La responsabilità patrimoniale

La responsabilità patrimoniale

Sommario: 1. La responsabilità patrimoniale generica – 2. Alienità inopponibile – 3. I patrimoni di destinazione – Profili generali – 4. Applicazione dell’art. 2740, co. 1, c.c. – 5. Divieto del patto commissorio – Inquadramento generale – 6. Natura della nullità – 7. Conclusioni

 

1. La responsabilità patrimoniale generica

L’art. 2740 del codice civile prevede “che il debitore risponde dell’adempimento dell’obbligazione con tutti i suoi beni presenti e futuri”.

Questa norma rappresenta il superamento della responsabilità personale del debitore per l’inadempimento delle sue obbligazioni, collocandola sul piano patrimoniale.

La responsabilità patrimoniale può essere definita come “garanzia legale del credito” a carattere generico, ossia avente ad oggetto il patrimonio del debitore da intendersi quale concetto dinamico e variabile. Da un punto di vista funzionale, è possibile individuare una doppia anima della responsabilità patrimoniale che rappresenta, per un verso, sanzione per l’inadempimento e, per altro, strumento di realizzazione coattiva delle ragioni creditorie.

Sulla natura giuridica dell’istituto si è molto discusso in dottrina, prevalendo la tesi che configura l’art. 2740 c.c., come una norma che disciplina uno status, nel senso che il debitore, per il solo fatto di essere tale, è assoggettato ad un potere di controllo del creditore attraverso alcune iniziative processuali tese a conservarne l’integrità patrimoniale. Ciò a differenza di qualsiasi altro soggetto che non avendo alcuna ragione di debito può porre in essere qualsiasi atto di autonomia negoziale senza essere posto ad alcun sindacato.

2. Alienità inopponibile

Come detto il debitore risponde dell’inadempimento con tutti i suoi beni presenti e futuri, nel senso che l’esecuzione si svolge esclusivamente sul suo patrimonio.

Vi è un’eccezione a tale regola (oggetto di separato approfondimento), “cd. alienità inopponibile”, secondo la quale se il debitore inadempiente trasferisce un suo bene ad un terzo, il trasferimento è soggetto ad un’inefficacia relativa, ovvero non opponibile al solo creditore. Infatti quest’ultimo, ha la facoltà di recuperare vittoriosamente il bene, agendo sul patrimonio del terzo.

3. I patrimoni di destinazione – Profili generali

L’art. 2740, co. 2, c.c. fa divieto al debitore di escludere determinati beni dalla garanzia generica.

Tale disposizione ha carattere imperativo con la conseguenza, che la sua violazione è colpita da nullità assoluta ex art. 1418, co. 1, c.c.

La norma in parola fa però salva la possibilità di introdurre previsioni legislative in deroga alla responsabilità illimitata, come nel caso dei patrimoni di destinazione o patrimoni separati, ossia ipotesi riconosciute dalla legge in cui alle parti è riconosciuto il potere di sottrarre alcuni beni dalla garanzia generica per destinarli alla cura di terminati affari, con la conseguenza che essi non sono aggredibili dai creditori personali del costituente estranei a quell’affare: ad es. fondo patrimoniale; atti di destinazione ex art. 2645 ter c.c..; trust etc;

In sostanza in questi casi il legislatore considera prevalente l’interesse del debitore alla conservazione del bene, piuttosto che quello del creditore alla realizzazione della propria pretesa.

4. Applicazione dell’art. 2740, co. 1, c.c.

La responsabilità generica del debitore comporta che sul suo patrimonio concorrono tutti indistintamente i creditori, salve le cause legittime di prelazione ex art. 2741, co. 2, c.c.  ( oggetto di separato approfondimento).

L’autonomia privata pertanto, non può alterare l’applicazione del principio in commento pena la nullità degli atti che stabiliscano posizioni preferenziali nella liquidazione del patrimonio del titolare.

5. Divieto del patto commissorio – Inquadramento generale

Per l’art. 2744 c.c. è sempre nullo il patto con il quale si trasferisce al creditore la proprietà di una cosa ipotecata o data in pegno in mancanza del pagamento del credito.

