La particolare tenuità del fatto secondo la recente giurisprudenza di legittimità: l’art. 131-bis c.p. tra ultime applicazioni e vecchi disappunti

La particolare tenuità del fatto secondo la recente giurisprudenza di legittimità: l’art. 131-bis c.p. tra ultime applicazioni e vecchi disappunti

Sommario: 1. La pronuncia della Corte: Cass. Pen. Sez. II, sent. n. 19548 del 30 Giugno 2020 – 2. La particolare tenuità del fatto: natura giuridica e campo d’applicazione della nuova causa di non punibilità, ex art. 131-bis c.p. – 3. Le questioni di legittimità costituzionale della previsione dell’art. 131-bis c.p. come modificato dal “decreto sicurezza bis” – 4. Riflessioni e contestazioni sulla proposta di legge Cirielli per l’abrogazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto

 

Abstract. La Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione si è pronunciata in merito alla sufficienza degli indici rilevatori della particolare tenuità del fatto, con sentenza n. 19548, pubblicata in data 30 Giugno 2020. In motivazione si affronta nuovamente la tematica concernente il giudizio sull’offesa e la quantificazione della portata lesiva di quest’ultimo. Il contributo dunque, dopo un breve cenno alla causa di non punibilità contemplata all’art. 131 bis cp., segnala i punti critici della riforma del 2019 ed i dubbi di legittimità costituzionale sorti a riguardo. Infine analizza le prospettive di futura evoluzione normativa.

1. La pronuncia della Corte: Cass. Pen. Sez. II, sent. n. 19548 del 30 Giugno 2020

La Procura Generale presso la Corte di Appello di Brescia adiva la Suprema Corte di Cassazione affinché questa si pronunciasse sulla sentenza redatta dal Tribunale di Bergamo con la quale si era disposto il non doversi procedere a favore degli imputati. Avverso costoro era stata sollevata l’accusa per l’acquisto di cose di sospetta provenienza, previsto come contravvenzione ai sensi dell’art. 712 cp. Sinteticamente in fatto: i due soggetti prevenuti avevano acquistato, per un corrispettivo irrisorio, due bici da passeggio, cd. city bike, qualificate dal veditore come usate, ma senza nulla approfondire in merito ai precedenti proprietari. La motivazione resa in sentenza dal Giudice di merito risultava manifestatamente lacunosa, posto che veniva valorizzata solamente la circostanza anzidetta (la mancata menzione del pregresso titolo di proprietà), la quale non sembrava doversi intendere quale nodo nevralgico per la risoluzione giurisprudenziale della faccenda. La Procura Generale della Repubblica invece riteneva con fermezza che il Tribunale avesse dovuto disquisire con più attenzione circa l’intrinseco valore commerciale dei bei, ceduti a fronte di una somma del tutto incongruente rispetto al prezzo medio delle citate bici nel mercato.

Il ricorso in Cassazione si è concluso[1] con il rigetto del ricorso. Secondo l’organo massimo di nomofilachia la decisione impugnata era frutto di un complessivo accertamento, operato dal Tribunale adito, che ha ben interessato innumerevoli aspetti della vicenda, tra i quali si enuclea anche il fattore economico. La Corte ha poi chiarito che il “significativo valore commerciale” più volte sottolineato nel ricorso promosso dalla Procura è semplicemente risultato di un arbitrario apprezzamento svolto da quest’ultima, poiché non è oltremodo suffragato da elementi fattuali che possano univocamente corroborare siffatta tesi. La pronuncia menzionata, ha avuto altresì cura di statuire circa i requisiti del giudizio di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Ed è proprio tale passaggio ciò che si vuole segnalare con il presente contributo. I Giudici di legittimità nel caso di specie hanno ravvisato emblematici indici per l’applicabilità della causa di non punibilità ex art. 131bis cp. L’ignoranza sul valore monetario reale del bene acquistato, l’effimera gravità della condotta, le circostanze materiali che corredavano l’azione, l’assenza di precedenti penali degli imputati, sono tutti aspetti sintomatici della lieve entità del fatto. Tutto quanto premesso era da ritenersi assolutamente legittima, quale epilogo del giudizio di merito, di non doversi procedere per entrambi i convenuti.

