La partecipazione penalmente rilevante ed il concorso esterno ex art. 416-bis c.p.

La partecipazione penalmente rilevante ed il concorso esterno ex art. 416-bis c.p.

La giurisprudenza si è interrogata a lungo sulle peculiarità della condotta di partecipazione penalmente rilevante ai sensi dell’articolo 416  del codice penale. In particolare, il giudice di legittimità ha sottolineato che tale condotta sia riferibile a colui che si trovi in rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio tale da far ritenere avvenuto il suo inserimento con carattere di stabilità e di consapevolezza soggettiva (Cassazione penale, sez. I, 12 dicembre 2014, n. 11008), tale da implicare, più che uno status di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l’interessato “prende parte” al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell’ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi.

A tal fine rileva  l’apporto incidente sull’esistenza e sullo svolgimento dell’attività del sodalizio (Cassazione penale, sez. VI, 24 maggio 2018, n. 38504; Cassazione penale, sez. II, 10 dicembre 2014, n. 53675). In tal senso, non è sufficiente, la mera indicazione della affiliazione formale al sodalizio, occorrendo che il  soggetto sia quantomeno rimasto a disposizione di quest’ultimo, assicurando, con una presenza anche solo passiva, l’incremento del numero dei soggetti disposti ad agire per le finalità dell’associazione (Cassazione penale, sez. V, 03 novembre 2016, n. 50864).

La Suprema Corte ha inoltre evidenziato i rapporti fra il concetto di partecipazione e quello di appartenenza, evocato dalla normativa che disciplina il procedimento applicativo delle misure di prevenzione personali agli indiziati di “appartenere” a un’associazione di tipo mafioso.

Il concetto di appartenenza, evocato dalla normativa di prevenzione, risulta così più ampio di quello di partecipazione, nella misura in cui verranno considerate condotte che non integrano la presenza del vincolo stabile tra il proposto e la compagine, rivelando piuttosto una attività di collaborazione, anche non continuativa alla stessa. Tuttavia, per poter fondare il giudizio di attualità della pericolosità  devono essere valorizzate le circostanze del caso concreto, alla luce di specifici indicatori, quali la natura storica del gruppo criminale, la tipologia della partecipazione offerta dal proposto, la particolare valenza del contributo individuale nella vita del gruppo.

Così solo nel caso  in cui sussistano elementi sintomatici di una “partecipazione” al sodalizio, sarà possibile applicare la presunzione semplice relativa alla tendenziale stabilità del vincolo associativo purché la sua validità sia verificata alla luce degli specifici elementi di fatto desumibili dal caso concreto e la stessa non sia posta quale unico fondamento dell’accertamento di attualità della pericolosità (Cassazione penale, sez. V, 23 marzo 2018, n. 20826).

La partecipazione richiesta ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 416 bis c.p. si distingue dal c.d. “concorso esterno”  in tale delitto. Tale concorso indica una forma di compartecipazione del reato di associazione a delinquere di tipo mafioso.

Il concorso esterno si realizza con l’apporto di un contributo effettivo  e consapevole al perseguimento di fini illeciti dell’associazione di tipo mafioso senza però prendere parte al sodalizio criminale. Per la sua definizione,  risulta fondamentale la valutazione dell’elemento soggettivo ovvero la consapevolezza e la volontà del soggetto di concorrere insieme ad altri alla realizzazione del reato  e la consapevolezza che tale aiuto viene dato a favore di una associazione a delinquere.

Si tratta di un istituto di creazione giurisprudenziale che non trova riconoscimento esplicito nel codice penale.  e che fa riferimento al combinato disposto dell’art. 110 e i c.d . reati fine commessi dall’associazione a delinquere.

La giurisprudenza si è a lungo interrogata in merito alla configurabilità o meno del concorso esterno nel reato associativo. ritenendo ché  il soggetto estraneo al vincolo associativo potesse rispondere ai sensi dell’art. 110 c.p. esclusivamente per i singoli reati fine, o al più a titolo di concorso morale nel reato associativo .

