La responsabilità in termini di concorso a carico dell’amministratore di diritto a fronte di reati commessi dall’amministratore di fatto

La responsabilità in termini di concorso a carico dell’amministratore di diritto a fronte di reati commessi dall’amministratore di fatto

1. Premessa. L’amministratore di fatto [1] è il soggetto che, pur non essendo stato investito formalmente della carica di amministratore della società, svolge in modo continuativo l’attività gestoria ed esercita i poteri relativi alla qualifica o alle funzioni dell’amministratore di diritto [2].

La responsabilità dell’amministratore di fatto non esclude quella dell’amministratore di diritto, potendosi riscontrare in capo a quest’ultimo la violazione, autonoma o in concorso, dei generali obblighi di vigilanza e controllo sulla gestione della società.

2. Corte di Cassazione, Sez. V Penale, 14 ottobre 2021, n. 37453. L’articolo 40, comma 2, c.p. stabilisce che non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.

La responsabilità penale dell’amministratore di diritto si inquadra nell’alveo dell’articolo 40, comma 2, c.p. [3], qualora non sia intervenuto per impedire la realizzazione di un reato da parte dell’amministratore di fatto: la responsabilità discende dalla consapevolezza in capo al primo della condotta tenuta dal secondo (deve essere fornita la prova che tale consapevolezza avesse ad oggetto la specifica condotta distrattiva rilevata).

Per di più, per potersi riconoscere una sua responsabilità in termini di concorso nel reato, non si può prescindere dalla valutazione della circostanza relativa all’essersi o meno mantenuto del tutto estraneo all’amministrazione della società [4].

L’elemento soggettivo in capo all’amministratore di diritto per i reati commessi dall’amministratore di fatto va accertato caso per caso, valutando il significato probatorio dell’intero contesto della sua azione in quanto la pur consapevole accettazione del ruolo di amministratore apparente non necessariamente implica da parte sua la consapevolezza dei disegni criminosi nutriti dall’amministratore reale [5].

L’elemento soggettivo del reato di bancarotta semplice può essere indifferentemente costituito dalla colpa o dal dolo [6], ravvisabili allorquando, rispettivamente, l’agente ometta, con coscienza e volontà, o anche per semplice negligenza, di tenere le scritture contabili, in cui risulta la mancata istituzione del libro degli inventari e l’omessa tenuta del libro giornale dopo il settembre 2011. L’obbligo di tenuta delle scritture contabili grava sull’amministratore di una società dal momento dell’assunzione della carica, essendo immanente al ruolo di amministratore l’obbligo diretto e personale di tenere e conservare le predette scritture, scaturente dall’assunzione dei doveri di vigilanza e controllo di cui all’articolo 2932 c.c..

 

 

 

 

 


Note bibliografiche
[1] La figura è stata elaborata prima in via ermeneutica dalla dottrina e successivamente riconosciuta in via generale anche dalla giurisprudenza. [2] La conseguenza principale del riconoscimento della figura dell’amministratore di fatto consiste nel suo assoggettamento al rispetto dei doveri previsti dall’ordinamento con riferimento all’amministratore di diritto, la cui violazione comporta la configurabilità di una fattispecie di responsabilità, con i conseguenti obblighi risarcitori nei confronti della società, dei soci, dei creditori sociali e del singolo socio o terzo, ai sensi degli articoli, rispettivamente, 2392, 2393-bis, 2394 e 2395 c.c.. Per un approfondimento sul tema si veda G. Terranova, Amministratori di fatto, Il Societario, disponibile all’indirizzo https://ilsocietario.it/bussola/amministratori-di-fatto#:~:text=L’amministratore%20di%20fatto%20%C3%A8,funzioni%20dell’amministratore%20di%20diritto. [3] L’articolo 2392 comma 2 c.c. stabilisce che in ogni caso gli amministratori, fermo quanto disposto dal comma terzo dell’articolo 2381, sono solidalmente responsabili se, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose (l’articolo 2392 comma 2 c.c. gli impone di vigilare e di attivarsi in presenza di atti pregiudizievoli). [4] In caso contrario, infatti, si finirebbe per ricadere in un rigido automatismo tra la carica ricoperta e la responsabilità penale, come se quella di amministratore di diritto fosse una responsabilità di posizione. [5] L’elemento soggettivo in capo all’Amministratore di diritto non può desumersi automaticamente dal conferimento della delega da parte di questi a favore dell’Amministratore di fatto e avente ad oggetto la facoltà in capo a quest’ultimo di operare sui conti correnti, posto che tale attività costituisce normale e fisiologica estrinsecazione dell’attività imprenditoriale. [6] Qualora l’amministratore di diritto abbia accettato il ruolo allo scopo di fare da prestanome, la consapevolezza che dalla propria condotta omissiva possano scaturire gli eventi tipici di un reato o l’accettazione del rischio che gli eventi tipici di un reato si verifichino integra l’elemento soggettivo nella forma, rispettivamente, del dolo generico o del dolo specifico.

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