La regolamentazione dell’attività degli influencer

La regolamentazione dell’attività degli influencer

di Michele Di Salvo

In Italia, come in altri paesi, il settore dell’influencer marketing è regolato principalmente dalle norme sulla pubblicità e tutela dei consumatori, che si estendono anche al mondo digitale.

Tra le fonti giuridiche in materia quelle di maggior rilievo sono il Codice del Consumo, le linee guida dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) e le normative europee come il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR).

Si tratta come appare evidente di una serie di normative che, pur non essendo specificamente pensate per questa categoria, risultano applicabili alle loro attività. Ciò non dovrebbe stupire chi – come chi scrive – ritiene che non abbiamo bisogno di nuove norme sempre più specifiche, ma di norme scritte meglio, più ampie, generali, e tali che il singolo davvero non possa dirsi “ignaro”.

Il Codice del Consumo (D.Lgs. 206/2005) è il principale riferimento normativo per la protezione dei consumatori. Le disposizioni che riguardano le pratiche commerciali scorrette (art. 21 e seguenti) si applicano anche all’influencer marketing (e appare difficile immaginare che ne fosse escluso). In particolare, il Codice stabilisce che la pubblicità non deve essere ingannevole e deve permettere al consumatore di riconoscere chiaramente un contenuto promozionale.

Le Linee guida AGCM sono specifiche per gli influencer, ribadendo l’importanza della trasparenza. Gli influencer devono rendere espliciti i legami commerciali con i brand tramite strumenti quali l’uso di hashtag (#ad, #sponsorizzato) o disclaimer all’inizio dei contenuti. L’obiettivo è evitare che il pubblico sia ingannato o indotto a pensare che si tratti di opinioni personali indipendenti. Uno dei principali problemi legati all’influencer marketing è la mancanza di trasparenza. Molti utenti non si rendono conto che dietro ai post di Instagram o ai video su YouTube si nasconde spesso una collaborazione commerciale. Le linee guida AGCM impongono agli influencer di segnalare chiaramente quando un contenuto è sponsorizzato, pena sanzioni pecuniarie.

Un esempio pratico di come la trasparenza sia fondamentale è il caso degli accordi nascosti tra influencer e brand per la promozione di prodotti cosmetici o integratori alimentari. Senza una chiara indicazione della sponsorizzazione, i follower potrebbero essere indotti a credere che il prodotto sia consigliato per le sue qualità, piuttosto che perché l’influencer è stato pagato per farlo.

Questa problematica assume maggiore rilevanza se si considera l’influenza che i micro-influencer (con meno di 100.000 follower) hanno su nicchie di pubblico estremamente fiduciose. Anche per loro, la regola della trasparenza è vincolante, e la mancanza di chiarezza può costituire una violazione delle normative sulla pubblicità ingannevole. L’AGCM ha il potere di comminare sanzioni amministrative sia agli influencer che ai brand coinvolti.

Oltre alle norme sulla trasparenza pubblicitaria, gli influencer sono vincolati anche da rapporti contrattuali con i brand con cui collaborano. Questi contratti disciplinano le modalità di esecuzione della collaborazione e stabiliscono obblighi reciproci. Ad esempio, gli influencer devono garantire che i contenuti rispettino le linee guida del brand, mentre le aziende devono fornire prodotti o compensi concordati. In caso di inadempienza contrattuale, le parti possono far valere i propri diritti dinanzi al giudice civile.

Gli influencer possono essere responsabili non solo sotto il profilo contrattuale, ma anche sotto quello civilistico e penale. Dal punto di vista civilistico, un influencer potrebbe essere ritenuto responsabile di danni se promuove un prodotto o servizio che risulta dannoso per i consumatori. Ciò è particolarmente rilevante quando si tratta di prodotti legati alla salute, come integratori alimentari o cosmetici. Dal punto di vista penale, la promozione di prodotti illegali o la diffusione di contenuti diffamatori può portare a responsabilità penale. Ad esempio, un influencer che promuove contenuti che incitano all’odio o diffonde notizie false su un concorrente commerciale potrebbe essere chiamato a rispondere di reati quali diffamazione o istigazione all’odio.

