La responsabilità amministrativa nella forma del dolo eventuale
La compatibilità e la tenuta del dolo eventuale nella cornice della responsabilità amministrativa: nuovi sviluppi alla luce dell’art. 21 del D. L. n. 76/2020. Nota a Corte dei Conti, Sez. giur. per la Regione Sicilia, 22 marzo 2023, n. 147
Sommario: 1. Premessa introduttiva – 2. Il quadro normativo e giurisprudenziale che fa da cornice all’applicazione della pronunzia dei giudici contabili – 2.1. Brevi cenni sulla responsabilità amministrativa-erariale – 2.2. L’importanza dell’elemento soggettivo: la peculiarità del dolo all’interno dell’illecito amministrativo – 2.3. La compatibilità del dolo eventuale nella responsabilità amministrativa – 2.4. Le coordinate probatorie del dolo eventuale: l’importanza degli “indicatori spia rilevanti” alla luce del nuovo art. 1, della L. n. 20 del 1994 – 2.5. Cenni sulla “compensatio lucri cum damno” – 3. I fatti da cui ha origine la controversia e l’addebito della Procura contabile – 4. L’articolata motivazione nella decisione della Corte dei conti siciliana – 5. Conclusioni
1. Premessa introduttiva
Nei casi di responsabilità amministrativa, è pienamente configurabile l’elemento soggettivo nella forma del dolo eventuale, quale consapevolezza in capo al soggetto agente, dell’accettazione del rischio da possibile danno arrecato alle finanze dell’amministrazione e come diretta conseguenza della condotta (riscontrabile dal giudice contabile), in relazione delle circostanze dell’azione.
Nonostante le modifiche apportate dall’art. 21 del D.L. n. 76 del 2020, l’accertamento dell’elemento soggettivo in termini dolosi (legato alla condotta adottata dal reo), richiesto dalla Procura erariale, segue processualmente la logica probatoria del “più probabile che non”, e ciò, in virtù della funzione prevalentemente patrimoniale a vocazione risarcitoria-recuperatoria tipico della responsabilità amministrativa per la quale, non si applicano le regole e i principi procedurali di matrice penalistica.
Sulla base di tali interessanti motivazioni, la Corte dei Conti, Sez. giur. per la Regione Sicilia, con sentenza del 22 marzo 2023 n. 147 (Pres. Maneggio – Rel. Grasso), ha chiarito i presupposti per la corretta applicazione del dolo eventuale (e del relativo accertamento probatorio attraverso i c.d. indicatori rilevanti), all’interno della cornice degli elementi fondanti la c.d. responsabilità amministrativa.
La pronunzia peraltro, offre spunti interessanti per scandagliare i principali orientamenti dottrinali e giurisprudenziali in tema di configurazione dell’elemento soggettivo concernente l’illecito amministrativo, con particolare riferimento alla figura del dolo del soggetto agente, così come codificato dall’art. 1 della legge n. 20 del 14 gennaio 1994 (Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei Conti), oltretutto recentemente innovato dall’art. 21 del D.L. n. 76 del 2020 (Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale).
2. Il quadro normativo e giurisprudenziale che fa da cornice all’applicazione della pronunzia dei giudici contabili
2.1. Brevi cenni sulla responsabilità amministrativa-erariale
La responsabilità amministrativa – erariale è modellata dal legislatore intorno alla causazione di un danno patrimoniale (diretto o indiretto) alla Pubblica Amministrazione da parte di un dipendente pubblico. Dispone infatti l’articolo 28 della Costituzione che: “I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti”. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici.
Da un punto di vista strutturale, essa è costruita dai classici elementi costitutivi dell’imputazione soggettiva della condotta (azione e/o omissione) e cioè l’evento dannoso, il nesso causale tra la condotta e l’evento e l’elemento soggettivo.
In realtà, la responsabilità amministrativa, assume i caratteri di una forma di responsabilità particolare indubbiamente sui generis rispetto ad entrambe le figure di responsabilità civile (contrattuale ed extracontrattuale), in quanto fortemente intrisa e connotata anche da elementi di natura pubblicistica (in relazione alle funzioni risarcitoria, preventiva e sanzionatoria) e da un regime giuridico proprio([1]).
All’interno della responsabilità amministrativa, un rilievo di sicuro interesse è sempre stato ricoperto dall’elemento soggettivo, la cui prova è rimessa alla procura contabile sia per l’accertamento dell’an che del quantum della condanna, con esclusione della c.d. responsabilità “formale”, ossia quella derivante dalla semplice violazione formale delle norme di salvaguardia in materia di finanza pubblica([2]). In particolare per quanto concerne l’elemento soggettivo, attraverso la disciplina introdotta dalla legge n. 20 del 1994 (Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei Conti) a cui ha fatto seguito la riforma apportata dal D.L. n. 543 del 23 ottobre 1996 (“Disposizioni urgenti in materia di ordinamento della Corte dei conti), il legislatore intervenendo sull’articolo 1 della legge in oggetto, ha stabilito che l’elemento soggettivo relativo all’illecito amministrativo-erariale e la conseguente responsabilità, debbano ruotare intorno agli elementi del dolo o alla colpa grave.
Val la pena sottolineare che il legislatore del 1996, ha indubbiamente riconosciuto l’esigenza di circoscrivere la responsabilità dei funzionari pubblici, al fine di scongiurare che gli stessi siano chiamati a rispondere di errori non gravi o di poco peso specifico, in un contesto normativo, organizzativo e giurisprudenziale sempre più complesso, fluido ed incerto, con il rischio di ritardare o addirittura bloccare la continuità dell’azione amministrativa, per timore di interventi punitivi legati a errori anche marginali (c.d. paura della firma). Sotto questo aspetto, come ampiamente riconosciuto da una nota pronunzia della Consulta ([3]), la rilevanza della colpa esclusivamente in termini di gravità , non è solo “non irragionevole”, bensì diviene un mezzo per assicurare il buon andamento e l’imparzialità dei pubblici poteri (con riferimento all’articolo 97 Cost.), in quanto il timore delle responsabilità, non divenga potenziale e reale fonte di rallentamenti o inerzie nello svolgimento dell’azione dell’attività amministrativa.
2.2. L’importanza dell’elemento soggettivo: la peculiarità del dolo all’interno dell’illecito amministrativo
Orbene, vista l’assenza di espresse definizioni fornite dall’ordinamento([4]) sia la dottrina([5]) che la giurisprudenza([6]) si sono strettamente adoperate per cercare di chiarire la natura giuridica e perimetrare la fisionomia di entrambi gli stati soggettivi del soggetto agente.
