La responsabilità dei sindaci della società per azioni per omesso controllo
I sistemi di amministrazione e controllo delle società per azioni possono essere variamente articolati. Nel sistema tradizionale, l’assemblea dei soci nomina un amministratore unico o un consiglio di amministrazione, cui compete la gestione, e un collegio sindacale, cui spettano i controlli).
La norma cardine nella disciplina della responsabilità dei sindaci è costituita dall’art. 2407 c.c.
L’art. 2407, comma 1, c.c. testualmente recita: “I sindaci devono adempiere i loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell’incarico; sono responsabili della verità delle loro attestazioni e devono conservare il segreto sui fatti e sui documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio”. In base all’art. 2407, comma 2, c.c. i sindaci “sono responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica”; la disposizione individua i casi di omesso controllo o culpa in vigilando.
L’art. 2407 c.c. delinea due tipologie di responsabilità dei sindaci: la prima è una responsabilità esclusiva; la seconda è una responsabilità concorrente.
La responsabilità dei sindaci per culpa in vigilando integra una fattispecie complessa, in quanto l’inadempimento dei sindaci si innesta sul preesistente illecito degli amministratori, con i quali i sindaci condividono la responsabilità del pregiudizio arrecato alla società o ai suoi creditori allorché l’omessa vigilanza abbia giocato un ruolo determinante, rappresentando una concausa dell’evento dannoso. L’indagine circa la responsabilità dei sindaci va effettuata a livello del nesso eziologico: non può essere loro addossata alcuna responsabilità qualora manchi il nesso causale. I due elementi, inadempimento degli amministratori e coesistente colpevole carenza di controllo, costituiscono presupposto della responsabilità dei sindaci. Perché questa si traduca in un corrispondente obbligo risarcitorio è necessaria la prova che, oltre i due inadempimenti caratterizzanti la fattispecie, siano presenti le seguenti circostanze: esistenza di un danno patrimoniale, esistenza del rapporto di causalità tra danno patrimoniale e insufficienza del controllo, evitabilità del danno in presenza di svolgimento diligente delle funzioni attribuite al collegio (BALZARINI, Responsabilità solidale e concorrente di amministratori e sindaci, Soc, Milano, 2007, 880).
La Suprema Corte di Cassazione ha evidenziato che, per l’inosservanza dell’omessa vigilanza da parte dei sindaci, “non occorre l’individuazione di specifici comportamenti che si pongano espressamente in contrasto con tale dovere, ma è sufficiente che essi non abbiano rilevato una macroscopica violazione o comunque non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità, così da non adempiere l’incarico con diligenza, correttezza e buona fede, eventualmente anche segnalando all’assemblea le irregolarità di gestione riscontrate o denunziando i fatti al Pubblico Ministero pe consentirgli di provvedere ai sensi dell’art. 2409 cod. civ., in quanto può ragionevolmente presumersi che il ricorso a siffatti rimedi, o anche solo la minaccia di farlo per l’ipotesi di mancato ravvedimento operoso degli amministratori, avrebbe potuto essere idoneo ad evitare (o, quanto meno, a ridurre) le conseguenze dannose della condotta gestoria” (Cass. civ., sez. I, 18 settembre 2017, n. 21566).
Il 2° comma dell’art. 2407 c.c. non integra una responsabilità oggettiva o indiretta. I sindaci, infatti, rispondono secondo le regole generali, solo per il fatto proprio, doloso o colposo, consistente nella violazione del dovere di vigilare diligentemente sull’operato degli amministratori. Tuttavia non è sufficiente ravvisare un loro inadempimento per affermarla, essendo viceversa necessario che il danno al patrimonio sia causalmente riconducibile all’omesso controllo (A. BERTOLOTTI, I sindaci, in AA.VV., Le nuove s.p.a., trattato diretto da O. Cagnasso e L. Panzani, Vol. IV, I sistemi di amministrazione e controllo, Zanichelli Editore, Torino, 2016, p. 332).
Pertanto, affinché sia predicabile la responsabilità dei sindaci per omesso controllo o culpa in vigilando, è necessaria la somma di due diversi inadempimenti: il primo ascrivibile agli amministratori, il secondo ai sindaci; entrambi devono inserirsi nel medesimo iter causale e, dunque, anche la condotta dei sindaci deve costituire condicio sine qua non del danno. Ne consegue che la responsabilità dei sindaci può essere riscontrata solo nella misura in cui l’illecito degli amministratori sia in concreto individuabile, da parte dei primi, usando la diligenza e la professionalità richieste dalla natura dell’incarico loro conferito, nonché quando, avuta contezza della condotta contra legem, l’adozione ad opera del collegio delle opportune contromisure sia idonea a elidere o, almeno, a circoscrivere il pregiudizio (M. AIELLO, Responsabilità, in AA. VV., Commentario del codice civile, diretto da E. Gabrielli, Delle società – Dell’azienda – Della concorrenza, a cura di D.U. Santosuosso, Utet Giuridica, Milanofiori Assago (MI), 2015 p. 530). Spetterà a chi agisce l’onere di dimostrare, in primo luogo, il rapporto causale tra la condotta negligente degli amministratori ed il danno subito dalla società. Fornita tale prova, per coinvolgere i sindaci dovranno essere dimostrate sia la violazione da parte di questi ultimi di uno dei propri obblighi sia il concreto apporto causale di tale violazione rispetto al pregiudizio prodottosi a carico della società. Sarà invece onere dei sindaci dimostrare di avere adempiuto ai doveri di vigilanza e di controllo loro imposti e, quindi, di non aver potuto impedire il verificarsi del danno alla società nonostante il corretto esercizio delle proprie funzioni.
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