La responsabilità civile del preposto e del vettore aereo
La pluralità dei prestatori dei servizi astrattamente configurabili, a seguito della liberalizzazione dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti nazionali, materia che ha trovato attuazione con D.Lgs. 13 gennaio 1999, n. 18 – Testo con il quale l’Italia ha recepito la Direttiva n. 96/67/CE relativa all’accesso al mercato dei servizi di handling aeroportuale – rende indispensabile disciplinare in modo omogeneo operazioni identiche, ancorché svolte da soggetti diversi in regime di strumentalità.
Rilevano in particolare le problematiche connesse alla (ripartizione della) responsabilità per i danni ai passeggeri o al bagaglio (punto A), nonché l’inquadramento dell’esatta prospettiva giuridica intercorrente tra i preposti ed il vettore e la conseguente ratio di azioni eventualmente esperibili (punto B).
Ripartizione della responsabilità per i danni ai passeggeri o al bagaglio
Le fattispecie dannose possono essere imputate alle modalità di svolgimento del trasporto tout court, nonchè, con sempre maggiore frequenza, alle attività ad esso connesse.
Nonostante la normativa di settore (nazionale, comunitaria o di diritto uniforme) non si sia occupata dell’handling aeroportuale con sufficiente dettaglio, gli sforzi esegetici sin qui compiuti dalla dottrina specialistica e dalla giurisprudenza attorno ai contenuti della Convenzione di Montreal del 1999 (applicabile ai sinistri al passeggero e ai danni al bagaglio, sia per i trasporti nazionali che per quelli internazionali, giusto il richiamo dell’art. 1, n. 1 e 4, del Regolamento CE n. 889/2002), e delle precedenti Convenzioni di diritto uniforme, consentono di estendere la disciplina della responsabilità del vettore aereo ivi delineata alle attività di assistenza a terra, complessivamente valutate, pur con le dovute precisazioni.
Occorre, infatti, chiarire che l’imputabilità a soggetti differenti dal vettore, in particolare riguardo ad episodi afferenti la perdita o il deterioramento del bagaglio – come addotta da numerose posizioni, non può essere condivisa in forza di un carente contratto da cui possa scaturire una simile forma di responsabilità.
Invero, è solo il contratto di trasporto che ricomprende (sia pure, a volte, implicitamente) tutte le prestazioni richieste al vettore, unico soggetto, dunque, obbligato e responsabile di eventuali inadempimenti.
Ed infatti, adeguandosi alla portata dell’art. 953 Cod. Nav. – secondo cui “Il vettore è responsabile delle cose consegnategli per il trasporto fino al momento della riconsegna al destinatario, anche se prima della riconsegna le cose siano affidate, o nell’interesse del vettore per esigenze della scaricazione o per ottemperare a un regolamento aeroportuale, a un operatore di assistenza a terra o ad altro ausiliario”, anche la Giurisprudenza di Legittimità più recente ha confermato un simile assunto – con il recente arresto S.C. n. 24400/10, a proposito della responsabilità del vettore per i danni provocati dal sub – vettore.
L’inquadramento, quale forma di responsabilità ex recepto, consente la voluta estensione della responsabilità vettoriale anche ad eventuali danni a carico dei passeggeri al di fuori delle “tipiche” operazioni di volo – come da più parti auspicato.
In sostanza, poiché con la stipulazione del contratto di trasporto il vettore accetta anche di compiere le operazioni accessorie (presa in consegna del bagaglio e riconsegna al passeggero), la sua responsabilità potrà frasi valere per ogni evento dannoso verificatosi in tale arco temporale.
In via esegetica, si ritiene che nulla osti a che il principio venga esteso anche alla fase delle operazioni di assistenza a terra ai passeggeri, con particolare riferimento al trasferimento, a mezzo del bus navetta, sino all’aeromobile.
Ciò che è essenziale, è che sussista un obbligo, anche potenziale, del vettore a vigilare sui passeggeri, ovvero a custodire i bagagli consegnati.
E’ interessante notare come, in una fattispecie simile, il diritto uniforme e quello nazionale, abbiano esteso sensibilmente l’ambito della responsabilità dell’obbligato principale, indipendentemente dai soggetti di cui si avvale per l’esecuzione delle prestazioni dovute.
Tanto è occorso a proposito dei cc.dd. pacchetti turistici, in merito ai quali la Convenzione di Montreal del 1999 ha statuito l’estesa responsabilità a carico del c.d. Tour Operator, anche per eventuali inadempimenti di soggetti terzi dei quali Egli stesso si avvalga.
