La qualificazione del legittimo interesse

La qualificazione del legittimo interesse

di Michele Di Salvo

Nel linguaggio comune la tutela in giudizio è finalizzata alla realizzazione dei diritti. In realtà più tecnicamente i diritti soggettivi non sono le uniche situazioni giuridiche soggettive ammesse alla tutela giurisdizionale.

Con la nascita del giudice amministrativo, che risale al 1889 (Legge Crispi), una nuova posizione soggettiva sostanziale diventa capace di protezione giuridica diretta e autonoma.

Si tratta dell’interesse legittimo.

Diritti soggettivi e interessi legittimi sono riconosciuti nella Costituzione, come posizioni soggettive tutelate. L’art. 24 Cost. recita infatti “tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi”. L’art. 103 precisa inoltre che il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi, e in determinate materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi.

Nonostante la rilevanza costituzionale, e nonostante a più riprese e in contesti differenti si sia intervenuto sulla materia amministrativa, nessuna norma dell’ordinamento fornisce una definizione di interesse legittimo. Così, la dottrina si è occupata nel tempo di individuare le caratteristiche tipiche di questa situazione giuridica soggettiva.

Il che, se è un bene per una definizione dinamica, non lo è né per la certezza del diritto, né per la tutela di fronte allo straripante potere discrezionale della Pubblica Amministrazione, per cui addirittura talvolta è necessario ricorrere al giudice amministrativo anche solo in chiave (e quindi on solo in chiave) ermeneutica.

L’interesse legittimo è definito come quell’interesse del privato a conseguire una situazione specifica di vantaggio per ottenere un bene della vita che passa da una decisione della Pubblica Amministrazione.

Per tutelare il proprio interesse legittimo, il privato ha potere di partecipare al procedimento amministrativo che porta all’adozione del provvedimento e successivamente di far verificare al giudice amministrativo il corretto esercizio del potere da parte della P.A.

Non va taciuto che la gran parte di questo diritto partecipativo, in uno con l’esigenza motivazionale del provvedimento, sono acquisizioni complessivamente recenti rispetto alla statuizione della legge Crispi del 1889, e precisamente alla legge 241/90 qualificata appunto “legge sul procedimento amministrativo”.

Il diritto soggettivo, a differenza dell’interesse legittimo, ha una tutela piena e immediata nell’ordinamento, perché il riconoscimento del bene della vita ad esso sotteso non è collegato all’esercizio del potere della Pubblica Amministrazione, ma è accordato al cittadino in via diretta.

La distinzione tra interesse legittimo e diritto soggettivo è particolarmente rilevante al fine di individuare correttamente il giudice al quale chiedere tutela.

L’art. 7 del Codice del processo amministrativo prevede che “sono devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie, nelle quali si faccia questione di interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, (c.d. giurisdizione esclusiva) di diritti soggettivi, concernenti l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni.” 

Dunque, gli interessi legittimi sono sempre devoluti alla cognizione del giudice amministrativo; i diritti soggettivi sono di regola affidati alla cognizione del giudice ordinario, ma in “particolari materie indicate dalla legge” (art. 103 Cost.) ricadono sotto la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

I limiti della giurisdizione esclusiva non possono essere ampliati dal legislatore senza un preciso criterio, posto che la stessa Costituzione fa riferimento a materie “particolari”, che secondo l’orientamento della Consulta, devono riguardare quantomeno comportamenti riconducibili all’esercizio del potere pubblico.

Le materie attualmente devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sono elencate all’art. 133 Codice del processo amministrativo (fra queste: l’accesso ai documenti amministrativi, la materia dei pubblici servizi, quella dei contratti pubblici, il pubblico impiego etc..) ma l’elenco non è tassativo perché, per espressa previsione dell’art. 133, ulteriori casi di giurisdizione esclusiva possono essere previsti da altre leggi.

Si distinguono due categorie di interessi legittimi: gli interessi legittimi pretensivi e gli interessi legittimi oppositivi. I primi riguardano i casi in cui il privato avanza una pretesa nei confronti della Pubblica Amministrazione che emette un provvedimento conclusivo di riconoscimento della pretesa o di diniego. I secondi riguardano i casi in cui la Pubblica Amministrazione adotta un provvedimento di compressione della sfera giuridica del cittadino, il quale vanta l’interesse a preservare la situazione precedente.

La tutela dell’interesse legittimo oppositivo si consegue con l’annullamento del provvedimento che ha compresso la sfera giuridica del privato. Una volta eliminato il provvedimento infatti, la compressione viene meno e il privato vede realizzato il proprio vantaggio.

La tutela dell’interesse legittimo pretensivo si consegue con l’annullamento del provvedimento di diniego della richiesta e con l’azione di risarcimento del danno subito per l’ingiusto rigetto della richiesta.

Con la sentenza della Corte di Cassazione n. 500/1999 è stata riconosciuta in via generale nel nostro ordinamento la possibilità di chiedere il risarcimento dei danni per la lesione di interessi legittimi, possibilità già introdotta per legge (D.lgs. 31 marzo 1998 n. 80) limitatamente ai settori dell’edilizia, dell’urbanistica e dei servizi pubblici. La tutela risarcitoria per la lesione degli interessi legittimi è affidata al giudice amministrativo nelle materie attribuite alla sua giurisdizione esclusiva.


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