La possibilità della revoca dell’aggiudicazione di un appalto pubblico
Cons. Stato, sez. III sentenza n. 5026 del 29 novembre 2016
Nell’ambito del ricorso presentato da una società capogruppo dell’ATI per la riforma della sentenza emessa dal T.A.R. PUGLIA – BARI: SEZIONE II n. 00694/2016, concernente l’affidamento, da parte dell’Azienda ospedaliera locale, del servizio di fornitura di materiali di consumo per apparecchiature CPAP e BIPAP, della durata quinquennale, il Consiglio di Stato interviene sulla possibilità dello strumento della revoca dell’aggiudicazione della fornitura.
Nelle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici, la revoca dei provvedimenti amministrativi, disciplinata dall’art.21-quinquies della legge n.241 del 1990 (e introdotta dall’art.14 della legge n.15 del 2005), si configura quale strumento di autotutela decisoria preordinato alla rimozione, con efficacia ex nunc (e, quindi, non retroattiva), di un atto ad efficacia durevole, a seguito di una rinnovata valutazione dell’interesse pubblico originario, del mutamento di una situazione di fatto o, addirittura, del sopraggiungere di un nuovo interesse pubblico preminente.
Da quanto premesso, nonostante l’innovazione del 2014 abbia inteso accrescere la tutela del privato da un arbitrario e sproporzionato esercizio del potere di autotutela in questione, è chiaro che, il potere di revoca, resta connotato da un certo grado di discrezionalità dell’Amministrazione procedente, a cui spetta, in ultima analisi, la valutazione dell’opportunità.
Ciò nonostante, in applicazione dei principi generali dell’ordinamento della tutela della buona fede, della lealtà nei rapporti tra privati e pubblica amministrazione e del buon andamento dell’azione amministrativa, è imposta oggi una stringente valutazione degli interessi coinvolti, dovendosi operare un necessario bilanciamento, da un lato,tra la consistenza e l’intensità dell’interesse pubblico che si intende perseguire con il ritiro dell’atto originario e, dall’altro, tra l’esigenze di tutela del legittimo affidamento ingenerato nell’impresa che ha diligentemente partecipato alla gara e che pure avrebbe potuto ricevere vantaggi dal provvedimento originario a lui favorevole.
Infatti, a fronte di una regolare procedura di gara, mediante la selezione di un’offerta conforme alle esigenze della stazione appaltante, l’impresa aggiudicataria va a rivestire una posizione particolarmente qualificata, tale per cui, il ritiro di un’aggiudicazione legittima si giustifica solo con la sopravvenienza di un interesse preminente, non solo rispetto a quello pubblico originariamente coinvolto, ma anche rispetto a quelli di cui l’impresa stessa si fa portatrice. Pertanto, il ripensamento dell’Amministrazione, per legittimare il provvedimento di ritiro dell’aggiudicazione, deve fondarsi sulla sicura verifica dell’inidoneità della prestazione descritta nella lex specialis e non sull’apprezzamento della misura dell’efficacia dell’obbligazione dedotta a base della procedura.
Così, chiariti i presupposti dell’istituto della revoca e del suo utilizzo nell’ambito delle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici, il Consiglio di Stato ha ritenuto, in via generale, che, prima del perfezionamento del documento contrattuale, l’aggiudicazione è pacificamente revocabile (cfr. ex multis Cons. St., sez. III, 13 aprile 2011, n.2291), contrariamente alla fase successiva alla stipula dl contratto di appalto, in cui è utilizzabile il solo strumento del recesso.
A tutela della posizione qualificata raggiunta della impresa aggiudicataria, va poi precisato che, per consolidato indirizzo giurisprudenziale, dal quale non si ravvisano ragioni per discostarsi, l’esercizio dei poteri di autotutela finalizzati al ritiro dell’aggiudicazione definitiva, impone un obbligo di comunicazione dell’avviso di avvio del procedimento all’impresa destinataria dell’atto.
Il paradigma legale di riferimento resta, anche per le procedure di aggiudicazioni soggette alla disciplina del d.lgs. n.50 del 2016, l’art.21-quinquies della L.241/90, e non anche la disciplina speciale dei contratti, che si occupa, infatti, di regolare il recesso e la risoluzione del contratto e non anche la revoca dell’aggiudicazione degli appalti (ma solo delle concessioni).
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Paola D’Abbrunzo
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