La responsabilità del produttore di farmaci difettosi
Prodotto difettoso: la definizione
Al fine di delineare la nozione di prodotto difettoso, occorre chiarire che il difetto – intendendo per esso carenza o assenza di istruzioni, ovvero un difetto di fabbricazione – è strettamente correlato al concetto di sicurezza. Pertanto, in virtù dell’art. 117 del Codice del Consumo vigente (D.lgs. n. 206/05), è considerato difettoso il prodotto che non offre la sicurezza offerta normalmente dagli altri esemplari della medesima serie e che il consumatore può legittimamente aspettarsi, in relazione ad una pluralità di elementi, quali le modalità con cui è stato messo in circolazione, la sua presentazione, le sue caratteristiche estrinseche, le istruzioni o avvertenze fornite dal produttore ai consumatori e l’uso cui lo stesso è destinato (Cass. n. 29828/18; Cass. civ., sez. III, 20.11.18, n.29828).
Dunque, il concetto di sicurezza appare notevolmente diverso da quello di vizio del prodotto ex art. 1490 c.c.. Difatti, il prodotto viziato può limitarsi a presentare una mera imperfezione, che nulla ha a che fare con la sicurezza che dal prodotto stesso il consumatore si aspetta – in quanto non ne determina la pericolosità.
Peraltro, la giurisprudenza di legittimità ha, già più volte, chiarito che il verificarsi di un danno non necessariamente implica l’intrinseca pericolosità del prodotto, da cui discenderebbe la responsabilità del produttore. Difatti, perché il produttore del bene difettoso possa ritenersi responsabile , è necessario l’accertamento del mancato raggiungimento, da parte di quest’ultimo, dei livelli minimi di sicurezza imposti dalla legge o richiesti dall’utenza (Cass. n. 13458/13; Cass. n. 25116/10).
Chi è responsabile per il prodotto difettoso?
Pertanto, qualora il consumatore danneggiato riesca a dimostrare la sussistenza del difetto del prodotto acquistato e la stretta correlazione causale fra quest’ultimo e il danno lamentato, si verificherà un’ipotesi di responsabilità presunta (e non oggettiva), che impone al produttore – considerato presuntivamente responsabile – l’onere di dimostrare che il difetto lamentato (e provato) non sussisteva nel momento in cui il prodotto veniva messo in circolazione, ovvero che all’epoca lo stesso non era riconoscibile in base allo stato delle conoscenze tecnico-scientifiche, fornendo in tal modo una prova liberatoria idonea ad escludere la propria responsabilità (Cass. civ. n. 13458/13).
Prodotto farmaceutico difettoso
Ebbene, nell’ipotesi in cui il prodotto difettoso sia un farmaco, è necessario, per il produttore, provare di aver fornito – tramite foglio illustrativo – generiche avvertenze relative alla carenza di sicurezza del prodotto, al fine di escludere la propria responsabilità.
Tuttavia, ciò non è sufficiente. Difatti, la Suprema Corte, in una recentissima sentenza, ha chiarito che il produttore di farmaci, perché possa considerarsi libero da qualsivoglia responsabilità, non può limitarsi a provare di aver fornito – tramite il foglietto illustrativo (c.d. “bugiardino”) – una mera avvertenza generica circa la non sicurezza del prodotto; piuttosto, deve dimostrare di aver correttamente rispettato l’obbligo di fornire, nei confronti del consumatore, precise e dettagliate informazioni, in modo da consentire all’interessato “di acquisire non già una generica consapevolezza in ordine al possibile verificarsi dell’indicato pericolo in conseguenza dell’utilizzazione del prodotto, bensì di effettuare una corretta valutazione (in considerazione delle peculiari condizioni personali, della particolarità e gravità della patologia nonché del tipo di rimedi esistenti) dei rischi e dei benefici al riguardo, nonché di adottare tutte le necessarie precauzioni volte ad evitare l’insorgenza del danno” (cfr. Cass. civ. n. 12255, 10.05.21).
In altri termini, la giurisprudenza di legittimità ha stabilito il principio secondo cui, nell’ipotesi di prodotto farmaceutico difettoso, l’onere del produttore è dimostrare di aver reso edotto l’acquirente circa tutti i rischi relativi al prodotto farmaceutico d’interesse, in modo da renderlo libero di esporsi al rischio volontariamente e consapevolmente (con eventuale suo concorso di colpa ex art. 1227 c.c., in caso di relativa sottovalutazione o di abuso del farmaco).
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Martina De Caterina
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