La retrocessione dei beni espropriati
Quando l’intervento per il quale è stata avviata la procedura espropriativa non sia stato realizzato, o cominciato, entro il termine di 10 anni (il cui termine è rappresentato dalla data in cui è stato eseguito il decreto di esproprio) o ancora quando si palesi, anche in epoca anteriore, l’impossibilità della sua esecuzione si parlerà della retrocessione totale [1].
Ai sensi dell’articolo 46 del d.P.R. n. 327/2001 [2], l’espropriato ha la facoltà di chiedere che sia accertata la decadenza della dichiarazione di pubblica utilità, con conseguente restituzione del bene e con pagamento di una somma a titolo di indennità. In presenza delle condizioni individuate dalla norma, il privato vanta una posizione di diritto soggettivo [3], potendo pretendere la restituzione dei beni non utilizzati dall’amministrazione.
La retrocessione parziale si verifica nel caso in cui, all’esito della realizzazione dell’intervento pubblico, residuino parti del bene espropriato non utilizzate. In presenza di reliquati l’espropriato non vanta infatti un diritto soggettivo perfetto alla restituzione dei beni bensì dovrà attivare il procedimento descritto ai sensi dell’articolo 47 del d.P.R. n. 327/2001 [4] ai fini di ottenere la retrocessione. La norma statuisce che, a seguito dell’istanza presentata dal privato espropriato, il soggetto beneficiario dell’espropriazione abbia l’onere di individuare i beni ormai non più funzionali all’esecuzione dell’opera e, suscettibili di restituzioni specificandone il corrispettivo. Tali dati devono essere comunicati dal beneficiario tramite raccomandata da trasmettere al proprietario ed al comune nel cui territorio si trova il bene.
Al fine di distinguere le ipotesi di retrocessione totale da quelle di retrocessione parziale il giudice amministrativo ha elaborato alcuni principi interpretativi. È stato osservato che la incompleta realizzazione dell’opera non dà luogo alla retrocessione totale di quelle aree non ancora utilizzate alla scadenza della data fissata per l’utilizzazione dell’opera, ma solo alla retrocessione parziale dei relitti e ciò anche nel caso in cui uno di essi venga a coincidere con l’intera superficie espropriata in danno di un singolo proprietario. Quando l’espropriazione di uno o più beni rientra nell’ambito di una più vasta dichiarazione di pubblica utilità, come nel caso in cui quest’ultima sia insita nelle espropriazioni di piani urbanistici attuativi, la verifica circa l’effettiva esecuzione dell’opera pubblica o di interesse pubblico deve essere riferita all’intero complesso dei beni interessati da quest’ultima e non a singoli beni eventualmente rimasti inutilizzati allo scadere della efficacia di tale dichiarazione.
Note bibliografiche
[1] La retrocessione dei beni espropriati è prevista dalla legge fondamentale sull’espropriazione 2359 del 1865; essa è altresì regolata dalle leggi numero 865 del 1971 e numero 1 del 1977 in cui si attribuisce agli enti territoriali (regione, provincia e comune) un diritto di prelazione sui beni oggetto di retrocessione per la realizzazione di altre opere pubbliche o di intervento pubblico di interesse locale. F. Caringella, Il sistema del diritto amministrativo, V, Dike Giuridica, Roma, 2019, p. 160 e ss..
[2] Articolo 46: 1. Se l’opera pubblica o di pubblica utilità non è stata realizzata o cominciata entro il termine di dieci anni, decorrente dalla data in cui è stato eseguito il decreto di esproprio, ovvero se risulta anche in epoca anteriore l’impossibilità della sua esecuzione, l’espropriato può chiedere che sia accertata la decadenza della dichiarazione di pubblica utilità e che siano disposti la restituzione del bene espropriato e il pagamento di una somma a titolo di indennità; 2. Dal rilascio del provvedimento di autorizzazione paesistica e sino all’inizio dei lavori decorre il termine di validità di cinque anni previsto dall’articolo 16 del regio decreto 3 giugno 1940, n. 1357, dell’autorizzazione stessa. Qualora i lavori siano iniziati nel quinquennio, l’autorizzazione si considera valida per tutta la durata degli stessi.
[3] Nella specie un diritto potestativo.
[4] Articolo 47: 1. Quando è stata realizzata l’opera pubblica o di pubblica utilità, l’espropriato può chiedere la restituzione della parte del bene, già di sua proprietà, che non sia stata utilizzata. In tal caso, il soggetto beneficiario della espropriazione, con lettera raccomandata con avviso di ricevimento, trasmessa al proprietario ed al Comune nel cui territorio si trova il bene, indica i beni che non servono all’esecuzione dell’opera pubblica o di pubblica utilità e che possono essere ritrasferiti, nonché il relativo corrispettivo; 2. Entro i tre mesi successivi, l’espropriato invia copia della sua originaria istanza all’autorità che ha emesso il decreto di esproprio e provvede al pagamento della somma, entro i successivi trenta giorni; 3. Se non vi è l’indicazione dei beni, l’espropriato può chiedere all’autorità che ha emesso il decreto di esproprio di determinare la parte del bene espropriato che non serve più per la realizzazione dell’opera pubblica o di pubblica utilità.
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Avv. Tullio Facciolini
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