Analoga previsione, con la conseguente estensione spazio – temporale confluita nel Codice del Consumo appena visto, si è voluta applicare analogicamente al vettore aereo – soggetto divenuto responsabile a seguito della sottoscrizione del contratto di trasporto da parte dell’utente/passeggero.
In particolare, il Testo di Montreal del 1999 ha chiarito tale posizione, adoperandosi, comunque, per l’attuazione di uno schema c.d. bipartito– in forza del quale il soggetto danneggiato potrà, eventualmente, decidere se operare in regime contrattuale avverso il vettore (responsabile, come visto, di tutto il trasporto e delle operazioni accessorie), ovvero – ai sensi dell’art. 2043 cod. civ. – nei riguardi del c.d. Handler, legato al vettore da rapporti atipici – sulla cui meritevolezza soccorre, pur sempre, l’art. 1322 cod. civ.
Il concorso di un’azione contrattuale avverso il vettore, e di quella aquiliana nei riguardi dei cc.dd. preposti, se da un lato costituisce un indubbio vantaggio per il ristoro del danneggiato, dall’altro è chiara espressione di un’impostazione piuttosto rigida esistente tra l’uno e gli altri soggetti che spinge a comprendere la reale natura giuridica del vincolo tra i medesimi esistente.
Concorso di responsabilità avverso il vettore e gli Handlers – inquadramento giuridico del relativo rapporto
La possibilità, pienamente riconosciuta dalla Convenzione del 1999, di agire giudizialmente avverso uno dei due suddetti soggetti, comporta la necessità di inquadrare il “filone” intercorrente tra gli stessi.
Si tratta, invero, di comprendere che, se da un lato il contratto di trasporto tra vettore e passeggero comprende tutte le attività, di volo e di assistenza a terra, dovute dal vettore, questi, dall’altro lato, potrà svolgerle direttamente, oppure – come sopra visto – decidere di affidarne l’esecuzione ad un handler, concludendo con questo un apposito contratto (preferibilmente atipico, ovvero, al più, di appalto di servizi).
Sul punto, appare interessante notare come l’avvenuta liberalizzazione – post 1999 – dei sistemi di gestione aeroportuale, ed il conseguente proliferarsi di “nuovi attori” sul mercato aereo, abbia determinato un netto mutamento delle posizioni.
L’iniziale valutazione – (ad es. sentenza del 25 settembre 2001 n. 12015) – con cui la Suprema Corte, intervenuta a decidere sulle pretese risarcitorie di due passeggeri che avevano riportato delle lesioni durante il trasporto dall’aerostazione all’aeromobile, a mezzo di un bus-navetta della società di gestione dello scalo milanese di Linate, in maniera discutibile poneva l’attenzione su un diverso modo di considerare la figura del soggetto terzo/Handler.
La Corte infatti, risentendo dell’impostazione storica propria dell’epoca in cui occorse l’episodio (1985 – quindi ante 1999), ritenne l’Handler quale soggetto a parte, affermando che “siccome il gestore dell’esercizio aeroportuale è un soggetto autonomo così dal vettore come dal passeggero ed i servizi che organizza sono sottratti all’ingerenza del vettore, nè il trasporto dall’aerostazione verso l’aereo può essere considerata operazione di imbarco, inerente al trasporto aereo cui attende il vettore e del quale impegna la responsabilità, nè il gestore dell’esercizio aeroportuale può essere considerato preposto del vettore”.
Dunque, in mancanza di un rapporto contrattuale tra gestore aeroportuale e passeggero e di un potere del vettore di incaricare il gestore dell’esecuzione dell’attività di assistenza a terra, ingerendo nelle modalità di svolgimento dell’incarico, quest’ultimo non può essere qualificato, secondo la Corte, come preposto, con conseguente disapplicazione della normativa di diritto uniforme ai fini di un’eventuale azione di responsabilità.
Tale inciso, invero discutibile già all’epoca, apparve ancora meno accettabile a seguito della liberalizzazione dei servizi aeroportuali, attuata in Italia con il D.Lgs. 13 gennaio 1999, n. 18 – di recepimento della Direttiva n. 96/67/CE.