Per quanto concerne specificatamente la figura del dolo, le opinioni prevalenti relativa alla figura in oggetto, sono legate a tre principali tesi.
La prima teoria si aggancia alla figura del dolo “penalistico”, ed in tal senso i caratteri del dolo erariale non sarebbero diversi da quelli propri che abbracciano l’illecito penale. Accanto a tale teoria, se ne affianca un’altra vale a dire quella del dolo “civilistico”: trattasi di un’opinione costruita sull’idea che la responsabilità amministrativa sarebbe assimilabile a quella comune, quantomeno in relazione alla finalità risarcitoria([7]). Infine, una terza opinione, definisce il concetto di dolo “erariale”([8]) in senso proprio, da intendersi come autonoma figura tipica della sola responsabilità amministrativa.
Naturalmente, tutte le ricostruzioni dogmatiche tratteggiate, portano come logica conseguenza a diversi approdi in ordine alla prova dell’elemento soggettivo.
Per la tesi “penalistica” infatti, la Procura contabile deve ex lege provare contestualmente la volontà dell’antigiuridicità della condotta nonché dell’evento di danno da parte del soggetto agente. Discorso diverso va fatto invece, per la tesi “civilistica”, per la quale in tal caso, sarebbe sufficiente per i pubblici poteri, offrire al più, prova della volontarietà della condotta del reo contra ius.
Secondo una linea di pensiero piuttosto consolidata, le modifiche apportate dall’art. 21, D.L. n. 76 del 2020, avrebbero semplicemente trasposto in ambito erariale il riferimento al concetto di dolo penalistico così come prevede l’articolo 43 c.p.([9]). La relazione illustrativa alla riforma sottolinea infatti che “il dolo va riferito all’evento dannoso in chiave penalistica e non in chiave civilistica, come invece risulta da alcuni orientamenti della giurisprudenza contabile che hanno ritenuto raggiunta la prova del dolo inteso come dolo del singolo atto compiuto”.
Peraltro, ci si trova di fronte oggi, a una questione dottrinale in linea di massima oramai superata, se è vero che la novella del 2020 ([10]), ha formalmente ed espressamente chiarito per volontà normativa([11]) che “la prova del dolo richiede la dimostrazione della volontà dell’evento dannoso”. Infatti, non sussistono dubbi sull’insufficienza dell’accertamento in ordine alla volontarietà della sola condotta antigiuridica ai fini della qualificazione in termini dolosi della responsabilità amministrativa (art. 1, comma 1, L. n. 20 del 1994).
2.3. La compatibilità del dolo eventuale nella responsabilità amministrativa
Per quanto interessa la nostra trattazione, la giurisprudenza contabile([12]) da tempo, ammette la compatibilità del dolo eventuale nell’ambito della responsabilità amministrativa, quale prefigurazione e accettazione del possibile verificarsi dell’evento lesivo da parte del soggetto agente, certamente ricavabile dalle modalità e dalle circostanze della condotta. Accedendo anzi alle categorie assorbite dal settore della disciplina penalistica, si ricava dunque che il dolo eventuale, costituisce per prassi in ambito amministrativo-erariale, la figura probabilmente più diffusa e più frequente di condotta intenzionale del reo.
Del resto la responsabilità amministrativa, tende a caratterizzarsi generalmente per l’indifferenza dell’agente rispetto all’evento di danno: in sostanza, diversamente da quanto avviene nell’illecito penale, nei casi sfociati in responsabilità amministrativa, risulta assai improbabile che la condotta dell’agente sia preordinata (volontariamente rectius intenzionalmente) a dilapidare il patrimonio della Pubblica Amministrazione. In altri termini, escludendo le ipotesi che rientrano in condotte di natura appropriativa, nella responsabilità amministrativa-erariale, la condotta dell’agente pubblico non è mai teleologicamente finalizzata al diretto depauperamento dell’Ente di appartenenza, ma certamente ben può configurarsi con la consapevolezza sia dell’antigiuridicità della propria azione o del proprio comportamento che del possibile danno patrimoniale derivante all’Amministrazione di appartenenza, nella forma del dolo eventuale ([13]).
Per questo motivo, il dolo eventuale è lo stato soggettivo di maggiore evenienza nella responsabilità amministrativa non gravemente colposa: l’adesione in termini psichici dell’agente, si sostanzia dunque nella generalità dei casi, nella consapevolezza della propria condotta antigiuridica e nell’accettazione del danno erariale quale possibile conseguenza della propria azione([14]).
2.4. Le coordinate probatorie del dolo eventuale: l’importanza degli “indicatori spia rilevanti” alla luce del nuovo art. 1, della L. n. 20 del 1994
Ai fini della prova del dolo eventuale, il compito di ogni Procura contabile, è quello di adattare giocoforza le categorie generali del diritto penale, allo specifico settore della responsabilità amministrativa che ontologicamente si presenta come atipica.
Pertanto, l’adesione psichica dell’agente alla condotta contra ius ed alle conseguenze dannose per l’Ente, dovrà essere ricavata (in applicazione dei principi elaborati dai giudici di Piazza Cavour a Sezioni Unite in tema di dolo eventuale)([15]), da precisi e differenti indicatori di circostanze legate all’azione, quali: a) le modalità che hanno contraddistinto la violazione (utilizzo piegato rectius distorto di istituti, acquisizione di pareri a sostegno di ipotesi esegetiche poco plausibili; b) la durata e la ripetizione nel tempo della condotta illecita, se è vero che una protrazione continua del comportamento antigiuridico potrebbe indurre a ritenere dimostrata proprio l’accettazione dell’evento lesivo([16]); c) la condotta susseguente al fatto, quale l’adozione di misure in autotutela per rimediare le conseguenze all’illecito commesso; d) la probabilità che si verifichi l’evento: se dalla condotta in concreto tenuta è evidente il conseguente danno alle finanze dello Stato, è altamente probabile che l’evento commesso dal soggetto agente sia stato, quanto meno previsto e accettato.
In tutti i casi richiamati, ci si trova di fronte a circostanze o indicatori spia inevitabilmente rilevanti che, unitamente valutati, depongono a rafforzare l’idea della piena consapevolezza in capo all’agente sia dell’antigiuridicità della condotta che dei relativi pregiudizi erariali per le amministrazioni pubbliche.
2.5. Cenni sulla “compensatio lucri cum damno”
Infine, un breve cenno, senza pretesa di esaustività, va fatto nei confronti del principio della compensatio lucri cum damno.
