La responsabilità degli amministratori delle società partecipate

La responsabilità degli amministratori delle società partecipate

Con l’entrata in vigore del testo unico di cui al d.lgs. n. 175/2016, sulla base della delega contenuta nella l. n. 124/2015 di riforma della P.A., il Legislatore è intervenuto a semplificare il quadro delle regole vigenti nelle ipotesi di società partecipate allo scopo di assicurare la gestione efficiente delle partecipazioni pubbliche e la tutela della concorrenza e del mercato, nonché di razionalizzare la spesa pubblica.

Sono infatti sempre più ricorrenti le ipotesi in cui l’ente pubblico si avvale di strutture societarie dallo stesso partecipate per lo svolgimento di attività a connotazione pubblicistica.

In particolare, le amministrazioni pubbliche possono, direttamente o indirettamente, costituire società e acquisire o mantenere partecipazioni in società per lo svolgimento di attività di produzione di un servizio di interesse generale, per la progettazione, realizzazione e gestione di un’opera pubblica, per l’autoproduzione di beni o servizi strumentali all’ente e per servizi di committenza.

È fatto divieto, invece, per le Pubbliche amministrazioni di costituire società aventi a oggetto attività di produzione di beni e servizi “non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali”, nonché di assumere partecipazioni, anche solo di minoranza, in società già costituite.

Quanto al profilo della responsabilità, l’art. 12 del d.lgs. n. 175/2016 pone il principio generale in forza del quale i componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società partecipate sono soggetti alle azioni civili di responsabilità previste dalla disciplina ordinaria delle società di capitali, salva la giurisdizione della Corte dei Conti, nei limiti della quota di partecipazione pubblica, per il danno erariale cagionato alla P.A. socia.

Costituisce danno erariale  “il danno, patrimoniale o non patrimoniale, subito dagli enti partecipanti, ivi compreso il danno conseguente alla condotta dei rappresentanti degli enti pubblici partecipanti o comunque dei titolari del potere di decidere per essi, che, nell’esercizio dei propri diritti di socio, abbiano con dolo o colpo grave pregiudicato il valore della partecipazione“.

Con riferimento alle società in house è, invece, prevista la giurisdizione della Corte dei Conti per il danno causato dagli amministratori e dai dipendenti delle società controllata al patrimonio societario, a riprova del fatto che queste figure, in cui sfuma l’alterità tra amministrazione e società, sono maggiormente assimilabili ad enti pubblici.

Si tratta di una disciplina che, nonostante l’apparente chiarezza, ha posto problemi interpretativi.

In passato, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 26806/2009, nel sostenere la giurisdizione del giudice ordinario, hanno rimarcato la distinzione tra la posizione della società partecipata, a cui è riconducibile il rapporto di servizio instaurato con la P.A., e la posizione personale degli amministratori, che non si identificano con la società.

Esclusa, quindi, la sussistenza di un rapporto di servizio tra l’ente pubblico partecipante e l’amministratore della società partecipata, le Sezioni Unite hanno chiarito che in presenza di un atto di mala gestio commesso dagli organi societari non è configurabile un danno erariale.

La Suprema Corte ha, pertanto, affermato che spetta al giudice ordinario la giurisdizione in ordine all’azione di risarcimento dei danni subiti da una società a partecipazione pubblica per effetto di condotte illecite degli amministratori.

È, invece, configurabile la giurisdizione della Corte dei Conti nei confronti di colui il quale, nella veste di rappresentante dell’ente partecipante, abbia colpevolmente trascurato di esercitare i propri diritti di socio, in tal modo pregiudicando il valore della partecipazione.

Successivamente, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con sent. n. 27733/2013, ha individuato due fattispecie in relazione alle quali è configurabile la giurisdizione della Corte dei Conti.

La prima riguarda l’azione del procuratore contabile volta a far valere la responsabilità dell’amministratore o del componente di organi di controllo della società partecipata dall’ente pubblico che sia stato danneggiato dall’azione illegittima non di riflesso ma direttamente.

