La responsabilità dell’imprenditore e il rischio d’impresa

La responsabilità dell’imprenditore e il rischio d’impresa

La responsabilità dell’imprenditore e il rischio d’impresa

Nella concezione di molti, siano essi lavoratori o soggetti che intendono affacciarsi al mondo imprenditoriale, la figura dell’imprenditore rappresenta il soggetto che ha meno preoccupazioni e responsabilità all’interno della compagine aziendale. Tuttavia, analizzando la disciplina codicistica e l’ermeneutica connessa, è semplice comprendere come tale concezione sia di quanto più lontano dalla realtà.

Chi è l’imprenditore?

La risposta a tale quesito è estrapolabile dal tenore letterale dell’art. 2082 c.c., il quale indica l’imprenditore come colui che esercita professionalmente una attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni e servizi.

Sulla scorta di ciò è possibile comprendere che lo status di imprenditore si acquisisce attraverso la compresenza di tre elementi fondamentali ed imprescindibili, ossia: esercizio dell’attività in modo professionale – ovvero non in modo occasionale -, l’attività deve essere economia ed organizzata – ossia non volontaristica e necessitante di una organizzazione di manodopera e macchinari – l’attività deve essere finalizzata allo scambio di beni e servizi.

Pertanto, sussistendo tali elementi, viene a costituirsi un’impresa al cui vertice si colloca l’imprenditore il quale, sotto la propria responsabilità potrà avvalersi di collaboratori e dipendenti per la gestione della produzione.

Tasto dolente, che molti vorrebbero non esistesse, è rappresentato dalle numerose responsabilità e rischi che gravano sull’imprenditore, come, primo fra tutti, il c.d. rischio d’impresa che afferisce principalmente alle scelte operate per la gestione dell’impresa come una errata valutazione tra ricavi e costi, investimenti infruttuosi ecc.. Inoltre, segnatamente alla responsabilità, l’imprenditore risulta non solo responsabile delle proprie azioni, bensì sarà responsabile anche delle azioni commesse dai propri collaboratori e dipendenti, ma vediamo nel dettaglio la norma che detta tale previsione.

Quali sono le responsabilità dell’imprenditore?

L’imprenditore, in quanto tale, è soggetto ad un duplice criterio di responsabilità generale, rinvenibile nella c.d. culpa in eligendo e culpa in vigilando.

Ma cosa sono esattamente la culpa in eligendo ed in vigilando? La culpa in eligendo rappresenta la responsabilità che grava – nella specie – sull’imprenditore segnatamente all’assunzione dei suoi collaboratori e dipendenti e più specificamente nell’attività da questi svolta per proprio conto. Per meglio comprendere tale regime di responsabilità basti pensare all’imprenditore edile che assume un dipendente adibito alla tinteggiatura di un appartamento a seguito della richiesta di un committente; per un errore del dipendente, l’appartamento non rispetta le richieste del committente o ancor peggio il committente ha subito un vero e proprio danno dal pessimo operato del dipendete. Il committente potrà, a questo punto, rivalersi direttamente sull’imprenditore in quanto questi avrebbe dovuto “prestare maggiore attenzione” nella scelta del dipendente da assumere, e pertanto sarà soggetto alla responsabilità derivante dai danni patiti dal committente, nonostante tali danni non siano stato cagionati direttamente da lui.

Naturalmente, l’imprenditore successivamente potrà rivalersi nei confronti del proprio dipendente attraverso gli strumenti messi a disposizione dall’Ordinamento Giuridico e dalla disciplina contrattuale.

La culpa in vigilando invece, rappresenta la mancata vigilanza dell’imprenditore sui propri dipendenti; tale responsabilità, difatti, sussiste allorchè vi sia un obbligo oggettivo (in virtù della posizione occupata) di vigilanza su determinati soggetti.

Per fare un esempio, sarà sanzionabile l’imprenditore rimasto inerte, successivamente alla formale denuncia di condotte mobbizzanti all’interno dell’impresa da parte di uno o più dipendenti.