Espressamente codificato all’art. 1, comma 1-bis, L. n. 20 del 1994, introdotto dall’art. 17,comma30-quater, lett. b), D.L. 1° luglio 2009, n. 78 (nel testo integrato dalla legge di conversione 3 agosto 2009, n. 102) così dispone: “nel giudizio di responsabilità, deve tenersi conto dei vantaggi comunque conseguiti dall’amministrazione di appartenenza, o da altra amministrazione, o dalla comunità amministrata in relazione al comportamento degli amministratori o dei dipendenti pubblici soggetti al giudizio di responsabilità”).
In effetti non è infrequente che nel contenzioso incardinato innanzi alla Corte dei Conti, siano invocati da parte dei convenuti i vantaggi, comunque ottenuti dall’Amministrazione in relazione alla propria condotta. È ben noto che, ai sensi dell’art. 1223 c.c., nella determinazione del ristoro dovuto al danneggiato, deve tenersi conto delle utilità da questi comunque percepite dall’illecito: poiché il risarcimento accordato deve sostanziarsi, per quanto possibile, nella restitutio in integrum del patrimonio del danneggiato, eventuali vantaggi comunque desunti dall’illecito, devono essere detratti in sede di quantificazione del ristoro dovuto([17]).
In tal senso, secondo consolidati approdi della giurisprudenza civile, l’istituto opera nel solo caso in cui “il vantaggio da compensare con il danno dipenda dal medesimo atto che ha provocato quest’ultimo e sia ad esso collegato da un identico nesso causale” ([18]). Peraltro, anche nel processo contabile la compensatio è subordinata all’identità genetica e causale della condotta (tale da determinare sia danno, che il vantaggio), escludendosi per tale via la rilevanza di eventuali utilitates aliunde perceptae([19]).
3. I fatti da cui ha origine la controversia e l’addebito della Procura Contabile
La doverosa ricostruzione prima effettuata, risulta fondamentale per comprendere al meglio, i fatti da cui ha origine la vicenda, concernente la responsabilità addebitabile a due funzionari, in conseguenza dell’acquisto disposto da un Comune di quattro SUV. L’acquisizione era stata disposta in forza del finanziamento concesso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ai sensi del D.L. n. 73 del 25 maggio 2021 (Misure urgenti connesse all’emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali), al fine del “potenziamento dei centri estivi, dei servizi socioeducativi territoriali e dei centri con funzione educativa e ricreativa destinati alle attività dei minori” in periodo di emergenza pandemica da Covid-19 (1° giugno – 31 dicembre 2021).
Secondo il quadro ricostruito dai giudici contabili, le somme a tal fine assegnate al Comune (per una somma di oltre 135 mila euro) soltanto in minima parte (meno di 5 mila euro) sono state impegnate dai funzionari dall’Ente locale sotto forma di rimborso alle famiglie con minori, per le spese sostenute per baby-sitting. Nei fatti invece, ulteriori 120 mila euro facenti capo al finanziamento concesso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri al Comune, sono stati realmente impiegati dall’Amministrazione comunale per acquistare a fine dicembre 2021, quattro SUV, poi consegnati ad un’associazione di volontariato rientrante nelle ONLUS locali (peraltro l’ultimo giorno dell’anno, termine utile per le attività finanziate con le risorse statali) e da questa impiegati nella stessa giornata, per un servizio di accompagnamento di minori.
Ad avviso della Procura erariale, i due convenuti dipendenti dell’Amministrazione comunale, con una serie di condotte intenzionalmente piegate all’illecito amministrativo (al netto dell’inspiegabile e ingiustificabile utilizzo delle risorse pubbliche assegnate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri), avrebbero realizzato interventi fuori dal contesto della disciplina di riferimento, con conseguente sviamento dagli scopi del finanziamento concesso. Per quanto riguarda poi l’elemento soggettivo, secondo la tesi sostenuta dalla Procura contabile, dalla “sequenza degli atti e nelle condotte poste in essere dagli odierni convenuti è desumibile la preordinata volontà degli stessi, di pervenire all’acquisto dei SUV”, mentre “le altre attività poste in essere erano sostanzialmente dirette a dissimulare tale volontà”.
4. L’articolata motivazione nella decisione della Corte dei Conti per la Regione Sicilia
La decisione adottata dalla Corte dei Conti per la Regione Sicilia, inizialmente e in via preliminare, richiama il contesto normativo di riferimento sussumibile al caso di specie. Il Collegio contabile osserva come con il D.L. n. 73 del 2021, il nostro Legislatore, abbia voluto incentivare nel periodo immediatamente successivo al primo lockdown legato all’epidemia da Covid-19 (attraverso la destinazione vincolata di apposite risorse destinate), la realizzazione di precisi interventi finalizzati e orientati al contrasto della c.d. povertà educativa in favore dei minori. E’ notorio come proprio questi ultimi, sin da subito, sono risultati essere come quella fascia più colpita dal patimento determinato dallo stato di isolamento sanitario obbligatorio emergenziale, connesso alle misure di prevenzione e contenimento della diffusione del virus vigenti sino a quel momento.
Ciò premesso, secondo i giudici siciliani, osservano che la prospettazione sollevata da parte della Procura contabile, risulta fondata e deve pertanto essere accolta per le ragioni che seguono.
In ordine alla sussistenza del danno, per la Corte dei Conti della Regione Sicilia (la quale richiama giurisprudenza contabile sul punto ed in particolare la sentenza della Corte dei conti Sez. III d’App. n. 396 del 2016) deve innanzitutto rilevarsi che “i criteri di economicità ed efficacia assumono rilevanza, nel divenire dell’azione amministrativa, sul piano della legittimità e non della mera opportunità. Il primo, quale diretta attuazione del canone costituzionale e comunitario di buona amministrazione vincola la P.A. all’uso accorto, immune da sprechi, delle proprie risorse (in definitiva di pertinenza della collettività in senso ampio), traducendosi nell’obbligo di perseguire comunque i propri obiettivi con il minor dispendio di mezzi personali, finanziari, procedimentali in mancanza di effettive e comprovate necessità. Analogamente aggiungono i giudici contabili “ il principio di efficacia indica il rapporto tra risultati ottenuti e obiettivi prestabiliti ed esprime l’esigenza che l’amministrazione adotti tutte le misure che appaiono più idonee a conseguire i propri fini. I suddetti principi, a loro volta, costituiscono corollario del canone consacrato nell’art. 97 della Costituzione, che impone alle Amministrazioni Pubbliche il conseguimento degli obiettivi legislativamente prefissati, agendo con il minor dispendio di mezzi, come buona amministrazione.
