La riforma delle intercettazioni
Sommario: 1. Introduzione – 2. I contrapposti interessi sulla riforma legislativa delle intercettazioni – 3. La riforma Orlando e le successive modifiche – 4. Misure cautelari ed intercettazioni – 5. Considerazioni conclusive
1. Introduzione
All’interno del più ampio procedimento in cui si articolano le intercettazioni, il segmento deputato a separare le registrazioni utili da quelle superflue mostra tratti di particolare importanza e delicatezza: svariati interessi, dal diritto alla prova al diritto di difesa, dal diritto alla riservatezza al diritto di cronaca e all’esigenza d’una ragionevole durata del processo, s’incrociano e scontrano qui, e il legislatore è chiamato ad una non facile mediazione. Non è un caso che il lungo percorso riformatore, che adesso è giunto in porto, sia stato a suo tempo messo in moto proprio dall’esigenza di ripensare questo tratto dell’iter, per porre rimedio alle delusioni provocate dagli assetti originari del codice e, più ancora, dal modo in cui la prassi li aveva manipolati[1].
2. I contrapposti interessi sulla riforma legislativa delle intercettazioni
Le intercettazioni di comunicazioni costituiscono uno strumento di ricerca della prova irrinunciabile e invasivo. A lungo si è dibattuto, ed ancora oggi si dibatte, sulla necessità di bilanciare i vari interessi contrapposti tra chi vorrebbe un uso svincolato da pastoie normative e chi, invece, vorrebbe che fossero garantiti i diritti sanciti dalla costituzione repubblicana.
Basta un dato per comprendere quanto, da decenni, quella delle intercettazioni sia davvero una materia incandescente[2] per tutte le maggioranze parlamentari succedutesi. Dalla metà degli anni Novanta, ogni legislatura ha visto un disegno di legge governativo volto a novellare tale mezzo di ricerca della prova[3]. Nel corso del tempo, si è radicata in modo trasversale tra le forze politiche la convinzione della profonda inadeguatezza delle scelte compiute dal legislatore del 1988 in quest’ambito. Alla difficoltà del legislatore (ordinario e costituzionale) nel riuscire a intervenire in questa materia, ha fatto da contraltare il dinamismo degli operatori del diritto e, in particolare delle Procure della Repubblica, pronti a cogliere le enormi opportunità offerte dalle nuove tecnologie in punto di accertamento dei fatti. Gli interstizi (o i veri e propri vuoti) del codice sono stati, infatti, colmati dalla prassi con un assetto naturalmente sbilanciato sulle esigenze repressive a scapito di quelle difensive, che si è via via consolidato e ramificato, grazie alla ratifica della giurisprudenza.
Peraltro, dopo decenni di estenuanti dibattiti e interminabili polemiche, nel 2017 sembrava si fosse passati finalmente all’azione. Dapprima con la l. 23 giugno 2017, n. 103, contenente alcune direttive (non sempre puntuali e perspicue) di delega per la riforma delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni[4], e, poi, con il d.lgs. 29 dicembre 2017, n. 216[5].
Dunque, la disciplina originaria delle intercettazioni era stata profondamente modificata dal d.lgs. n. 216 del 2017, emanato dal Governo sulla base della delega contenuta nella legge n. 103 del 2017 (c.d. riforma Orlando). Scopo dichiarato della legge delega era quello di tutelare l’efficienza delle indagini e la riservatezza sia delle persone intercettate occasionalmente, sia dei destinatari delle intercettazioni quando fossero state captate conversazioni relative a fatti non rilevanti per le indagini[6]. L’intervento riformatore era impellente poiché le sanzioni conseguenti alla pubblicazione arbitraria di atti processuali segreti erano, e sono, rimaste inconsistenti essendo un reato oblazionabile. Da qui, dunque, la necessità di effettuare un repentino florilegio demandato alla polizia giudiziaria. Tuttavia, tale opzione risultava impraticabile sia perché il pubblico ministero veniva di fatto esautorato in merito alle scelte probatorie, sia perché il diritto alla prova spettante all’indagato era intriso di enormi difficoltà dovendo operare un effettivo vaglio in tempi brevi su una mole di materiale. Pertanto, alla luce di tutte le predette controindicazioni, l’entrata in vigore della riforma sulle intercettazioni era stata posticipata dal Governo quale chiaro segnale di fragorose pressioni da parte dei giornalisti, supportati dall’allora Ministro della giustizia che aveva accusato la riforma Orlando di aver messo un bavaglio all’informazione.
