La sorte della cauzione del locatario nella procedura fallimentare
Sommario: 1. Premessa – 2. La procedura fallimentare. Principi e finalità – 3. Il principio “emptio non tollit locatum” e la sorte della cauzione – 3.1. Sorte della cauzione nelle procedure esecutive immobiliari – 4. La sorte della cauzione nella procedura concorsuale fallimentare – 5. Conclusioni
1. Premessa
Con il presente contributo si intende fornire una ricostruzione teorica, nonché delle soluzioni ermeneutiche, circa la problematica della sorte della cauzione versata dal locatario, al soggetto in bonis, e della sopravvenienza, nelle more del contratto di locazione, del fallimento del locatore.
Giova premettere che il legislatore, con il nuovo codice della crisi di impresa (D.Lgs 14/2019), ha voluto rivisitare la vecchia legge fallimentare (R.D.267 del 1962). Tuttavia, per via dell’art. 6 del D.L.23/2020, che modifica il comma 1 dell’articolo 389 del codice della crisi, tale restyling verrà posticipato alla data del 1° settembre 2021, a causa della recente emergenza pandemica.
Ratio di tale proroga è quella di continuare ad operare, in un momento di evidente crisi, con un sistema normativo rodato.
Il contributo si articolerà come segue. Anzitutto si provvederà a ricostruire il sistema della procedura fallimentare alla luce della finalità della stessa e dei principi che governano la materia.
In secondo luogo si procederà ad analizzare il principio dell’opponibilità della locazione al proprietario, di cui all’articolo 1599 c.c., in generale. Dopodiché si procederà ad indagare su come tale principio si declina nella ipotesi d procedura esecutiva individuale, data l’affinità, mutatis mutandi, di detta ipotesi con quella dell’esecuzione concorsuale. Si proseguirà analizzando il principio dell’emptio non tollit locatum nel fallimento.
Infine si trarranno personali conclusioni, il tutto con l’ausilio delle elaborazioni dottrinali e della giurisprudenza che si sono occupate della materia.
2. La procedura fallimentare. Principi e finalità
Nel nostro ordinamento la procedura fallimentare trova fonte nel R.D. 267/1942 il quale è stato sottoposto più volte dal legislatore a ritocchi con l’intento di ammodernarne l’impianto ed adattarlo alla odierna situazione commerciale.
L’intento della procedura fallimentare, tuttavia, rimane la stessa sin dalla sua nascita, ovverosia la tutela della massa dei creditori, nonché la parità di trattamento degli stessi, secondo il principio generale espresso dall’art. 2741 c.c., 1 comma,[1] nonché in maniera più specifica dall’articolo 52, primo comma, L.F. [2]
All’uopo, sono stati predisposti organi ed istituti a presidio di tale finalità, come la gestione della procedura da parte di un professionista terzo, imparziale e competente quale il curatore fallimentare (art. 28 ss. L.F.).
A tal fine, il concetto di terzietà del curatore assume sfumature diversa dalla prospettiva secondo cui lo si guarda[3]. Egli è terzo nei confronti della procedura, nel senso che non ha interessi in conflitto con la gestione della stessa, tuttavia, nei confronti di soggetti estranei al fallimento si può dire come egli sia continuatore ideale dei rapporti giuridici pendenti del fallito.
Altro principio, che costituisce una deroga a quello della par condicio creditorum, e quello della divisione dei creditori concorsuali in determinate classi. La deroga al principio della parità dei creditori trova di volta in volta giustificazioni diverse, vuoi per la natura stessa del rapporto come nel caso dei creditori privilegiati, vuoi per motivi di opportunità e logicità, come nel caso dei c.d. crediti prededucibili o della massa[4].
Con riguardo a questi ultimi, infatti, è evidente come la loro prededuzione è logicamente giustificata proprio a vantaggio della procedura concorsuale e nell’interesse di tutti i creditori. E’ evidente, infatti, come nelle ipotesi previste dal legislatore la prededucibilità è posta a presidio del corretto funzionamento della procedura fallimentare, trovandosi altrimenti il terzo che contratta con il curatore, o i soggetti che contrattano con soggetti prossimi al fallimento in una situazione di ritrosia nel porre in essere rapporti giuridici.