La ratio di tale disposizione e  va rinvenuta nell’esigenza di evitare, da un lato, una coazione psicologica del debitore, che spinto dallo stato di bisogno accetti condizioni inique e, dall’altro, in quella di rispettare la par condicio creditorum , poiché così si preferirebbe un creditore al di fuori delle cause legittime di prelazione espressamente previste dalla legge.

La legge prevede eccezioni a tale divieto, laddove vi sia li limite del credito e la restituzione al debitore dell’eccedenza (patto marciano); oppure nella pattuizione solutoria che insorga successivamente all’inadempimento prevedendo una prestazione diversa rispetto a quella originariamente pattuita (datio in solutum).

Insomma in tutte le ipotesi lecite in cui si può annidare il patto commissorio spetta al giudice un potere di controllo onde valutarne attentamente gli indici sintomatici ovvero: 1) il pericolo per il debitore alienante, di attribuire al creditore un bene di valore superiore rispetto all’entità del credito da soddisfare; 2) l’insidia – che grava sul debitore – di essere costretto a compiere un atto dispositivo a mera tacitazione dell’obbligazione originaria; 3) la qualità di debitore nell’alienante e di creditore nell’acquirente, con l’emersione della relativa causa di garanzia.

Infatti vi sono ipotesi contrattuali lecite in cui l’emersione della causa di garanzia vietata, inficia l’operazione come ad es.: nel sale and lease back, classico contratto con il quale il venditore trasferisce dietro pagamento, il bene all’acquirente, mantenendone il godimento per esigenze lavorative, salvo riacquistarlo alla scadenza.

Ora il contratto è lecito se la causa tipica è quella di finanziamento e come tale meritevole di tutela.

Tuttavia lo schema può anche prestarsi ad una operazione vietata, poiché destinata ad uno scopo di garanzia al fine assicurare l’adempimento di un precedente contratto di mutuo, tra le stesse parti.

Detto questo, va evidenziata la violazione della norma in caso di patto autonomo rispetto ad un contratto lecito.

Invero quando il patto commissorio è un accessorio del contratto, vi è una violazione diretta dell’art. 2744 c.c. con conseguente nullità imperativa ex art. 1418, co. 1, del negozio.

Diversamente quando il patto commissorio è autonomo rispetto al contratto, per la giurisprudenza maggioritaria vi è la violazione diretta della norma ex art. 2744 c.c., in applicazione della moderna concezione di causa in concreto, ovvero interesse concreto perseguito dalle parti, con conseguente violazione dell’art. 1343 c.c.  avente causa illecita.

Per un diverso orientamento, peraltro risalente nel tempo, in caso di patto commissorio autonomo rispetto al contratto base, si configurava un negozio in frode alla legge ex art. 1344 c.c., rappresentando il negozio il mezzo per eludere l’applicazione di una norma imperativa ex art. 2744 c.c.

6. Natura della nullità

Quanto alla natura della nullità, a fronte di una tesi più risalente che predicava l’invalidità dell’intero contratto a cui è apposto il patto commissorio, quella più attuale individua una nullità parziale: si veda sul punto Cass., 25 maggio 2000, n. 6864, che ha fatto ricorso al principio della conservazione del contratto.

Tra coloro che sostengono la nullità parziale, vi è una parte minoritaria che invoca l’art. 1419, co. 1, c.c. qualora risulti che le parti non lo avrebbero concluso senza la clausola vietata.

Altri fanno riferimento all’art. 1419, co. 2, c.c., il quanto il patto commissorio nullo sarebbe automaticamente sostituito dalla norma imperativa consistente nel principio generale che vieta l’autotutela privata.

Per la tesi prevalente in definitiva si tende a sanzionare il risultato vietato, non inficiando il contratto al quale accede per il principio di conservazione del contratto.

7. Conclusioni

Riepilogando l’ordinamento con la previsione delle norme commentate, detta dei principi fondamentali nella liquidazione del patrimonio del debitore a cui rivolge particolari attenzioni al fine di garantire un equilibrio nelle operazioni commerciali onde evitare di conseguenza un appesantimento della sua posizione debitoria.

Allo stesso tempo, si preoccupa di tutelare la par condicio creditorum in assenza di cause legittime di prelazione, conferendo al giudice un penetrante potere di controllo sull’autonomia contrattuale al fine di far rispettare i principi vigenti in materia.


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