La protezione dei testimoni di giustizia: l’avvento della legge n. 45/2001

La protezione dei testimoni di giustizia: l’avvento della legge n. 45/2001

‘’Non si vive, si sopravvive in qualche maniera. Si sogna chissà cosa fuori, che sia sicuramente meglio, perché niente sarà peggio di quello”.

Queste frasi toccano il cuore della gente. Sono le parole pronunciate da una donna coraggiosa ed esemplare quale è stata Lea Garofalo, scomparsa e poi uccisa dalla ‘ndrangheta.

La stessa cosca da cui fuggiva assieme a sua figlia Denise e, che la costrinse a cambiare vita sottoponendosi a speciali  misure di protezione destinate a chi come lei era testimone di giustizia.

Ed è proprio dei testimoni di giustizia che intendo parlare in tal sede.

La predisposizione della legge 2001 rappresenta il segno di un atto di responsabilità dello Stato dinanzi all’emergenza scaturita dalle numerose scomparse delle vittime della criminalità. Non il dovere morale ma è il senso civico  a  rappresentare il vero imput per il percorso intrapreso.

L’intera materia inerente le misure di protezione per testimoni di giustizia ha trovato la sua peculiare consacrazione soltanto con l’introduzione della legge 13 febbraio 2001 n. 45 (Modifica della disciplina della protezione e del trattamento sanzionatorio di coloro che collaborano con la giustizia nonchè disposizioni a favore delle persone che prestano testimonianza).

Il provvedimento de quo, a cui è stato affidato il compito di razionalizzare l’intera disciplina, opera una specifica distinzione tra la generale figura dei collaboratori di giustizia dalla categoria  dei testimoni di giustizia.

Dal carattere di premialità tipico dello status di collaboratore di giustizia si è passati all’esigenza di diffusione della legalità tipica del sistema di protezione dei testimoni. A questi ultimi ci si riferisce allorquando si intende argomentare di persona offesa o meglio soggetto estraneo al circuito criminoso, che rende dichiarazioni tali da rendere note alla Magistratura specifiche notizie su fatti costituenti reato.

Il presupposto unico per accedere a siffatti sistemi protettivi è la ricorrenza di una situazione di pericolo grave ed attuale che incombe sul preposto. Lo scopo è quello di preservare l’incolumità del testimone e dei propri congiunti mediante un graduale sistema di trasferimento in  luoghi protetti.

Trattasi di condizioni di maggior pregio rispetto a quelle applicate al comune collaboratore: le dichiarazioni rese dal testimone di giustizia godono, difatti,  di un meccanismo sostanzialmente aperto, non vincolato a specifici caratteri di attendibilità o di novità, e principalmente inserito in un contesto di cui il testimone ne abbia avuto conoscenza.

Riguardo al contenuto e alla durata delle misure de qua, è invero che, essendo esse preordinate ad evitare ritorsioni, finiscono per investire ogni settore sociale ed economico del soggetto interessato per tutto il tempo in cui permane la situazione di pericolo che ne ha suscitato l’applicazione.

Quanto alle concrete misure, il testimone di giustizia ha  innanzitutto diritto al godimento di immobili appartenenti al patrimonio dello Stato, che spesso coincide con la dimora protetta e al  cambiamento di identità propria e della sua famiglia. Il trasferimento in luoghi protetti implica, altresì, l’assistenza economica oltre la cessazione del periodo di protezione al solo fine di assicurare al testimone e alla sua famiglia il tenore di vita esistente precedentemente all’avvio del programma.

Al testimone di giustizia viene garantita oltre alla segretezza dei documenti di copertura anche la corresponsione di una somma a titolo di mancato guadagno per la cessazione dell’attività lavorativa  oltre che all’inserimento di un posto di lavoro fino alla definitiva sistemazione. A contornare il sistema alcune agevolazioni sottoforma di mutui o prestiti agevolati preordinati alla ricollocazione socio – lavorativa.

Oltre che a meccanismi sociali ed economici a sostegno dei testimoni, si registrano sistemi di sostegno psicologico per far fronte ai numerosi  disagi connessi alla dura vita dei testimoni di  giustizia.

Alla base del successo del sistema pocanzi descritto si colloca la creazione di organi speciali  aventi la funzione di dare applicazione alle misure suddette. Tra di essi merita di esser citata la Commissione Centrale istituita presso il Ministero dell’Interno e composta dal Viceministro dell’Interno che la presiede, da due magistrati e da cinque funzionari e ufficiali. La Commissione cura il procedimento dal momento della proposta fino alla sua definizione. Organo esecutivo di attuazione delle misure adottate è il Sistema Centrale di Protezione istituito nell’ambito del dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell’interno, a cui è stato affidato il compito di vigilare sui sistemi suddetti. In particolare, esso si occupa di assicurare il reinserimento socio – lavorativo del preposto e l’erogazione dei documenti connessi (carte di identità, bancomat, carte di credito).

’Più che la paura era una sorta di oscuro amor proprio che gli faceva decisamente respingere l’idea  che per suo mezzo toccasse giusta punizione ai colpevoli…’’  Così scriveva Leonardo Sciascia.

La peculiarità delle misure di protezione per testimoni di giustizia sta nel rendere l’intero sistema un meccanismo imprescindibile, capace di mettere a fuoco i mille scenari che l’apporto economico e sociale reca nella lotta alla criminalità organizzata.

Pur non connotandosi come un sistema perfetto, quello disciplinato dalla legge n. 45/2001 si è mostrato ben presto un sistema capace di adeguarsi ai drastici mutamenti del contesto sociale in cui viene inserito, tale da graduare la misura speciale al caso concreto facendo fronte alle esigenze dell’interessato.

In attesa di ulteriori sviluppi sul fronte del doppio binario, scaturiti principalmente dall’invadenza sociologica dell’avvento delle nuove mafie, si apprezzano i dati numerici e del lavoro della Commissione Centrale e del Sistema Operativo che soltanto nell’anno 2015 ammontavano ad 83 assieme a 271 familiari.


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Federica Posta

Dott.ssa magistrale in Giurisprudenza. Specializzata in professioni legali presso la Scuola di specializzazione La Sapienza Roma

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