Dunque, medio tempore, tra un rinvio e l’altro, il Governo ha adottato una controriforma differenziando i vecchi procedimenti dai nuovi; più precisamente, i procedimenti iscritti nel registro delle notizie di reato fino al 31 agosto 2020 seguono la disciplina originaria delle intercettazioni anteriore alla riforma Orlando, viceversa, i procedimenti iscritti dopo tale data sono regolati da una nuova normativa che si discosta notevolmente dalla riforma Orlando.
Si segnala, en passant, che per quanto riguarda le comunicazioni indicate dalle parti e ammesse dal Giudice vengono trascritte da un perito. Il codice del 1988 aveva collocato l’adempimento immediatamente dopo il provvedimento di acquisizione del Giudice per le indagini preliminari, ed era considerato come un difetto poiché portava a nominare un perito in un momento in cui ancora non si sapeva se la perizia sarebbe servita davvero, perché il procedimento avrebbe potuto deviare verso un giudizio abbreviato o un patteggiamento.
3. La riforma Orlando e le successive modifiche
La riforma Orlando ha allora spostato in avanti questa tappa del procedimento probatorio e l’ha impiantata nel dibattimento, dove le parti l’avrebbero dovuta innescare con una richiesta apposita. La modifica andava nella direzione giusta ma si spingeva troppo avanti e alla resa dei conti rischiava di causare ritardi; è vero che fare la trascrizione in dibattimento «non comporta necessariamente un prolungamento della fase […], perché è ben possibile che l’attività del perito si svolga contemporaneamente all’assunzione delle prove»[7] ; tuttavia, qualora il processo si fosse basato essenzialmente su intercettazioni e non avesse posto l’esigenza d’una massiccia assunzione di prove costituende, la sospensione sarebbe stata inevitabile.
S’era perciò suggerito di anticipare la trascrizione all’esito dell’udienza preliminare, in modo che il perito potesse lavorare durante i tempi morti che separano l’emissione del decreto di rinvio a giudizio dall’apertura del dibattimento[8]. Il d.l. 161/2019 ha raccolto il suggerimento: oggi la trascrizione può essere disposta «anche nel corso delle attività di formazione del fascicolo per il dibattimento» (art. 268 co. 7). La norma ha riscosso molti consensi[9] ed in effetti è costruita bene: si presti attenzione per esempio alla congiunzione «anche», che non obbliga il giudice ad attendere l’udienza preliminare ma lo lascia libero di farlo; è una cosa buona, perché può capitare che sin dall’udienza-stralcio risulti che gli elementi di prova a carico sono gravi (quindi non verrà emessa una sentenza di non luogo a procedere) e che l’addebito implica il rischio d’una condanna all’ergastolo (quindi non si potrà patteggiare né chiedere il giudizio abbreviato): in un caso simile, la nomina del perito è sicura; tanto vale farla subito.