Un altro aspetto importante della compliance è il rispetto del GDPR, soprattutto quando gli influencer raccolgono dati personali dai propri follower attraverso giveaway o collaborazioni con brand che richiedono dati di contatto. La mancata osservanza delle normative sulla privacy può portare a multe significative, soprattutto per gli influencer con grandi platee di follower. Questo tema è quanto mai rilevante almeno quanto sottovalutato, se si pensa che i dati possono essere un guadagno accessorio di particolare valore anche rispetto alla conversione diretta dell’adv in vendite.

Un altro aspetto rilevante del rapporto tra gli influencer e il diritto riguarda la protezione del diritto d’autore. I contenuti creati dagli influencer, in qualsiasi forma, godono della tutela garantita dalla legge sul diritto d’autore (Legge 22 aprile 1941, n. 633). Ciò significa che tali contenuti non possono essere copiati, riprodotti o utilizzati da terzi senza il consenso dell’autore. Tuttavia, anche gli influencer devono prestare attenzione a rispettare il diritto d’autore altrui. Un caso esemplare riguarda la riproduzione non autorizzata di materiale protetto, come la musica o le immagini, all’interno dei post o dei video pubblicati sui social media. Le piattaforme come YouTube e Instagram, per evitare responsabilità diretta, hanno introdotto sistemi di monitoraggio che rilevano automaticamente l’uso non autorizzato di contenuti protetti. Un altro problema legato al diritto d’autore è rappresentato dall’uso di fotografie o video appartenenti ad altri creatori di contenuti.

Un’altra problematica giuridica che coinvolge gli influencer riguarda il diritto all’immagine e la protezione della privacy delle persone coinvolte nei loro contenuti. L’art. 10 del Codice Civile e la normativa sulla privacy stabiliscono che la pubblicazione dell’immagine di una persona senza il suo consenso esplicito può costituire una violazione del diritto alla riservatezza e all’immagine. Nel caso degli influencer, questo problema si pone spesso quando vengono condivise immagini o video in cui appaiono terze persone che non hanno prestato il proprio consenso alla pubblicazione. Gli influencer dovrebbero sempre ottenere il consenso delle persone coinvolte nei loro contenuti, specialmente quando si tratta di minori. La pubblicazione di immagini di minori richiede un consenso esplicito da parte dei genitori o tutori legali, secondo quanto stabilito dalla normativa italiana ed europea, inclusa la GDPR.

Il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR) ha avuto un impatto significativo sulle attività degli influencer, soprattutto in relazione al trattamento dei dati personali degli utenti. Molti influencer raccolgono dati personali dai loro follower, ad esempio attraverso giveaway, concorsi o collaborazioni con brand. Tali dati possono includere nomi, indirizzi e-mail, numeri di telefono e persino indirizzi fisici.

Secondo il GDPR, gli influencer che raccolgono dati personali devono rispettare le regole rigorose imposte dal regolamento, tra cui l’obbligo di informare gli utenti circa il trattamento dei loro dati e ottenere un consenso informato quando necessario. Inoltre, devono garantire la sicurezza dei dati raccolti e consentire agli utenti di esercitare i loro diritti, come il diritto di accesso, rettifica o cancellazione dei propri dati. Un’altra area di preoccupazione legata al GDPR è la possibilità per gli influencer di essere considerati co-titolari del trattamento dei dati insieme ai brand con cui collaborano. Ciò accade quando influencer e aziende condividono i dati degli utenti per finalità commerciali, rendendoli corresponsabili per il trattamento dei dati.

