La procedura di negoziazione assistita in materia di separazione e divorzio
A seguito dell’entrata in vigore del D.L. n. 132/2014 convertito in L. n. 162/2014, le coppie che intendano separarsi o determinare la cessazione degli effetti civili del matrimonio consensualmente, possono prescindere dal materiale deposito di un ricorso al giudice per intraprendere un percorso diverso, più veloce e snello: la procedura di negoziazione assistita da avvocati.
L’art. 6 del II capo del decreto giustizia è dedicato infatti alla particolare ipotesi di negoziazione assistita in materia di separazione e divorzio. La disciplina prevede che tramite la convenzione di negoziazione assistita (da almeno un avvocato per parte) i coniugi possano raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione degli effetti civili, nonché di modifica delle condizioni di separazione o divorzio precedentemente stabilite.
In una prospettiva di alleggerimento del carico di lavoro gravante sull’intero apparato giudiziario, il legislatore nel 2014 ha infatti introdotto un canale alternativo e più efficace di risoluzione della separazione o del divorzio, caratterizzato dalla sostituzione dell’attività del giudice con quella di due o più avvocati in funzione di garanti della correttezza e legalità della procedura intrapresa dalle parti.
La procedura di negoziazione assistita è atta dunque a determinare i contenziosi al di fuori dalle aule dei tribunali, bloccando a monte l’afflusso dei processi, costituendo una valida alternativa stragiudiziale all’ordinaria risoluzione dei conflitti.
Nella pratica, si tratta della possibilità di stipulare un accordo, specificatamente una convenzione di negoziazione, mediante cui le parti, assistite da uno o più avvocati, convengono di cooperare secondo buona fede e con lealtà allo scopo di risolvere in via amichevole una controversia giuridica.
È possibile usufruire di suddetta procedura in alternativa alla giurisdizione ordinaria, per qualsiasi tipo di controversia purché vertente in materia di diritti disponibili ed il legislatore ha altresì espressamente previsto specifici casi per i quali l’esperimento della procedura di negoziazione assistita sia obbligatoria, costituendo dunque questa, condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
Si tratta, specificatamente dei casi in cui l’azione promossa da parte attrice sia volta all’ottenimento del risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti o all’ottenimento del pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti gli € 50.000,00 ove non si tratti di uno dei casi di cui all’art. 5 comma 1-bis del d.lgs 28/2010.
Se in simili casi non verrà previamente esperita la procedura di negoziazione assistita, dunque non si inviterà la controparte alla stipula di un accodo ai fini di una bonaria composizione della lite, la domanda giudiziale sarà improcedibile e non sarà possibile proseguire nell’iter processuale.
In via generale, l’esperimento di suddetta procedura prevede la stipula di un accordo tra le parti attraverso cui le stesse s’impegnano ad utilizzare suddetto strumento fissando un termine di tempo minimo ed uno massimo entro i quali concludere l’eventuale conciliazione.
La procedura in tema di separazione e/o divorzio
Specificatamente, la procedura prende avvio o con la sottoscrizione di una convenzione di negoziazione, qualora i coniugi, di comune accordo, abbiano scelto di affidare la risoluzione della controversia a suddetto strumento o con la trasmissione di un invito alla negoziazione attraverso cui una delle parti propone all’altra la stipula di suddetta convenzione, il quale dovrà contenere l’indicazione chiara e precisa dell’oggetto della controversia, nel caso specifico, la separazione o la cessazione degli effetti civili del vincolo matrimoniale, e del termine entro cui la parte sollecitata dovrà comunicare la propria risposta, con l’avvertimento che spirato lo stesso, il mancato riscontro assumerà valore di rifiuto. Per procedersi alla stipula di convenzione di negoziazione assistita è infatti necessario che intercorra un accordo tra le parti, che le stesse abbiano raggiunto un equilibrio e non siano in conflitto circa la determinazione delle condizioni.
Nel caso in cui l’invito alla stipula della convenzione sortisse effetti positivi, le parti provvederanno alla redazione della convenzione, nonché l’accordo con il quale le stesse s’impegnano direttamente a cooperare tra loro osservando i principi di buona fede e lealtà, il dovere della riservatezza, per risolvere la controversia in materia di separazione o cessazione per gli effetti civili del matrimonio.