Ulteriore regime di responsabilità è rinvenibile nella novella di cui all’art. 2087 c.c. la quale dispone che “L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.”; orbene, sulla scorta di quanto disposto dalla norma richiamata è pacifico che l’imprenditore soggiace ad un duplice regime di responsabilità: a) esterno, che afferisce alla responsabilità che grava sull’imprenditore per l’attività prestata dai suoi collaboratori e dipendenti all’esterno dei locali aziendali; b) interno, che afferisce alla responsabilità che grava sull’imprenditore per le condizioni interne all’impresa che possono in qualche modo ledere i suoi collaboratori e dipendenti.

La norma inoltre, è estremamente specifica al contrario di quanto si possa pensare da una lettura superficiale del precetto, in quanto non impone all’imprenditore di conformarsi “solo” al dettato normativo – obbligo vigente per tutti i consociati -, bensì gli impone di adottare ogni misura idonea a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori in base all’esperienza e la tecnica. Pertanto in caso di lesione cagionata ad un lavoratore in virtù della negligenza del datore di lavoro (imprenditore), quest’ultimo non potrà giustificarsi dichiarando “non sapevo che potesse accadere!”; in virtù anche della presunzione che un soggetto costituisca una impresa successivamente all’acquisizione di competenza ed esperienza nel settore specifico. Ferma restando, naturalmente, l’esenzione di responsabilità da parte del dipendente il quale dovrà dimostrare di aver ossequiato alle disposizione in materia di salute e sicurezza.

Salute e sicurezza nei luoghi di lavoro

Quando parliamo di tutela della salute nei luoghi di lavoro, parliamo di tutta l’articolata disciplina che viene puntualmente sancita dal D.lgs. del 9 aprile 2008 n. 81, rubricato anche come “Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro”.

Tale testo, andando al di là dell’esperienza e della tecnica dell’imprenditore, racchiude tutti i possibili rischi nei luoghi di lavoro in relazione ai vari settori lavorativi e detta una disciplina organica al fine di prevenire gli infortuni nei luoghi di lavoro e la stessa, come facilmente si dedurrà, deve essere obbligatoriamente e fedelmente applicata dall’imprenditore ed eseguita dai dipendenti e collaboratori.

Spesso l’aspetto normativo legato alla salute e sicurezza dei lavoratori viene sottovalutato, condizione sospinta dalla errata convinzione che non vi siano conseguenze derivanti dal mancato rispetto del predetto dettato normativo.

Per esemplificare quanto detto, richiamando il nostro fantomatico imprenditore edile, basti pensare al lavoratore che durante l’espletamento del servizio batta la testa ferendosi gravemente, in virtù dell’impossibilità di utilizzo del casco protettivo in quanto lo stesso non era stato fornito dall’imprenditore.

In tale circostanza, oltre che alla disciplina civilistica e del lavoro, l’imprenditore sarà responsabile anche penalmente (si pensi al caso ancor più grave che si manifesta nell’eventualità che un lavoratore deceda).

Pertanto, l’imprenditore è obbligato a fornire ogni mezzo idoneo a prevenire il cagionamento di infortuni e la sopravvenienza di malattie professionali in virtù dell’espletamento dell’attività lavorativa.

Rischio d’impresa non trasferibile sui lavoratori

Dalla articolata narrativa che precede è possibile quindi comprendere l’ampio ventaglio di responsabilità che gravano sull’imprenditore derivante da altrettanti obblighi posti dalla Legge – ai quali devono necessariamente annoverarsi anche quelli fiscali -.

In concreto alle responsabilità dell’imprenditore si affianca anche il già richiamato rischio d’impresa, il quale si manifesta, ad esempio, nel caso in cui i ricavi non riescano a coprire i costi. In tale circostanza, è bene sottolineare che l’imprenditore sarà ugualmente obbligato nei confronti dei suoi dipendenti a corrispondere loro la retribuzione pattuita contrattualmente in quanto il lavoratore subordinato non compartecipa – e quindi non soggiace – al rischio d’impresa.

Tipico esempio di quanto appena detto è rappresentato dall’errata valutazione dell’imprenditore verso un investimento – o qualsivoglia altro fattore – che produce un costo a cui non segue un’entrata di pari importo. In tale circostanza, il lavoratore subordinato che ha svolto la propria attività lavorativa adempiendo al contratto che lo lega al datore di lavoro, ha diritto alla retribuzione prescindendo dalle vicende aziendali.


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