La sentenza 9897/2023 del Consiglio di Stato, tra libertà di culto religioso e diritto alla salute

La sentenza 9897/2023 del Consiglio di Stato, tra libertà di culto religioso e diritto alla salute

di Michele Di Salvo

Il 20 novembre 2023 con la sentenza n. 9897 il Consiglio di Stato è intervenuto in materia di libertà di culto religioso e diritto alla salute, per dirimere una questione in merito all’utilizzo di una sostanza psicotropa nel contesto di un rito religioso.

In sintesi il CdS ha da un lato riconosciuto “inconferenti ed irrilevanti i profili di incostituzionalità del divieto di utilizzo dell’ayahuasca nell’ambito religioso del “Santo Daime” in quanto “L’interesse religioso all’uso della bevanda denominata “Santo Daime” potrebbe ricevere riconoscimento e tutela, non attraverso la domanda di annullamento del d.m. del 23 febbraio 2023 nella sua interezza, bensì attraverso il conseguimento, in presenza dei presupposti, di un’apposita deroga autorizzativa all’uso controllato, in un contesto rituale, di minime quantità di ayahuasca diluita nella suddetta bevanda.

In questi termini, il diritto di professare la propria religione viene bilanciato con le prioritarie esigenze di tutela dell’ordine pubblico e con il diritto alla salute.

Ed ha aggiunto che “È pieno il sindacato giurisdizionale sulla discrezionalità tecnica esercitata dall’amministrazione, soprattutto quando i campi del sapere ai quali fa rinvio la norma incompleta e ai quali deve attingere l’amministrazione ai fini del provvedere appartengano all’area delle scienze esatte, suscettibili di prova sperimentale ripetibile, e non all’area delle scienze sociali o scienze umane, che presentano, invece, margini molto ampi di opinabilità.

(Nella fattispecie in esame, la sezione ritiene che il giudizio tecnico-scientifico svolto dall’amministrazione, sulla base dei pareri dell’ISS e del Consiglio superiore di sanità, riferito all’ayahuasca, circa la capacità delle suddette sostanze di produrre effetti sul sistema nervoso centrale e determinare dipendenza fisica o psichica, non sia infirmato dalle deduzioni e produzioni di parte appellante, riferite essenzialmente all’assenza di tali effetti nella bevanda denominata “Santo Daime”).

Le parti ricorrenti sono la Chiesa Italiana del Culto Eclettico della Fluente Luce Universale – ICEFLU Italia, con l’intervento ad adiuvandum del Centro Espírita Beneficente União Do Vegetal in Italia, o UDV-Italia per la riforma «della Sentenza del TAR Lazio, Sez. Terza Quater, n. 6031/2023 del 7 aprile 2023, con la quale è stato respinto il ricorso proposto avverso il Decreto del Ministero della Salute 23 febbraio 2022, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 61 del 14 marzo 2022, nella parte in cui (art.1) ha inserito “nella tabella I del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990 n. 309 e successive modificazioni” le seguenti “piante ed loro componenti attivi: Ayahuasca, estratto, macinato, polvere (denominazione comune)”, le ulteriori disposizioni del decreto con le quali è stata aggiornata la tabella I del testo unico ed apposto specifico richiamo riferito all’Ayahuasca

Questa la ricostruzione del fatto da parte del Consiglio di Stato

La Chiesa Italiana del Culto Eclettico della Fluente Luce Universale – Iceflu Italia, associazione civile di carattere religioso e filantropico senza scopo di lucro, che professa la fede e la carità cristiana basata sulla dottrina del “Santo Daime”, ha proposto appello avverso la sentenza n. 6031/2023 del 7 aprile 2023 con la quale il Tar del Lazio, sez. III-quater, ha respinto il ricorso (RG n. 13589/22) diretto avverso il decreto del Ministero della salute 23 febbraio 2022, nella parte in cui (art. 1) ha inserito “nella tabella I del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990 n. 309 e successive modificazioni” (tabella contenente l’indicazione delle sostanze stupefacenti e psicotrope) le seguenti “piante ed loro componenti attivi: Ayahuasca, estratto, macinato, polvere (denominazione comune)”.