2. La particolare tenuità del fatto: natura giuridica e campo d’applicazione della nuova causa di non punibilità, ex art. 131-bis c.p.

L’art. 131 bis, introdotto dal d.lgs. n. 28 del 16 Marzo 2015 che ha modificato il Titolo V del Libro I del codice penale, ha fornito il sistema penale di una nuova causa di non punibilità. L’intento del Legislatore era ben lineare, e si rinviene negli obiettivi di politica criminale da tempo perseguiti. Primo tra tutti la necessità di alleggerire un ordinamento penitenziario ormai congestionato attraverso una depenalizzazione in sostanza offerta proprio dall’articolo citato.

Facendo leva sull’anima ibrida dell’istituto, il quale trova ragion d’essere sia sul piano sostanziale che processuale del diritto penale, l’effetto depurativo della responsabilità penale della norma è stato razionalizzato attraverso la previsione di rigidi requisiti d’applicazione: va considerato, in primissimo luogo, il limite edittale massimo della fattispecie incriminatrice, che non deve mai oltrepassare i 5 anni di reclusione, senza che possano in alcun modo rilevare le eventuali circostanze; l’offesa deve vantare una carica lesiva di particolare tenuità. Questa condizione si prefigura nell’ipotesi in cui l’autore, non recidivo né abituale o delinquente professionale, abbia cagionato un danno effimero, dal quale non derivino spasmodiche conseguenze sia fisiche che patrimoniali; al giudice residua un ampio margine di manovra nella valutazione del requisito della “particolare tenuità”. È perciò richiesto che la sua disamina sia minuziosa ed approfondisca le percettibili modalità della condotta, quali la specie d’illecito, il comportamento precedente e posteriore al fatto, il tempo ed il luogo dell’evento, e l’atteggiamento subiettivo del reo; presupposto imprescindibile per il beneficio de quo è poi la non abitualità del prevenuto al comportamento tenuto. Tale concetto non può essere espresso nei termini più succinti di “occasionalità”. La non abitualità si fonda su un sostrato finemente composito, giacché ingloba quali indici di serialità: la professionalità dichiarata del reo, l’aver commesso costui più reati della stessa indole, e la recidivanza.

L’adunanza plenaria della Cassazione[2], con sentenza n. 13681/2016, proseguendo il filone d’interpretazione esegetica inaugurato con la pronuncia Longoni[3] ha evidenziato le radicate divergenze assiologiche che separano concettualmente l’idea di tenuità dall’inoffensività. Nella spiegazione in diritto esplicitata dalla Corte si legge che il principio di offensività “attiene all’essere o non essere di un reato o di una sua circostanza; e non è invece implicato nell’ambito di cui ci si occupa, che riguarda per definizione fatti senza incertezze pienamente riconducibili alla fattispecie legale, ma che in concreto manifestano un disvalore marginale, tale da non meritare la sanzione penale”. Ed ancora, la questione è definitivamente districata nel secondo paragrafo della Relazione[4] prodotta dalla Presidenza del Senato sul punto. Ivi si rappresenta che l’irrilevanza per particolare tenuità “presuppone un fatto tipico e pertanto costitutivo di reato, ma da ritenere non punibile in ragione dei principi generalissimi di proporzione e di economia processuale”.

3. Le questioni di legittimità costituzionale della previsione dell’art. 131-bis c.p. come modificato dal “decreto sicurezza bis”

