La procura alle liti contenente formule generiche non consente la rinunzia agli atti del giudizio
E’ escluso che la procura alle liti data al difensore con l’utilizzo di formule ampie e generiche consenta a quest’ultimo di effettuare atti che importino disposizione del diritto in contesa, come transazione, confessione, rinunzia all’azione o all’intera pretesa azionata dall’attore nei confronti del convenuto, rinunzia agli atti del giudizio.
Questo è il principio affermato dalla Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, con ordinanza del 27 luglio 2018 n. 19907 che ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso compensando le spese del giudizio.
La vicenda.
La ricorrente proponeva ricorso in Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro n. 336/2017.
Anteriormente all’udienza camerale la ricorrente depositava in Cancelleria la dichiarazione di rinunzia al ricorso sottoscritta dal solo difensore, unitamente alla dichiarazione di relativa accettazione della controparte, sottoscritta sia dal difensore che dalla parte, con richiesta di compensazione delle spese.
Tuttavia, la procura rilasciata dalla parte al difensore in calce al ricorso non lo abilitava espressamente e specificatamente anche a disporre del diritto in contesa mediante la rinunzia agli atti del giudizio.
La decisione.
In punto di diritto la Suprema Corte ha affermato che la legge non determina il contenuto necessario della procura, limitandosi a distinguere tra procura generale e procura speciale (art. 82, comma 2 c.p.c.), e a stabilire che il difensore può compiere e ricevere, nell’interesse della parte, tutti gli atti del processo che dalla legge non sono ad essa espressamente riservati, mentre non può compiere atti che comportano la disposizione del diritto in contesa, se non ne ha ricevuto espressamente il potere (art. 84 c.p.c.).
Ciò premesso, il giudice di legittimità ha rilevato come alla procura alle liti, in assenza di una specifica regolamentazione, si applica la disciplina codicistica sulla rappresentanza e sul mandato, avente un carattere generale rispetto a quella processualistica (v. Cass., Sez. Un., 14/3/2016, n. 4909 Cass., Sez. Un., 4/5/2006, n. 10209; Cass., Sez. Un., 28/7/2005, n. 15783; Cass., Sez. Un., 6/8/2002, n. 11759), ivi compreso il principio generale enunciato dall’art. 1708 c.c., ai sensi del quale il mandato comprende tutti gli atti necessari al compimento dell’incarico conferito.
Pertanto, pur in presenza di una procura ad litem di contenuto scarno e generico, al difensore è stato riconosciuto il potere di modificare la condotta processuale in relazione agli sviluppi ed agli orientamenti della causa nel senso ritenuto più rispondente agli interessi del proprio cliente, nonché di compiere, con effetto vincolante per la parte, tutti gli atti processuali non riservati espressamente alla stessa, come ad esempio consentire od opporsi alle prove avversarie e di rilevarne l’utilità, rinunziare a singole eccezioni o conclusioni, ridurre la domanda originaria e rinunziare a singoli capi della domanda, senza l’osservanza di forme rigorose (v. Cass., Sez. Un., 14/3/2016, n. 4909; Cass., 24/9/2013, n. 21848; Cass., 8/1/2002, n. 140; Cass., 10/4/1998, n. 3734).
Per converso, la giurisprudenza ha escluso che la procura alle liti conferita al difensore con l’utilizzo di formule ampie e generiche, come quella del caso in rassegna (nella specie, “Conferisce procura speciale all’avv. Angelo Francesco Callea del Foro di Cosenza per rappresentarla e difenderla nel giudizio innanzi a Corte di Cassazione al fine di proporre ricorso per la cassazione della sentenza n. 336/2017 emessa dalla Corte di Appello di Catanzaro il 28/02/2017, depositata in data 09/03/2017. Conferisce al predetto difensore ogni più ampio potere di legge”), consenta a quest’ultimo di effettuare atti che importino disposizione del diritto in contesa, come la transazione, la confessione, la rinunzia all’azione o all’intera pretesa azionata dall’attore nei confronti del convenuto, nonché la rinunzia agli atti del giudizio (v. Cass., Sez. Un., 14/3/2016, n. 4909; Cass., 17/12/2013, n. 28146).
Ad avviso della Corte, peraltro, l’atto di rinunzia denota la sopravvenuta carenza d’interesse al ricorso.
Invero, la dichiarazione di rinunzia che, come nel caso di specie, sia sprovvista dei requisiti di cui all’art. 390, comma 2 c.p.c., non è idonea a produrre l’effetto dell’estinzione del processo per avvenuta rinunzia ai sensi del combinato disposto dagli artt. 390 e 391 c.p.c., ma si palesa idonea a rivelare il sopravvenuto difetto d’interesse del ricorrente a proseguire il processo stesso e a determinare così la cessazione della materia del contendere (v. Cass., 15/01/2015, n. 963; Cass., 11/10/2013, n. 23161; Cass., 15/9/2008, n. 23685; Cass., 6/12/2004, n. 22806).
Per tale ragione, la Corte di Cassazione con l’ordinanza menzionata ha dichiarato inammissibile il ricorso, con compensazione delle spese del giudizio di cassazione.
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Sara Sciotti
Nata nel 1991.
Abilitata all'esercizio della professione forense presso la Corte d'Appello di Roma nel mese di ottobre 2017.
Laureata con lode presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata con tesi in diritto amministrativo dal titolo "La procedura negoziata: evoluzione normativa, casi di ammissibilità, acquisizioni in economia".
Ha svolto la pratica forense presso l'Avvocatura Generale dello Stato collaborando con l'Avv. dello Stato Ettore Figliolia nella redazione di atti giurisdizionali e pareri in ambito amministrativo e civile.
Frequenta il corso annuale di preparazione al concorso per magistrato ordinario "JUS FOR YOU" tenuto dal Cons. Roberto Giovagnoli in materia civile, penale ed amministrativa.
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