La qualifica di “consumatore” del fideiussore e l’accantonamento della teoria della professionalizzazione indiretta o “di riflesso”

La qualifica di “consumatore” del fideiussore e l’accantonamento della teoria della professionalizzazione indiretta o “di riflesso”

La sentenza della Cassazione Civile n. 742/2020 ha sancito il superamento della teorica dogmatica del professionista c.d. “di rimbalzo” o “di riflesso”, nei rapporti di garanzia, tra consumatori e istituti di credito. Tale pronuncia prende le mosse da un recente orientamento della Corte di Giustizia dell’Unione Europea aderente all’evolutiva nozione dello status di “consumatore”. Nel caso di specie, i giudici rilevano come in quest’ultima categoria qualificatoria debba rientrare il fideiussore persona fisica che, pur svolgendo una propria attività professionale, abbia stipulato il contratto di garanzia per finalità non inerenti e attinenti allo svolgimento di tale attività, bensì estranee alla stessa. In tale ottica, è opportuno, ai fini della qualifica “consumeristica” del fideissore che si tratti di atto non espressivo dell’attività professionale esercitata, né strettamente funzionale o strumentale al suo svolgimento. La decisione de quo, oltre che ai fini qualificatori del fideiussori, presenta dei rilevanti risvolti in punto di regime applicabile e di giurisdizione. Da tale qualifica “consumeristica” sarebbe dovuta risultare di diretta e immediata applicazione la competenza esclusiva del foro di residenza o di domicilio elettivo del consumatore, ai sensi del disposto di cui all’art. 33, secondo comma, lett. u), Cod. Cons.

Parimenti, occorre rilevare che la qualificazione di una parte di “consumatore” non sia nella disponibilità dell’autonomia privata ex art 1322 c.c. Tale qualificazione risponde a determinati requisiti negativi e positici, stabiliti ex lege, non disponibili dalle parti.

Nel caso di specie, una Banca aveva chiesto al Tribunale di Fermo l’emissione di un decreto ingiuntivo nei confronti di una sua correntista, per i debiti derivanti sia da mutuo cd. chirografario, sia da scoperto di conto corrente, nonché del fideiussore omnibus di tali debiti. Il giudice di prime cure provvedeva all’emissione del decreto. Avverso il medesimo la mutuataria e il fideiussore proponevano due distinte opposizioni.

Entrambi gli opponenti, in via preliminare, sollevavano eccezione di incompetenza territoriale del Tribunale di Fermo, in favore di quello di Ascoli Piceno, fondandola sulle clausole di deroga pattizia del foro territoriale, contenute nei contratti, di mutuo e di fideiussione, che avevano rispettivamente stipulato con la Banca opposta. Il Tribunale di Fermo dichiarava, sulla base di tale assunto, con sentenza, la propria incompetenza a emettere il decreto ingiuntivo opposto. La competenza era, dunque, declinata in favore del Tribunale di Ascoli Piceno.

Tanto rilevato, per l’effetto, ha dichiarato la nullità del decreto medesimo.

Il contratto di mutuo, intercorso tra la Banca e la correntista, prevedeva, espressamente in una specifica clausola, che per qualunque controversia furura ed eventuale derivante dal presente contratto sarebbe stata competente l’autorità giudiziaria nella cui giurisdizione si trova la sede legale della banca, salva l’ipotesi in cui il cliente avesse rivestito lo status di consumatore. In tale eventualità, il foro competente sarebbe stato quello di competenza del consumatore ai sensi del disposto di cui all’art. 33, secondo comma, lett. u), cod. cons.

Occore rilevare che, se si tratti di una fideiussione che accede a un contratto bancario, la qualità del debitore principale è attrattiva di quella del fideiussore, ai fini dell’individuazione del soggetto che deve rivestire la qualità di consumatore. Di conseguenza, nel caso oggetto di controversia, restava esclusa l’applicabilità della tutela consumeristica. Avverso tale pronuncia, proponeva ricorso per cassazione la Banca del Piceno, formulando istanza per regolamento di competenza. La mutuataria e il fideiussore resistevano, depositando distinte memorie.

La Banca ricorrente denunziava la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 28 c.p.c., assumendo, in particolare, che, nel caso de quo, i coobbligati rivestissero palesemente la qualifica di consumatori, conseguendone che il creditore non potesse esimersi dall’incardinare la procedura monitoria dinnanzi al Tribunale di Fermo, ossia quello di residenza dei condebitori ai sensi del disposto di cui all’art. 33, secondo comma, lett. u), cod. cons.

