La soglia di punibilità quale elemento essenziale nei reati di omesso versamento

La soglia di punibilità quale elemento essenziale nei reati di omesso versamento

COMMENTO A SENTENZA

(CORTE DI CASSAZIONE N. 9963 DEPOSITATA IL 16.03.2020)

  • Dott. Lapalorcia – Rel. Dott. Di Nicola –

 

MASSIMA: “Nell’articolo 10-bis d.lgs. n. 74 del 2000 e nelle fattispecie analoghe che condividono la stessa struttura quanto agli enunciati di tipicità che caratterizzano la fattispecie incriminatrice, la soglia di punibilità rientra tra gli elementi costitutivi del reato e non tra le condizioni obiettive di punibilità”.

Con la Sentenza in epigrafe, la Terza Sezione penale della Suprema Corte ha espresso un importante principio di diritto in relazione ad una specifica ipotesi di reato in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto prevista dal D. Lgs. 10 marzo 2000 n. 74.

Più dettagliatamente, la Vexata Quaestio prende le mosse dal ricorso promosso da un Amministratore delegato di una Società che opera nel settore della produzione di gomme per biciclette avverso la Sentenza della Corte d’Appello di Brescia la quale, conformandosi alla Pronuncia di primo grado emessa dal Tribunale di Bergamo, lo condannava alla pena di mesi 10 di reclusione per il reato di cui all’art. 10-bis del summenzionato Decreto, avendo egli omesso di versare le ritenute alla fonte sugli emolumenti corrisposti per l’anno d’imposta 2008, per un ammontare pari a circa €.132.374,00.

In particolare, il ricorrente, a cagione dei fatti in contestazione, evidenziava come il capo di imputazione non dovesse essere più riconosciuto come penalmente rilevante, dal momento che la soglia di punibilità per l’omesso versamento di ritenute certificate ex art. 10-bis del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, fosse passata da €.50.000 a €.150.000 con l’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 158 del 24 Settembre del 2015, dando conseguenza alla non configurabilità del reato.

Invero, il Collegio giudicante, partendo dal disposto normativo testè citato, con il quale si sanziona con la reclusione da due a sei anni: “Chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a centocinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta”, precisa come il modello legale della fattispecie incriminatrice sia stato ridimensionato in via estensiva, così da elevare la soglia di punibilità per l’appunto da €.50.000 a €.150.000.

Tuttavia l’iter logico argomentativo seguito dai Giudici della Legittimità non mira soltanto a definire il caso giurisprudenziale ex sé, ma offre importanti spunti critici di riflessione.

La Sentenza, volontariamente, si sofferma sulle annose problematiche che riguardano la natura giuridica delle soglie di punibilità, smentendo talune precedenti ipotesi giurisprudenziali.

Essa parte dal presupposto che il minimo comune denominatore tra le varie ipotesi incriminatrici di omesso versamento e/o ritenute di cui al D. Lgs. n. 74 del 2000 si sostanzia sì nella relativa struttura tipica, ma soprattutto negli elementi costitutivi dei reati stessi, annoverandovi il superamento della soglia di punibilità, che va a contrapporsi, e non di poco, alle condizioni obiettive di punibilità.

E’ evidente quindi come il peso della soglia in questo frangente ricopra un ruolo estremamente importante, tanto che Autorevole Dottrina osserva come: “Ciò che va investigato è il ruolo della soglia, sia quale elemento (eventuale) di scomposizione analitica all’interno della struttura dell’illecito inteso come proposizione formale, sia come caratteristica peculiare del reato, idonea a plasmare, essa soltanto, l’offensività del medesimo, pur asservita ad una altalenante coerenza della politica criminale[1]”.

Non può essere perciò sottaciuta la rigida interpretazione della norma in disamina, soprattutto rispetto alla visione marcatamente dottrinale del reato de quo, alla luce anche delle linee-guida cui si ispira.

Difatti, non è casuale la particolare menzione della Relazione di accompagnamento al D. Lgs. n. 74 del 10 marzo 2000, con la quale viene asserito testualmente che le previste soglie di punibilità “sono da considerarsi alla stregua di altrettanti elementi costitutivi del reato”; altrettanto e di non poco momento pare la formulazione citata nella Pronuncia de qua della Corte Costituzionale, riconoscendo alle soglie: “il ruolo di requisiti essenziali di tipicità del fatto[2]”.

