La “riserva di nomina” e la trascrizione del contratto per persona da nominare
Nel corso degli anni il contratto per persona da nominare è stato oggetto di notevole diffusione, diverse sono le motivazioni. In primo luogo, l’esigenza pratica di garantire l’anonima partecipazione ai pubblici incanti alle persone di rango elevato sociale; in secondo luogo, l’esigenza di segretezza del terzo; ad ogni modo, la necessità più sentita è quella di evitare, grazie alla produzione retroattiva degli effetti in capo alla persona nominata (art. 1404 cod. civ.), il doppio trasferimento della posizione contrattuale e la conseguente duplice imposizione tributaria. Al fine di impedire abusi, la legislazione fiscale ha imposto il breve termine di tre giorni per sciogliere la riserva, trascorso il quale l’atto di nomina è considerato, con presunzione, un nuovo atto di trasferimento.
Il codice vigente delinea il contratto per persona da nominare come uno schema negoziale di applicazione tendenzialmente generale, mediante il quale una parte (lo stipulante), nel concludere un contratto, può riservarsi (con apposita clausola espressa: la “riserva di nomina”) la “facoltà” di designare successivamente la persona che, se validamente nominata, deve acquistare i diritti e assumere gli obblighi nascenti dal contratto stesso, con effetto dal momento in cui questo fu concluso (artt. 1401-1404 cod. civ.). In caso di mancata, invalida o inefficace nomina gli effetti si produrranno, ai sensi dell’art. 1405 cod. civ., in capo ai contraenti originari. Il potere di nomina assume i caratteri di un diritto potestativo, l’esercizio del quale denota la soggezione del promittente. Quest’ultimo, inoltre, autorizzando la nomina, assume il rischio dell’insolvenza del terzo, salvo risarcimento ove dimostri il dolo o la colpa grave dello stipulante nell’indicare una persona “ab initio” insolvente. In linea di principio, la libertà dello stipulante circa la scelta del terzo non esclude che le parti possano fissare dei limiti convenzionali all’esercizio del potere di nomina. Un limite legale sembra previsto nella normativa di tutela del consumatore ove si presumono vessatore, fino a prova contraria, le clausole che hanno per oggetto o per effetto quello di consentire al professionista di sostituire a sé o a un terzo nei rapporti derivanti dal contratto, anche nel caso di preventivo consenso del consumatore, qualora risulti diminuita la tutela dei diritti di quest’ultimo. Pertanto, l’efficacia della dichiarazione di nomina risulta condizionata alla solvibilità, affidabilità e idoneità professionale della persona designata. Il perfezionamento del contratto per persona da nominare tra i contraenti originari e la produzione retroattiva degli effetti in capo all’”electus” inducono la dottrina a reputare che i requisiti di validità ed efficacia (capacità, libertà del volere e legittimazione) debbano essere presenti in ognuna delle parti sin dal momento della conclusione del contratto. La dichiarazione di nomina è atto unilaterale che presenta, secondo l’opinione prevalente, natura negoziale e funzione complementare e integrativa del contratto. Essa è una dichiarazione recettizia, nel senso che deve essere comunicata all’altra parte nel termine legale (tre giorni dalla stipulazione del contratto) o convenzionale (art. 1402 c.c.). La dichiarazione non ha effetto se non è accompagnata dall’accettazione della persona nominata o se non esiste una procura anteriore al contratto. Procura e accettazione sono considerate, pertanto, condizioni di efficacia della nomina in quanto legittimano lo stipulante ad ingerirsi, con la sua dichiarazione di volontà, nella sfera giuridica del terzo. Inoltre, per entrambe, l’art. 1403 c.c. esige l’osservazione di un requisito formale: esse “non hanno effetto se non rivestono la stessa forma che le parti hanno usato per il contratto” (c.d. principio di simmetria delle forme). L’onere della forma per relationem è spiegato con la funzione integrativa dei singoli atti del procedimento di nomina.
In relazione al problema della trascrivibilità del contratto “de quo”, l’art. 1403, comma secondo, c.c., stabilisce che “se per il contratto è richiesta a determinati effetti una forma di pubblicità deve, agli stessi effetti essere resa pubblica anche la dichiarazione di nomina, con l’indicazione dell’atto di procura o dell’accettazione della persona nominata”. Sul punto è opportuno precisare che la norma (occupandosi di pubblicità immobiliare) allude alla necessità di rendere pubblica, con la trascrizione, la dichiarazione di nomina e non prescrive, invece, la necessità di rendere pubblica la clausola di riserva di nomina. Pertanto, la pubblicità della riserva di nomina costituisce un tema controverso che divide la dottrina. Secondo un primo indirizzo, in relazione ai contratti soggetti a trascrizione, la riserva di nomina deve essere menzionata nella nota di trascrizione del contratto per persona da nominare. Poiché la dichiarazione di nomina produce effetti assimilabili a quelli di una condizione risolutiva dell’acquisto dello stipulante, dovrebbe potersi applicare estensivamente alla clausola di riserva di nomina l’art. 2659, ultimo comma, c.c. (il quale prevede l’annotazione dell’esistenza della condizione al momento della trascrizione del contratto). In difetto della menzione della riserva di nomina nella nota di trascrizione del contratto per persona da nominare, l’”electus” potrà prevalere soltanto sui creditori e sugli aventi causa dallo stipulante che abbiano trascritto successivamente alla trascrizione della dichiarazione di nomina. Per un secondo indirizzo, alla luce dell’argomento letterale semantico, la clausola di riserva di nomina non è trascrivibile poiché la legge non prevede esplicitamente tale ipotesi. In tale contesto che si è pronunciata, per la prima volta, e in assenza di precedenti giurisprudenziali, la Cassazione con la sentenza n. 1797 del 4 gennaio 2017. La Corte, infatti, è stata chiamata ad esaminare il problema della operatività dell’effetto prenotativo della trascrizione del preliminare (ai sensi dell’art. 2645 bis, c.c.), nel caso di contratto preliminare per persona da nominare, in cui nella nota di trascrizione non sia stata resa pubblica la clausola di riserva di nomina. Sul punto, la Corte d’Appello di Milano aveva statuito, con sentenza n. 460 del 2012, che la riserva di nomina doveva essere resa pubblica col sistema della trascrizione e che, in mancanza di tale menzione nel contratto preliminare, l’unico beneficiario dell’effetto prenotativo sarebbe stato lo stipulante. A favore di questo approccio vi sarebbe la considerazione per cui, affinché la trascrizione del contratto preliminare possa produrre effetti prenotativi della trascrizione del contratto definitivo, è necessaria una precisa correlazione tra il contenuto del contratto preliminare e il contenuto del contratto definitivo, il cui accertamento va effettuato avendo riguardo solamente alla nota di trascrizione. Grazie a quest’ultima, infatti, i terzi e i creditori dello stipulante sono messi in grado di conoscere le vicende e i contenuti del contratto reso pubblico. La Corte di Cassazione ha ritenuto che, affinché, in un contratto per persona da nominare, il c.d. “electus” possa godere degli effetti prenotativi del preliminare – anche quanto alle ipoteche iscritte contro il promittente alienante tra la trascrizione del preliminare suddetto e del contratto definitivo – è necessario, ma sufficiente, che la dichiarazione di nomina sia trascritta entro il termine stabilito nel preliminare, e comunque, entro quello ex art. 2645-bis, comma 3, c.c., non occorrendo, altresì, che la riserva di nomina risulti dalla nota di trascrizione del preliminare. A fondamento della sua decisione ha richiamato l’argomento sistematico, intenzionalistico teleologico nonché l’argomento letterale.
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