La prescrizione dei reati alla luce della legislazione emergenziale (art 83, co. 4, d.l. n. 18/2020, conv. con mod. dalla l. n. 27/2020)
Sommario: Introduzione – 1. La disciplina prevista dal codice penale – 2. La natura della prescrizione – 3. L’art. 83, comma 4, del d.l. n. 18/2020 e i dubbi di legittimità costituzionale – 4. Conclusioni
Introduzione
Il tema di questo contributo è la prescrizione , un istituto che, sebbene consolidato nell’ ordinamento giuridico, ha animato da sempre il dibattito dottrinale e giurisprudenziale. Particolarmente discussa è la natura sostanziale o processuale dell’istituto. Tale discussione ha assunto particolare rilevanza nei tempi recenti alla luce della causa di sospensione dei termini prescrizionali prevista dall’art. 83 comma 4 del decreto legge 17 marzo 2020 n. 18 (cosiddetto decreto Cura Italia convertito con legge 24 aprile 2020 n. 27 e adottato per fronteggiare l’emergenza sanitaria).
1. La disciplina prevista dal codice penale
La prescrizione è una causa di estinzione del reato, disciplinata dagli artt. 157 e seguenti del codice penale. Essa trova il suo fondamento nell’ interesse generale a non perseguire più determinati reati rispetto ai quali il decorso di un certo lasso di tempo fa venir meno la pretesa punitiva del reo e l’allarme sociale.
Si tratta di un istituto che secondo alcuni autori trova fondamento nella Costituzione . In particolare, viene richiamato l’art 2 che garantisce la tutela dei diritti inviolabili dell’uomo tra i quali rientra la libertà personale che viene appunto salvaguardata dalla delimitazione temporale del potere punitivo.
Altre norme costituzionali richiamate sono gli artt. 111 e 27 comma 3 Cost, che, rispettivamente prevedono il principio della durata ragionevole del processo e la finalità rieducativa della pena che sarebbe pregiudicata dalla perdurante attesa della sanzione che scaturirebbe dall’ imprescrittibilità.
Il tempo di prescrizione del reato è, di regola, quello corrispondente al massimo della pena detentiva stabilita dalla norma incriminatrice — anche congiuntamente o disgiuntamente alla pena pecuniaria — e, comunque, un tempo non inferiore a 6 anni, se si tratta di delitto, oppure a 4 anni, se si tratta di contravvenzione, ancorché puniti con la sola pena pecuniaria. Il termine è, invece, di 3 anni per i reati puniti con pene diverse da quella detentiva o pecuniaria.
È previsto, inoltre, un termine pari al doppio della pena detentiva massima per taluni reati, ritenuti dal legislatore di particolare gravità e specificamente elencati nel comma 6 dell’art. 157 c.p. (si tratta delle fattispecie di cui agli artt. 375 comma 3, 449, 572, 589 commi 2 e 3, 589 bis, 609 bis, 609 quater, 609 quinquies e 609 octies — salvo che risulti la sussistenza delle circostanze attenuanti di cui all’art. 609 bis comma 3 o dell’art. 609 quater comma 4 c.p. — nonché dei reati elencati all’art. 51 comma 3 bis e 3 quater c.p.p.). Sono, infine, imprescrittibili i reati per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo, anche per effetto dell’applicazione di circostanze aggravanti (come, ad esempio, quelle previste dagli artt. 576 e 577 c.p.).
Per determinare il massimo della sanzione detentiva, da cui ricavare il termine di prescrizione, si ha riguardo alla pena prevista dalla legge per il reato consumato o tentato, senza tenere conto delle circostanze, salvo che si tratti di aggravanti autonome o ad effetto speciale, nel qual caso occorre considerare l’aumento massimo di pena previsto per l’aggravante. Non incide, invece, sul computo del termine di prescrizione l’eventuale giudizio di bilanciamento, ex art. 69 c.p., tra circostanze di segno opposto (art. 157 c.p.).