4. Misure cautelari ed intercettazioni
Le nuove norme prevedono che una procedura speciale deve essere seguita nel caso in cui il pubblico ministero voglia utilizzare le informazioni, apprese tramite intercettazioni, per fondare, durante le indagini, una richiesta applicativa di una misura cautelare. Tale disciplina, frutto della riforma del 2017[10], è stata tendenzialmente conservata in sede di conversione, dopo aver subito una parziale eliminazione nel testo primigenio del d.l. n. 161[11]. Ai sensi dell’art. 291, comma 1, c.p.p., le misure cautelari «sono disposte su richiesta del pubblico ministero, che presenta al giudice competente gli elementi su cui la richiesta si fonda, compresi i verbali di cui all’articolo 268, comma 2, limitatamente alle comunicazioni e conversazioni rilevanti, e comunque conferiti nell’archivio di cui all’articolo 269, nonché tutti gli elementi a favore dell’imputato e le eventuali deduzioni e memorie difensive già depositate». Il pubblico ministero compie quindi una sua selezione delle intercettazioni che considera «rilevanti» ai fini dell’applicazione della cautela, con l’obbligo, però, di presentare, al di là delle sue valutazioni, tutte quelle favorevoli alla posizione difensiva. La trasmissione deve peraltro avere ad oggetto soltanto copia dei «verbali» – come sappiamo, comprendenti i “brogliacci” –, mentre le “registrazioni” restano nell’archivio ed è, in tale sede, che il giudice avrà eventualmente modo di consultarle; è questa la ragione per cui, in sede di conversione del d.l. n. 161, si è voluto precisare che il tutto deve essere già stato conferito nell’archivio[12].
Entra, infine, in gioco la difesa, chiaramente prima tenuta all’oscuro sia dell’iniziativa del pubblico ministero, sia degli elementi su cui si fondava la misura cautelare. Una volta depositati in cancelleria l’ordinanza, la richiesta e gli atti presentati, il difensore ha diritto, fra l’altro, «di esaminare e di estrarre copia dei verbali delle comunicazioni e conversazioni intercettate di cui all’articolo 291, comma 1»; inoltre, in ossequio a quanto stabilito a suo tempo dalla Corte costituzionale[13], egli «ha in ogni caso diritto alla trasposizione, su supporto idoneo alla riproduzione dei dati, delle relative registrazioni». Rispetto a quanto già previsto nel 2017, si è aggiunto che i verbali, oggetto del diritto di consultazione e copia, sono quelli presentati ex art. 291, comma 1, c.p.p. La variazione non è affatto superflua: si è così chiarito che, alla difesa, non devono essere rese disponibili solo le captazioni poste alla base dell’ordinanza cautelare, ma anche quelle che, pur indicate dal pubblico ministero, sono state scartate dal giudice e restituite, affinché tornassero nell’archivio[14].
Il dato che emerge, ad avviso di chi scrive, presenta connotati preoccupanti poiché il legislatore ha deciso di tutelare preminentemente la riservatezza delle conversazioni, tralasciando l’eventualità che una non corrispondenza tra le intercettazioni (o brogliacci) e quanto proferito dall’intercettato possa inficiare il provvedimento de libertate. Sono numerosi i procedimenti penali, soprattutto quelli con molti indagati, nei quali gli indiziati vengono sottoposti a misura cautelare a causa di intercettazioni erroneamente decifrate dagli operatori giudiziari; sul punto si possono citare decine di casi ma, per ragioni di sintesi, ricordiamo quello che è successo a seguito di una indagine sul terrorismo islamico sulla cui indagine e processo è stato scritto un libro (Quindici innocenti terroristi); una delle prove più rilevanti era costituita da intercettazioni ambientali, effettuate presso la Moschea di via Gioberti a Roma, e quando si è trattato di confermare il contenuto dei brogliacci dei Carabinieri si è constatato che le trascrizioni erano frammentarie e che la maggior parte del segnale risultava incomprensibile; l’ascolto in aula non dava nessun risultato e la perizia non confermava le ipotesi accusatorie[15].
Basti pensare che le intercettazioni di conversazioni o comunicazioni costituiscono uno dei mezzi di ricerca della prova più ricorrenti i cui risultati sono alla base delle richieste di applicazione delle misure cautelari personali. Non a caso la magistratura, inquirente e giudicante, indica le intercettazioni quale strumento imprescindibile per la lotta alla criminalità organizzata, alla corruzione ed altri reati ritenuti di particolare gravità.