Ha esposto in fatto la ricorrente che la “bevanda sacramentale Santo Daime” – considerata dai fedeli aderenti all’ente ricorrente “una manifestazione del sangue di Nostro Signore Gesù Cristo la cui assunzione rituale (equivalente al sacramento della comunione nella Chiesa cattolica)”, imprescindibile all’interno delle funzioni religiose dell’Iceflu, in quanto necessaria per l’esercizio del culto – è preparata attraverso la decozione in acqua di due piante della foresta amazzonica: i fusti della liana Banisteriopsis caapi e le foglie dell’arbusto Psychotria viridis, e deriva dalla tradizione indigena pluri-secolare di alcune tribù del bacino della foresta amazzonica, dove è conosciuta con diversi nomi indigeni, tra cui il più diffuso è “ayahuasca”.

Sempre in fatto ha aggiunto l’Ente esponente che il “Santo Daime”, consumato esclusivamente nelle cerimonie dell’Iceflu Italia secondo uno specifico protocollo, proviene dall’Iceflu Brasile e rispetta tutte le norme della disciplinare del Governo brasiliano, e che da circa cinquant’anni l’ayahuasca è studiata a livello scientifico e nei decenni si sono intensificati gli studi a livello multidisciplinare: botanica, antropologia, farmacologia, medicina, psicologia, sociologia e diritto, in base ai quali risulta come nelle oltre cinquantamila assunzioni registrate in trentadue anni di attività in Italia, non si sia mai registrato un singolo caso di problema di salute o di ordine pubblico, sicché l’uso controllato, anche in un contesto religioso come nel caso del “Santo Daime”, non solo non sembra presentare rischi per la salute e l’ordine pubblico, ma addirittura può favorire miglioramenti nel benessere generale delle persone che frequentano queste cerimonie.

Il Tar del Lazio ha respinto il ricorso (compensando le spese) sul rilievo che l’art. 14, comma 2, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 prevede che, oltre a tutte le sostanze e i preparati indicati nelle convenzioni e negli accordi internazionali, le tabelle devono contenere anche le sostanze e i prodotti che sono indicati in base a nuove acquisizioni scientifiche. Ha poi respinto le censure di difetto di istruttoria sulla constatazione che il decreto impugnato è stato emesso previa acquisizione dei pareri dell’Istituto superiore di sanità (ISS) e del Consiglio superiore di sanità (CSS), ossia le due più importanti e prestigiose istituzioni tecnico-sanitarie dell’ordinamento nazionale in materia sanitaria, che, al riguardo, hanno evidenziato la natura allucinogena e di sostanze psicoattive dell’ayahuasca e dell’armina e dell’armalina nonché, entro gli indicati limiti, la loro tossicità e la ricorrenza del loro uso sul territorio nazionale.

Difetterebbero nel caso dell’ayahuasca i presupposti stabiliti dall’art. 14 del d.P.R. n. 309 del 1990, ossia la capacità della sostanza di produrre “effetti sul sistema nervoso centrale” e “di determinare dipendenza fisica o psichica”, non avendo la predetta sostanza “potere tossicomanigeno” e non essendo mai stata “oggetto di abuso” (come sarebbe dimostrato dalle perizie scientifiche depositate nel fascicolo di primo grado, che comprovano l’assenza di dipendenza e tolleranza per chi utilizza l’ayahuasca, una buona tollerabilità ed un basso rischio di abuso).

Il provvedimento impugnato presenterebbe un ulteriore profilo di difetto di istruttoria e carenza dei presupposti lì dove fa riferimento, a giustificazione dell’inserimento delle sostanze sopra indicate nella tabella I del testo unico, a presunte “informazioni estrapolate dalla letteratura internazionale”, letteratura internazionale che in realtà affermerebbe esattamente il contrario di quanto sostenuto dall’Amministrazione, così come evidenziato nelle perizie … esisterebbe una significativa regolamentazione internazionale dell’ayahuasca negli Stati Uniti, dove la Corte Suprema ha dichiarato nel 2004 che il Governo statunitense non può ledere il diritto di culto con restrizioni dell’uso rituale di ayahuasca, dal momento che non vi è prova di rischi per la salute e l’ordine pubblico nell’uso controllato in contesto religioso.

