La nuova direttiva whistleblowing

La nuova direttiva whistleblowing

Lo scorso 15 marzo, con l’entrata in vigore del d. lgs. 24/2023, sono state dettate nuove regole sul Whistleblowing.

Come ormai noto, con tale termine si indica la segnalazione di condotte illecite effettuata ad opera di un soggetto che ne è venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, messe in atto da collaboratori, professionisti o dipendenti che possono anche coinvolgere l’ente in profili di responsabilità.

La tutela predisposta dall’ordinamento ha quale ratio l’esigenza di evitare tutta una serie di conseguenze negative che il segnalante (whistleblower) potrebbe patire qualora ne si dovesse scoprire/conoscere l’identità. Si pensi a qualunque atto ritorsivo o discriminatorio, sia anche solo tentato o minacciato che possa tradursi in un danno ingiusto. Benché infatti le segnalazioni di questo tipo apportino – di fatto – benefici all’ente coinvolto[1] spesso possono comportare conseguenze negative per l’autore delle stesse. Ecco, dunque, che scatta l’esigenza di tutela, contenuta nella norma in commento.

Prima del d. lgs. 24/2023, non si aveva una normativa unica per il settore pubblico e per quello privato; infatti, il whistleblowing era regolamentato rispettivamente dall’art. 54 bis del d. lgs. 165/2001 e dalla legge 179/2017. Con l’approvazione del nuovo d. lgs. si è data una rilettura della disciplina, istituendo una tutela più strutturata ed armonizzando la normativa italiana con quella europea. La segnalazione, infatti, come si legge nel primo comma dell’art. 1 dello stesso decreto, è stata estesa anche alle violazioni di disposizioni normative nazionali o dell’Unione Europea idonee a ledere l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato. Ovviamente sono da intendersi inclusi gli illeciti sia amministrativi, che contabili, che civili o penali. Vengono invece esclusi dall’applicabilità del d. lgs. in commento, i rapporti individuali di lavoro e le segnalazioni in materia di sicurezza e difesa nazionale; mentre non viene alterato il collegamento con la disciplina contenuta nel decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, riferita alle violazioni dei modelli di organizzazione e di gestione (MOG).

Prima di trattare le novità della tutela relative al segnalante, meritano attenzione i canali di segnalazione predisposti: sia quelli interni che quelli esterni. Si tenga presente che l’ente deve occuparsi, sia con riferimento ai primi che con riferimento ai secondi, di portarli a conoscenza dei soggetti aventi un rapporto lavorativo con lo stesso mediante un’informativa chiara ed esplicativa che educhi su procedure e presupposti necessari per poter effettuare le eventuali segnalazioni.

Iniziando dai canali interni, il decreto in commento affida la gestione della segnalazione ad una persona o ad un ufficio che può essere sia interno che esterno all’azienda, ciò che rileva è che si tratti di personale autonomo e specificatamente formato. L’attivazione di questa tipologia di canali grava tanto sui soggetti del settore pubblico quanto su quelli del settore privato, sentite le rappresentanze o le organizzazioni sindacali di cui all’articolo 51 del decreto legislativo n. 81 del 2015[2]; quando invece l’ente in questione risulta essere dotato di MOG, l’impostazione ed attivazione di tali canali compete a quest’ultimo.

Una volta pervenuta la segnalazione scattano alcuni obblighi per l’ente, ossia quello di rilasciare al whistleblower – dopo l’inoltro di quest’ultima ed entro sette giorni dalla ricezione – un avviso di ricevimento e – per il soggetto al quale è affidato il canale – quello di mantenere i contatti con il segnalante, dando seguito alla segnalazione e fornendone un riscontro entro tre mesi dalla data di ricezione della stessa.

Per quanto attiene ai canali esterni invece, l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) è stata integrata di complessive 22 unità di personale per poter garantire un presidio costante delle procedure e delle attività delineate nel decreto. Qualora la segnalazione esterna dovesse esser stata presentata ad altro soggetto, sarà trasmessa all’ANAC entro sette giorni dalla data di ricevimento, fornendo contestuale notizia della trasmissione al whistleblower. L’accesso a questo canale è consentito in determinate ipotesi, tassativamente elencate nell’art. 6 del decreto in commento:

– il soggetto segnalante opera in un contesto lavorativo nel quale non è prevista l’attivazione obbligatoria del canale di segnalazione interna ovvero tale canale non è attivo o ancora non è conforme ai requisiti normativi;

– il soggetto segnalante ha già effettuato una segnalazione interna alla quale però non è stato dato seguito;

– il soggetto segnalante ha fondato motivo di ritenere che una segnalazione interna possa non avere il giusto seguito o determinare il rischio di ritorsione;

– il soggetto segnalante ha fondato motivo di ritenere che la violazione possa costituire un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse.