Fino alla fase dibattimentale, l’indagato è costretto a confutare dati unilateralmente raccolti e trascritti dalla polizia giudiziaria senza un benché minimo controllo da parte di un esperto. L’indagato si trova nella impossibilità di poter esaminare o ascoltare i supporti magnetici prima che si svolga l’udienza d’innanzi al Tribunale del Riesame e tale deminutio capitis si verifica sia perché talune volte l’Ufficio del Pubblico Ministero non riesce ad evadere la richiesta avanzata dal difensore, sia perché l’esiguità temporale non consente al difensore di verificare, al fine di predisporre una efficace azione difensiva, la corrispondenza dei contenuti trascritti dalla Polizia Giudiziaria. Il difensore si trova a dover compiere una serie di adempimenti in uno strettissimo lasso temporale (acquisizione dei supporti magnetici, decifrazione delle intercettazioni, l’incarico da affidare ad un consulente di parte per confutare i brogliacci) che vanificano l’esercizio del diritto di difesa.
La medesima difficoltà (rectius: impossibilità) incombe sull’organo giudicante cautelare nell’ambito dei procedimenti penali con un elevato numero di indagati. La mole di imputazioni e di intercettazioni captate impediscono al Giudice di poter verificare la correttezza delle trascrizioni. A ciò si aggiunga che, qualora il Giudice versasse nella condizione di poter ascoltare le cosiddette bobine, ci sarebbe da affrontare la delicata questione delle conoscenze scientifiche che non gli appartengono, oltre all’assenza di apparecchiature idonee all’ascolto. Sul punto si segnala la dicotomia giurisprudenziale che, per un verso, ribadisce e propugna la figura del giudice peritus peritorum, e di converso, con sentenza n. 36080/2015, richiama la necessità di coinvolgere un esperto per la interpretazione dei dati captati affermando che è <<ormai obsoleta e di assai dubbia credibilità, la figura del Giudice peritus peritorum. In effetti, l’antico brocardo esprime un modello culturale non più attuale e, anzi, decisamente anacronistico, quanto meno nella misura in cui pretenda di assegnare al Giudice reale capacità di governare il flusso di conoscenze scientifiche che le parti riversino nel processo, ove invece una più realistica impostazione lo vuole del tutto ignaro dei contributi, che sono il frutto del sapere scientifico che non gli appartiene e non può – né deve – appartenergli[16]>>.
5. Considerazioni conclusive
A ben vedere ci si trova d’innanzi a due fasi processuali sbilanciate, quella delle indagini preliminari e quella del dibattimento, che trovano un equilibrio dopo l’applicazione di istituti processuali che avrebbero dovuto-potuto trovare ampio spazio già nelle fasi iniziali del procedimento penale. Infatti, solo nel corso dell’istruzione dibattimentale (nei casi più fortunati) o all’esito della stessa, sarà possibile saggiare la veridicità dei dialoghi tra i conversanti sulla base di un sapere scientifico affidato al perito.
Se la riforma legislativa avesse introdotto la possibilità di periziare le intercettazioni utilizzate per l’emissione di misure custodiale, avrebbe centrato un problema di enorme portata, garantendo un vero diritto di difesa anche in sede cautelare giacché nella medesima fase vengono utilizzate intercettazioni che sono frutto di una esclusiva percezione del trascrittore giudiziario.
Ancora una volta non è stato possibile ritrovare quella simmetria giuridica delle due fasi processuali, come se la fase cautelare fosse meno importante di quella dibattimentale; come se i periti fossero indispensabili solo per l’accertamento di una verità successiva e non immediata.
ALBERTO CAMON, Il nuovo procedimento di spoglio dei risultati delle intercettazioni;
CARLOTTA CONTI, La riservatezza delle intercettazioni nella “delega Orlando”;
LEONARDO FILIPPO, Intercettazioni: finalmente una legge! (ma in vigore a settembre);
MITYA GIALUZ, Le nuove intercettazioni;
FABIO NICOLICCHIA, I limiti alla documentazione delle comunicazioni intercettate;
ANDREA PAOLONI, I limiti alla trascrizione giudiziaria;
RICCARDO RADI, Intercettazione telefonica e comparazione fonetica: la deriva pressappochista della Cassazione;
ANTONIO VELE, Riforma delle intercettazioni, riservatezza e selezione dei dati.