Il Tar avrebbe erratamente escluso la possibilità di riconoscere tutela all’uso religioso dell’ayahuasca, così come ha escluso la possibilità che vi sia un controllo pubblico di tali cerimonie.

La parte appellante ha infine prospettato taluni profili di incostituzionalità del divieto di utilizzo dell’ayahuasca nell’ambito religioso del “Santo Daime” (per violazione degli artt. 3, 8 e 19 della Costituzione, che ridonderebbe anche nella lesione dei diritti inviolabili della persona di cui all’art. 2) e ha criticato la statuizione resa in proposito dal Tar, che ha ritenuto non fondata tale questione affermando che la libertà di culto può trovare limitazioni in presenza della necessità di tutelare diritti fondamentali, quale quello alla salute (richiamando al riguardo la pronuncia della CEDU n. 28167/2007, che ha respinto, in ragione della tutela della salute pubblica, la pretesa violazione dell’art. 9 della Convenzione in presenza proprio di divieto all’uso dell’ayahuasca nelle cerimonie religiose); secondo la parte appellante la decisione della CEDU richiamata dal Tar sarebbe superata a livello scientifico dalle pubblicazioni successive e sarebbe comunque non condivisibile perché riferita al rischio per la salute derivante dalla DMT (dimetiltriptammina), con richiamo all’ayahuasca solo in quanto contenente DMT.

Nel merito il Consiglio così motiva la sua decisione di rigetto del ricorso

L’impugnativa, così come proposta dalla Chiesa appellante, intesa a conseguire l’annullamento del decreto del Ministero della salute del 23 febbraio 2023 nella parte in cui dispone l’inserimento nella tabella I di cui al d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 della “Ayahuasca, estratto, macinato, polvere (denominazione comune), ecceda l’esigenza di tutela rappresentata dalla parte ricorrente, chiaramente intesa a conseguire un’autorizzazione all’uso controllato non già delle sostanze previste dal punto 1 del dispositivo del decreto impugnato, in quanto tali, ma esclusivamente il preparato, a base di ayahuasca, denominato “Santo Daime”, consumato esclusivamente nelle cerimonie dell’Iceflu Italia secondo uno specifico protocollo, proveniente dall’Iceflu Brasile e rispettosa di tutte le norme della disciplinare del governo brasiliano. Ed invero “ICEFLU ha immediatamente avviato un confronto con il Ministero chiedendo una deroga, anche solo temporanea in via sperimentale, sotto controllo dell’autorità di Pubblica Sicurezza e Sanitaria, per l’uso controllato in contesto religioso e sacramentale del decotto”.

Nel sistema del d.P.R. n. 309 del 1990 l’inserimento delle sostanze nelle tabelle di cui agli artt. 13 e 14 non implica di per sé un divieto assoluto di uso controllato delle predette sostanze, ma esclusivamente la sottoposizione di tali sostanze alla vigilanza e al controllo del Ministero della salute. Ed infatti il Titolo II (Delle autorizzazioni), nell’art. 17 (Obbligo di autorizzazione), ammette, alle condizioni indicate dalla legge, l’autorizzazione, da parte del Ministero della salute, della coltivazione, produzione, fabbricazione, impiego, importazione, etc. delle sostanze stupefacenti o psicotrope comprese nelle tabelle di cui all’articolo 14.