A pena di nullità, la convenzione dovrà esser redatta in forma scritta, usufruendo dell’assistenza professionale fornita da uno o più avvocati, così che questi possano certificare l’autenticità delle firme apposte all’accordo dalle parti. Circa la fissazione del termine per la conclusione della procedura, questo non potrà essere inferiore ad un mese e superiore a tre mesi, prevedendo una possibilità di proroga di trenta giorni.
Una volta redatta la convenzione (preceduta o meno dall’invito alla negoziazione), si passerà alla stesura dell’accordo vero e proprio, nel quale sono indicate le condizioni patrimoniali e non della separazione o del divorzio, così come concertate tra i coniugi all’esito della trattativa aperta con la stipula della convenzione stessa.
Alla stregua di quanto svolto dal Presidente del Tribunale durante la prima udienza di comparizione delle parti, gli avvocati dovranno dar atto all’interno dell’accordo di negoziazione dell’avvenuto tentativo di conciliazione tra i coniugi compiuto dagli stessi. L’accordo dovrà poi recare l’informazione circa la possibilità di esperire la procedura di mediazione familiare e riportare la dichiarazione degli avvocati mediante la quale gli stessi attestino che il contenuto non violi diritti indisponibili, né sia contrario a norme imperative o all’ordine pubblico e non potrà mai mancare della firma dei coniugi debitamente autenticata dai rispettivi difensori. In presenza di prole minore di età, è inoltre necessario che l’accordo contenga l’informazione fornita alle parti circa l’importanza per i figli di trascorrere tempi adeguati con ciascun genitore.
A seguito dell’ avvenuta sottoscrizione della convenzione, corredata dal mandato che ciascun coniuge conferisce previamente al proprio avvocato di fiducia che lo assisterà per l’intero corso della procedura, gli atti, comprensivi di convenzione, accordo e produzioni documentali, verranno trasmessi entro dieci giorni dalla redazione e sottoscrizione al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale competente, individuato attraverso l’applicazione dei criteri utilizzati ai fini della determinazione del giudice competente in materia di separazione o divorzio, affinché quest’ultimo possa procedere o all’apposizione del nullaosta o, in presenza di figli minori, maggiorenni non autosufficienti, portatori di handicap od incapaci, al rilascio dell’autorizzazione necessaria per il successivo inoltro all’Ufficio dello Stato Civile nei cui registri è stato iscritto o trascritto il matrimonio.
A tal proposito, è doveroso segnalare che se, ai fini dell’apposizione del nullaosta, il procuratore si limita a verificare la mera regolarità degli atti, la concessione dell’autorizzazione è un adempimento che implica sempre il riscontro della conformità delle condizioni pattuite all’interesse dei figli, con la conseguenza che, difettando tale presupposto, al p.m. non residuerà altra scelta che quella di rimettere gli atti al Presidente del Tribunale, affinché il procedimento (sino ad allora stragiudiziale) possa proseguire nelle forme ordinarie.
Avvenuto il rilascio del nullaosta o dell’autorizzazione da parte della procura, è onere di almeno uno degli avvocati che hanno assistito le parti in fase di negoziazione trasmettere una copia autentica dell’accordo all’Ufficio di Stato Civile competente entro il termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione (effettuata a mezzo p.e.c.), così da consentire la successiva trascrizione dell’accordo stesso a margine dell’atto di matrimonio.
Sebbene l’accordo eventualmente raggiunto dai coniugi a seguito di negoziazione assistita costituisca un atto di autonomia privata, per espressa previsione normativa, esso produce gli effetti di un provvedimento del giudice, con il corollario che, in ipotesi di inadempimento, esiste sempre la possibilità di portarlo ad esecuzione coattiva e l’accordo che compone la controversia costituisce titolo esecutivo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.