Il termine di prescrizione inizia a decorrere, di regola, quando cessa la situazione di illiceità determinata dalla condotta criminosa, salve le diverse disposizioni dettate per particolari categorie di illeciti. Più specificamente: per il reato consumato, il termine di prescrizione decorre dal giorno in cui si perfeziona la consumazione dell’illecito; per il delitto tentato, dal giorno in cui è cessata la condotta del soggetto agente; per il reato permanente, dal giorno in cui è cessata la permanenza; per il reato di usura, dal giorno dell’ultima riscossione degli interessi o del capitale; per il reato necessariamente od eventualmente abituale, dal giorno della cessazione dell’abitualità; per i reati ad evento frazionato, dal giorno del pagamento dell’ultima rata; per il reato condizionato, dal giorno in cui la condizione si è verificata; per i reati indicati nell’art. 392 comma 1-bis c.p.p., se commessi in di minori, dal compimento del diciottesimo anno di età della persona offesa, salvo che l’azione penale sia stata esercitata precedentemente, nel qual caso il termine di prescrizione decorre dall’acquisizione della notizia di reato; infine, per il reato continuato, dal giorno in cui è cessata la continuazione (art. 158 c.p.).
Il corso della prescrizione è sospeso nei casi tassativamente previsti ex lege, che sono individuati, ad esempio, in ragione della necessità di sospendere il procedimento penale o di compiere atti all’estero mediante rogatoria (art. 159 comma 1 c.p.).
La prescrizione riprende il suo corso dal giorno in cui è cessata la causa della sospensione e il tempo decorso anteriormente al verificarsi della causa sospensiva si somma con il tempo trascorso dopo che tale causa è venuta meno (art. 159 comma 6 c.p.).
La legge n. 3 del 2019 — nota come “spazzacorrotti” — ha introdotto una ipotesi di sospensione della prescrizione, stabilendo il blocco della sua decorrenza dalla pronunzia della sentenza di primo grado, o del decreto penale di condanna, fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o di irrevocabilità del decreto di condanna (art. 159 comma 2 c.p.). In sostanza, indipendentemente dall’esito del giudizio di primo grado, sia esso di condanna o di assoluzione, la prescrizione non può più maturare in grado di appello o di cassazione.
Al compimento di specifici atti processuali, tassativamente elencati nell’art. 160 c.p. e diversi dalla sentenza e dal decreto penale di condanna, il legislatore riconnette, invece, l’interruzione non definitiva del corso della prescrizione, nel senso che questa comincia a decorrere ex novo dal giorno in cui si è verificato l’atto interruttivo, ma i termini di cui all’art. 157 c.p. non possono comunque essere prolungati oltre un quarto, anche nel caso di plurime interruzioni, oppure oltre la metà se il reato è commesso da un recidivo aggravato, oltre i due terzi nelle ipotesi di recidiva reiterata e oltre il doppio ove si tratti di delinquente abituale, professionale o per tendenza. Per i soli reati di cui all’art. 51 commi 3 bis e 3 quater c.p.p., non sono posti sbarramenti alla decorrenza ex novo del termine di prescrizione in conseguenza del verificarsi di atti interruttivi (artt. 160 comma 3 e 161 comma 2 c.p.).
Interruzione e sospensione della prescrizione si diversificano anche in ordine all’estensione dei rispettivi effetti: la prima investe tutti coloro che hanno commesso il reato, mentre la seconda ha effetto limitatamente agli imputati nei cui confronti si sta procedendo (art. 161 comma 1 c.p.).
La prescrizione, inoltre, è sempre rinunciabile dall’imputato (art. 157 comma 7 c.p.), per garantirgli l’opportunità di difendersi nel merito dalle accuse a suo carico, al fine di poter essere assolto — ma eventualmente anche condannato — all’esito del giudizio.
2. La natura della prescrizione
Mentre il codice precedente prevedeva la prescrizione come causa di estinzione dell’azione penale, il codice vigente configura all’art. 157 c.p. l’istituto come causa di estinzione del reato.
Nonostante la collocazione sistematica dell’istituto nel codice penale, ampiamente dibattuta è la natura della prescrizione.
Secondo una ricostruzione, l’istituto ha natura processuale attesa la permanenza di diversi effetti giuridici nonostante l’intervenuta prescrizione. A tal proposito vengono, ad esempio, richiamati l’art. 170 c.p. che prevede che l’estinzione del reato presupposto non comporta l’estinzione del reato accessorio[1]; oppure viene invocato l’art. 84 c.p. che con riguardo al reato complesso prevede che la causa estintiva del reato che integra elemento costitutivo o circostanza aggravante del reato complesso non si estende a quest’ultimo[2].