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Significativamente la parte appellante ha molto insistito, sia nel ricorso in appello che nelle memorie difensive, nonché in sede di discussione della causa nell’udienza pubblica del 9 novembre 2023, sul fatto che il “Santo Daime” contiene una quantità minima di ayahuasca, fortemente diluita, di gran lunga inferiore al limite indicato come tossico – 4ml/kg – dall’Istituto superiore di sanità… evidenzia, ad esempio, che “Sebbene l’ayahuasca sia psicoattiva, ciò non significa che le dosi che di solito vengono ingerite durante le sessioni producano tossicità organica o cerebrale. Secondo la scienza della tossicologia, la dose minima psicoattiva non dovrebbe essere equivalente alla dose tossica, se per tossicità si intende la capacità di una sostanza di indurre un danno ad un organismo attraverso le sue proprietà chimiche dopo essere stata a contatto con l’organismo”… e aggiunge, inoltre, significativamente, che “Se durante le cerimonie se ne beve una tazzina da caffè con presenza dello 0,05% di DMT non si può sostenere che la Bevanda abbia lo stesso effetto della DMT pura (100%), appunto allucinogenico”, per poi concludere che “In altre parole, l’effetto allucinogenico dipende da: i) modalità di assunzione e tempo di assorbimento (nasale/endovenosa vs orale + digestione); ii) percentuale di presenza degli alcaloidi (100% vs 0,05% nel caso del Santo Daime usato nei rituali dell’ICEFLU Italiana); iii) dosaggio (come già detto le dosi nelle cerimonie sono di gran lunga inferiori come quantità di armalina e armina rispetto al limite indicato come tossico – 4ml/kg – da ISS)”.

[…] la parte appellante significativamente afferma che “Il Giudice di primo grado, in sostanza, erra nel giustificare il decreto ministeriale dal momento che questo proibisce anche quello che, per quantità e dosaggio, non è allucinogeno; basti considerare, ad esempio, che l’alcol non è vietato ma, in alcune occasioni, ove abusato o in particolari soggetti, può essere allucinogeno (mentre l’ayahuasca non lo è). In ogni caso, anche ammessa (e non concessa) la tesi dei possibili effetti allucinogeni, il decreto impugnato in primo grado è illegittimo laddove vieta l’ayahuasca in maniera totale e indiscriminata, senza prevedere che, al di sotto di una specifica quantità e dosaggio, la sua assunzione non provoca certamente effetti tossici o allucinogeni così come implicitamente ammesso nei pareri dell’ISS e del Consiglio Superiore di Sanità”.

[…] la parte appellante si riferisce poi più specificamente “all’utilizzo dell’ayahuasca nel rito religioso” e lamenta che il Tar abbia “del tutto escluso la possibilità di riconoscere tutela all’uso religioso dell’ayahuasca così come ha escluso la possibilità che vi sia un controllo pubblico di tali cerimonie. L’ISS, ad esempio, indica come dose tossica per uso orale di armina la quantità di 4 mg/kg. Ebbene, nell’uso rituale del Santo Daime, le quantità sono di gran lunga inferiori. Può, dunque, sostenersi con certezza che nell’uso controllato religioso del Santo Daime (o in altri usi come quello terapeutico) le dosi servite sono molto al di sotto della dose di tossicità per l’ayahuasca nel suo complesso (ed anche per DMT e armina singolarmente)”.

E specifica il Consiglio – citando ampiamente le memorie del ricorrente – che:

Ciò che l’Iceflu avrebbe dovuto contestare non è tanto l’intero disposto del d.m. del 23 febbraio 2023, nella parte in cui prevede l’inserimento nella tabella I del d.P.R. n. 309 del 1990 della “Ayahuasca, estratto, macinato, polvere (denominazione comune), ma solo l’eventuale diniego di autorizzazione o di deroga da parte del Ministero in relazione all’uso controllato in un contesto religioso della bevanda denominata “Santo Daime” (o l’eventuale silenzio serbato dal Ministero sulla relativa domanda). È rivelatore sul punto quanto affermato in appello, nel già richiamato passo di pagg. 19-20, dove si dice chiaramente che “il decreto impugnato in primo grado è illegittimo laddove vieta l’ayahuasca in maniera totale e indiscriminata, senza prevedere che, al di sotto di una specifica quantità e dosaggio, la sua assunzione non provoca certamente effetti tossici o allucinogeni così come implicitamente ammesso nei pareri dell’ISS e del Consiglio Superiore di Sanità”.