Accanto a detta ipotesi i giudici della Suprema Corte hanno affermato che è parimenti configurabile l’azione del procuratore contabile a fronte di comportamenti, tenuti dall’amministratore o dal componente di organi di controllo della società partecipata che abbia colpevolmente trascurato di esercitare i propri diritti di socio, così pregiudicando il valore della partecipazione.

In casi siffatti si consentiva un concorso di azioni, anche a fronte dello stesso fatto: di responsabilità erariale per il danno direttamente prodotto al patrimonio dell’ente pubblico partecipante e di responsabilità civile per il danno cagionato al patrimonio della società.

Un diverso orientamento è stato espresso dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, sent. n. 26283/2013, con riferimento alle società in house.

La Cassazione ha affermato che gli organi di tali società sono personalmente legati alla Pubblica Amministrazione da un rapporto di servizio.

Inoltre, l’assenza di una effettiva alterità tra ente pubblico partecipante e società partecipata in house comporta che il danno eventualmente inferto al patrimonio della società da atti illegittimi degli amministratori, cui possa aver contribuito un colpevole difetto di vigilanza imputabile agli organi di controllo, è arrecato ad un patrimonio che, seppur separato, è riconducibile all’ente pubblico.

Si tratta, quindi, di un danno erariale che giustifica l’attribuzione alla Corte dei Conti della giurisdizione sulla relativa azione di responsabilità.

In caso di società in house, pertanto, non si ammetteva un concorso di azioni di responsabilità.

La natura solo separata del patrimonio della società in house rispetto a quello dell’ente pubblico partecipante e la ritenuta non differenziabilità della titolarità dell’uno e dell’altro inducevano a considerare sempre erariale il danno cagionato al patrimonio della società dagli amministratori della stessa, con conseguente esperibilità della sola azione di responsabilità erariale a cura della Procura della Corte dei Conti.

Nel 2018, e in termini analoghi con sent. cass. civ., SS.UU. n. 10019/2019, la giurisprudenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite è, nuovamente, tornata sul tema ammettendo il concorso di azioni, contabile e civilistica, in tema di responsabilità con riferimento alle società in house, senza, tuttavia, superare l’orientamento espresso dalle Sezioni Unite del 2013 volto a considerare sempre erariale il danno cagionato al patrimonio della società.

In particolare, ad avviso della Corte, in caso di fallimento di una società in house l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori esercitata dal creditore, ai sensi dell’art. 146 comma 2 della legge fallimentare, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario senza precludere il possibile concorso della giurisdizione contabile in caso di azione di responsabilità promossa dal Procuratore della Repubblica presso la Corte dei Conti.

La proposizione delle due azioni non viola il principio del ne bis in idem, considerata la diversità di oggetto e funzione tra i due giudizi.

In particolare, l’azione ex art. 146, comma 2, che cumula le diverse azioni previste dagli articoli 2393 e 2394 c.c., a favore della società e dei creditori sociali, opera quale strumento di reintegrazione del patrimonio sociale a garanzia sia degli stessi soci che dei creditori sociali; l’azione concernente la responsabilità erariale, invece, mira a ristorare il danno causato all’erario.

Sulla base dei medesimi principi, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario l’azione di responsabilità esercitata dal curatore, ai sensi dell’art. 2497 c.c., per attività di direzione e coordinamento, nei confronti dell’ente pubblico unico socio della società fallita.

Del ricostruito percorso evolutivo seguito in giurisprudenza è necessario tener conto in sede di interpretazione dell’art. 12 del d.lgs. n. 175/2016.

Se sulla base di una prima lettura, la disposizione, ricognitiva degli approdi interpretativi inaugurati in giurisprudenza con la sent. n. 26283/2013, ha inteso qualificare come  erariale il danno cagionato al patrimonio della società in house, per differente impostazione, invece, l’espressa attribuzione alla giurisprudenza contabile delle azioni di responsabilità per danno erariale deve indurre a ritenere che sia ammissibile un’azione volta ad ottenere il ristoro di un danno diverso, non erariale, arrecato al patrimonio della società proponibile dinanzi al giudice ordinario.

Secondo tale lettura interpretativa, dunque, l’art. 12 del d.lgs. n. 175/2016 segnerebbe il superamento della posizione espressa  dalle Sezioni Unite nel 2013.


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