Infine, altro principio della procedura fallimentare è quello dell’onere della prova del soggetto che vanta diritti e/o crediti nei confronti della massa fallimentare. Al riguardo, l’articolo 93 della legge fallimentare prevede determinati requisiti formali e sostanziali, per la prova di diritti del soggetto che si insinua al passivo fallimentare.
3. Il principio “emptio non tollit locatum” e la sorte della cauzione
Dispone in generale l’articolo 1599 c.c. che il contratto di locazione è opponibile al terzo acquirente, se ha data certa anteriore all’alienazione della cosa. Detta norma va letta in collegamento con l’art. 1602 a mente del quale il terzo acquirente tenuto a rispettare la locazione subentra, dal giorno del suo acquisto, nei diritti e nelle obbligazioni derivanti dal contratto di locazione. Con riguardo più specificamente i beni immobili, la norma prevede che le locazioni non trascritte sono inopponibili al terzo acquirente, nei limiti di un novennio dall’inizio della locazione. A contrario se ne desume l’opponibilità delle locazioni ultranovennali, qualora le stesse siano state debitamente pubblicizzate.
Ratio evidente della legge è quello di contemperare, da un lato, la piena proprietà del bene acquistato, dall’altro il diritto all’abitazione del locatario.
Il fenomeno in esame costituisce una cessione di contratto ex lege (o cessione impropria, in quanto manca il consenso del ceduto), dove terzo acquirente e conduttore assumono, rispettivamente, la veste di cessionario e ceduto. Sotto questa prospettiva, la fattispecie integra altresì un’ipotesi di successione nel contratto inter vivos, dove si può notare come il terzo acquirente dell’immobile si pone come continuatore ideale, con riguardo diritti ed obblighi, del proprietario (nonché locatore) originario.
Di particolare interessa pratico è la sorte del deposito cauzionale in caso di acquisto dell’immobile locato. Sul punto, la lettera della legge, espressamente dispone il subentro dell’acquirente nei diritti ed obblighi nascenti dal contratto di locazione. L’opinione prevalente sul punto ritiene che tra le obbligazioni inerenti la locazione sia compresa quella accessoria di restituzione del deposito cauzionale versato dal conduttore, a nulla rilevando l’eventuale mancata consegna del relativo importo da parte dell’originario locatore, sottolineando la natura di pegno irregolare del deposito cauzionale.[5]
3.1. Sorte della cauzione nelle procedure esecutive immobiliari
Al fine di effettuare una più compiuta indagine, occorre, anzitutto, chiedersi come si declina il principio dell’opponibilità del contratto che governa la materia locatizia in caso di espropriazione forzata; in secondo luogo bisogna analizzare la natura giuridica del deposito cauzionale.
Al riguardo, l’articolo 2923 c.c., in sintonia con quanto disposto dalle norme generali di cui agli art. 1599 ss., prevede che le locazioni consentite da chi ha subìto l’espropriazione sono opponibili all’acquirente se hanno data certa anteriore al pignoramento (salvo che, trattandosi di beni mobili l’acquirente ne abbia conseguito il possesso in buona fede). Con riguardo le locazioni di beni immobili, dispone l’articolo che quelle eccedenti i nove anni che non sono state trascritte anteriormente al pignoramento sono inopponibili all’acquirente nei limiti di un novennio dall’inizio della locazione.
Dunque, se rispettati i crismi dettati dall’articolo 2923, l’aggiudicatario della vendita forzata subentrerà, a seguito del decreto di trasferimento (art. 586 c.p.c.), nella stessa posizione del debitore esecutato con riguardo il contratto di locazione in essere.
Con riferimento alla natura giuridica della cauzione, si è già accennato come esso sia considerato, dalla tesi[6] che si è occupata della materia, come un pegno irregolare.
Stante la sua funzione di garanzia e stretta accessorietà delle obbligazioni per cui è costituita, (obbligazioni cui subentra l’acquirente dell’immobile, in base ai sopravisti principi) non può non derivare la logica trasferibilità dalla stessa alle nuove parti contrattuali.