Secondo tale impostazione, sussistendo – ormai – la piena possibilità per il vettore di avvalersi dell’ausilio di soggetti terzi nello svolgimento di “operazioni estranee al volo”, ciò comporterà una responsabilità di questi di tipo oggettivo, discendente unicamente dalla preposizione esistente tra i due – in forza del combinato disposto di cui agli artt. 1228 e 2049 cod. civ.; né, del resto, l’intenzione di non avvalersi di soggetti terzi (perfettamente perseguibile da qualunque vettore, post 1999) potrà avere influenza alcuna sull’inquadramento della fattispecie.
In buona sostanza, superando l’inciso della Cassazione del 2001 in merito ad una voluta autonomia tra i due soggetti, sussiste, invece, una reale responsabilità oggettiva a carico del vettore per le attività commesse dagli ausiliari dal medesimo incaricati, e non una responsabilità per culpa in eligendo – come da altri paventato.
Una volta chiarito quali soggetti possano essere parte del suddetto rapporto di preposizione, nonché della conseguente responsabilità oggettiva che ne discende (vettore da un lato, gestore aeroportuale o handler indipendente dall’altro), è indispensabile inquadrare come la giurisprudenza abbia qualificato giuridicamente tale rapporto.
Numerose sono state le pronunce in merito ad un potenziale contratto di deposito a favore del terzo, in forza del combinato disposto di cui agli artt. 1411 e 1773 cod. civ.
Posizione, invero, ritenuta scarsamente plausibile in forza dell’innesto del contratto di deposito in quello di trasporto – con la conseguente facoltà per il danneggiato /terzo beneficiario del rapporto intercorrente tra vettore ed Handler di agire solo nei riguardi di quest’ultimo; negando, in tal guisa, proprio quell’estensione spazio – temporale che si era auspicata riguardo alla posizione del vettore.
Diverso l’esito sarebbe se si proponesse di applicare alcune norme del codice civile,
in via interpretativa, al rapporto negoziale in esame, rispettandone le peculiarità.
Se questa fosse l’impostazione adottata, si dovrebbe ammettere l’atipicità del contratto di handling, che come tale non sarebbe interamente sussumibile sotto alcun genus contrattuale, ma bensì soggetto alla disciplina di un contratto (atipico) nel quale l’obbligazione di custodire (il bagaglio) è contenuta nel più ampio obbligo di effettuare il trasporto.
In realtà, (anche) quando il vettore effettui l’assistenza ai bagagli, il contratto non può che essere unico: quello di trasporto, entro il quale sussumere tutte le prestazioni strumentali all’attività di volo.
Ciò in quanto, come correttamente evidenziato da autorevole dottrina, “il possibile regime di autoproduzione delle operazioni di handling ha una sua giustificazione generale proprio per l’inscindibilità funzionale tra la fase del volo e le operazioni anteriori e successive”.
Non a caso, l’art. 941 del codice della navigazione, nelle modifiche apportate dal D.lgs. 9 maggio 2005, n. 96, dunque dopo l’entrata in vigore della Convenzione di Montreal del 1999, dispone l’applicazione dell’art. 953 del medesimo codice al trasporto di bagagli.
Di conseguenza, secondo tale ultima prospettazione, il passeggero avrà modo di agire in via contrattuale nei confronti del vettore, al fine di farne valere la responsabilità per i danni verificatisi in esecuzione del contratto di trasporto.
Il vettore, a sua volta, potrà agire in rivalsa nei confronti dell’handler, sulla
base dello stipulato contratto di appalto (appalto di servizi); ferma restando la possibilità, ora più frequente, di agire in via aquiliana direttamente avvero l’Handler, sulla base di circostanze specifiche – determinando quel concorso di azioni sopra annunciato, tra l’altro previsto dalla stessa Convenzione di Montreal agli artt. da 17 a 22 e 30.
In forza di tale Testo e della relativa estesa applicazione, ormai, oltreché ai trasporti nazionali anche a quelli internazionali, ne deriva che partendo dall’unicità del contratto di trasporto sarà, in seguito, possibile procedere avverso il vettore – unico responsabile di eventuali incongruità o inadempimenti, anche imputabili a terzi frattanto apparsi sul mercato.
L’eventuale decisione di procedere avverso questi a norma dell’art. 2043 cod. civ. potrebbe dare luogo ad un concorso tra le due azioni possibili.
Come è noto, il concorso richiama le fattispecie nelle quali è possibile fondare alternativamente la propria pretesa su un titolo contrattuale o extracontrattuale.
A tal proposito, è incerto se si possa agire contemporaneamente verso il vettore (contrattualmente), e verso l’handler (in via extracontrattuale) facendo valere la responsabilità solidale, anche ai sensi dell’art. 2055 cod. civ., di tali due soggetti.
