La ricevuta di consegna attesta data e ora della notifica PEC
Cassazione Civile, VI-1, Ordinanza del 12/12/2017 – 1/3/2018 n. 4789
In tema di notifiche telematiche nei procedimenti civili, qualora il mittente rispetti la normativa prevista dall’ art. 3 bis della L. 21 gennaio 1994, n. 53 e dall’art. 19 bis, al comma 5 del D.M. Giustizia 16 aprile 2014, la ricevuta di avvenuta consegna (RAC), rilasciata dal gestore di posta elettronica certificata del destinatario, costituisce documento idoneo a dimostrare, fino a prova contraria, che il messaggio informatico è pervenuto nella casella di posta elettronica del destinatario, senza tuttavia assurgere a quella “certezza pubblica” propria degli atti facenti fede fino a querela di falso.
Lo ha riconosciuto la Corte di Cassazione con l’ordinanza in epigrafe, la quale, accogliendo il ricorso, ha ribadito la funzione della ricevuta di avvenuta consegna, evidentemente ancora non ben conosciuta dai giudici di merito.
La vicenda
La vicenda posta all’attenzione della Corte è di stretta attualità, dal momento che con l’avvento della PEC e del processo civile telematico, sono nati nuovi problemi derivanti dall’uso di tali strumenti e dall’interpretazione, non sempre facile, delle norme che li disciplinano.
Nella vicenda in esame, a seguito delle pronunce rese dal Tribunale di Bari in data 27.10.2015, con le quali non ammetteva la (OMISSIS) s.r.l. al concordato preventivo e ne dichiarava il fallimento, quest’ultima proponeva reclamo ex art. 18 L.F. alla Corte di Appello di Bari.
L’adita Corte rigettava l’appello della (OMISSIS) s.r.l. con la sentenza del 7.11.2016, n. 975/2016, nella cui motivazione precisava che l’iniziale omessa notifica del reclamo al P.G. non era stata rimediata dall’assolvimento, entro il termine impartito, all’ordine di integrazione del contraddittorio verso tale organo, ufficio promotore del fallimento, conseguendone l’inammissibilità dell’impugnazione ex art. 331 c.p.c.
A fronte di tale rigetto, la società proponeva ricorso per cassazione, deducendo l’erroneità della sentenza ove ha negato che la locuzione “luogo e data dell’invio”, apposta sul documento informatico costituito dalla parte, non corrispondesse altresì alla ricezione, in pari data, della notifica telematica alla Procura generale di Bari, raggiunta con lo stesso atto e dunque nel termine di integrazione del contraddittorio fissato al 31.3.2016, come comprovato dalla relata di notifica a mezzo PEC e i messaggi di invio, accettazione e consegna dell’atto notificato ex L. n. 53 del 1994.
La notifica a mezzo PEC
La Corte di Cassazione, al fine di decidere in merito al ricorso, ha ricordato la disciplina della notifica a mezzo PEC, prevista dall’ art. 3 bis della L. 21 gennaio 1994, n. 53, a norma del quale «La notificazione con modalità telematica si esegue a mezzo di posta elettronica certificata all’indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. La notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi; … La notifica si esegue mediante allegazione dell’atto da notificarsi al messaggio di posta elettronica certificata; La notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione prevista dal D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, art. 6, comma 1, e, per il destinatario, nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna prevista dal D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, art. 6, comma 2; Il messaggio deve indicare nell’oggetto la dizione: “notificazione ai sensi della L. n. 53 del 1994”».
Inoltre, ha ricordato la normativa regolamentare succitata, contenuta nel D.M. Giustizia 16 aprile 2014, il cui art. 19 bis, al comma 5, stabilisce che “La trasmissione in via telematica all’ufficio giudiziario delle ricevute previste dalla L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 3 bis, comma 3, nonchè della copia dell’atto notificato ai sensi dell’art. 9, comma 1, della medesima legge, è effettuata inserendo l’atto notificato all’interno della busta telematica di cui all’art. 14, e, come allegati, la ricevuta di accettazione e la ricevuta di avvenuta consegna relativa ad ogni destinatario della notificazione; i dati identificativi relativi alle ricevute sono inseriti nel file DatiAtto.xml di cui all’art. 12, comma 1, lett. e”.
Constatato che nel caso de quo tali norme erano state rispettate, ha ribadito un consolidato principio per cui «in tema di notifiche telematiche nei procedimenti civili (…) la ricevuta di avvenuta consegna (RAC), rilasciata dal gestore di posta elettronica certificata del destinatario, costituisce documento idoneo a dimostrare, fino a prova contraria, che il messaggio informatico è pervenuto nella casella di posta elettronica del destinatario, senza tuttavia assurgere a quella “certezza pubblica” propria degli atti facenti fede fino a querela di falso, atteso che, da un lato, atti dotati di siffatta speciale efficacia, incidendo sulle libertà costituzionali e sull’autonomia privata, costituiscono un numero chiuso e non sono suscettibili di estensione analogica e, dall’altro, il D.M. n. 44 del 2011, art. 16, si esprime in termini di “opponibilità” ai terzi ovvero di semplice “prova” dell’avvenuta consegna del messaggio, e ciò tanto più che le attestazioni rilasciate dal gestore del servizio di posta elettronica certificata, a differenza di quelle apposte sull’avviso di ricevimento dall’agente postale nelle notifiche a mezzo posta, aventi fede privilegiata, non si fondano su un’attività allo stesso delegata dall’ufficiale giudiziario» (Cass. 15035/2016).
L’ordinanza della Corte
Alla luce di tali considerazioni, la Suprema Corte ha concluso affermando il seguente principio: in tema di notifiche telematiche nei procedimenti civili, qualora il mittente rispetti la normativa prevista dall’ art. 3 bis della L. 21 gennaio 1994, n. 53 e dall’art. 19 bis, al comma 5 del D.M. Giustizia 16 aprile 2014, la ricevuta di avvenuta consegna (RAC), rilasciata dal gestore di posta elettronica certificata del destinatario, costituisce documento idoneo a dimostrare, fino a prova contraria, che il messaggio informatico è pervenuto nella casella di posta elettronica del destinatario, senza tuttavia assurgere a quella “certezza pubblica” propria degli atti facenti fede fino a querela di falso.
Pertanto, ha accolto il ricorso, cassando la sentenza con rinvio.
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Eugenio Martusciello
Laureato in giurisprudenza con una tesi in procedura civile sul Processo civile telematico, abilitato al patrocinio, svolge la professione forense in ambito civile entro i limiti di legge e collabora con riviste giuridiche.
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