A partire dagli anni ’90, l’elaborazione giurisprudenziale ha iniziato ad ammettere la configurabilità di tale concorso:  in particolare, la c.d. “sentenza Demitri”  distingue il ruolo dell’associato da quello del “concorrente esterno”. Infatti, il primo è stabile incardinato nell’associazione, intende farne parte ed accettato come tale dagli affiliati, invece il secondo non intende far  parte dell’associazione e non è riconosciuto come tale dagli affiliati, ma fornisce un contributo atipico e occasionale all’esistenza e al rafforzamento dell’associazione criminale (Cassazione Penale Sez Unite 05.10.1994 n. 16).

Successivamente, le Sezioni Unite della Cassazione hanno ancora una volta dedicato   particolare attenzione alla definizione  di “concorrente esterno” , identificato in  colui che, privo  dell’affectio  societatis e non  inserito nella struttura del sodalizio, fornisce un contributo “concreto specifico, consapevole, volontario, a carattere occasionale o continuativo”, dotato di effettiva rilevanza causale ai fini della conservazione e del rafforzamento dell’associazione. Dal punto di vista dell’elemento soggettivo, si richiede al concorrente eventuale il c.d. “dolo diretto” nel senso chè il soggetto dovrà agire per la realizzazione anche parziale del programma criminoso. Pur non volendo essere membro del sodalizio criminoso,  il concorrente esterno deve rappresentarsi e volere tutti gli elementi del fatto tipico e del proprio contributo causale (Cassazione pen..  Sez. Unite 21.05.2003 n. 22372).

Nel 2010,  la Cassazione si è nuovamente pronunciata in materia di concorso esterno attraverso la c.d. “sentenza Mannino Bis” ,  affermando  la configurabilità del concorso esterno nel reato di tipo mafioso, nell’ipotesi di scambio elettorale politico mafioso, qualora il personaggio politico , a fronte dell’aiuto della associazione nella competizione elettorale, si impegna ad attivarsi una volta eletto a favore del sodalizio criminoso (Cassazione penale Sezione IV sentenza 25.02.2010 n. 7651).

Nel 2012 la Cassazione con la nota “sentenza dell’Utri” ha sottolineato che il concorso esterno si atteggia di regola come reato permanente al pari di quello  di  partecipazione alla stessa associazione da parte del soggetto organicamente inserito nel sodalizio criminoso e sotto il profilo soggettivo si richiede il c.d. dolo generico (Cassazione IV 09.03.2012 n.15727).

Nella nota sentenza “Contrada contro Italia” del 14/04/2015 , la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condanato l’italia per violazione dell’art. 7 Cedu, in quanto ha riconosciuto che la sentenza di condanna pronunciata per concorso esterno  in associazione mafiosa  riguardasse un reato che al tempo delle condotte ascritte a Bruno Contrada, non era sufficientemente chiaro e prevedibile. Nel 2017, la Suprema Corte ha così annullato senza rinvio la precedente ordinanza con cui era stata dichiarata inammissibile la revoca ex art. 673 c.p.p. della sentenza di condanna pronunciata contro lo stesso Contrada (Cass. Pen., 6 luglio 2017, ric . Contrada)

Nel 2018,  la Suprema Corte si è ulteriormente  pronunciata sull’applicabilità della citata “Sentenza Contrada” , sottolineando che i principi affermati da tale decisione non possano essere applicati al di fuori della vicennda processuale tipica, anche perchè in contrasto con il sistema penale.

La sentenza pronunciata dalla Corte europea  partiva dall’assunto che il reato contestato a Contrada  fosse di natura giurisprudenziale. Nel nostro ordinamento, il giudice di legittimità non ammette alcuna fattispecie di reato al di fuori di quelle tassativamente previste dalla legge ( “principio di legalità”). Come detto in precedenza, la Suprema Corte aveva affermato che il contributo del concorrente esterno trae orgine dalla consapevolezza di contribuire con il proprio apporto ad un ‘attività illecita  svolta in forma associata, di cui conosce fini e struttura, pur senza aderirvi.  Tale aspetto, a giudizio della Suprema Corte era assente nel “caso Contrada” e le relative argomentazioni ed effetti erano esclusivi alla sola vicenda processuale considerata (Cass. Pen. . sent. n .36505/2018)


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