Ebbene, il Collegio contabile sottolinea come l’accennato decreto ministeriale diretto a consentire l’acquisto di beni, aveva carattere semplicemente strumentale rispetto alle spese teleologicamente dirette alle finalità concernenti “il potenziamento dei centri estivi diurni, dei servizi socio-educativi territoriali e dei centri con finzione educativa e ricreativa ai minori 0/17 anni”. Nel caso sottoposto all’attenzione dei giudici contabili, la condotta dei convenuti ha causato la sostanziale alterazione del rapporto funzionale tra le spese impegnate, in quanto quelle “strumentali” hanno finito per fagocitare la quasi totalità del finanziamento con conseguente limitazione degli obiettivi cui tale finanziamento era diretto. Secondo la Corte dei Conti infatti del resto “l’acquisto contestato dalla Procure regionale di n. 4 SUV, per l’importo di Euro 120.000,00 a prescindere dalla piena prova della funzione strumentale degli stessi, ha invero sostanzialmente assorbito il 96% dei 135.000 Euro a disposizione, denotando comunque “una sostanziale abnormità e sproporzione rispetto all’unico intervento realizzato nel corso della mattina dell’ultimo giorno utile del periodo citato”.
Il quadro descritto, risulta ancora più lampante nel momento in cui si considera che i rei erariali, non hanno compiuto preventivamente alcuna valutazione in ordine alla quantità di autovetture necessarie al raggiungimento della finalità, “limitandosi semmai ad acquisire tutte quello che era possibile tenuto conto delle risorse disponibili e comperando i pc portatili con le residue risorse”. In nessuna parte della documentazione prodotta, i due convenuti, hanno mai chiarito e nemmeno giustificato, i veri motivi per cui sono stati acquistati quattro SUV in luogo di uno, due o tre.
Per il Collegio contabile “tale percorso logico denota, infatti, esclusivamente la volontà di esaurire integralmente il finanziamento concesso al Comune senza tener conto dei bisogni del territorio o delle effettive esigenze dei servizi socioassistenziali”. Risulta ictu oculi, che l’utilizzo della quasi integralità del finanziamento concesso per l’acquisto di n. 4 SUV, ha certamente tradito le intenzioni e soprattutto “le finalità per le quali e stato concesso violando, al contempo, i citati principi di economicità ed efficacia e producendo un danno alla PCM rispetto alle finalità che la stessa intendeva perseguire con il finanziamento concesso”.
In tal senso, secondo il Collegio contabile per la Regione Sicilia che richiama sul punto un noto precedente giurisprudenziale (Corte dei Conti Sez. III d’App. n. 79/2021), “ deve ricordarsi che l’omesso impiego di un finanziamento per le finalità cui e preordinato ed il contestuale utilizzo dello stesso per finalità estranee a quelle a cui lo stesso e teso – anche se dirette a vantaggio dell’amministrazione – determina comunque un danno in ragione del mancato conseguimento delle utilità di interesse generale che, attraverso la spendita delle risorse pubbliche, l’amministrazione programma di conseguire per la cura e realizzazione dell’interesse pubblico intestatole”.
In sintesi, la condotta dei convenuti, è stata sostanzialmente preordinata a esaurire totalmente il finanziamento concesso al Comune senza tenere in debita considerazione i bisogni del territorio o delle effettive e reali esigenze dei servizi socio-assistenziali comunali, con ciò tradendo lo spirito, gli obiettivi per i quali il finanziamento è stato erogato. Tutto questo, ha comportato inevitabilmente un serio danno per l’amministrazione, dal momento che sono stati apertamente violati i principi di economicità ed efficacia che devono governare l’operato dell’azione amministrativa.
Ciò premesso, accertata l’esistenza del pregiudizio erariale, i giudici contabili focalizzano successivamente l’attenzione sull’accertamento della presenza o meno dell’elemento soggettivo, andando concretamente a verificare, se, la condotta tenuta dai rei erariali, possa qualificarsi giuridicamente in termini dolosi (sub specie di dolo eventuale).
Ebbene per i giudici della Corte dei Conti, in relazione alla prospettazione sollevata dalla Procura contabile, la stessa può trovare accoglimento anche in ordine all’affermata sussistenza del dolo eventuale, con riguardo a entrambi i convenuti. A tale segnato riguardo, il Collegio ritiene opportune effettuare alcune brevi precisazioni di carattere preliminare.
La novella legislativa introdotta con l’art. 21 del D.L. n. 76 del 2020 ha decisamente chiarito che “la prova concernente il dolo richiede la dimostrazione della volontà dell’evento dannoso”. Tale disposizione, ponendo fine al contrasto interpretativo relativo all’applicabilità nel giudizio contabile del cosiddetto “dolo di matrice civile”, “impone oggi al giudicante, di accertare e verificare non solo la presunta volontà della condotta posta in essere dal soggetto agente ma anche gli effetti della stessa”.
L’intervento normativo caratterizzato da una fisionomia ampiamente innovativa, postula inevitabilmente un necessario adattamento dell’elemento soggettivo di matrice penalistica, costruito su illeciti la cui condotta è ex lege tipizzata, rispetto all’illecito di natura contabile, necessariamente proteiforme e atipico. Per i giudici contabili “la scelta della nozione di dolo ritenuta applicabile non sembra, tuttavia, aver inciso, a fronte della citata atipicità della condotta, anche sul grado probatorio necessario per l’accertamento di detto elemento soggettivo. Non sembra, infatti, che la novella abbia mutato la natura del giudizio contabile che resta improntato su schemi di carattere risarcitorio e non sanzionatorio”.
A tal proposito, va ricordato che, sebbene con una pronuncia poco tempo addietro l’entrata in vigore del decreto legislativo del 26 Agosto 2016, n. 174 “recante il Codice di giustizia contabile” (ma ugualmente ritenuta applicabile al caso in esame anche in considerazione delle successive conferme intervenute sul versante giurisprudenziale dei giudici di Piazza Cavour (Cass. Civ., S.U. n. 12445/2020; Id. Sez. III, 8461/2019), le Sezioni Riunite della Corte dei conti con sentenza del 28 del 2015 hanno chiarito che: “In realtà, ogni tentativo di applicazione analogica di principi processual-penalistici al giudizio di responsabilità dinanzi alla Corte dei conti si porrebbe, in primo luogo, in patente contrasto con la precisa opzione del legislatore che ha inteso integrare la disciplina del giudizio di responsabilità nell’ambito del processo civile. Il rinvio dinamico contenuto nell’art. 26 del R.D. n. 1038 del 1933 sostanzialmente analogo al dettato di cui all’odierno art. 7 c.g.c., infatti, si fonda su di un essenziale esigenza sistematica, legata principalmente alla natura dell’oggetto della cognizione, la responsabilità amministrativa che, con la sua struttura contrattuale extracontrattuale, si inserisce nell’archetipo della responsabilità patrimoniale, a prevalente funzione risarcitoria – recuperatoria (Corte EDU, sent, del 13 maggio 2014, Rigolio vs Italia)”.