Nelle memorie difensive, la mutuataria e il fideiussore evidenziavano la letteralità della clausola contrattuale, in cui veniva chiaramente stabilita la competenza esclusiva territoriale. La corte di Cassazione ha aderito all’orientamento pressoché consolidato che riteneva che «il foro convenzionale possa ritenersi foro esclusivo per tutte le controversie nascenti da un determinato contratto solo quando vi sia una dichiarazione espressa ed univoca da cui risulti, in modo chiaro e preciso, la concorde volontà delle parti, non solo di derogare all’ordinaria competenza territoriale, ma altresì di escludere la concorrenza del foro designato con quelli previsti dalla legge in via alternativa»

Da tale assunto deriva che la clausola contenuta nel contratto di fideiussione de quo debba essere considerata come patto di foro esclusivo, diversamente da quella di cui al distinto contratto di mutuo, da intendersi, invece, come semplicemente indicativa di un foro facoltativo. Come anticipato, peraltro, la Corte di Cassazione ha rilevato l’estraneità del fideiussore a ogni eventuale attività professionale e, segnatamente, alle specifiche operazioni fatte oggetto di ricorso per decreto ingiuntivo da parte della Banca: la garanzia prestata trovava, difatti, la sua giustificazione concreta (c.d. causa in concreto) nell’incontestato rapporto di coniugio, intercorrente tra la mutuataria e lo stesso fideiussore.

Nella controversia de qua assume notevole rilevanza la questio iuris inerente all’interrogativo se la persona fisica che, fuori dall’ambito di sue attività professionali, presti fideiussione a garanzia di un debito di un soggetto non consumatore, possa rimanere tale o debba, al contrario, essere riqualificato, per ciò solo, come soggetto diverso dal consumatore ossia come professionista, secondo la teorica del c.d. professionista di «riflesso» o di «rimbalzo».

La qualifica di professionista, dunque, sulla base di tale teoria, veniva rilevata non sulla base del fatto che il fideiussore presti garanzia nell’ambito della sua eventuale attività professionale o meno. Piuttosto, lo status del fideiussore, come consumatore o professionista, viene inferito indirettamente sulla base del lo status ricoperto dal garantito. Tale teoria è propria di un orientamento in parte prevalente che ritenere che la persona fisica – fideiussore per un debito ricadente su di un soggetto “professionale” non possa assumere lo status di consumatore, ma quello -indirettamente- di professionista. Tale corrente giurisprudenziale si fondava su un orientamento maggioritario della giurisprudenza euro-unitaria che attribuiva rilievo dirimente e qualificatorio al carattere di accessorietà, intrinsecamente connotante l’obbligazione fideiussoria.

L’oggetto della obbligazione fideiussoria si determina “per relationem” sulla base del contenuto dell’obbligazione principale (c.d rapporto di accessorietà tra obbligazione fideiussoria o subordinata e quella principale).In tale ottica, la garanzia personale fideiussioria prestata è subordinata al debito principale cui essa accede. il debito principale (obbligazione principale) e l’obbligazione fideiussoria (o accessoria) sono avvinte da un collegamento negoziale qualificabile come necessario, unilaterale e funzionale. Tali distinte obbligazioni sono unificate da un nesso di c.d. interdipendenza che, in base alla voluntas legis medesima, è tale da determinare che ogni vicenda del contratto principale si comunica al contratto subordinato, in senso unidirezionale. Se , pertanto, viene meno l’obbligazione principale, viene meno, parimenti quella subordinata. La fideiussione sarebbe nulla struttualeper mancanza di causa o, secondo una diversa ricostruzione per mancanza dell’oggetto, rispettivamente ex art. 1325 n. 3 e n. 4.

Da siffatti principi, è conseguita, a più riprese, quale indefettibile corollario, l’impossibilità di «non porre lo stesso rapporto principale come punto di riferimento per l’indagine circa l’applicazione o meno della normativa speciale disciplinata dal codice del consumo». Tuttavia, la corte di legittimità ha superato l’orientamento tradizionale per quanto attiene la definizione e l’applicazione dei criteri selettivi dell’eventuale ascrizione del soggetto fideiussore alla categoria normativa di “consumatore”.

La Suprema Corte ha rilevato che l’accessorietà fideiussoria si manifesta come un elemento oggettivamente estraneo all’architettura normativa e alla ratio relativa specificamente approntata per la protezione del consumatore. Secondo la corte di legittimità, è opportuno che l’accessorietà rimanga coerentemente confinata entro tale ristretto ambito di mero elemento dell’obbligazione fideiussoria, non potendo essere proiettata fuori da esso. Tale carettere strutturale non può, secondo la Corte di Cassazione, incidere sulla qualificazione dell’attività professionale o meno di uno dei contraenti. Il carattere dell’accessorietà non può rivestire un’inferenza e rilevanza tale da “far diventare un soggetto,  quale il fideiussore o  il terzo garante, il duplicato o il riflesso, di un altro soggetto (il debitore principale)”.

Da tale ricostruzione, fatta propria anche da una corrente giurisprudenziale euro-unitaria, è necessario ritenere consumatore la Banca che presti fideiussione per il debito contratto da una persona fisica che non svolga alcun tipo di attività professionale. Deve, dunque, essere qualificato come “consumatore” il fideiussore che, pur svolgendo una propria attività professionale o anche distinte attività professionali, stipuli un contratto di garanzia per finalità non inerenti allo svolgimento di tale attività, bensì estranee alla stessa. Per la qualificazione consumeristica, tuttavia, è necessario che si sia in presenza di un atto non espressivo dell’attività professionale de qua, né strettamente funzionale al suo svolgimento.


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