Secondo altra teoria la prescrizione ha natura sostanziale. Tale tesi afferma che la differenza tra norme sostanziali e norme processuali sta nel loro contenuto, nel senso che appartengono alla prima categoria tutte quelle disposizioni che hanno per oggetto il precetto e la sanzione, mentre rientrano nella seconda le norme che stabiliscono le modalità di svolgimento del processo. Si fa leva . ai fini della distinzione, sulla funzione della norma penale: è norma processuale quella che è preordinata all’ accertamento della responsabilità di un soggetto, mentre è norma sostanziale quella che è diretta a stabilire le condizioni di esistenza di un reato e la specie di sanzione applicabile.
Pertanto, le norme che riguardano il decorso, l’interruzione o la sospensione della prescrizione sono sostanziali perché incidono sull’ applicabilità della sanzione.
Occorre rilevare che la natura sostanziale della prescrizione è stata più volte affermata dalla Corte Costituzionale. In particolare, nella sentenza n. 115/2018 sul caso Taricco, la Consulta ha giustificato la diversa impostazione della Corte di Giustizia dell’Unione europea che riconosce la natura processuale dell’istituto[3], affermando che ciascun Stato Membro è libero di attribuire alla prescrizione penale natura sostanziale o processuale a seconda della propria tradizione costituzionale.
La Corte Costituzionale ha evidenziato che la prescrizione, nella tradizione costituzionale italiana, rientra nell’alveo del principio di legalità di cui all’art. 25 della Costituzione in quanto essa incide sulla punibilità della persona, ricollegando al decorso del tempo l’effetto di impedire l’applicazione della pena.
Appare evidente che la ricostruzione della prescrizione in termini sostanzialistici implica l’assoggettamento della stessa ai principi della successione penale delle norme di cui all’art. 2 c.p. e di conseguenza al principio di irretroattività della norma sfavorevole. Pertanto, una norma che abbrevierà i termini di prescrizione è una norma di favore; parimenti la norma che allunga i termini di prescrizione è una norma sfavorevole che potrà disporre solo per i reati futuri.
3. L’art. 83, comma 4, del d.l. n. 18/2020 e i dubbi di legittimità costituzionale
Il dibattito sulla natura della prescrizione e sui rapporti dell’istituto con il principio di irretroattività della norma penale sfavorevole è emerso di recente a seguito dell’intervento della legislazione emergenziale legata all’emergenza sanitaria Covid-19.
Invero, il dl. n. 18/2020 all’art 83, comma 4 ha disposto una nuova causa di sospensione del corso della prescrizione per lo stesso periodo in cui è stata disposta la sospensione dei termini processuali in ragione dell’emergenza.
Occorre rilevare che, sebbene la giurisprudenza sovranazionale è consolidata nel ritenere che il principio di irretroattività della legge penale di cui all’art 7 della CEDU non impedisca di prolungare il termine di prescrizione del reato, qualora esso non sia ancora decorso nell’ordinamento interno, la giurisprudenza italiana ha sollevato dubbi di legittimità costituzionale in merito all’art 83, comma 4 del dl 18/2020.
In particolare prima i Tribunali di Siena[4] e di Spoleto nel maggio 2020[5] e poi quelli di Roma[6] e Crotone[7] nel giugno 2020 , partendo dalla natura sostanziale della prescrizione, hanno ritenuto che la disposizione del Decreto cura Italia sia in contrasto con il principio di irretroattività della legge penale in quanto ha come effetto quello di modificare in senso sfavorevole all’imputato il regime della prescrizione di un reato commesso prima della sua entrata in vigore.
A fronte della posizione assunta dalla giurisprudenza di merito, la Corte di Cassazione, pur ribadendo la natura sostanziale della prescrizione, ha sostenuto la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale con diverse pronunce.
In particolare, la Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, con sentenza del 17 luglio 2020, partendo da un’interpretazione costituzionalmente orientata delle norme[8], ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della sospensione del corso della prescrizione , disposta dall’art 83 comma 4 del dl 18 marzo 2020 .
La Corte di Cassazione ha evidenziato che le misure emergenziali limitative dell’ordinario svolgimento della democrazia costituzionale e che possono limitare l’esercizio di diritti costituzionalmente garantiti, sono ammesse dalla Costituzione in quanto sorrette da proporzionalità e dalla temporaneità.
Pertanto, considerato che l’art 83 comma 4 è una disposizione emergenziale prevista per ragioni di tutela della saluta pubblica e che trova un’applicazione temporanea, essa non può violare il principio di irretroattività della legge penale sfavorevole al reo di cui all’art 25 , comma 2 Cost.