A completamento del ragionamento richiamato, va rilevata l’evidente ontologica differenza dei valori che entrano storicamente in gioco nel processo penale tra accusa (la pretesa punitiva dello Stato) e difesa (la libertà del singolo), ed invece la sostanziale omogeneità di quelli in ballo nel processo civile tra le due parti contendenti (patrimonio privato ed erariale), “valori che conformano, differenziandoli, gli standard delle prove e dei mezzi di ricerca delle stesse, ed in ultima analisi la c.d. “regola di giudizio”. ([20]). Non a caso, durante l’istruttoria incardinata nel giudizio contabile, si raccolgono tutte le fonti di prova, alcune di valore meramente indiziario, che il più delle volte possono determinare in un senso o nell’altro, l’esito del giudizio: la “distinzione tra elemento, indizio di prova e prova, tende quindi a sfumare, divenendo quasi impalpabile in un processo il cui esito può essere determinate anche dall’operate di presunzioni e da canoni di giudizio di natura probabilistica”.
Tanto premesso, per il Collegio contabile, deve ritenersi che il significato innovativo della previsione inserita all’articolo 21 del D.L. n. 76 del 2020, debba fare riferimento alla natura dell’elemento soggettivo richiesto e non anche sul grado probatorio dello stesso e che pertanto, la Procura regionale “ha correttamente agganciato sulla soglia del “più probabile che non” dovendosi invece escludere la necessita di una prova che conferisca certezze “oltre ogni ragionevole dubbio” all’assunto accusatorio, trattandosi, in quest’ultimo caso, della regola di giudizio propria del processo penale”.
Ciò posto, per i giudici contabili, occorre tuttavia accertare se l’acquisto, sia stato effettuato dai convenuti con la consapevolezza (quanto meno eventuale), che lo stesso, potesse costituire un danno per la presidenza del Consiglio dei Ministri e che, nonostante ciò, siano orientati ugualmente alla decisione di procedere all’acquisto, oggetto di contestazione per la Procura contabile. In senso favorevole a tale accertamento depongono più elementi in chiave probatoria.
La Corte dei Conti per la Regione Sicilia dà particolare rilievo all’esigenza ripetutamente rimarcata dai convenuti, di esaurire il finanziamento concesso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. “Tale percorso logico, ben lontano dai principi di sana e corretta gestione finanziaria, era fondato sull’errato convincimento che la restituzione del finanziamento alla PCM avrebbe prodotto un danno al Comune”. Tuttavia, tale punto di partenza, li ha condotti a produrre un reale danno all’erario che, invece, non si sarebbe configurato “qualora la quota di finanziamento non impiegato fosse stata restituita all’Amministrazione centrale”.
Al riguardo, occorre precisare che “la sopravvenienza di eventuali impedimenti all’utilizzo legittimo del finanziamento “non ha prodotto in alcun modo l’effetto di legittimarne un utilizzo dello stesso difforme rispetto alle originarie finalità”. In altre parole, con riferimento al caso in esame, il mutamento delle condizioni pandemiche, l’inutilizzabilità del fondo per le asserite iniziative natalizie presso la locale ludoteca o l’asserita assenza di pulmini pronta consegna, anche ove pienamente provate, “non giustificherebbero comunque in alcun modo l’impiego delle risorse per finalità estranee rispetto a quelle perle quali erano preordinate specie in considerazione della possibilità di restituire la sola quota di finanziamento non impegnata”. Per i giudici contabili quindi, non vi è alcun dubbio in ordine al fatto che “l’acquisto non sia frutto di un’aberratio ictus ma di una condotta sostenuta da un “rapporto volontaristico”.
La linea difensiva finalizzata a dimostrare gli sforzi dei convenuti impegnati ad impiegare per intero il finanziamento concesso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri (unitamente al parere richiesto al citato Dipartimento), dimostrano concretamente “la pervicacia degli stessi nell’intento di esaurire le somme a disposizione ad ogni costo pur di non far sorgere una responsabilità (in questo caso al più di tipo politico) che sarebbe derivata in capo all’Amministrazione del Comune in caso di restituzione parziale del finanziamento non impegnato”. Il Collegio contabile ritiene, in sintesi, che tali elementi emersi nel corso del giudizio, costituiscano idoneo “supporto probatorio sulla sussistenza in entrambi gli odierni convenuti dell’elemento soggettivo del dolo eventuale”.
Infine, il Collegio contabile, respinge l’eccezione di c.d. compensatio lucri cum damno sollevata dai presunti rei erariali, in ragione del presunto arricchimento comunque conseguito all’Ente locale per effetto dell’acquisto di beni durevoli. A sostegno del rigetto i giudici siciliani, richiamando sul punto precedente giurisprudenza contabile (Corte dei Conti, sez. II, App. sent. n.8 del 2020) osservano come l’applicazione del principio della compensazione in materia erariale “non debba avvenire secondo il mero parametro pecuniario, come potrebbe valere per un soggetto privato, ma debba tenere in considerazione gli scopi cui le risorse stesse sono destinate nonché le finalità istituzionali dell’Amministrazione che si assume avvantaggiata”.
Al contrario, nella vicenda in oggetto, processualmente, non è stato provato né che l’acquisto delle autovetture rispondesse alle finalità istituzionali dell’Amministrazione, né l’effettivo utilizzo nel periodo di riferimento, limitandosi i convenuti “a produrre il regolamento comunale per l’utilizzo degli stessi”. Peraltro, secondo un orientamento costante seguito giurisprudenza civile e dalla giustizia contabile è in ogni caso necessaria “l’esistenza di un risultato vantaggioso non venga affermato in termini apodittici e generici bensì debba essere dimostrata dal convenuto in giudizio, anche per presunzioni gravi, precise e concordati ex art. 2729 c.c.” (Cass. civ, sez. II, n. 77/2003 e Corte dei Conti, sez. II, App. n. 549/2015 e n. 1391/2016), in quanto costituisce “un fatto diretto a ridurre la pretesa attrice, una volta accertata la sussistenza dagli elementi costitutivi della medesima “(Corte dei Conti, sez. II, n. 70/2011).