Alcuna dottrina propende per la soluzione affermativa, rifacendosi ad un orientamento giurisprudenziale consolidato, relativamente alle ipotesi in cui vettore e handler, anche se responsabilizzati a diverso titolo, avessero concorso alla realizzazione del medesimo evento lesivo, ancorchè per il tramite di condotte autonome. Parrebbero ricorrere, dunque, i presupposti propri delle obbligazioni solidali.
La tesi non trova tuttavia un completo riscontro nella lettera della Convenzione.
L’art. 30, infatti, non riferisce di un’azione promossa “anche” verso un preposto, ma si esprime in termini ipotetici (“Se l’azione è promossa” nei confronti di un preposto), quasi a voler imporre una scelta al passeggero: o agisce nei confronti del vettore, oppure direttamente nei confronti dell’handler.
Considerato che la Convenzione disciplina già le tipologie di danno risarcibile, e gli eventuali limiti risarcitori, non consentendo che si deroghi al regime dalla stessa imposto (art. 29, ma anche, in via generale art. 49), appare preferibile ritenere che la responsabilizzazione di vettore o handler debba avvenire in via alternativa, posto che entrambe le azioni conducono il passeggero ai medesimi risultati.
Tale impostazione, di gran lunga preferibile in forza dell’ampia portata ormai raggiunta dalla Convenzione del 1999 pare aver ridotto il problema dei limiti risarcitori propri dello schema codicistico.
Inoltre, a ben vedere, la disciplina del riparto degli oneri probatori è decisamente meno favorevole per il passeggero che agisca in via extracontrattuale, ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., o dell’art. 2050 cod. civ. – ovvero secondo i principi del nostro Codice civile. Il che determina una minore certezza del ristoro dei pregiudizi subiti, rischiando di compromettere, ab initio, gli effetti (positivi) dell’eliminazione dei detti limiti, come ottenuto dal Legislatore francese nel ’99, ormai esteso.
Nel contratto di trasporto di persone regolato dal codice civile, è intervenuta recentemente la Corte di Cassazione, sezione III, che con sentenza 18 gennaio 2016, n. 681 ha statuito che il viaggiatore che abbia subito danni “a causa” del trasporto (quando cioè il sinistro è posto in diretta, e non occasionale, derivazione causale rispetto all’attività di trasporto), ha l’onere di provare il nesso eziologico esistente tra l’evento dannoso ed il trasporto medesimo (dovendo considerarsi verificatisi “durante il viaggio” anche i sinistri occorsi durante le operazioni preparatorie o accessorie, in genere, del trasporto e durante le fermate; e comprese la salita o la discesa), essendo egli tenuto ad indicare la causa specifica di verificazione dell’evento, mentre incombe, invece, sul vettore, al fine di liberarsi della presunzione di responsabilità a suo carico gravante ai sensi dell’art. 1681 cod. civ., l’onere di provare che l’evento dannoso costituisce fatto imprevedibile e non evitabile con la normale diligenza
Complessivamente, dunque, il sistema posto dal diritto uniforme, anche in relazione all’azione verso l’handler, sembrerebbe tutelare maggiormente il passeggero rispetto a quanto stabilito a tal proposito dal Codice civile.
Una simile prospettiva appare, verosimilmente, affine alla tutela predisposta a favore della “generica” figura del Consumatore, nonché coerente con l’ormai diffuso spirito di protezione verso le figure contrattualmente più “vulnerabili” – come la giurisprudenza, da ultimo, va sempre più assestandosi.
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Avv. Gianluca Galofaro
Si laurea nel 2005, presso l’università degli studi Catania, con tesi sperimentale in Informatica giuridica.
Consegue nel 2008, l'abilitazione alla professione di avvocato.
E’ iscritto all'Ordine degli Avvocati di Siracusa dal 2009.
Si occupa prevalentemente di diritto civile, tributario, del lavoro, ambientale e marittimo.
Avvocato fiduciario di diverse aziende ed Enti pubblici.
Ha frequentato un Master di II livello in diritto della navigazione e dei trasporti.
Ha frequentato un master di I livello in discipline economiche, statistiche e giuridiche.
Esperto in management della Pubblica amministrazione.
Consulente dell’ufficio affari legali del Ministero dell’Ambiente negli anni 2009/2011.
Membro della camera arbitrale internazionale.
Abilitato all’insegnamento, è attualmente docente di corsi in diritto della navigazione.
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