La responsabilità della PA per lesione di diritti soggettivi

La responsabilità della PA per lesione di diritti soggettivi

Gli artt. 2047 ss. c.c. hanno ad oggetto responsabilità speciali rispetto a quella aquiliana di cui al 2043 c.c. e, invero, l’elemento specializzante che le caratterizza é l’inversione dell’onere della prova.

Difatti, il danneggiante convenuto in giudizio é chiamato a dimostrare di essere esente da colpa in concreto, ragion per cui, salvo eccezioni, si configura a suo carico una responsabilità aggravata o per colpa presunta.

Fermo restando che la PA, per giurisprudenza maggioritaria che ha fondamento nella sent. n. 500/1999 delle Sezioni Unite, incorre nella responsabilità aquiliana, quando con dolo o colpa lede interessi legittimi oppositivi o pretensivi, resta da vedere in quale misura, invece, siano applicabili alla PA stessa i suindicati artt. 2047 ss. c.c. nell’ipotesi di lesioni di diritti soggettivi.

Tra parentesi, come ha asserito la Consulta con la sent. n. 140/2007, nell’ordinamento italiano non si ravvia alcuna norma né programmatica né precettiva che sottragga a priori al G.A. la cognizione dei diritti soggettivi connaturati alla persona, pertanto tali diritti da questo giudice sono tutelabili, posto che siano lesi da atti, accordi, provvedimenti o comportamenti anche solo mediatamente riconducibili al potere pubblico.

Ciò detto, é indubbio che non tutte le responsabilità speciali codicistiche possano concernere la PA, exempli gratia a seguito della “riforma Basaglia” che decretò la chiusura dei manicomi, tende a non applicarsi più alla PA medesima l’art. 2047 che, in combinato disposto con il 2046, esonera l’incapace naturale dall’obbligo di risarcire il danno, traslando quest’obbligo su colui che era giuridicamente tenuto a sorvegliarlo, salvo che provi di non aver potuto impedire il fatto, ergo di aver profuso in concreto la dovuta diligenza.

Pacifico é che il 2047 postuli verso gli infermi di mente un potere di custodia in senso stretto che storicamente, eticamente e giuridicamente ha perduto la sua originaria ratio essendi.

Inoltre, in deroga all’art. 2048 c.c., la l. n. 312/1980, nelle ipotesi di culpa in vigilando e qualora uno studente cagioni un danno a un terzo, fa ricadere su quest’ultimo l’onere di provare l’elemento soggettivo della responsabilità in commento e la PA, risarcito il danno, potrà rivalersi sul docente nei soli casi di dolo o di colpa grave.

Al di fuori delle ipotesi di culpa in vigilando, invece, l’azione risarcitoria é esperibile indistintamente contro la PA o il docente coobbligati in solido e anche qui la PA, riparato il pregiudizio, disporrà dell’azione di regresso contro l’insegnante.

Da ultimo, sempre non ricorrendo la culpa in vigilando, purché la colpa comunque sia lieve, la PA é il solo legittimato passivo ed é sprovvista, in tal caso, dell’azione di cui sopra contro il docente.

Residua l’applicabilità della teoria del “contatto sociale qualificato”, quindi della responsabilità precontrattuale di cui agli artt. 1173 e 1218 c.c., allorché l’allievo causa un danno non ad altri, ma a se stesso.

Segue, nell’ordine, l’art. 2049 sulla responsabilità oggettiva del preponente per il fatto illecito, doloso o colposo, del preposto, ammesso che costui lo abbia commesso nell’esercizio delle mansioni affidategli dal preponente stesso, titolare nei suoi confronti di un potere di direzione e di controllo.

Le Sezioni Unite con la sent. n. 14697/2019 hanno statuito che gli artt. 2043 e 2049, dunque la responsabilità diretta e quella indiretta invero si compenetrano anziché escludersi a vicenda nel caso in cui un dipendente pubblico – nel caso di specie un cancelliere – espletando le sue funzioni e a prescindere dal fatto che persegua o meno scopi istituzionali, commetta un reato causativo di un danno a un terzo.

Risarcito in sede civilistica con denaro pubblico questo danno cagionato con dolo o colpa grave dal dipendente, così incorso nella responsabilità amministrativa o per danno erariale, la PA in seguito potrà rivalersi su di lui con l’azione di regresso onde recuperare la somma sborsata per il suddetto risarcimento.

L’art. 2050 c.c. sulla responsabilità per danno da attività pericolose di per sé o per come vengono concretamente esercitate si reputa senz’altro applicabile anche alla PA su cui grava l’onere di dimostrare di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno, ragion per cui la norma enuncia una presunzione relativa di colpa la quale non sussiste, purché si dia prova in concreto del casus.