Inoltre, per i giudici contabili, nella vicenda in esame, l’Amministrazione depauperata è soltanto la Presidenza del Consiglio dei Ministri (e cioè quella che di fatto ha concesso il finanziamento), diversa dunque dall’Ente “arricchito” (in questo caso il Comune). Sul punto, la Sezione, ritiene di aderire all’orientamento della Giustizia contabile (Sezioni riunite, Corte dei Conti n. 24 del 2020), che nega l’applicazione indiscriminata della c.d. compensatio obliqua (cioè tra soggetti rectius fra Amministrazioni diverse), “stante l’alterità tra ente danneggiato ed avvantaggiato che rende difficilmente configurabile un beneficio che abbia lo scopo di ridurre l’entità del danno”.
Pertanto il Collegio contabile, alla luce della ricostruzione normativa e giurisprudenziale ed in relazione all’acquisto contestato e censurato dalla Procura contabile di 4 autovetture, ritiene che lo stesso “deve essere configurato integralmente quale danno subìto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri”. Alla luce delle considerazioni richiamate, i giudici della Corte dei Conti, ritengono che i convenuti debbano essere ritenuti responsabili solidamente per il danno prodotto nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri e vadano pertanto condannati alla rifusione dell’Amministrazione per un importo di 1.200.000 euro.
5. Conclusioni
La decisione in oggetto mostra come la Corte dei Conti per la Regione Sicilia abbia ricavato la sussistenza dell’elemento soggettivo in seno al soggetto agente, gioco forza su una serie di circostanze situazionali dell’azione (i c.d. indicatori rilevanti).
Innanzitutto, basta richiamare la generica richiesta di parere degli agenti rivolta alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, senza peraltro esplicitare dati rilevanti ai fini della valutazione dell’operazione. A questo, occorre far leva sulle tempistiche procedimentali seguite, tali da escludere l’effettiva partecipazione dei cittadini dai progetti finanziati, al fine di “dirottare” le risorse verso l’acquisto degli autoveicoli. Infine, si deve tener conto anche delle stesse difese dei convenuti, rivolte a sottolineare la preoccupazione per un’eventuale perdita del finanziamento statale ricevuto. Si tratta in ogni caso di elementi fattuali che, valutati complessivamente, depongono per la consapevolezza in capo ai soggetti agenti, sia dell’antigiuridicità della propria condotta adottata che del conseguente pregiudizio erariale patito dall’Amministrazione.
Ciò posto, è interessante sottolineare come la decisione adottata dalla Corte dei Conti si sforzi di fare luce sulla prova dell’elemento soggettivo. Nella motivazione del collegio contabile si legge infatti che il convincimento del giudice è retto dalla regola del c.d. “più probabile che non” di matrice civilistica, anziché dal canone penalistico (“oltre ogni ragionevole dubbio”) e ciò in coerenza con la natura sostanzialmente risarcitoria della responsabilità amministrativa (sottesa, dunque, alla restitutio in integrum del patrimonio dell’Ente pubblico danneggiato, non alla sanzione dell’autore([21]).
Sul punto, la decisione in commento è inequivoca nel senso di escludere la rilevanza della novella del 2020 sul regime probatorio: si legge nella motivazione che “la scelta della nozione di dolo ritenuta applicabile non sembra, tuttavia, aver inciso a fronte della citata atipicità della condotta – anche sul grado probatorio necessario detto elemento soggettivo. Non sembra, infatti, che la novella abbia mutato la natura del giudizio contabile che resta improntato su schemi di carattere risarcitorio e non sanzionatorio”. Aggiungono i giudici contabili: “Tanto premesso, si ritiene che la portata innovativa della previsione contenuta all’articolo 21 [del D.L. n. 76 del 2020, innovativo dell’art. 1, L. n. 20 del 1994] debba essere circoscritta alla natura dell’elemento soggettivo richiesto e non anche sul grado probatorio dello stesso e che, pertanto, la Procura regionale dovendosi invece escludere la necessità di una prova che conferisca certezze oltre ogni ragionevole dubbio all’assunto accusatorio, trattandosi, in quest’ultimo caso, della regola di giudizio propria del processo penale”.
La Corte dei Conti per la Regione Sicilia, ha anche escluso, nella fattispecie, l’operatività del principio della compensatio lucri cum damno.
Il Collegio giudicante nel caso di specie, ha disatteso la prospettazione sollevata dai rei erariali (i dipendenti del Comune hanno provato a eccepire come, a prescindere dalla legittimità del proprio operato, il patrimonio dell’Ente si è comunque incrementato per effetto della propria condotta a seguito dell’acquisto degli autoveicoli). Per i giudici contabili, si dubita della rispondenza dell’acquisto alle finalità istituzionali dell’Ente (non è stata difatti comprovata l’utilità dei quattro SUV per il Comune al fine dell’espletamento della propria attività istituzionale).
Inoltre, ed è questo un passaggio importante([22]), la decisione nega la possibilità della c.d. compensatio obliqua, ossia quando l’Ente danneggiato e l’Amministrazione (asseritamente) avvantaggiata dalla condotta non coincidano, atteso che in tali ipotesi è “difficilmente configurabile un beneficio che abbia lo scopo di ridurre l’entità del danno”.
***
([1])In tal senso si può fare riferimento alla responsabilità personale e alla non trasmissibilità del relativo debito (ad l’eccezione dell’indebito arricchimento), al potere della riduzione della condanna, alla durata quinquennale della prescrizione, al superamento dell’ambito del rapporto di servizio, oltre alla irrilevanza della colpa semplice (ossia non grave) e al venir meno della solidarietà passiva in caso di colpa grave. Dagli esempi riportati, si ricava che ci si trova di fronte a una serie di tratti peculiari e distintivi rispetto al regime della responsabilità in ambito civile. Sul tema si veda per tutti V. RAELI. La natura della responsabilità amministrativa tra modello risarcitorio e sanzionatorio in Federlaismi.it, n. 1/2010, 1-27. Secondo A. GIORDANO, La responsabilità amministrativa tra legge e necessità. Note sull’art. 21 d.l. n.76/2020, in Rivista della Corte dei Conti, 1, 2021, 14 ss: “Dall’assimilabilità della responsabilità amministrativa a quella aquiliana o, comunque, dalla sua natura di “responsabilità sui generis affidata alla giurisdizione della Corte dei conti” deriva la contrarietà al sistema dell’addossamento al privato dell’onere dimostrativo di cause esterne che abbiano reso la prestazione impossibile”.
([2])Corte Cost. , sentenza 23 marzo 1983, n. 72.