Il decreto sicurezza bis, D.L. n.5 del 14 Giugno 2019, convertito con L. n. 77 dell’8 Agosto 2019, ha profondamente ingerito entro la precedente formulazione dell’art. 131 bis cp., soprattutto rispetto al secondo comma, imponendo una notevole restrizione dell’ambito d’operatività sostanziale del predetto. Si è optato per escludere anche la mera e lontana possibilità che l’offesa possa rubricarsi di particolare tenuità allorquando il fatto sia commesso ai danni di un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni. Il decreto sicurezza bis è dunque intervenuto apponendo una rimarchevole perimetrazione nella configurabilità della causa di non punibilità in esame, la quale non potrà orbene mai prospettarsi limitatamente alle fattispecie di cui agli artt. 336, 337, 341 bis cp. Tuttavia, appare piuttosto ovvia la discrasia installatosi con l’entrata in vigore della succitata modifica. Da un celere sguardo all’architettura del codice penale, quella di inserire la causa d’esclusione della punibilità per tenuità della condotta tra gli argini della parte generale del codice non è stata sicuramente una scelta lasciata al caso. Come si è già avuto modo di osservare in precedenza nella trattazione, l’istituto vanta un’intima essenza dicotomica. Esso infatti rileva sul piano sostanziale, quale condizione di procedibilità, e su quello prettamente processuale, con la sua attitudine di causa d’esclusione del reato o della pena. Non può allora non condividersi la spiegazione che assume l’art. 131 bis cp. sia distintivo risultato delle spinte di deflazione processuale che permeano da anni il diritto penale, guidate altresì da opportune esigenze di politica criminale. Si tratta, in conclusione, di un filtro speciale sulla meritevolezza della pena per tutte quelle condotte che, sebbene integrino perfettamente gli elementi fattuali e subiettivi posti a connotazione dell’antigiuridicità della fattispecie incriminatrice, non oltrepassano la linea della rilevanza penale, intesa quest’ultima in ossequio ai principi fondanti il sistema penale, primi tra gli altri quello di offensività, di proporzionalità della sanzione e di economia processuale[5]. Da quanto esposto emerge come il novellato art. 131 bis cp., in quanto istituto di parte generale, deve trovare, appunto generalmente, cittadinanza nelle questioni di diritto penale. Il decreto sicurezza bis ha invece lacerato la portata generale della previsione, affievolendo lo spirito deflattivo che lo caratterizza, è imponendo delle deroghe espresse ad un disposto afferente alla parte generale di codice penale.

Gli innumerevoli dubbi non sono residuati a ridondanti dibattiti dottrinali, ma hanno vieppiù ingenerato ragioni così solide da fungere da motore trainante delle questioni di legittimità costituzionale che pendono oggi sul decreto sicurezza bis.

Il Tribunale di Torino, con ordinanza del 5 Febbraio 2020, la n. 93 ha investito la Consulta dei dubbi di illegittimità costituzionale del secondo comma dell’art. 131 bis cp., motivando il ricorso sulla base di una lampante violazione degli artt. 3, 27, terzo comma e 117 della Costituzione nonché del secondo comma dell’art. 49 della Carta di Nizza, sui diritti fondamentali dell’Unione Europea.

Operando una valutazione circa la conformità della riforma con i principi costituzionali di immediato richiamo, l’ordinanza si interroga sulle motivazioni che abbiano spinto il Legislatore a disporre una disciplina differente solo per cognite fattispecie, quali i delitti di resistenza a pubblico ufficiale. L’esclusione della punibilità è debellata non in forza di determinate forti ragioni di fatto, ma solo in dipendenza al tipo di reato posto in essere e alla sua qualificazione giuridica. Riaffiora poi la recondita esigenza di garantire una maggior tutela a specifici beni giuridici ed a individuati soggetti passivi, i quali sono allocati sotto l’ombrello della fattispecie. L’effetto speculare di una siffatta tutela personalizzata tuttavia si rinviene in un trattamento sanzionatorio significativamente più aspro e rigoroso per l’agente. Non è mai ragionevole instaurare circuiti di protezione-repressione differenziati in forza della qualifica soggettiva della vittima. Un paradigma sanzionatorio equo e costituzionalmente orientato non dovrebbe mai permettere discriminazioni così macroscopiche. Al contrario, è di primordiale importanza saggiare le condotte alla luce dei principi di eguaglianza e proporzionalità, sicché situazioni omogenee vengano trattate in maniera simile e, viceversa, situazioni dissimili si traducano in un apparato repressivo diverso. Infine la modifica legislativa è antinomica rispetto le ultime finalità deflattive dell’ordinamento penitenziario che dovrebbero informare sempre qualunque manomissione normativa, diretta e/o indiretta, allo stesso. L’impermeabilità del reato di resistenza al pubblico ufficiale dall’applicabilità dell’art. 131 bis cp. legittima una condanna anche in ipotesi in cui, dalla disamina degli elementi oggettivi del caso concreto e soggettivi e del reo, deficiti chiaramente la necessità di comminare alcuna pena, stante l’evidente leggerezza della carica lesiva della condotta. Ne consegue che la sanzione inflitta sia più che sovrabbondante ed in frizione con i valori costituzionali che soggiacciono al meccanismo sanzionatorio.

