La nullità delle clausole vessatorie secondo il Codice del consumo, D. Lgs. 206 del 2005
Il Codice del consumo prevede un insieme di disposizioni volte a tutelare il consumatore dai comportamenti scorretti e abusivi posti in essere dal professionista nonché di criteri interpretativi che devono essere applicati dal giudice nello svolgimento del proprio lavoro .
Abbiamo già parlato dei criteri interpretativi che scaturiscono dalla lettura combinata degli articoli 33 e 34 del Codice del consumo e delle particolari ipotesi in cui il giudice investito della questione deve far luce sul quesito posto dalle parti in ordine alla presunta vessatorietà delle clausole sottoposte al suo esame.
Nell’ambito dell’accertamento della vessatorietà delle clausole, l’articolo 34 del Codice del consumo impone al giudice un vero e proprio test di bilanciamento (balancing test) che deve essere operato su tali clausole, tenendo in considerazione ogni debita circostanza rilevante ai fini del decidere.
Sono escluse tuttavia da tale accertamento le clausole riproduttive della legge e quelle che siano state oggetto di trattativa individuale.
L’art. 35 del Codice del consumo, rubricato ‘’Forma e interpretazione’’, istituisce un vero e proprio obbligo gravante sul professionista, di redigere le clausole in modo chiaro e comprensibile per il consumatore. Quanto al carattere della chiarezza questa deve intendersi integrata nel caso in cui il contratto sia redatto con caratteri chiari e leggibili senza quindi dare un risalto diverso alle singole clausole.
La comprensibilità riguarda le esigenze di formulazione del contenuto del regolamento negoziale, tali da rendere consapevole il consumatore dei propri diritti mediante la semplice consultazione del testo scritto.
La regola della chiarezza e della comprensibilità è destinata ad operare sia per le clausole inserite in uno specifico contratto sia per quelle contenute in moduli o formulari predisposti dal professionista.
La giurisprudenza di merito e di legittimità utilizzano la mancanza di chiarezza e trasparenza quale criterio a sé stante ai fini della valutazione del carattere della vessatorietà della clausola che conduce dunque ad una presunta iniquità del regolamento negoziale.
L’art. 35 comma secondo del Codice del consumo fissa inoltre la regola in base alla quale nel caso di dubbio sul senso della clausola debba prevalere l’interpretazione che risulti in concreto più favorevole al consumatore.
Tale norma deve essere letta unitamente al precetto normativo contenuto nell’art. 1370 del codice civile in forza del quale si conferma tale assunto.
Per la parte dominante della dottrina l’interpretazione che in concreto risulta più favorevole al consumatore è quella che comporta la diretta eliminazione della clausola per la mancanza della chiarezza prescritta dal legislatore e pertanto della sua vessatorietà.
Non sembra invece convincere la tesi in base alla quale la mancanza di chiarezza comporti il mantenimento della validità della clausola in un senso solo parzialmente favorevole al consumatore.
La regola dell’art. 35 comma 2 del Codice del consumo viene definita in gergo tecnico con il nome di regola dell’interpretatio contra proferentem.
Le clausole valutate abusive dal giudice vengono pertanto colpite dalla dichiarazione di nullità di cui all’art. 36. La nullità in questione è una nullità parziale perché investe soltanto la clausola vessatoria ed il contratto conserva la sua validità per la parte residua.
Quanto alla possibilità di far valere la clausola e quindi alla legittimazione processuale, la nullità può essere fatta valere solo dal consumatore e non certamente dal professionista. Tale nullità può essere inoltre rilevata d’ufficio dal giudice.
Vi sono poi tre clausole nulle quantunque oggetto di trattativa: esse coincidono con le rispettive lettere a), b) ed l) dell’articolo 33 .
Quanto ai rapporti tra venditore e fornitore il quarto comma dell’art. 36 riconosce in capo al venditore un diritto di regresso nei confronti del fornitore per i danni subiti in conseguenza dell’accertamento della nullità delle clausole abusive.
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Massimiliano Pagliaccia
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