Infine, anche per l’ANAC vigono specifici doveri di attivazione e di riscontro nei confronti del whistleblower. Come abbiamo visto nei casi di segnalazione interna, infatti, anche qui il segnalante ha diritto a ricevere un avviso di ricezione della segnalazione entro sette giorni da quando pervenuta all’ANAC. Dal ricevimento della segnalazione dovrà essere avviata un’attività istruttoria, le cui risultanze dovranno esser comunicate al whistleblower entro tre o sei mesi (a seconda dei casi).

Qualora la segnalazione abbia ad oggetto informazioni che eccedano le proprie competenze, l’ANAC dovrà provvedere a dare comunicazione della segnalazione all’autorità competente.

Innovativo strumento messo a disposizione del whistleblower – e per il quale è egualmente riconosciuto il beneficio di tutela – è quello disciplinato dall’art. 15, ovverosia la divulgazione pubblica. Potremmo definirla come una sorta di extrema ratio, come si può notare dalla tassatività delle circostanze per le quali è ammessa: qualora

– sia stata previamente esperita una segnalazione interna ed una esterna, o anche solo quella esterna e non ve ne sia stato riscontro nei termini previsti;

– il segnalante abbia il fondato timore che la violazione possa costituire un pericolo imminente palese per il pubblico interesse;

– il segnalante abbia il fondato timore che la segnalazione esterna possa comportare ritorsioni non avere efficace seguito.

Tutti questi canali dovranno essere segnalati dall’ente che dovrà facilitarne l’accesso per chiunque volesse utilizzarli.

Passando invece alle novità relative alla tutela del segnalante, sotto il profilo processuale è interessante vedere come sia stata introdotta un’inversione dell’onere della prova con riferimento al soggetto che abbia attuato condotte discriminatore o comunque lesive nei confronti del whistleblower. Infatti, dovrà essere l’autore di queste a dimostrare l’estraneità di tali condotte alla segnalazione, divulgazione o denuncia. Relativamente poi alla diffusione di informazioni coperte dall’obbligo di segreto, potrà essere esclusa la responsabilità del whistleblower qualora vi sia il fondato motivo di ritenere necessaria la rivelazione delle stesse ai fini della segnalazione.

L’identità del segnalante potrà essere conosciuta solo dietro suo espresso consenso, ma tale riservatezza delega ad eventuali disposizioni regolatrici dei procedimenti civili, penali o disciplinari eventualmente avviati[3].

Ulteriore novità si ha anche con riferimento all’estensione della tutela in oggetto che, nella nuova disciplina, viene riconosciuta anche alle persone del medesimo contesto lavorativo, nonché ai colleghi legati al whistleblower da stabili rapporti affettivi o di parentela entro il quarto grado, ed infine ai c.d. “facilitatori” – ossia coloro che, operando nel medesimo contesto lavorativo, aiutano il segnalante nel processo di segnalazione[4] – e agli enti di proprietà di tutti questi soggetti.

Sempre a garanzia di un’adeguata tutela l’ANAC ha altresì provveduto ad istituire un elenco degli enti del Terzo settore che possano fornire misure di sostegno ai whistleblowers, trattasi di: “informazioni, assistenza e consulenze a titolo gratuito sulle modalità di segnalazione e sulla protezione dalle ritorsioni offerta dalle disposizioni normative nazionali e da quelle dell’Unione europea, sui diritti della persona coinvolta, nonché sulle modalità e condizioni di accesso al patrocinio a spese dello Stato”[5].

Relativamente alle sanzioni va evidenziato come accanto a quelle in cui può incorrere il soggetto autore della violazione, vi sono le sanzioni amministrative pecuniarie ex art. 21 applicate dall’ANAC qualora siano state commesse delle ritorsioni, o la segnalazione sia stata ostacolata, o l’obbligo di riservatezza sia stato violato, o non siano stati istituiti canali di segnalazione, o non siano state adottate procedure per l’effettuazione e la gestione delle segnalazioni, o ancora ci sia difformità fra l’adozione delle procedure e le disposizioni del decreto.

Da ultimo anche per il whistleblower sono state previste sanzioni, nel caso in cui le segnalazioni da questo attivate dovessero successivamente rivelarsi diffamatorie o calunniose.

Andando poi a concludere, per quanto attiene ai canali di segnalazione interni, è stato sancito l’obbligo di implementazione degli stessi a carico di tutte le società aventi un numero di dipendenti pari o superiore a 250 entro il 15 luglio 2023; mentre per le società con un numero di dipendenti inferiore a 250 ma superiore a 50, il canale di segnalazione interno dovrà essere istituito entro la data del 17 dicembre 2023.

 

 

 

 

 

[1] Soprattutto in termini di prevenzione per come delineati nel d. lgs. 231/2001
[2] Comma 1, art. 4, d. lgs. 24/2023
[3] In ambito penale, ad esempio, la tutela del whistleblower è assoggettata ai limiti ex art. 329 del Codice di procedura penale
[4] Art. 2, lett. h), d. lgs. 24/2023
[5] Art. 18, comma 2, d. lgs. 24/2023

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