[1] L’insoddisfazione era diffusa nell’opinione pubblica ma anche nelle istituzioni; si veda, per esempio, l’auspicio ad una «più puntuale selezione del materiale» contenuto nella lettera inviata il 2 aprile 2015 dal Garante per la protezione dei dati personali al Presidente del consiglio dei ministri; il documento è reperibile nel sito del Garante (www.garanteprivacy.it)
[2] Di “materia calda” parla CORDERO, privacy viziosa, in ID., L’opera italiana da due soldi, Torino 2012, pag. 44.
[3] Si vedano, in ordine cronologico, il d.d.l. C. n. 2773, presentato dal Ministro della giustizia Flick alla Camera dei Deputati il 27 novembre 1996; il d.d.l. C. n. 3612, presentato dal Ministro della giustizia Castelli alla Camera dei Deputati il 29 settembre 2005; il d.d.l. C. n. 1638, presentato dal Ministro della giustizia Mastella alla Camera dei Deputati il 14 settembre 2006; il d.d.l C. n. 1415, presentato dal Ministro della giustizia Alfano alla Camera dei Deputati il 30 giugno 2008.
[4] In proposito, v. APRATI, La delega della riforma Orlando in tema di intercettazioni, in Il libro dell’anno del diritto 2018, all’ indirizzo; BENE, La legge delega per la riforma delle intercettazioni, in SCALFATI (cur.), La riforma della giustizia penale, Torino, 2017, 289 ss.; CONTI, La riservatezza delle intercettazioni nella “delega Orlando”, in Dir. pen. cont. – Riv. Trim., 2017, 3, 78 ss.; CISTERNA, Intercettazioni: i rischi di una delega troppo generica, in Guida dir., 2017, 32, 65; FILIPPI, Molte perplessità e poche note positive nella legge delega di riforma delle intercettazioni, all’indirizzo ; ID., La legge delega sulle intercettazioni, in BACCARI – BONZANO – LA REGINA – MANCUSO (cur.), Le recenti riforme in materia penale, Padova, 2017, 525 ss.; GIORDANO, La delega per la riforma della disciplina delle intercettazioni, in MARANDOLA – BENE (cur.), La riforma della giustizia penale, Milano, 2017, 357 s.; LONATI, I criteri direttivi contenuti nella delega in materia di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, in MAZZA (cur.), Le nuove intercettazioni, Torino, 2018, 1 ss.
[5] Sul quale si vedano, oltre alle curatele di BENE, L’intercettazione di comunicazioni, Bari, 2018; GIOSTRA – ORLANDI, Nuove norme in tema di intercettazioni. Tutela della riservatezza, garanzie difensive e nuove tecnologie informatiche, Torino, 2018 e MAZZA, Le nuove intercettazioni, cit., passim, senza pretesa di completezza, BUZZELLI, Le nuove intercettazioni tra selettività arbitraria e ridimensionamento delle garanzie difensive, in La rivista di diritto dei media, 2018, 214 ss.; CAMON, Primi appunti sul nuovo procedimento d’acquisizione dei risultati delle intercettazioni, in Arch. pen., 2018, 449 ss.; CONTI, Le nuove norme sulla riservatezza delle intercettazioni: anatomia di una riforma discussa, Giur. it., 2018, 1754 ss.; FILIPPI, Attuazione della delega sulle intercettazioni. Un’altra occasione mancata in ID., Le nuove norme su intercettazioni e tabulati, Pisa, 2017; ID., Riforme attuate, riforme fallite e riforme mancate degli ultimi 30 anni. Le intercettazioni, in Arch. pen. web., 2019, 3, 17 ss., all’ indirizzo; ID., Intercettazioni: una riforma complicata e inutile, in Dir. pen. proc., 2018, 294 ss.; GIOSTRA, I nuovi equilibri, cit., 521 ss.; GIUNCHEDI, Appunti su alcune criticità della nuova disciplina delle intercettazioni, in Arch. pen., 2018, 513 ss.; MAZZA, Amorfismo legale e adiaforia costituzionale nella nuova disciplina delle intercettazioni, in Proc. pen. giust., 2018, 683 ss.; PESTELLI, Brevi note sul nuovo decreto legislativo in materia di intercettazioni: (poche) luci e (molte) ombre di una riforma frettolosa, in Dir. pen. cont., 2018/1, 169 ss., all’ indirizzo; PRETTI, Prime riflessioni a margine della nuova disciplina sulle intercettazioni, ivi, 189 ss., all’indirizzo; RENZETTI, Una riforma (radicale?) per tornare allo spirito originario della legge: la nuova disciplina acquisitiva delle intercettazioni tra legalità, diritto vivente e “soft law”, all’ indirizzo; VELE, Riforma delle intercettazioni, riservatezza e selezione dei dati, in Proc. pen. giust., 2019, 1526 ss.; VERGINE, La riforma della disciplina delle intercettazioni: un valzer con un’orchestra scordata, ivi, 2018, 787 ss.
