La nullità del contratto preliminare di vendita di immobile abusivo
Il contratto preliminare è una particolare figura contrattuale con la quale le parti si impegnano a stipulare un futuro contratto, il cui contenuto è, in gran parte, già individuato nel preliminare medesimo.
In virtù di questa sua caratteristica, il ricorso al preliminare risulta particolarmente frequente in sede di compravendite immobiliari. In particolare, nel nostro ordinamento la compravendita è un contratto consensuale ad efficacia reale, per cui, in virtù del principio consensualistico, il trasferimento o la costituzione di un diritto reale si produce con lo scambio dei consensi legittimamente manifestato. Invece, potrebbe accadere che le parti, seppur interessate alla conclusione di un determinato affare e pronte ad impegnarsi in relazione ad esso, abbiano altresì interesse a che l’effetto traslativo non si produca immediatamente ma in un secondo momento.
Il contratto preliminare consente il soddisfacimento di entrambi gli interessi: le parti ottengono che l’effetto reale si produca in futuro, dopo la stipula di un successivo contratto di compravendita che, hic et nunc, si obbligano a stipulare, così garantendosi il perfezionamento dell’affare. Infatti, laddove il promittente alienante si rifiuti di vendere l’immobile, l’altro, se ricorrono tutte le condizioni di cui all’art. 2932 c.c., può ottenere una sentenza costitutiva volta a produrre gli effetti della compravendita. Inoltre, il contratto preliminare avente ad oggetto beni immobili può essere trascritto ex art. 2645 bis c.c., cosicché il successivo contratto definitivo (o la sentenza che ne produce gli effetti ex art. 2932 c.c.), prevale su eventuali trascrizioni o iscrizioni eseguite contro il promittente alienante dopo la trascrizione del contratto preliminare.
I motivi per i quali le parti possono avere interesse a rimandare la stipula del definitivo possono essere i più disparati, ma in ambito di compravendita immobiliare uno potrebbe senz’altro essere rappresentato dalla necessità di verificare la regolarità amministrativa dell’immobile.
In particolare, in caso di immobili abusivi, il legislatore ha da sempre previsto -prima con la L. 47/1985 e poi con il D.P.R. 380/2001- la sanzione della nullità per gli atti inter vivos concernenti il trasferimento o la costituzione di diritti reali ove dall’atto non risultino gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria.
Detta previsione ha costituito oggetto di vivace dibattito sia in dottrina che in giurisprudenza, infatti, da un lato si discute in ordine alla tipologia di nullità –se testuale, virtuale o strutturale-, dall’altro in ordine a se la nullità riguardi solo il contratto definitivo od anche il preliminare.
Al fine di meglio comprendere il dibattito, giova preliminarmente riportare i tratti salienti dell’art. 46, I° comma dpr 380/2001: “Gli atti tra vivi (…) aventi ad oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici o loro parti (…) sono nulli e non possono essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria (…)”.
Un primo indirizzo ermeneutico opta per una lettura formale della disposizione, sostenendo che la nullità riguardi la sola ipotesi in cui dall’atto non risultino gli estremi del titolo abilitativo; al contrario, laddove l’alienante ne abbia indicati gli estremi, l’atto è da considerarsi valido anche nel caso in cui detta dichiarazione sia mendace. Secondo i fautori di tale indirizzo, infatti, quella comminata dalla legge è una nullità testuale e, ricomprendendovi la seconda delle descritte ipotesi, si avrebbe un’inammissibile applicazione analogica. Di conseguenza, in caso di dichiarazione mendace, l’atto sarebbe valido e l’acquirente potrebbe ricorrere al rimedio della risoluzione per inadempimento.
Con riguardo al contratto preliminare, i “formalisti” negano che l’abusività dell’immobile sia causa di nullità del medesimo, infatti, la norma parla espressamente di contratti ad efficacia reale, mentre il preliminare ha efficacia meramente obbligatoria. Inoltre, si evidenzia che le parti potrebbero aver optato per la stipula del preliminare proprio al fine di “bloccare” l’affare nell’attesa del tempo necessario alla regolarizzazione del bene.
Un contrapposto indirizzo, anch’esso sostenuto in giurisprudenza, dà alla norma una lettura sostanziale. In particolare, detto filone ermeneutico fa leva sullo scopo perseguito dal legislatore che è quello di impedire la commercializzazione di immobili abusivi in guisa da salvaguardare il corretto sviluppo del territorio e dell’ambiente. Se si seguisse la lettura formale la ratio della norma sarebbe vanificata perché, ai fini della validità dell’atto, basterebbe indicare al suo interno gli estremi di un titolo abilitativo, anche se di fatto inesistente. Peraltro, proprio il fatto che il legislatore commini la nullità per la semplice omessa indicazione del titolo abilitativo –che di fatto potrebbe esistere-, dovrebbe a fortiori far ritenere che la nullità operi anche per il caso in cui il titolo menzionato nell’atto sia inesistente.
