La prorogatio imperii dell’amministratore di condominio
La “prorogatio imperii” è un istituto giuridico di fonte giurisprudenziale in base al quale l’amministratore di condominio – il cui incarico sia concluso per scadenza del termine, per dimissioni, per revoca o per altra causa – prosegue nell’esercizio di tutti i suoi poteri fino al momento in cui l’assemblea non nomina un nuovo soggetto e questi non accetti la carica.
La ratio posta alla base di questo istituto è quella di garantire al condominio la continuità nella gestione dello stabile e quindi ovviare al pericolo di stasi.
In ogni caso il regime di perpetuatio opera se questa continuità si conforma alla volontà dei condomini.
Sul punto, la Cassazione con sentenza n. 12120 del 17.05.2018 ha avuto modo di chiarire che “la perpetuatio di poteri in capo all’amministratore uscente, dopo la cessazione della carica per scadenza del termine di cui all’art. 1129 C.c. o per dimissioni, fondandosi su una presunzione di conformità di una siffatta perpetuatio all’interesse ed alla volontà dei condomini, non trova applicazione quando risulti, viceversa, una volontà di questi ultimi, espressa con delibera dell’assemblea condominiale, contraria alla conservazione dei poteri di gestione in capo all’amministratore cessato dall’incarico” e che quindi “la prorogatio dei poteri (e dei diritti) in carico all’amministratore uscente dopo la cessazione della carica è esclusa da una chiara contraria volontà espressa dei condomini”.
Unica norma applicabile a questo istituto di matrice giurisprudenziale risulta essere l’art. 1129, comma ottavo, C.c. (nella sua formulazione post-riforma) il quale dispone che “alla cessazione dell’incarico l’amministratore è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condomini e ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi“.
Ciò nonostante, in conformità della ratio della riforma e della giurisprudenza fino ad oggi prevalente, all’amministratore in prorogatio sono stati di fatto ormai pienamente riconosciuti poteri pari a quelli di un amministratore di condominio – per così dire – ordinario, ovvero quelli di cui all’art. 1130 C.c. attinenti alla gestione ordinaria dello stabile, ovvero a riscuotere i contributi condominiali e ad erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio nonché per il corretto funzionamento dei servizi condominiali, convocare l’assemblea…
È data comunque sempre facoltà ai condomini di chiederne la revoca giudiziale qualora l’amministratore in prorogatio non adempia correttamente al proprio mandato.
Orbene, considerato che amministratore di condominio in prorogatio è di fatto un amministratore cessato dal proprio incarico, risulta evidente la necessarietà della sua sostituzione, la quale può avvenire con delibera assembleare (e contestuale nomina di un nuovo amministratore di fiducia scelto dagli stessi condomini) oppure, ove questa prima via non risulti percorribile (per esempio per mancato accordo dei condomini), presentando un apposito ricorso al giudice territorialmente competente.
Il ricorso all’autorità giudiziaria risulta però ammissibile solo nel caso in cui la delibera di un nuovo amministratore non venga assunta (per esempio per mancato accordo dei condomini) e quindi si sia in presenza di un verbale negativo.
In tal caso, uno o più condomini, o addirittura lo stesso amministratore dimissionario, possono richiedere, ai sensi e per gli effetti del combinato disposto degli artt. 1129, comma primo, e art. 1105, comma quarto, C.c., la nomina di un amministratore giudiziario al Tribunale territorialmente competente, ovvero quello del luogo dove si trova l’immobile in condominio, con ricorso (in carta semplice), anche senza l’assistenza di un legale, trattandosi di un procedimento di volontaria giurisdizione.
Il ricorso deve indicare: la necessità della nomina dell’amministratore per non aver l’assemblea condominiale provveduto, l’istanza di nomina dell’amministratore e la fissazione dell’udienza per la decisione. Il Giudice, con decreto, fissa poi l’udienza ed il termine entro il quale il ricorrente deve notificare il provvedimento ai condomini che non hanno presentato il ricorso in quando a detta udienza hanno facoltà di partecipare anche questi ultimi.
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Avv. Chiara Barzaghi
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