Esistono poi linee guida internazionali che gli influencer devono seguire per operare in modo conforme alle leggi. Negli Stati Uniti, la Federal Trade Commission (FTC) ha emanato regole precise per la trasparenza pubblicitaria, simili a quelle dell’AGCM in Italia. Le direttive della FTC impongono che qualsiasi contenuto sponsorizzato debba essere chiaramente identificato come tale, e che gli influencer non debbano fare dichiarazioni false o fuorvianti sui prodotti che promuovono. Anche nel Regno Unito, l’Advertising Standards Authority (ASA) ha emanato linee guida per gli influencer, specificando che la trasparenza è fondamentale per evitare di ingannare i consumatori. Gli influencer che operano su scala internazionale devono essere consapevoli di queste diverse regolamentazioni per evitare problemi legali in altri paesi.

Il punto è che l’attività tipica dell’influencer digitale è in sé transnazionale, quindi accanto ad una conoscenza trasversale delle normative, l’auspicio è che i principi generali e le linee guida possano essere davvero quanto meno omogenee.

L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM), a gennaio 2024, ha pubblicato nuove linee guida che integrano e rafforzano le precedenti disposizioni in materia di pubblicità online e attività degli influencer. Questo aggiornamento è stato reso necessario dal rapido sviluppo delle tecniche di marketing digitale e dal continuo aumento di contenuti sponsorizzati sui social media.

Le principali novità riguardano:

Maggiore chiarezza nella distinzione tra contenuti organici e sponsorizzati: le linee guida impongono che gli influencer utilizzino un linguaggio ancora più trasparente e inequivocabile per indicare quando un post, una storia o un video siano sponsorizzati o frutto di collaborazioni commerciali. Non sono più considerati sufficienti gli hashtag generici come #adv o #sponsorizzato se non sono accompagnati da una spiegazione esplicita e comprensibile anche per i consumatori meno esperti.

Regole più stringenti per il marketing di prodotti sensibili: le nuove linee guida prestano particolare attenzione ai settori come il gioco d’azzardo, i prodotti finanziari (ad esempio criptovalute), e i prodotti di bellezza e salute, che potrebbero avere un impatto significativo sui consumatori. Gli influencer sono ora obbligati a fornire informazioni accurate e bilanciate, evitando qualsiasi tipo di esagerazione o disinformazione sui benefici di tali prodotti. Questo obbligo mira a proteggere soprattutto i consumatori vulnerabili, come i giovani e i minori, che costituiscono una parte rilevante dell’audience degli influencer.

Coinvolgimento delle piattaforme digitali: le piattaforme social che ospitano influencer e contenuti sponsorizzati sono chiamate a svolgere un ruolo più attivo nella sorveglianza e nella moderazione dei contenuti. AGCOM richiede che le piattaforme adottino strumenti per facilitare la trasparenza della pubblicità e offrano agli utenti la possibilità di segnalare contenuti sospetti o non conformi alle normative vigenti. Questo apre la strada a una collaborazione tra enti regolatori, piattaforme digitali e influencer per creare un ambiente digitale più responsabile.

Le linee guida di gennaio 2024 introducono anche una serie di sanzioni più severe .Gli influencer devono garantire che ogni contenuto rispetti le normative sulla pubblicità, sulla protezione dei dati e sul diritto d’autore, ma anche le nuove disposizioni che richiedono una chiara indicazione di collaborazioni commerciali. Ed evitare tutta una serie di comunicazioni che incitino all’odio e che promuovano determinati prodotti o servizi considerati dannosi o pericolosi.

Il punto essenziale è tuttavia l’effettività della sanzione. Quando un influencer “risiede” all’estero, diviene complicato far rispettare una norma o far valere una sanzione. In questi casi il coinvolgimento dei brand è possibile, ma solo quando questi siano presenti sul territorio dell’autorità che commina la sanzione anche questa un’ipotesi poco scontata, specie sui “prodotti” sensibili come integratori alimentari, contenuti incitanti la violenza o l’odio razziale, le criptovalute o le piattaforme di trading, solo per fare qualche esempio.

In questi casi dovrebbe essere possibile una interlocuzione con le piattaforme per limitare l’accesso a certi profili “non compliance” nel paese in cui non si è adeguati, il che apre scenari non sempre rassicuranti per la libertà di espressione.


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