Emerge, dunque, che la tesi e le argomentazioni di parte ricorrente non conducono alla prova dell’insussistenza dei presupposti per il contestato aggiornamento della tabella ministeriale in relazione all’ayahuasca in sé considerata, ma potrebbero eventualmente condurre a una siffatta prova solo relativamente al preparato “Santo Daime”, nel quale l’ayahuasca risulterebbe molto diluita. La pretesa di parte ricorrente mira dunque a ottenere un’eccezione per il “Santo Daime”, ma non contesta adeguatamente le proprietà allucinogene dell’ayahuasca. Parte ricorrente, in altri termini, avrebbe dovuto chiedere un’eccezione per l’uso controllato del “Santo Daime” anziché contestare l’inserimento nella tabella ministeriale dell’ayahuasca in sé considerata.

Se, infatti, stando alla ora riferita prospettazione della Chiesa appellante, il “Santo Daime” potrebbe in astratto essere valutabile sul piano autorizzativo, risulta invece difficile negare, che le sostanze suddette, inserite nella I tabella del d.P.R. n. 309 del 1990, in sé considerate e se assunte in quantità maggiori rispetto a quella del preparato “Santo Daime”, siano prive di quelle caratteristiche che ne giustificano e ne consentono l’inserimento (ossia che possano produrre “effetti sul sistema nervoso centrale” e “determinare dipendenza fisica o psichica dello stesso ordine o di ordine superiore a quelle precedentemente indicate” (nella tabella I, lettera a), numeri da 1) a 3) o possano “provocare allucinazioni o gravi distorsioni sensoriali”). In ogni caso la pretesa di pervenire a una siffatta dimostrazione eccede l’interesse tutelabile, per come dischiarato dalla stessa parte ricorrente.

[…] Parimenti condivisibile e non meritevole delle censure dedotte in appello deve giudicarsi quanto sostenuto dal Tar a proposito della nozione di “nuove acquisizioni scientifiche”, nella quale ben possono rientrare anche “studi riportati nella letteratura in materia che comprovino la ricorrenza dei relativi presupposti come declinati nell’art.14 del d.P.R, pure con riferimento a sostanze già note e/o delle quali eventualmente si sia modificata nel tempo la modalità di consumo e/o in relazione alle quali, comunque, si sia profilato un potenziale rischio per la salute”, mentre non è condivisibile la tesi restrittiva perorata dalla parte appellante, a detta della quale con il concetto di “nuove acquisizioni scientifiche” ci si dovrebbe riferire esclusivamente all’eventuale comparsa sul mercato di nuove molecole ad azione psicotropa non ancora incluse nelle tabelle ministeriali delle sostanze stupefacenti, ovvero a nuovi studi scientifici relativi ad una sostanza il cui utilizzo è ormai consolidato sul territorio da molti anni, come è il caso dell’ayahuasca, che siano in grado di superare un precedente orientamento scientifico, non bastando a tal fine generici “studi riportati nella letteratura in materia” o presunte “informazioni estrapolate dalla letteratura internazionale”. La rilevanza e l’utilità, ai fini di cui alla norma della cui si applicazione si tratta, di “studi riportati nella letteratura in materia” o delle “informazioni estrapolate dalla letteratura internazionale” non può certo essere a priori esclusa, a nulla rilevando in contrario il fatto che a tali studi se ne possano contrapporre altri, come avverrebbe nel caso in esame. Il giudizio tecnico-scientifico svolto dall’Amministrazione, sulla base dei pareri dell’ISS e del Consiglio superiore di sanità, riferito alla sostanza e ai preparati denominati piante ed i loro componenti attivi: Ayahuasca, estratto, macinato, polvere (denominazione comune), desunto dai predetti studi riportati nella letteratura in materia, circa la capacità delle suddette sostanze di produrre “effetti sul sistema nervoso centrale” e “determinare dipendenza fisica o psichica dello stesso ordine o di ordine superiore a quelle precedentemente indicate” o di “provocare allucinazioni o gravi distorsioni sensoriali”, non è infirmato dalle deduzioni e produzioni di parte appellante, riferite, come già detto, essenzialmente all’assenza di tali effetti non già nelle predette sostanze in quanto tali, bensì nella bevanda denominata “Santo Daime”, che presenterebbe una forte diluzione e una scarsa concentrazione di quelle medesime sostanze.