([3])Corte cost., 20 novembre 1998, n. 371, in Riv. Amm., 1998, p. 945 ss., con nota di P. MADDALENA, La limitazione della responsabilità amministrativa ai soli casi di dolo o colpa grave dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 371. Per G. CREPALDI, L’elemento soggettivo della responsabilità amministrativa prima e dopo il decreto semplificazioni, in Responsabilità Civile e Previdenza, 1, 2021, 23 “Secondo la Consulta, nel combinare elementi restitutori e di deterrenza, la disposizione che attribuisce rilevanza alla sola colpa grave, oltre al dolo, persegue la finalità di determinare quanto del rischio dell’attività debba restare a carico dell’amministrazione e quanto a carico del dipendente «nella ricerca di un punto di equilibrio tale da rendere la prospettiva della responsabilità ragione di stimolo e non di disincentivo”.
([4])Occorre sottolineare che soltanto recentemente in materia di contrattualistica pubblica il legislatore ha deciso di introdurre una definizione giuridica di colpa grave in materia amministrativa-erariale. S’intende fare riferimento in particolare, al comma 2 dell’articolo 3 del D. lgs n. 3//2023, dove viene identificata come “violazione di norme di diritto e degli auto-vincoli amministrativi, nonché la palese violazione di regole di prudenza, perizia e diligenza e l’omissione delle cautele, verifiche ed informazioni preventive normalmente richieste nell’attività amministrativa, in quanto esigibili nei confronti dell’agente pubblico in base alle specifiche competenze e in relazione al caso concreto. Non costituisce colpa grave la violazione o l’omissione determinata dal riferimento a indirizzi giurisprudenziali prevalenti o a pareri delle autorità competenti”.
([5])Per un inquadramento dell’elemento soggettivo dell’illecito erariale si veda E. AMANTE, Ancora sul dolo eventuale nella responsabilità amministrativa, in Urbanistica e Appalti, 2023, 517 ss; P. DELLA VENTURA, La colpa grave e il dolo, in E.F. SCHLITZER- C. MIRABELLI, Trattato sulla nuova configurazione della giustizia contabile, Napoli, 2018, 188 ss.. Per quanto concerne il dolo erariale cfr. A. CANALE, L’elemento soggettivo della responsabilità amministrativa, in A. CANALE – F. FRENI – M. SMIROLDO, La Corte dei conti. Responsabilità, contabilità e controllo, Milano, 2019, 88 ss.; A; L. CASO, Il dolo comune e il dolo erariale in Foro Amm.,2004, 2988.
([6])Abbraccia la natura “civilistica” del dolo, la sentenza della Corte dei Conti, Sez. III Centr. App., 29 luglio 2019, n. 142, secondo cui “Nei giudizi di responsabilità erariale il dolo è costituito dall’atteggiamento psicologico dell’autore il quale ponga in essere una violazione in modo cosciente e volontario, id est, nella consapevolezza dell’esistenza e portata della norma e con un atto intenzionalmente volto a violarla; la verifica di tale elemento può essere condotta in base a tutti gli elementi che possano evidenziare o escludere tale atteggiamento psicologico”.
([7]) Per A. VETRO, Il dolo contrattuale o civilistico: applicazione nei giudizi di responsabilità amministrativa secondo la più recente giurisprudenza della Corte dei conti, in www.contbilità-pubblica.it, “Secondo un indirizzo della giurisprudenza contabile ancora consistente, infatti, in ambito contabile si dovrebbe fare riferimento al dolo c.d. contrattuale o in adimplendo, ritenendo sufficiente la consapevolezza dell’inadempimento degli obblighi e doveri derivanti dal rapporto di servizio con l’ente pubblico, senza necessità di provare (da parte della procura contabile) l’intenzione del funzionario di agire ingiustamente a danno di altri”.
([8])Nella prospettiva di tale linea di pensiero, la dottrina interpreta il dolo erariale, come consapevolezza e volontà dell’azione o dell’omissione contra legem con riguardo alla violazione delle norme giuridiche che regolano l’esercizio delle funzioni amministrative ed alle sue conseguenze dannose per le risorse finanziarie pubbliche. In giurisprudenza si veda in particolare Corte dei conti, sez. III, app. 28 settembre 2004 n. 510.
([9]) Va in ogni caso osservato come le ricadute della qualificazione giuridica nella prospettiva dolosa della condotta del soggetto agente, assumono importanza non indifferente sia in termini sostanziali che sul versante propriamente processuale. Preliminarmente infatti, occorre sottolineare che ai sensi dell’art. 1, commi 1-quater e 1-quinquies, L. n. 20 del 1994, in caso di concorso doloso nell’illecito erariale, la responsabilità dei soggetti agenti agenti, assume veste solidale e per l’intero (a differenza invece dell’ipotesi rientranti nella colpa grave dove la regola introduce una responsabilità pro-quota parziaria). Inoltre, un orientamento della magistratura contabile piuttosto consolidato (Corte dei Conti, Sez. giur. reg. Puglia, 26 settembre 2018, n. 467; Corte dei Conti, Sez. giur. reg. Liguria, 29 luglio 2019, n. 144; Corte dei Conti, Sez. giur. reg. Emilia-Romagna, 26 marzo 2019, n. 43) tende ad escludere nelle ipotesi di illecito doloso, l’esercizio del potere riduttivo da parte del giudice, istituto altrimenti proprio del giudizio contabile (così come indicato dall’ art. 1, comma 1-bis, L. n. 20 del 1994). Infine, nelle ipotesi accertate di illecito arricchimento da parte del soggetto agente (e, quindi dei potenziali ed eventuali eredi), il nostro ordinamento deroga alla regola generale dell’intrasmissibilità mortis causa della pretesa dell’erario così come previsto dall’ art. 1, comma 1, ultimo periodo, L. n. 20 del 1994.
([10])Novella ampiamente commentata dalla dottrina, tra cui C.E. MARRE’ BRUNENGHI, Prime riflessioni critiche sulla nuova responsabilità erariale nel decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, conv. in legge 11 settembre 2020, n. 120, in Diritto & Conti – Bilancio, Comunità, Persona, 2, 2020, 151 ss.; A. BENIGNI, Prima lettura del D.L. n. 76/2020 tra formante legislativo e interpretazione costituzionalmente orientata, in Riv. Corte dei Conti, 5, 2020, 1 ss.; E. AMANTE, La “nuova” responsabilità amministrativa a seguito del d.l. n. 76 del 2020, in Urbanistica e Appalti, 2021, 63; S. CIMINI – F. VALENTINI, La dubbia efficacia dello “scudo erariale” come strumento di tutela del buon andamento della P.A., in Riv. giur. Ambiente e Diritto.it, 1, 2022; L. CARBONE, Problematiche e prospettive della responsabilità erariale: dalla gestione dell’emergenza epidemiologica all’attuazione del piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), in Riv. giur. Ambiente Diritto.it, 2, 2021.
