La ratio della nullità della donazione di bene altrui

La ratio della nullità della donazione di bene altrui

La  donazione è il contratto consensuale, definito dall’art. 769 cc , con cui una parte (cd  donante), per spirito di liberalità (cd  animus donandi), arricchisce l’altra (cd  donatario), disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione.

Da tale definizione emerge la presenza di due elementi caratterizzanti tale tipologia contrattuale: un elemento oggettivo dato dal depauperamento del donante con correlativo arricchimento del donatore e un elemento soggettivo dato dallo spirito di liberalità (che permette di distinguere la donazione dai negozi a titolo gratuito).

La causa tipica del contratto di donazione consiste, dunque, nell’incremento del patrimonio del donatore con il correlativo depauperamento del patrimonio del donante.

La  donazione di bene altrui è nulla  → tale nullità non viene comminata da una disposizione ad hoc prevista nel codice civile ma viene riconosciuta dalla giurisprudenza a seguito di una lettura sistematica della disciplina in materia di donazione e di contratto. A tal proposito la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con la sentenza n. 5068 del 15.03.2016 ha statuito che donazione di cosa altrui o di appartenenza altrui è nulla in quanto l’ appartenenza del bene al patrimonio del donante,  al momento della conclusione del contratto di donazione, costituisce un elemento fondamentale dell’istituto  acconsenti alla causa tipica di tale contratto di realizzarsi. In caso contrario (in caso di assenza dell’appartenenza) la causa tipica del contratto non può realizzarsi  dato che sarebbe il impossibile depauperamento del donante.

Pertanto, la Suprema Corte con la richiamata sentenza del 2016, premettendo che:

– ai sensi dell’art. 1325 cc la causa è un elemento essenziale del contratto (inteso in senso generale), la cui mancanza ne comporta la nullità ai sensi e per gli effetti dell’art. 1418, co.2, cc (trattasi di una nullità cd strutturale);

– che la causa tipica del contratto di donazione consiste nell’arricchimento del patrimonio del donatore con il correlativo depauperamento del patrimonio del donante;

– che con la donazione di bene altrui o di bene altrui non può realizzarsi la causa tipica del contratto di donazione a causa della non appartenenza del bene nel patrimonio del donante;

ha concluso che la donazione di cosa altrui sia nulla.

Tuttavia  in tale sentenza i Giudici di legittimità statuiscono, altresì, che se in sede del contratto di donazione il bene non appartiene al patrimonio del donante,  ma quest’ultimo nell’atto, con espressa previsione, si impegna a procurare al donatario l’ acquisto del bene in oggetto, la donazione è valida  come  donazione obbligatoria di osare. Diversamente, se l’altruità del bene non risulta dal titolo e non è nota alle parti allora la donazione non sarà valida.

Quanto sin qui detto, è una “inversione di rotta” della Corte di Cassazione poiché la stessa con la sentenza n. 10356 del 05.05.2009 aveva giustificato la comminatoria della nullità collegandola, in via analogica, a quella prevista dall’art. 771 cc per la donazione dei beni futuri in quanto anche la donazione di bene altrui, come quella di beni futuri, ha ad oggetto beni che non ancora compongono il patrimonio del donante. La Cassazione a Sezioni Unite nel 2016, diversamente, non poggia più le basi di tale invalidità sul 771 cc ma, come detto, su un percorso esegetico più soldo che tiene conto della disciplina codicistica prevista in materia di contratto nell’art. 1325 cc.


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