Di talché, la soglia di punibilità non fa altro che marcare ancor di più quello che è il solco quantitativo, così come quello qualitativo, della norma incriminatrice, con la naturale conseguenza che il mancato superamento della soglia non fa assumere i connotati lesivi della condotta tipica, il cui scopo è quello di tutelare gli “interessi patrimoniali dello Stato connessi alla percezione dei tributi”.

La posizione assunta da questa Sezione della Cassazione con tale Pronuncia, fa da contraltare, in linea di principio, con altra Sentenza della stessa Sezione (Sent. N. 15020 del 15.04.2019) ma con diverso relatore, circa la obiettiva condizione di punibilità sul superamento della soglia.

In un’ottica di sistema, vengono di seguito in questa sede censite delle brevi e incise osservazioni critiche nell’ambito di una più accurata comparazione giurisprudenziale.

L’aspetto che il dictum giurisprudenziale più datato mette in risalto è senza dubbio quello legato al concetto di tolleranza, partendo dal presupposto che è necessario per la configurazione del reato che sia presente una conduzione significativa di superamento della soglia, tanto da poter ritenere meno rilevante l’elemento costitutivo del reato quale dovrebbe essere la soglia stessa.

Più in particolare, codesto diverso Orientamento ha motivo nel ritenere più efficace la condotta di matrice omissiva che ha poi portato al superamento della soglia, non anche il superamento della soglia stessa, dando così un taglio decisamente più flessibile e meno intransigente.

Ma se è vero come è vero che è insindacabile il principio secondo il quale “dura lex, sed lex”, è ancor più palese come la tendenza votata ad una maggiore tolleranza giurisdizionale andrebbe a cozzare con i principi di tipicità e tassatività, fermi capisaldi del codice penale, tanto più che la norma di parte speciale si connota per una sua autentica interpretazione rispetto al perfezionamento.

E’ allora chiaro che l’offensività ed il fatto tipico incidano congiuntamente sotto il profilo della lesività penale, quand’anche fossero assenti la soglia o il superamento di essa.

Se si considera poi l’elemento soggettivo, ovvero la rappresentazione e volitività nella forma del dolo generico del delitto ex art. 10-bis, esso va ad investire integralmente la soglia di punibilità, atteso l’esplicazione di quest’ultimo proprio con la presentazione della dichiarazione annuale dei redditi o delle certificazioni debitamente rilasciate dai sostituti d’imposta, così da non potersi formulare in via analogica alcuna condizione obiettiva di punibilità sottoponibile alla discrezionalità di un giudice in un’ipotetica scriminante dal suddetto fatto-reato.

Trattando della formula assolutoria posta a conclusione delle motivazioni, i Supremi Giudici hanno ritenuto di ricondurla a quella che venne delineata dalle SS.UU penali asserendo che: “qualora manchi un elemento costitutivo, di natura oggettiva, del reato contestato, l’assoluzione dell’imputato va deliberata con la formula «il fatto non sussiste» e non con quella «il fatto non è previsto dalla legge come reato», che riguarda la diversa ipotesi in cui manchi una qualsiasi norma penale cui ricondurre il fatto imputato (Sez. Un, n. 37954 del 25/05/2011)”.

Pertanto, nel caso illustrato in commento, non essendo ritenuto integrato il delitto ex art. 10-bis, La terza Sezione penale della Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio e cassato la Sentenza in epigrafe, evidenziando sia il fatto correlato al mancato superamento della soglia in ragione dell’accertamento processuale, sia l’intervenuto “Ius Superveniens” in favore del ricorrente.

In definitiva, la Sezione III nell’ affermare l’inclusione delle soglie di punibilità nel novero degli elementi costitutivi del reato aderisce a quello che certamente è da considerarsi l’orientamento prevalente, stante ancor di più la coerenza imposta dalla normativa penale vigente.

 

 


[1] LONGARI C., La controversa natura delle soglie di punibilità, in Processo penale e giustizia, n.1, Giappichelli, Torino, 2019, pag. 249; Si veda così BRICOLA F., Le fondamentali voci enciclopediche – Teoria generale del reato, in Ns. dig. it., XIX, Torino, Utet, 1973, pag. 7 ss.; FIORELLA A., Reato (Dir. Pen.), in Enc. dir., XXXVIII, Milano, Giuffrè, 1987, pag. 770 ss.; DONINI M., Teoria del reato, in Dig. pen., XIV, Torino, Utet, 1999, pag. 221 ss.
[2] Corte Cost., Sent. n. 241 del 2004.

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