Invero, il Giudice delle Leggi ha affermato che la sospensione del corso della prescrizione prevista dalla norma emergenziale, determina sì una compressione del principio di cui all’art 25 comma 2 , tuttavia trattasi di una limitazione sopportabile, giustificata dalla necessità di bilanciare tale garanzia con altri diritti di pari rango costituzionale (ovvero il diritto alla vita e alla salute).
La Corte di Cassazione, a supporto di tale conclusione, ha richiamato nella sentenza la nota pronuncia della Corte costituzionale n. 85 del 2013 (sul caso Ilva) in cui si evidenzia che tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e nessuno prevale su un altro e il loro bilanciamento deve avvenire secondo i criteri di proporzionalità e di ragionevolezza.
Dopo questa pronuncia, la Corte di Cassazione, con due sentenze depositate a settembre 2020[9], ha ribadito la manifesta infondatezza della questione utilizzando però argomentazioni diverse. In particolare, la Corte di Cassazione ha sostenuto che l’ipotesi di sospensione prevista dal Decreto cura Italia, non costituisce una nuova figura di sospensione, bensì deve essere ricondotta all’art. 159 comma 1 c.p [10]; pertanto, essa non si pone in contrasto con il principio di irretroattività della norma penale [11]sostanziale sfavorevole sancito dall’art. 25, comma 2 Cost.
4. Conclusioni
A fronte delle diverse posizioni assunte dalla giurisprudenza di merito e di legittimità sulla compatibilità dell’art. 83 comma 4 del dl 18/2020 con il principio costituzionale della irretroattività penale della norma penale sfavorevole al reo, si attende l’intervento della Corte Costituzionale previsto per il 18 novembre 2020. La Corte Costituzionale dovrà ancora una volta fare chiarezza su un istituto sulla cui natura si continua a discutere ma soprattutto dovrà pronunciarsi sulla derogabilità o meno dei principi fondamentali da parte della legislazione emergenziale, operando un bilanciamento tra i diversi interessi e valori in gioco.
CARINGELLA F.- SALERNO A., Manuale ragionato di diritto penale, 2020;
GAROFALI R., Manuale superiore di diritto penale, 2020;
FIANDACA G. -MUSCO E., Diritto penale, parte generale, 2019;
FIORE C.-FIORE S., Diritto penale, 2020;
MARINUCCI G.-DOLCINI E.-GATTA G.L., Manuale di diritto penale, 2019;
MURGO C., Il tempo e i diritti. Criticità dell’istituto della prescrizione tra norme interne e fonti europee, 2014
SCOGNAMIGLIO P. , Prescrizione dei reati e durata dei processi dopo la legge Spazzacorrotti (l.3/2019), 2019;
STEA G., L’ultima prescrizione. Storia, fondamento e disciplina della prescrizione del reato, 2020.
[1] Basti pensare, ad esempio, al reato di ricettazione di cui all’art. 648 c.p. ove l’estinzione per prescrizione del furto non comporta l’estinzione della ricettazione.
[2] Esempio di reato complesso è la rapina di cui all’art. 628 c.p. nel quale confluiscono i reati di furto e di violenza privata.
[3] Corte di Giustizia UE, GRANDE SEZIONE, Sentenza 5 dicembre 2017- Taricco, causa C-42/17.
[4] Ordinanze del 25 maggio 2020 del Tribunale di Siena.
[5] Ordinanze del 27 maggio 2020 del Tribunale di Spoleto.
[6] Ordinanza del 18/06/2020 del Tribunale di Roma.
[7] Ordinanza del 19/06/2020 del Tribunale di Crotone.
[8] Sull’obbligo del Giudice a quo di praticare un’interpretazione adeguatrice o costituzionalmente orientata numerose le sono le sentenze della Corte Costituzionale ; tra le più recenti sent. n. 83 del 2017, n. 77 del 2018, n. 191 del 2018.
[9] Cass, Sez V, sent. 14 luglio 2020, depositata il 7 settembre 2020 e Cass. , Sez. III, 23 luglio 2020, depositata il 9 settembre 2020.
[10] L’art . 159, comma 1 c.p. prevede che il corso della prescrizione rimane sospeso in ogni caso in cui la sospensione del procedimento o del processo penale o dei termini di custodia cautelare è imposta da una particolare disposizione di legge , oltre che nei casi espressamente previsti.
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