La perpetuatio iurisdictionis del Magistrato di Sorveglianza per i minorenni
Cass. pen., sez. I, 16 aprile 2020, n. 12340
La competenza della magistratura per i minorenni è esplicitata dall’art. 3 d.p.r. 448/1988, il quale afferma che il Tribunale per i Minorenni è competente per i reati commessi dai minori degli anni diciotto. Altresì per quanto concerne la fase esecutiva il Tribunale per i minorenni e il Magistrato di Sorveglianza per i Minorenni esercitano le attribuzioni della magistratura di sorveglianza nei confronti di coloro che commisero il reato quando erano minori degli anni diciotto. Tale competenza cessa al compimento del venticinquesimo anno d’età.
La competenza funzionale della magistratura per i minorenni
La giustizia minorile si caratterizza per la presenza di un sistema proprio, costituito in primis dal tribunale per i minorenni.
Fin dalla sua introduzione[1] il tribunale per i minorenni ha sollecitato l’intervento di dottrina e giurisprudenza per definirne la natura giuridica. All’esito del dibattito venne concordemente esclusa la natura di giudice speciale, affermandone invece il carattere di giudice specializzato[2] in ossequio a quanto sancito dall’art. 102 comma 2 Cost[3].
Tali organi specializzati sono poi distinti dagli organi della giurisdizione ordinaria per la particolare competenza in settori specifici che li caratterizza, per l’adattamento del rito ai particolari interessi da tutelare e per la presenza all’interno del collegio giudicante di personalità professionali esperte sulle tematiche che circondano la decisione giudiziaria.
A queste considerazioni si aggiunga che gli organi giudiziari specializzati possono presentarsi in forma di sezioni specializzate di un singolo organo o organi autonomi anche se inseriti nel contesto della giurisdizione ordinaria e l’elemento discriminante si rinviene nell’autonomia o meno del singolo organo giudiziario.
Sulla base di tali rilievi la qualifica del tribunale per i minorenni quale organo specializzato autonomo si ricollegherebbe ad una duplicità di elementi: da un lato un organico autonomo rispetto a quello del tribunale della sede giudiziaria presso cui è istituito (anche se tale considerazione vale in modo completo solo a seguito della riforma operata con legge 9 marzo 1971 n. 35 che costituì il «corpo permanente dei giudici minorili») e dall’altro lato una competenza territoriale diversa e più ampia rispetto a quella del tribunale ordinario.
La competenza sul piano penale per i reati commessi da minorenni è piena e non vi è alcuna esclusione in relazione alla fattispecie delittuosa contestata, essendo competente sia per le contravvenzioni sia per i gravi delitti di competenza della corte di Assise e permane per quanto riguarda il minore anche nel caso in cui sussista un concorso nel reato con soggetti maggiorenni. In questo caso le posizioni verranno divise e perseguiranno ognuna nella propria sede di competenza.
La competenza della giustizia penale minorile è quindi ampia e legata in primis all’età del soggetto coinvolto nel processo, in tale ottica è possibile parlare di competenza funzionale anche in relazione alla fase esecutiva.
Il citato art. 3 d.p.r 448/1988 sancisce che tale competenza si estende sino al venticinquesimo anno d’età del soggetto, previsione necessaria sulla base di due differenti ordini di considerazioni.
Da un lato consente mantenere una continuità tra fase processuale e fase esecutiva anche qualora nel corso del tempo richiesto dalla giustizia per il suo svolgimento il soggetto diventi maggiorenne e quindi mantenere per lo stesso le stesse tutele e il medesimo sistema di protezione più ampio garantito per il soggetto minorenne. Dall’altro pone un correttivo importante per evitare una generalizzata perpetuatio iurisdictionis, della quale si dirà in seguito.
Superamento del venticinquesimo anno d’età in pendenza di procedimento davanti al magistrato di sorveglianza
Problemi interpretativi si presentano nei casi in cui un soggetto superi il venticinquesimo anno d’età in pendenza di un procedimento davanti al magistrato di sorveglianza.