[…] non è attraverso la (sovradimensionata) domanda di annullamento del d.m. 23 febbraio 2023 nella sua interezza che può ricevere tutela il preteso uso religioso della bevanda denominata “Santo Daime”, ma è, se del caso e ove ne ricorrano i presupposti, attraverso il conseguimento di un’apposita deroga autorizzativa all’uso controllato, in un contesto rituale, di minime quantità di ayahuasca diluita nella suddetta bevanda, che il predetto interesse religioso potrebbe ricevere riconoscimento e tutela.

Il profilo dedotto risulta comunque manifestamente infondato, dovendosi il diritto di professare la propria religione (egualmente libera davanti alla legge, ai sensi del primo comma dell’art. 8 della Costituzione) confrontare e bilanciare con le prioritarie esigenze di tutela dell’ordine pubblico (poiché il secondo comma del citato art. 8 ammette il diritto delle confessioni religiose diverse dalla cattolica di organizzarsi secondo i propri statuti, ma solo “in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano”) e con il diritto alla salute (riconosciuto dall’art. 32 Cost. quale “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”).

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La sentenza del Consiglio di Stato è interessante e rilevante sotto molti profili.

Da un punto di vista tecnico, del riferimento normativo, appare centrale il rilievo del CdS in merito alla scelta degli attori, quando afferma che “Ciò che l’Iceflu avrebbe dovuto contestare non è tanto l’intero disposto del d.m. del 23 febbraio 2023, nella parte in cui prevede l’inserimento nella tabella I del d.P.R. n. 309 del 1990 della “Ayahuasca, estratto, macinato, polvere (denominazione comune), ma solo l’eventuale diniego di autorizzazione o di deroga da parte del Ministero in relazione all’uso controllato in un contesto religioso della bevanda”.

Da un punto di vista della tutela degli interessi, il CdS entra nel merito dell’equilibrio tra valori costituzionali (libertà di culto religioso e diritto alla salute) appena incidentalmente – il tanto che deve per ragioni di completezza della sentenza – facendo leva sui ben più ampi profili argomentativi su cui motivare.

E in qualche modo “bene fa” perché – se leggiamo con attenzione la sentenza – ci accorgiamo che è stata “mal rubricata”, nel senso che qui non entra direttamente in gioco il diritto alla libertà religiosa, in quanto nulla e nessuno sta impedendo – in fatto e in diritto – l’appartenenza o la professione di fede della “Chiesa Italiana del Culto Eclettico della Fluente Luce Universale”, ma solo “il modo” ed in particolare una parte (seppur rilevante) del rito.

Ecco che invece “il modo” diviene oggetto di intervento – si badi – non costituzionale o legislativo – ma amministrativo, a indicare che è “nelle forme di espressione di una specifica ritualità” che si insinua il bisogno di bilanciare interessi diversi.

Se diversamente avesse scelto di fare – per restare sul tema del rapporto diritto alla salute / diritto alla libertà religiosa – il CdS sarebbe entrato in una diversa dimensione, e per analogia estensiva avrebbe aperto le porte a discutere ad esempio di principi religiosi applicati, come il rapporto tra diritto alla libertà religiosa e le trasfusioni di sangue per chi sin professa Testimone di Geova (anche nel caso di esercizio della patria potestà su un minore a rischio di vita).

Il caso di specie, se vogliamo ampliare il piano visuale – appare simile alla consolidata applicazione degli artt. 26-27 T.U.L.P.S. alle ipotesi di funerali di mafiosi [si veda Fabio Balsamo “Pubblica sicurezza e tutela dell’autonomia confessionale. Riflessioni a partire dalla negazione delle pubbliche esequie per i mafiosi” in “Stato, Chiese e pluralismo confessionale” (www.statoechiese.it), n. 41/2016].

Il piano del rapporto tra libertà religiosa e diritto alla salute – quando in conflitto – si pone su un piano differente rispetto a quello amministrativo cui semmai spetta la dimensione delle modalità attuative del rito religioso, nel bilanciamento dei pubblici interessi da tutelare.


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