Tale trasferibilità, si noti, rileva in due direzioni. In una prima direzione, vi è l’obbligo di trasferire la somma costituente la cauzione dall’originario proprietario al nuovo. In una seconda direzione, vi è l’obbligo del terzo acquirente (nonché nuovo locatore) di restituire la caparra al conduttore al momento dell’estinzione del contratto.
E’ bene precisare che le parti, nella loro autonomia contrattuale possano prevedere una diversa modulazione dell’obbligo di restituzione della caparra nonché una diversa disciplina in ordine al trasferimento della stessa. Nel silenzio di determinazioni negoziali, però, valgono i rilievi sopra esplicati.
In altre parole, normalmente il venditore dell’immobile locato trasferisce, oltre al rapporto locativo, anche il possesso del pegno, (ovvero della cauzione) salvo ciò non sia stato concordato diversamente con il compratore.
Da questa sua natura di pegno irregolare deriva l’accessorietà rispetto alle obbligazioni che intende garantire ed anche, quindi, l’inerenza al contratto locativo; il che significa che il trasferimento dell’immobile comporta automaticamente il trasferimento del deposito cauzionale in favore dell’acquirente, poiché questi subentra nei diritti e nelle obbligazioni derivanti dal contratto di locazione (art. 1602 c.c.) e, quindi, anche nell’obbligazione accessoria di restituire il deposito cauzionale versato dall’inquilino.
4. La sorte della cauzione nella procedura concorsuale fallimentare
Partendo dall’analisi del sistema normativo di riferimento, ai sensi dell’art. 80, primo comma, L.F.: <<Il fallimento del locatore non scioglie il contratto di locazione d’immobili e il curatore subentra nel contratto.>>
Prima di impostare l’indagine di cui si sta trattando, giova premettere una considerazione.
Le coordinate sin qui tracciate sono di sicuro ausilio per effettuare ricostruzioni ermeneutiche complete circa la sorte della cauzione nella procedura fallimentare. A parere di chi scrive, tuttavia, sarebbe riduttivo risolvere la problematica (solamente) alla stessa stregua di quanto già detto circa la sorte della cauzione nella vendita contrattuale ed in quella forzata, in quanto complesse sono le dinamiche ed i principi (già visti) che presiedono la materia fallimentare.
Non si deve tacere, inoltre, come la stessa sia una procedura di massa, non rimessa alla diligente iniziativa e/o adesione dei singoli creditori, bensì diretta da organi pubblicistici, quali giudice delegato e curatore. Ciò ne risalta il carattere di interesse generale con sfumature pubblicistiche della procedura fallimentare, come si riscontra, tra l’altro, dalla natura del curatore fallimentare, qualificabile come organo avente una funzione pubblica, peraltro formalmente attribuita dall’art 30 L.F., ove si stabilisce che il curatore è pubblico ufficiale[7].
Sempre a presidio della tutela generale del ceto creditorio e della più congrua gestione fallimentare è predisposta una graduazione di crediti, dall’articolo 111 L.F. che distingue tra debiti del fallito (a loro volta distinti in privilegiati e chirografari) , sorti precedentemente la sentenza e pagabili con moneta fallimentare; e debiti prededucibili o della massa, cioè debiti sorti dalla gestione del fallimento ( o comunque connessi e nati al fine di una più proficua gestione della procedura) e non del fallito[8].
Occorre dunque chiedersi se il subentro del curatore nei rapporti attivi e passivi del fallito legittimi la restituzione della cauzione per l ‘intero importo al conduttore, qualificando il relativo debito come debito della massa e come tale da soddisfare in prededuzione e svincolato dall’onere di insinuarsi al passivo, oppure se il curatore, vista la sua funzione di tutela della massa creditoria tutta, sia da ritenere terzo rispetto la vicenda, ed occorra quindi qualificare il credito del conduttore come concorsuale e vincolato da una formale domanda di insinuazione al passivo.
Sul punto si possono effettuare le seguenti ricostruzioni.
Secondo una prima soluzione ermeneutica, si potrebbero considerare che siano debiti di massa solo quelli sorti in data successiva alla sentenza di fallimento, non essendo sufficiente che il mero subentro del curatore nel contratto possa trasformare dei debiti soggetti a disciplina concorsuale in debiti prededucibili. Alla luce di tale ricostruzione, il deposito cauzionale avrebbe natura di debito concorsuale ed andrebbe, quindi, pagato dal curatore in moneta fallimentare.
