La posizione di garanzia del medico psichiatra
Il ruolo del medico psichiatra, in ordine al mancato impedimento di eventi auto – etero lesivi posti in essere da pazienti, è al centro di una riflessione di sistema che investe la definizione del perimetro della posizione di garanzia.
Il quadro normativo e sociale della tematica in esame è sensibilmente mutato rispetto il passato ed è frutto della diversa concezione del malato di mente, non più solo soggetto pericoloso, ma paziente meritevole di protezione e cura. La Legge Basaglia 13 maggio 1978, n. 180, abolitiva del regime manicomiale, ha rappresentato un importante passo per il superamento dell’approccio segregativo e repulsivo dell’ordinamento sociale e giuridico verso il malato di mente. Il paziente affetto da disturbi mentali non è più sottoposto pratiche terapeutiche consistenti in forme di contenzione fisica, ma ha diritto di decidere la propria cura, salvo che non ricorrono gli estremi che legittimano l’imposizione dell’obbligo di farsi curare, pur nel rispetto della persona umana ex art. 32 II comma Cost.
In siffatto contesto si pone il problema della configurabilità di una responsabilità penale a carico del medico psichiatra per atti auto – etero lesivi posti in essere dal paziente in cura. Il superamento del modello custodialistico sembra non del tutto netto e va di pari passo con una dilatazione del contenuto degli obblighi protettivi gravanti sullo psichiatra.
La posizione di garanzia dello psichiatra presenta un duplice volto, in quanto è potenzialmente qualificabile al contempo come: obbligo di controllo, equiparando il paziente ad una fonte di pericolo rispetto alla quale il garante avrebbe il dovere di neutralizzarne gli effetti lesivi verso terzi; obbligo di protezione del paziente medesimo da comportamenti pregiudizievoli per se stesso (Cassazione Sent. n. 4391 del 22 novembre 2011, dep. 2012).
In passato si discuteva in ordine alla configurabilità di una posizione di garanzia nell’ipotesi in cui il paziente non fosse sottoposto ad un trattamento sanitario coatto.
Un indirizzo più rigoroso, valorizzando il superamento del modello custodialistico e la riconosciuta libertà di autodeterminazione del paziente, negava la prospettazione di una posizione di garanzia in capo al medico nei confronti del malato di mente non sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio. La tesi contraria, avallata dalla giurisprudenza di legittimità, estende il campo della posizione di garanzia anche quando il paziente non è sottoposto a ricovero coatto. Il fondamento della posizione di garanzia va rinvenuto nel dovere di cura che include un potere – dovere di sorveglianza ogni qual volta l’affezione psichica per sua natura è tale da esporre il malato o altri ad eventi lesivi (Cass. sent. 12 febbraio 2013 n. 16975; Cass. sent. 18 maggio 2017 n. 43476). È l’obbligo terapeutico che pertanto include, indipendentemente dalla sussistenza di un trattamento coatto o meno, il potere dovere di neutralizzare l’evento lesivo espressione della patologia propria del paziente.
Ad aggravare la complessità dello statuto della responsabilità del medico psichiatra rileva la circostanza che, generalmente, le fattispecie che vengono in gioco sono strutturalmente riconducibili al novero dei reati omissivi impropri colposi. La giurisprudenza non ha mancato di rilevare che il contenuto della posizione di garanzia dello psichiatra deve essere circoscritto tendendo conto dei vincoli protettivi e di controllo su di esso gravanti, unitamente alla particolare situazione rischiosa da governare. Esiste uno stretto collegamento tra posizione di garanzia e rischio consentito, in quanto è proprio l’esigenza di contrastare e frenare un determinato rischio che individua e circoscrive il versante della responsabilità colposa, le regole cautelari del medico.
La violazione della regola cautelare rileva, prima ancora che sul piano della colpevolezza, sul versante della tipicità. Superata la concezione psicologica della colpa, alla stessa viene oggi attribuito un carattere normativo, che si specifica nel contrasto tra la condotta concreta dell’agente ed il modello di condotta imposto dalla regola cautelare. In questo quadro assume, pertanto, particolare rilievo la selezione delle regole cautelari, delle raccomandazioni che orientano l’attività medica nella scelta del percorso terapeutico. Selezione che si pone in termini problematici con riferimento alla scienza psichiatrica. La verifica, con valutazione di prevedibilità ed evitabilità ex ante, dell’adeguatezza delle regole cautelari volte a governare il rischio “delimita l’area dell’obbligo di garanzia, che a sua volta definisce la condotta omissiva tipica alla quale assegnare idoneità salvifica rispetto l’impedimento dell’evento verificatosi in concreto” (Cass. sent. 28187/2017). È evidente, in siffatto quadro, la rilevanza assunta dalla conformazione del medico alle procedure formali, protocolli o linee guida esistenti.
I punti tracciati in merito alla responsabilità penale del medico psichiatra sono destinati ad essere nuovamente riletti alla luce della novella normativa L. 24/2014 Gelli Bianco e dell’interpretazione, costituzionalmente conforme, offerta dalle Sezioni Unite 21 dicembre 2017 (dep. 22 febbraio 2018), n. 8770 con riferimento all’art. 590 sexies c.p.
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Giulia Sorrentino
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