La PMA in Italia: tra evoluzione normativa, giurisprudenza e inclusione nei LEA

La PMA in Italia: tra evoluzione normativa, giurisprudenza e inclusione nei LEA

A distanza di vent’anni dalla sua promulgazione, la legge 40 del 2004 rappresenta ancora oggi una delle normative più dibattute e controverse del panorama giuridico italiano. Questo testo, nato con l’ambizioso obiettivo di regolare un ambito scientifico ed etico estremamente complesso come quello della procreazione medicalmente assistita (PMA), è stato oggetto di un incessante intervento correttivo da parte della giurisprudenza costituzionale. La sua storia normativa e applicativa riflette non solo le tensioni tra scienza e morale, ma anche le difficoltà del legislatore nel bilanciare i diritti individuali con le esigenze della collettività e con un’etica pubblica spesso intrisa di visioni confessionali.

Nel contesto originario, la legge 40 delineava un quadro rigidamente limitativo, che si distingueva per il divieto di fecondazione eterologa, l’obbligo di produrre e impiantare non più di tre embrioni per ciclo, e la proibizione della crioconservazione e della sperimentazione sugli embrioni umani. Queste restrizioni, pensate per tutelare l’embrione quale soggetto di diritto, hanno sollevato profonde critiche per le loro implicazioni sulla salute delle donne e sull’efficacia stessa dei trattamenti. A queste si aggiungeva un’esclusione radicale: l’accesso alla PMA era riservato alle coppie eterosessuali sposate o conviventi, escludendo sia i single sia le coppie omosessuali. Un’impostazione che rifletteva una visione tradizionale della genitorialità, lontana dalla pluralità di modelli familiari emergenti nella società contemporanea.

La Corte Costituzionale, negli anni, è intervenuta più volte, modificando in modo sostanziale la struttura normativa originaria della legge 40. Fin dalla sentenza n. 151 del 2009, che ha eliminato l’obbligo di impiantare contemporaneamente tutti gli embrioni prodotti, il giudice delle leggi ha dimostrato una particolare attenzione alla tutela della salute della donna, considerata primariamente rispetto alla protezione dell’embrione. Con la storica sentenza n. 162 del 2014, è stato abbattuto il divieto di fecondazione eterologa, un passo fondamentale per garantire il diritto delle coppie sterili o infertili a formare una famiglia attraverso la scienza medica. Successive pronunce, come la sentenza n. 221 del 2019, hanno poi ampliato ulteriormente l’accesso alle tecniche di PMA, includendo le coppie fertili portatrici di patologie genetiche trasmissibili, riconoscendo così il diritto a prevenire malattie gravi nella prole. E poi, ancora: la sentenza n. 32/2021 in cui la Corte ha affrontato il tema dell’accesso alle tecniche di PMA da parte delle coppie omosessuali, dichiarando inammissibile la questione per difetto di rilevanza nel caso specifico, senza tuttavia risolvere il problema in via generale. La sentenza n. 32/2022 con questa decisione, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del divieto di sperimentazione sugli embrioni non idonei per una gravidanza, aprendo nuove prospettive per la ricerca scientifica. Infine, con la sentenza n. 141/2022, la Corte ha riconosciuto il diritto della donna di revocare il consenso alla PMA dopo la fecondazione dell’ovulo, ma prima del trasferimento dell’embrione in utero.

Nonostante questi interventi, che hanno progressivamente smantellato le disposizioni più restrittive, la legge 40 continua a escludere alcune categorie di soggetti, perpetuando discriminazioni che spesso spingono le persone a ricorrere alla cosiddetta “fertility tourism[1]. La questione dell’accesso alla PMA per le coppie omosessuali, ad esempio, è rimasta irrisolta, malgrado l’evoluzione giurisprudenziale in altri ambiti del diritto di famiglia, come nel riconoscimento della genitorialità intenzionale o nell’adozione.

Parallelamente, l’inclusione della PMA nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), avvenuta nel 2017, ha segnato un progresso importante, qualificando queste tecniche come prestazioni sanitarie essenziali. Tuttavia, l’effettiva applicazione di tale principio ha evidenziato disuguaglianze territoriali significative, dovute alla diversa capacità organizzativa e finanziaria delle Regioni. Se da un lato i trattamenti di PMA omologa sono ormai garantiti dal Servizio Sanitario Nazionale, dall’altro la PMA eterologa, lasciata a carico dei pazienti, continua a rappresentare un ostacolo economico per molte coppie. La mancanza di un sistema centralizzato di gestione dei gameti e la quasi totale dipendenza da donatori esteri aggravano ulteriormente il problema, rendendo necessario un intervento riformatore che uniformi l’offerta sul territorio nazionale.

I dati più recenti, d’altro canto, testimoniano l’importanza crescente della PMA nel panorama sanitario italiano. Nel 2021, il 4,2% dei neonati è nato grazie a queste tecniche, un numero che evidenzia sia l’efficacia delle procedure sia la loro centralità nella risposta al declino demografico. Tuttavia, il quadro complessivo resta segnato da criticità profonde: la crescente domanda rischia di mettere sotto pressione un sistema pubblico già carente, mentre l’autonomia differenziata, se non adeguatamente gestita, potrebbe ampliare ulteriormente il divario tra Nord e Sud.

Alla luce di queste considerazioni, la PMA rappresenta non solo un campo in cui diritto, scienza ed etica si incontrano, ma anche un banco di prova per il sistema giuridico italiano. Se l’inclusione nei LEA costituisce un passo avanti nel riconoscimento della PMA come diritto, resta ancora da affrontare il nodo delle barriere normative e culturali che limitano l’accesso a tali tecniche. Solo un approccio integrato, capace di coniugare riforme legislative, adeguamento delle risorse sanitarie e una maggiore sensibilità verso i diritti individuali, potrà garantire che la PMA diventi uno strumento di uguaglianza e inclusione, anziché un ulteriore motivo di disparità.

 

 

 

 

 

 

[1] La Corte Costituzionale, pur sollecitata, ha preferito rinviare il tema al legislatore, come dimostra la sentenza n. 32 del 2021.

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