All’opposto, per la prevalente opinione, l’art. 2051 c.c. ha ad oggetto una presunzione relativa di responsabilità in forza della quale, scaturito il danno da una cosa in custodia, orbene chi la custodisce, persona fisica o ente immateriale, ha l’onere di provare il caso fortuito, ossia non di essere esente da colpa, bensì che il danno stesso é causalmente ricollegabile ad un evento estrinseco, dunque estraneo al naturale dinamismo della res e, pertanto, idoneo ad interrompere il nesso tra la custodia stessa e il bene.

La stessa presunzione é posta dall’art. 2052 sulla responsabilità per danno da animali in custodia, però tale norma é inapplicabile alle Regioni in ordine ai danni causati dalla fauna selvatica che, come tale, non può essere custodita e, quanto agli animali randagi, i Comuni soggiacciono alla responsabilità aquiliana di cui al 2043 c.c.

Tornando al 2051, la giurisprudenza nomofilattica ritiene che si debba verificare in concreto, volta per volta, se vi siano o meno i presupposti per l’applicabilità di tale norma e, segnatamente, se la res possa essere o meno oggetto della custodia quale potere di controllo, sorveglianza e manutenzione costanti della cosa stessa.

Ad esempio, si ritiene che la PA possa incorrere nella responsabilità in parola, se un sinistro si verifica su una strada pubblica di dimensioni contenute ed eventualmente a traffico limitato : in tal caso l’ente pubblico, in veste di custode, potrebbe riuscire a dare la prova che lo stesso danneggiato, conducente dell’autovettura, abbia concorso colposamente alla produzione del danno ex art. 1227, co. 1 c.c., se non addirittura averlo causato in via esclusiva con la sua condotta imprudente alla guida.

Qualora, invece, il sinistro si verificasse su un’autostrada la cui estensione impedisce l’esercizio del potere di custodia di cui sopra, troverebbe applicazione l’art. 2043.

Prima di vagliare in conclusione la responsabilità della PA per il danno da lesione del diritto a un giusto processo ovvero da omessa attuazione di direttive europee, va analizzato l’art. 2053 sulla rovina di edifici che, in ordine al difetto di manutenzione, pone una presunzione relativa di colpa e, invece, circa il vizio di costruzione, una presunzione relativa di responsabilità.

In ogni caso, se si tratta di immobile pubblico, la PA é responsabile della sua rovina e dei danni conseguenti, anche qualora la res sia stata data in concessione a un terzo.

Se la rovina e i danni si verificano durante i lavori di ristrutturazione affidati ad un appaltatore, allora questi é il solo responsabile se ha agito in totale autonomia ovvero, se era un nudus minister, ne risponde il solo committente, salvo la terza ed ultima ipotesi di responsabilità solidale di committente e appaltatore stessi.

Il giusto ed equo processo é tale ex artt. 6 CEDU e 111 Cost. se ha una durata ragionevole non eccedente i sei anni nei tre gradi di giudizio in base alla l. n. 89/2001 o legge Pinto e se l’imputato non viene dichiarato colpevole e condannato ingiustamente.

Evidente, allora, é che la PA possa essere chiamata a rispondere tanto per danni patrimoniali quanto per danni non patrimoniali, ledendo in quest’ultimo caso diritti connaturati alla persona e si ritiene, come per l’omessa attuazione di direttive europee, che si configuri una responsabilità da inadempimento di un’obbligazione ex lege o da quasi-contratto.

Difatti, per quanto concerne giustappunto le direttive europee attributive di taluni vantaggi ai singoli che non possono fruirne, avendo il legislatore nazionale omesso di recepire e attuare, com’era suo obbligo, tali direttive, ampiamente superata ormai é la tesi della responsabilità da atto lecito dannoso, rectius da atto politico insindacabile, atteso che l’ordinamento eurounitario e quello interno tendono ad integrarsi reciprocamente e le disposizioni del diritto UE sono cogenti e sovraordinate rispetto a quelle ordinarie, salvo il limite o “controlimite” dei principi costituzionali supremi.


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Jacopo Bracciale

Dopo aver conseguito la maturità classica con una votazione finale di 100/100, mi sono laureato cum laude in Giurisprudenza presso l'Università degli studi di Teramo con una tesi in Teoria generale del diritto dal titolo "Il problema dei principi generali del diritto nella filosofia giuridica italiana". In seguito, ho svolto con esito positivo presso il Tribunale di Teramo il tirocinio formativo teorico - pratico di 18 mesi ex art. 73 D.L. 69/2013 : per un anno nella Sezione Penale e, nei restanti sei mesi, in quella Civile. Parallelamente ho frequentato e, ancora oggi, frequento il corso di Rocco Galli per la preparazione al concorso in magistratura. Dal mese di novembre del 2020 collaboro con la rivista scientifica Salvis Juribus come autore di articoli di diritto civile, penale ed amministrativo.

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