([11])L’importante novità prevista e introdotta dall’art. 21, comma 1, d.l. 76/2020, non vuole rappresentare formalmente una deroga al regime della responsabilità amministrativa-erariale. Semmai si presenta nelle vesti di un’interpretazione autentica che interviene in via risolutiva nel lungo dibattito giurisprudenziale, finendo per incidere concretamente sul riparto degli obblighi probatori, ponendo a carico di ogni procura contabile, l’onere processuale di provare con attenzione, la precisa volontà delle conseguenze in termini di danno, legate alla consapevole violazione delle obbligazioni di legge gravanti sul dipendente pubblico.
([12])Tra le decisioni più recenti, si veda in particolare Corte dei Conti, Sez. giur. Umbria, 22 maggio 2023, n. 37, secondo cui “è ben possibile che il dolo si configuri anche solo come eventuale, ossia che si concreti anche nella mera accettazione del rischio della produzione dell’evento dannoso con la propria condotta anti doverosa”; sulla stessa linea Corte dei Conti, Sez. giur. Liguria, sent. 12 maggio 2021, n. 74. Da segnalare sul punto anche Corte dei Conti, Sez. II, Centr. App., 4 agosto 2021, n. 308, per la quale secondo i giudici “il dolo eventuale consiste nella volontà non dissuasa dalla rappresentazione dell’evento, accettato nell’evenienza del suo realizzarsi”. Distingue tra colpa grave e dolo eventuale invece Corte dei Conti, Sez. giur. Puglia, sent.,11 gennaio 2019, n. 60.
([13])Nello stesso senso, P. BRIGUORI, La sopravvivenza della giurisdizione della Corte dei conti tra scudo erariale e dolo “penalistico”, in Azienditalia, 2021, 4, 722, secondo cui “Non v’è dubbio che stride con la nozione di responsabilità amministrativa – essenzialmente basata su profili risarcitori e a condotta ‘libera’, il concetto di dolo dell’evento, la cui sussistenza nel diritto penale è giustificato dall’esegesi della condotta tipica del reato, ove necessariamente anche l’evento è parte della stessa. D’altra parte, calando il dolo penalistico nella fattispecie dell’illecito amministrativo l’interprete dovrà procedere con un’opera di adattamento, scevro dalla tipicità penalistica, e avendo come riferimento un concetto generico di evento, inteso come qualunque evenienza che produca perdita patrimoniale per l’erario. Anche in tal caso avrà rilievo il momento della prospettazione della domanda da parte della Procura e l’atto di citazione dovrà contenere un chiaro esame dei profili di intenzionalità di arrecare danno alle finanze pubbliche, tenendo conto che la trasposizione della nozione penalistica del dolo nel processo contabile, permette di mutuarne anche l’accezione di dolo eventuale”. Ritiene compatibile con la novella del 2020 il dolo eventuale anche A. GIORDANO, La responsabilità amministrativa tra legge e necessità. Note sull’art. 21, D.L. 76/2020, in Riv. Corte dei Conti, 2021, 1, 14.
([14])E. AMANTE, Ancora sul dolo eventuale nella responsabilità amministrativa, in Urbanistica e Appalti, 4, 2023, 521.
([15])S’intende fare riferimento alla storica pronunzia dei giudici della Cassazione Penale, a Sezioni Unite, 18 settembre 2014, n. 38343
([16])Valorizza la continuità nel tempo nella condotta antigiuridica al fine della individuazione dello stato soggettivo doloso la sentenza Corte dei Conti, Sez. III app., 5 gennaio 2022, n. 11.
([17])Così E. AMANTE, op. cit., 522
([18])In tal senso si esprime Cass. Civ., Sez. III, 30 marzo2023, n. 9003. Rimanendo sul tema nel diritto civile, sono note le quattro sentenze “gemelle” della Cassazione di qualche anno fa e cioè Cass. Civ., SS.UU., 22 maggio 2018, nn. 12564-12567.
([19])Così E. AMANTE, op. cit., 523
([20])Nel processo penale, infatti, ai sensi dell’articolo 533 c.p. vige la regola della prova di andare “oltre ogni ragionevole dubbio”(Cass. Pen. S.U 11 settembre 2002, n. 30328). Viceversa nel processo civile in relazione a quanto prevedono gli articoli 115 e 116 del codice di procedura civile, viene affermata la regola della preponderanza dell’evidenza o quanto meno “del più probabile che non” (Cass. Civ.16 ottobre 2007, n. 21619; Cass. Civ.,18 aprile 2007, n. 9238; Cass. Civ,, 5 settembre 2006, n. 19047; Cass. Civ.,13 luglio 2006, n. 295).
([21])Salve, naturaliter, le fattispecie tipizzate di responsabilità ammnistrativa propriamente sanzionatoria, Così E. AMANTE, op. cit, 522
([22]) Si tratta di una precisazione rilevante dei giudici contabili anche in relazione al concetto attuale della c.d. “finanza allargata”. A tal proposito si veda E. AMANTE, op cit, 523, il quale aggiunge che “ove, difatti il pubblico erario sia traguardato quale complessivo patrimonio delle Amministrazioni (statali e non) e dei soggetti privati alle prime assimilati, le possibili utilità ritraibili dall’illecito da qualunque Ente dovrebbero essere “scomputate” dalla misura del danno azionato dalla Procura erariale”. Del resto, trattasi di una nozione spesso richiamata dalla stessa giurisprudenza contabile proprio ai fini dell’applicazione della compensatio. In particolare, vedasi Corte dei Conti, Sez. II Centr. App., 4 giugno 2019, n. 192, secondo cui “conviene tenere presente che una riconduzione della responsabilità amministrativa alla finanza pubblica allargata può essere rinvenuta a norma dell’art. 1, quarto comma, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, la [secondo cui la] Corte dei conti giudica della responsabilità amministrativa anche quando il danno sia stato cagionato ad amministrazioni o enti pubblici diversi da quello di appartenenza del funzionario. Ne discende, da un lato, la piena compatibilità e coerenza del principio considerato con la disciplina propria del settore definito come finanza pubblica allargata; dall’altro l’insostenibilità della tesi proposta dalla Procura regionale ed incline ad escludere, dall’ambito di riferimento oggettivo della valutazione di merito quanto al pregiudizio cagionato, amministrazioni pubbliche diverse da quella di appartenenza e danneggiata soltanto in via immediata”. Sul tema, per un’ampia ricostruzione dell’istituto si veda l Corte dei Conti, Sez. giur. Sardegna, 15 gennaio 2016, n. 5.
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