Quindi, per i “sostanzialisti”, la nullità verrebbe ad operare in entrambi i casi. Per alcuni si tratterebbe di una nullità strutturale per illiceità dell’oggetto; per altri si tratterebbe di una nullità virtuale per contrarietà a norma imperativa.
In ogni caso, i fautori di detta tesi, ritengono che la nullità possa inficiare anche il contratto preliminare perché con esso le parti si impegnerebbero a stipulare un contratto nullo.
Alla luce dei mutati rapporti tra contratto preliminare e contratto definitivo, questa seconda lettura risulta preferibile. Infatti, se in passato il definitivo acquisiva indubbia centralità, rappresentando il preliminare un mero pactum de contrhaendo, oggi questa idea è entrata in crisi per due ragioni.
In primo luogo, i processual-civilisti hanno sottolineato che nell’ambito dell’operazione sia il preliminare ad assumere rilievo centrale. Infatti, l’effetto traslativo, grazie all’art. 2932 c.c., potrebbe prodursi anche in assenza del contratto definitivo, soppiantato dalla pronuncia costitutiva del giudice.
In secondo luogo, nella prassi si è sviluppato il ricorso al preliminare “ad effetti anticipati”, per cui con esso le parti non si limitano ad obbligarsi alla stipula del definitivo ma ne anticipano gli effetti: il promittente alienante ottiene in tutto o in parte il pagamento del prezzo, mentre il promittente acquirente viene anticipatamente immesso nel possesso del bene. Di conseguenza, il definitivo diverrebbe un atto di pagamento traslativo solvendi causa, cioè un contratto traslativo la cui causa esterna è da rinvenirsi nel contratto preliminare.
Proprio per queste ragioni, è preferibile ritenere che la nullità possa inficiare anche il contratto preliminare laddove riguardi un immobile abusivo.
La condivisione della teoria sostanzialista comporterebbe che in una causa avente ad oggetto il preliminare, il giudice dovrebbe rilevarne d’ufficio la nullità, anche nel caso in cui la pronuncia richiesta dalle parti non presupponga la validità del contratto. Tuttavia, in quest’ultimo caso, al fine di rispettare i principi della domanda e di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, funzionali al diritto di difesa, il giudice, prima di emettere la sentenza, dovrebbe sollecitare un contraddittorio in ordine alla nullità rilevata in guisa da consentire alle parti di interloquire sul punto.
Parimenti, laddove le parti, ai fini della stipula del preliminare avente ad oggetto l’immobile abusivo, si rivolgano ad un notaio, questo dovrebbe rifiutarsi di ricevere l’atto. Infatti, la legge notarile pone il divieto di ricevere atti contrari alla legge ed un comportamento che viola tale prescrizione potrebbe dar luogo a responsabilità disciplinare. Tuttavia, la rigidità del divieto è stata stemperata dalla Cassazione, la quale ha previsto che esso operi nel solo caso in cui la nullità dell’atto sia inequivoca, cioè pacificamente riconosciuta in giurisprudenza. Invece, la nullità del preliminare concernente un immobile abusivo non è pacifica, quindi, il notaio potrebbe andare esente da responsabilità.
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Barbara Druda
Nel dicembre 2014 ha conseguito con lode la Laurea Magistrale in Giurisprudenza presso l'Università di Pisa discutendo una tesi in diritto penale dal titolo "La bancarotta preferenziale" (Relatore: Prof. Giovannangelo De Francesco).
Dal febbraio 2015 all'agosto 2016 ha svolto il Tirocinio presso la Procura della Repubblica di Firenze ove, affiancando un magistrato, si è occupata di criminalità economica, prestando particolare attenzione al ramo dei reati tributari, societari, fallimentari e dei delitti contro il patrimonio. In questi diciotto mesi ha svolto importanti indagini concernenti delitti di bancarotta e frodi fiscali.
Dal febbraio 2015 al dicembre 2016 ha altresì svolto la pratica forense presso un rinomato studio associato del foro pisano dove si è occupata prevalentemente di diritto civile.
Il 10 ottobre 2017 ha conseguito l'abilitazione all'esercizio della professione forense superando l'esame presso la Corte d'Appello di Firenze previa interrogazione sulle seguenti materie: Diritto Penale, Diritto Civile, Diritto Amministrativo, Diritto Processuale Civile ed Unione Europea.
Scrive articoli in materia sia civilistica che penalistica per diverse riviste giuridiche online.
Dal 9 gennaio 2018 è iscritta all'Albo degli Avvocati di Pisa e dall'aprile 2018 è titolare di uno studio legale.