Ancora si ricordi che la questione è attualmente pendente, in attesa di un decisivo intervento risolutore del Giudice delle Leggi, sulla contestata incostituzionalità delle modifiche apportate dal decreto sicurezza bis al codice penale.

4. Riflessioni e contestazioni sulla proposta di legge Cirielli per l’abrogazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto

La proposta in parola[6], confezionata dal deputato Edmondo Cirielli, Fratelli d’Italia, e presentata alla Camera il 28 Ottobre 2019, auspicava l’abrogazione dello scudo esercitato dall’art. 131 bis cp., ossia della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto dall’ordinamento italiano. L’istituto veniva dal testo additato come un’inaccettabile frattura sulle istanze topiche del diritto penale. A detta dei fautori della riforma, l’art. 131 bis cp. rischia di degenerare in una clausola “libera tutti” giacché risulterebbero devitalizzate le esigenze di tutela e prevenzione dei consociati dagli illeciti. In più i sostenitori della proposta sogliono ricordare la presunta eccessiva discrezionalità valutativa dell’autorità giudiziaria nel vagliare il grado di tenuità del fatto di reato. Riecheggiano l’art. 112 della Carta Fondamentale essi peraltro affermano con vigore che, in virtù del principio di obbligatorietà dell’azione penale, il Pubblico Ministero è oberato dall’onere giuridico di esercitare l’azione penale ogniqualvolta si configuri ogni singolo elemento, oggettivo e soggettivo, della fattispecie de quo. La tesi a sostegno dell’espunzione della causa di non punibilità si arricchisce infine di un ulteriore focus, ovvero della convinzione che l’istituto di cui all’art. 131 bis cp. sia solo un’inutile vanificazione della funzione general-preventiva della pena. In tal guisa appare profondamente svilita la primaria finalità del trattamento sanzionatorio, annichilito all’ombra di una pretestuosa guarentigia.

L’unito fronte di Fratelli d’Italia ha dovuto scontrarsi con non poche polemiche in merito alla proposta avanzata. I più attenti analisti del diritto penale infatti si sono spesi nella valorizzazione della natura più intima dell’istituto oggetto di dibattito, notando che la stessa non può intendersi assimilata nell’attitudine lassista, tanto deplorata dai redattori. Parimenti viene enfatizzata l’ineludibile necessità di porre sotto la lente d’esamina tutti i fattori oggettivamente, psicologicamente e temporalmente finitimi alla condotta, in ordine di ricostruire un quadro esaustivo della faccenda. Nonostante la completa integrazione degli elementi della fattispecie, l’esclusione della condanna ai sensi dell’art.131 bis cp. è sinonimo di sensibilità giuridica, pienamente rispondente alle conclamate esigenze di celerità del giudizio, di alleggerimento carcerario e di personalità, o meglio personalizzazione, della responsabilità penale. Una pena è giusta allorquando è così percepita dal reo e dalla comunità. Una sanzione eccessivamente afflittiva, ove riferita alle peculiari specificità del caso concreto, si risolverebbe senza dubbio in un’emozione di ingiustizia dell’ordinamento diffusamente percepita, finendo così per minare la fiducia dei consociati nell’opera statale di repressione degli illeciti e contestuale rieducazione degli agenti.

 


[1] Cass. Pen. Sez. II, sent. n. 19548 del 30 Giugno 2020.
[2] Cass. Pen. SS. UU. Sent. n. 13681, del 25 Febbraio 2016.
[3] Cass. Pen. Sez. IV, n. 44132 del 9 Settembre 2015.
[4] Presidenza del Senato, Relazione allo schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto, 23 Dicembre 2014.
[5] Presidenza del Senato, Relazione allo schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto, 23 Dicembre 2014.
[6] Proposta di legge A.C. 2024.

Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
Listed in ROAD, con patrocinio UNESCO
Copyrights © 2015 - ISSN 2464-9775
Ufficio Redazione: redazione@salvisjuribus.it
Ufficio Risorse Umane: recruitment@salvisjuribus.it
Ufficio Commerciale: info@salvisjuribus.it
***
Metti una stella e seguici anche su Google News

Articoli inerenti