L’istituto della negoziazione assistita da avvocati, così come è stato strutturato dal legislatore del 2014, presenta l’indubbio vantaggio di esentare le coppie, che vogliano addivenire ad una soluzione consensuale della separazione e/o del divorzio (oltre che della modifica delle rispettive condizioni), dall’onere di investire un giudice della relativa domanda, con un evidente risparmio di tempi ed energie e senza tuttavia abdicare a qualsiasi forma di controllo esterno sulla legittimità e (in presenza di prole) anche sul merito dell’accordo raggiunto in esito alla trattativa. Al fine di monitorare il ricorso alla negoziazione assistita e consolidare l’affidamento agli avvocati della procedura alternativa di risoluzione delle controversie, è onere dei difensori che sottoscrivono l’accordo trasmetterne copia al Consiglio dell’Ordine di appartenenza ovvero del luogo ove l’accordo è stato concluso.
La documentazione necessaria all’avvio della procedura
Ai fini dell’avvio della procedura di negoziazione assistita è necessario che le parti presentino rispettivamente ai propri avvocati, cui si è conferito mandato, copia del documento d’identità, del codice fiscale, il certificato di residenza ed il certificato di stato di famiglia, nonché la dichiarazione dei redditi presentata nelle tre annualità precedenti rispetto al periodo in cui si attui la negoziazione assistita ed il certificato completo di matrimonio.
Nel caso in cui si proceda ai fini dell’ottenimento della cessazione degli effetti civili del matrimonio, è necessario che le parti producano altresì copia del decreto di omologa della separazione o della sentenza di separazione o dell’accordo di negoziazione assistita avente ad oggetto la separazione dei coniugi; nell’eventualità in cui dal matrimonio siano nati figli, è necessario presentare agli avvocati l’estratto di nascita dei figli della coppia, il certificato di residenza ed il certificato di stato di famiglia degli stessi. Suddetta documentazione sarà allegata dagli avvocati all’accordo di negoziazione assistita.
Le recenti precisazioni giurisprudenziali circa i limiti all’utilizzo della negoziazione assistita in materia di separazione e divorzio
È opportuno specificare in questa sede che il Tribunale di Torino, con sentenza emessa in data 1° giugno 2018, ha fornito degli importanti chiarimenti sulla possibilità di ricorrere alla negoziazione assistita per sciogliere un vincolo matrimoniale, specificando che alla negoziazione familiare avente a oggetto la cessazione degli effetti civili del matrimonio o lo scioglimento del matrimonio può farsi ricorso solo per i casi previsti dall’articolo 3, comma 1, numero 2), lettera b), della legge numero 898/1970 ovverosia quando sia stata pronunciata con sentenza passata in giudicato la separazione giudiziale o è stata omologata la separazione consensuale e la separazione si è protratta ininterrottamente per un anno nel primo caso o per sei mesi nel secondo caso.
Gli altri casi di scioglimento e cessazione degli effetti civili del matrimonio contemplati dallo stesso articolo 3 della legge sul divorzio non possono essere oggetto di negoziazione assistita.
Sostanzialmente ci si riferisce ai casi in cui il matrimonio non è stato consumato, vi è stata una condanna per reati particolarmente gravi commessi in ambito familiare, è passata in giudicato la sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso, l’altro coniuge, cittadino straniero, ha ottenuto all’estero l’annullamento o lo scioglimento del matrimonio o ha contratto all’estero nuovo matrimonio.
Per il Tribunale di Torino si tratta infatti di ipotesi che possono presentare difficoltà di accertamento e profili giuridici non semplici, che impongono il giudizio e la competenza del Collegio e difficilmente potevano essere rimessi a una semplice autorizzazione da parte del P.M.
Nel caso di specie, il giudice si è dovuto confrontare con la vicenda di due coniugi argentini che intendevano sciogliere il loro matrimonio e che volevano fare ricorso alla negoziazione assistita.
A detta del Tribunale, nonostante la normativa del paese comune consenta il divorzio diretto, gli stessi per poter ricorrere alla negoziazione assistita avrebbero prima dovuto domandare e ottenere la separazione personale. Applicare la normativa straniera e ammettere direttamente la negoziazione per il divorzio, infatti, per il Tribunale potrebbe comportare l’esame di questioni di non facile soluzione, che non possono essere agevolmente affrontate in sede stragiudiziale né possono essere sottoposte a una semplice autorizzazione amministrativa.
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Avv. Eleonora Deborah Iannello
Avvocato, docente di diritto e redattore di articoli giuridici in materi di diritto civile e penale.