrattuale, asimmetria informativa e immeritevolezza

La nullità dei contratti atipici di investimento “4YOU”: tra squilibrio contrattuale, asimmetria informativa e immeritevolezza

La Suprema Corte, con la recente pronuncia n. 3679/2019, dichiara radicalmente nulli i contratti atipici di investimento 4YOU per non meritevolezza di tutela ai sensi dell’art. 1322, comma 2, c.c..

I contratti 4YOU prevedono l’erogazione iniziale di una somma al cliente, sotto forma di mutuo (inteso quale species di contratto di finanziamento latu sensu), rimborsata con piano di ammortamento e corresponsione di interessi. La somma erogata diventa, senza alcuna soluzione di continuità, nella totale disponibilità dell’istituto di credito il quale acquista, successivamente, prodotti finanziari, talvolta ad alto o altissimo rischio speculativo. Il cliente potrà beneficiare del relativo premio – e in ciò consiste l’immeritevolezza del contratto de quo- soltanto alla fine del relativo piano di ammortamento.

La Cassazione ha ripetutamente affermato (1) che tale tipologia di contratto atipico non è in alcun modo meritevole di tutela ex art. 1322, comma 2, c.c.

In particolare, occorre rilevare che il medesimo, per le sue peculiari menzionate caratteristiche, appare essere in evidente contrasto con i principi desumibili della tutela del risparmio e l’incentivo delle forme di previdenza, anche privata (artt. 38 e 37 Cost).

Concretamente, il collegamento negoziale tra il contratto di finanziamento e il successivo investimento su titoli ad alto contenuto speculativo realizza una unilaterale riattribuzione del proprio rischio d’impresa, in relazione, in particolare, alla gestione di fondi comuni, in capo all’investitore.

I clienti che hanno investito i propri risparmi nei contratti atipici 4YOU, pertanto, potranno ottenere il rimborso di tutto quanto versato, a titolo di interessi e capitale, nel corso della durata pluriennale di tali rapporti.

Sulla validità di siffatte modalità di esercizio dell’autonomia negoziale, i Giudici supremi hanno avuto modo di esprimersi reiteratamente, negando cittadinanza a tale categoria giuridica.

Tali contratti atipici – sulla base delle distinte pronunce della Suprema Corte, infliggevano – concretamente – al cliente una perdita altamente probabile.

Tale probabilità derivava dal fatto che i titoli presentavano un rendimento medio inferiore al tasso d’interesse da pagare sul finanziamento(o meglio contratto di mutuo).

Peraltro, si verificava un palese squilibrio di poteri tra investitore e istituto di credito. Taluni diritti potestativi, quali il diritto di recesso rischiavano, in concreto, di rimanere lettera morta.

L’esercizio del diritto di recesso, stante le peculiari caratteristiche di tale contratto, si rivelava assai complesso. L’investitore poteva, infatti, esercitarlo solo con grave e sperequata difficoltà e con notevole e ingiustificato pregiudizio

I contratti medesimi prevedevano, il più delle volte, clausole penali di importo superiore a quello del finanziamento, anche nel caso in cui alcune rate fossero già pagate.

Stante quanto suesposto, gli ermellini dichiaravano che tale congegno contrattuale fosse immeritevole di tutela ex art 1322 c.c., nonché contrario alla clausola generale della buona fede oggettiva e della solidarietà sociale ( art 1373 c.c. e 2 Cost)

Tali contratti erano in palese contraddizione con il Testo Unico in materia di intermediazione finanziaria, il quale sancisce inderogabili obblighi comportamentali ( confermati nella Mifid I e II) per i professionisti operanti nel settore

Essi sono, infatti, tenuti ad agire in conformità a precise regole di diligenza, correttezza e trasparenza: i medesimi devono vigilare sull’operazione proposta e fare in modo che la stessa sia adeguata al profilo di rischio del cliente.

Tuttavia, la struttura genetica di siffatte operazioni finanziarie e il collegamento negoziale tra le distinte operazioni, in concreto, fosse approntata in modo tale da violare irrimediabilmente gli artt. 37 e 38 Cost., in materia di tutela del risparmio e di incentivo delle forme di previdenza, anche privata.