Se da un lato è chiaro l’intento del legislatore di evitare che emanato un primo provvedimento rimanga sempre competente il medesimo magistrato minorile per ogni provvedimento incidentale successivo dall’altro è necessario chiarire in quali casi la competenza passi al magistrato di sorveglianza ordinario e quando possa invece mantenere la titolarità quello minorile.
La Suprema Corte nel tempo ha stabilito in modo chiaro ed unanime che nel caso in cui venga emesso un provvedimento di cumulo di pene concorrenti comminate in modo eterogeneo tra Tribunale per i Minorenni e Tribunale ordinario la competenza sia quella del Magistrato di Sorveglianza ordinario.
Ma come si atteggia la competenza funzionale nel caso in cui il soggetto infra-venticinquenne lo diventi in pendenza della decisione del magistrato per i minorenni? Sul punto è intervenuta per fare maggiore chiarezza la prima sezione della Suprema Corte.
La recente pronuncia della Suprema Corte di Cassazione
Con la sentenza emessa dalla prima sezione in data 20/02/2020 n. 12340 e depositata il 16/04/2020 la Cassazione ha rigettato il ricorso presentato avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale per i Minorenni di Milano, in funzione di Tribunale di sorveglianza con la quale era stata rigettata l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale in relazione alla pena di anni due mesi nove e giorni quindici di reclusione oggetto di provvedimento emesso dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Milano.
Il ricorrente lamentava la violazione di legge in relazione all’art. 3 d.p.r. 448/1988 in quanto il soggetto, seppure al momento della presentazione dell’istanza di misura alternativa non avesse ancora compiuto venticinque anni, alla data della decisione quell’età l’aveva compiuta sicché a parere del ricorrente il Giudice a quo avrebbe dovuto dichiararsi incompetente e trasmettere gli atti al competente Tribunale di Sorveglianza ordinario di Milano ai sensi dell’art 3 comma 2 d.p.r. 448/1988.
La Corte rigetta il ricorso proposto, confermando e chiarendo l’orientamento già in essere, attraverso l’analisi dell’intento del legislatore di voler espressamente evitare una perpetuatio iurisdictionis interpretato in modo scorretto da parte del ricorrente con il compimento di un’operazione ermeneutica eccessiva.
L’analogia con il sovra esposto caso di mutamento della competenza a fronte di un cumulo di pene per delitti commessi in età minore e delitti successivi al raggiungimento della maggiore età è erronea in quanto si perverrebbe ad un’ultrattività della competenza del Tribunale per i Minorenni senza limiti temporali.
La corte evidenzia poi come il momento sul quale si radica la competenza a provvedere sia quello della presentazione della richiesta, della proposta o dell’inizio d’ufficio del procedimento, a nulla rilevando mutamenti successivi alla situazione de facto.
Tale assunto risponde al principio di certezza in quanto consente attraverso un criterio certo ed obiettivo di evitare il trasferimento del procedimento davanti a giudici di volta in volta diversi in relazione al continuo eventuale aggiornamento della posizione del condannato.
La Corte quindi ha provveduto al rigetto del ricorso, con l’esclusione della condanna per il ricorrente al pagamento delle spese processuali applicando in via analogica la disciplina di favore propria del processo minorile della dispensa dalle spese processuali, positivamente stabilita dal d.lgs. n. 272/2009 art 29 in relazione alle sentenze di condanna.
[1] Regio decreto 20 luglio 1934 n. 1404, poi convertito, con modificazioni, nella legge 7 maggio 1935 n. 835
[2] Cass, sez. III, 1 luglio 1954, Cass sez. un. 21 luglio 1955
[3] Art. 102 comma 2 Cost «Non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali. Possono soltatnto istituirsi presso gli organi giudiziari ordinari sezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura».
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