[6] Per un esame dettagliato della riforma Orlando, si veda C. Conti, Le nuove norme sulla riservatezza delle intercettazioni: anatomia di una riforma discussa, in Giur.it., Speciale, 2018, 1754, con ampiezza di richiami bibliografici.
[7] Corte Cost., 20.07.2012, n. 204.
[8] A. Camon, Primi appunti, cit., 772; Id., Forme, destinazione e regime della documentazione, cit. 90.
[9] Cfr. G. Amato, Avviso di deposito esteso ai difensori di tutte le parti, in GD 2020 (13), 54; F. Caprioli, La procedura di filtro, cit., 1401; C.S.M., op. cit., 16; F. Curcio, op. cit., 3; L. Filippi, D.l. intercettazioni, cit.; Id., Intercettazioni: finalmente una legge! cit.; Id., Intercettazioni: habemus legem, cit., 460; Id., Intercettazioni: indietro tutta! in Penale. Diritto e procedura (https://penaledp.it/), 24.1.2020.
[10] Sulla disciplina introdotta nel 2017, cfr., fra gli altri, CAMON, Primi appunti sul nuovo procedimento d’acquisizione dei risultati delle intercettazioni, in Arch. pen., 2018, Suppl. al n. 1, La giustizia penale riformata, 463; GIULIANI, Intercettazioni, tutela della riservatezza e procedimento de libertate, in GIOSTRA – ORLANDI (cur.), Nuove norme in tema di intercettazioni. Tutela della riservatezza, garanzie difensive e nuove tecnologie informatiche, Torino, 2018, 31 ss.; VELE, Riforma delle intercettazioni, riservatezza e selezione dei dati, in Proc. pen. giust., 2019, 1537 ss.
[11] Per approfondimenti, v. PESTELLI, La controriforma delle intercettazioni, cit., 139 ss. V. anche AMATO, Avviso di deposito esteso a tutti i difensori, cit., 56, il quale afferma che, nel testo originario del d.l. n. 161, «la posizione della difesa era stata invece totalmente trascurata»; PARODI, Il nuovo decreto intercettazioni: le indicazioni sulla riservatezza, all’ indirizzo; SCALFATI, Intercettazioni: spirito autoritario, propaganda e norme inutili, in Arch. pen. web, 2020, 1, 3 s., all’ indirizzo.
[12] Cfr. CAPRIOLI, La procedura di filtro delle comunicazioni rilevanti, cit., 1413, il quale afferma che questa disposizione è volta «a scongiurare ogni utilizzo di materiali captativi che non siano custoditi nell’archivio digitale».
[13] Cfr. Corte cost., 8 ottobre 2008, n. 336.
[14] Si veda, in questo senso, CAPRIOLI, La procedura di filtro delle comunicazioni rilevanti, cit., 1414.
[15] Limiti alla trascrizione giudiziaria, Andrea Paoloni.
[16] Cass. pen., sez. V, n. 36080/2015.
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