In tal modo, veniva, altresì violato il disposto dell’art. 30 TUIF. Siffatta illiceità era da ascrivere alle peculiari operazioni che lo schema del contratto in esame imponeva di compiere, posto che, per realizzare concretamente il quadro di interessi cui esso mirava, ancorché a esclusivo vantaggio del soggetto forte dell’operazione economica qui descritta, sarebbe stato sufficiente che la banca acquistasse, senza vincoli di mandato, l’immediata disponibilità della somma erogata a mutuo da destinare ad investimento finanziario e lucri gli interessi restitutori.

Il sottoscrittore maturava il premio del proprio investimento solo alla scadenza del contratto e soltanto se e quando questo era risultato attivo. L’efficacia dei contratti di collocamento di strumenti finanziari o di gestione di portafogli individuali conclusi fuori sede è sospesa per la durata di sette giorni decorrenti dalla data di sottoscrizione da parte dell’investitore. Entro detto termine l’investitore può comunicare il proprio recesso senza spese né corrispettivo al consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede o al soggetto abilitato; tale facoltà è indicata nei moduli o formulari consegnati all’investitore (art 30 Tuf). Nel caso concreto, come già accennato , la tutela contrattuale della parte più debole, stante la palese asimmetria informativa e lo squilibrio di poteri tra le parti, erano violata

I negozi giuridici , peraltro, violavano tale disposto in quanto non prevedevano la determinazione né del rendimento, né delle caratteristiche dei prodotti di investimento acquistati.

gli operatori finanziari violavano ,in tal modo, i loro obblighi inderogabili tipo informativo, non rendendo edotti i clienti in alcun modo della circostanza, neanche dedotta espressamente in contratto, che, in taluni casi, il rischio degli investimenti fosse considerevole e di tipo altamente speculativo (2).

i Giudici della Corte di cassazione affermano che tale fattispecie negoziale presenti gravi iniquità e squilibrio (2) a carico della parte debole del sinallagma contrattuale (3).

Soltanto sulla parte più debole, in maniera immeritevole, ricadono i rischi conseguenti ad un difetto di trasparenza nella gestione dell’operazione.

Per tali ragioni, i contratti de quibus non possono considerarsi meritevoli di tutela : sono in palese contrasto con i principi della disciplina in materia di risparmio e consumeristica.

La Corte ribadisce, dunque, le soluzioni cui era addivenuta precedentemente sancite: tale schema contrattuale prevedeva l’ingiusto sfruttamento e una immeritevole locupetazione, mercè un quasi annullamento del costo del rischio in capo all’intermediario.

Si palesava un irrimediabile e potenziale conflitto di interessi con il cliente, delle preoccupazioni previdenziali di quest’ultimo, mediante operazioni negoziali complesse e collegate di rischio e di unilaterale riattribuzione del proprio rischio d’impresa, in ordine alla gestione di fondi comuni, in capo all’investitore. Tale riattribuzione unilaterale del proprio rischio d’impresa è tale dunque da rendere il contratto immeritevole di tutela ex art 1322 c. c., data anche, tra gli altri aspetti, la palese asimmetria informativa a sfavore della parte debole e lo sbilanciamento ingiustificato di interessi in conflitto a totale favore della parte contraente più forte, ossia l’intermediario finanziario. La causa del contratto in analisi, per le ragioni sopra esposte rendeva il contratto immeritevole di tutela da parte dell’ordinamento giuridico, annullando o diminuendo in maniera ingiustificata il costo del rischio dell’investimento (4), venendo lo stesso imputato – in termini probabilistici- quasi sempre imputato all’investitore.

 

 

 


(1) Cfr. Cass. civ. n. 7751/2018; Cass. civ. n. 383/2018; Cass. civ. n 378/2018; Cass. civ., 26057/2017
(2) Fratini M., Manuale Sistematico di Diritto Civile, Ed. Accademia del Diritto, 2019
(3) Diener, M. Cristina, Il contratto in generale. Ed. Giuffrè, 2015
(4) Bontempi P., Diritto bancario e finanziario, Ed. Giuffrè, 2019

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