Altra ricostruzione, che sembra essere avallata dalla dottrina[9] è nel senso che il curatore del fallimento del locatore, una volta subentrato di diritto nel contratto è legittimato a far valere i diritti che nascono dallo stesso ed è tenuto a rispettare gli obblighi dei debiti di massa, come la restituzione della cauzione.
Tale tesi sembra essere condivisibile, a parere di chi scrive, per una serie di ragioni. Anzitutto la disposizione generale dell’art. 80 L.F., primo comma, che scolpisce il principio secondo cui il curatore subentra nel contratto. Non si deve tacere, infatti, che detta norma è stata cosi riformulata dalla riforma avvenuta con la il D.lgs. 2006, superando il precedente dettato che prevedeva invece la possibilità di stipulare un patto contrario.
In secondo luogo, sarebbe alquanto iniquo che il curatore, una volta pertanto subentrato ex lege nel diritto a vedere percepiti i canoni, non subentri corrispettivamente nell’accessorio obbligo di restituire la cauzione per l’intero importo e non in moneta fallimentare.
Non sembra essere risolutivo il rilievo che i debiti della massa sono quelli che nascono successivamente alla data della sentenza del fallimento. Infatti, si può notare come, anzitutto, sia dubitabile che il debito sia sorto prima della dichiarazione del fallimento, in quanto il diritto alla restituzione sorge solamente dopo l’estinzione del contratto.
In secondo luogo, si può fare un parallelismo con i contratti di affitto d’azienda, benchè stipulati successivamente alla data del fallimento, posti in essere dal curatore in qualità di locatore.[10] In tali casi, non vi è dubbio che l’eventuale cauzione (l’articolo in commento parla di “idonee garanzie”) debba essere considerato debito della massa, proprio perché accede ad un rapporto che è in essere successivamente all’apertura della procedura (rapporto, inoltre, strumentale ad un migliore esito della liquidazione dell’attivo).
Inoltre, si noti come attribuire al deposito cauzionale natura di debito concorsuale porti a conseguenze inique. Si pensi all’aggiudicatario dell’immobile locato venduto dal curatore, il quale, qualora a seguito dell’estinzione dalla locazione, si veda richiedere dal conduttore la restituzione della cauzione, ai sensi dell’art. 1599 e 1602 c.c.
In tali casi, è evidente il paradosso, dove se da un lato il nuovo proprietario/aggiudicatario dell’immobile ha l’obbligo di restituire l’intero importo cauzionale, dall’altro avrebbe solamente la facoltà (qualora ancora nei termini, si noti) di fare domanda di ammissione al passivo, con le connesse regole in sede di graduazione dei crediti e gli eventuali rischi di incapienza della massa, nonché con l’onere della prova e le formalità di cui all’art. 93 L.F.
Con riguardo le modalità di accertamento del credito della restituzione della cauzione, che alla luce di quanto sopra, si è qualificato prededucibile, esso sarà, ai sensi dell’art 111 bis[11] legge fallimentare, soggetto alla procedura di accertamento di cui agli art. 62 ss. solamente qualora ne sia controversa la collocazione e l’ammontare (si pensi, ad esempio, qualora la dazione della caparra non risulti dalle scritture contabili del fallito).
5. Conclusioni
In conclusione, stante quanto detto, sembra essere soluzione coerente con il sistema, sia fallimentare che civile in generale, ritenere che il curatore, in quanto successore dei rapporti giuridici del fallito, nonché organo deputato ad un migliore realizzo dell’interesse del ceto creditorio, abbia l’obbligo di restituire l’intero deposito cauzionale al conduttore qualora si estingua il contratto di locazione, nonché di trasferire lo stesso all’eventuale aggiudicatario dell’immobile. Tale soluzione coniuga esigenze di miglior gestione della procedura concorsuale, con la tutela di terzi soggetti (ad es. locatario ed aggiudicatario dell’immobile) che abbiano interesse in ordine all’immobile su cui insiste la locazione.
[1] A mente del quale: <<I creditori hanno eguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore, salve le cause legittime di prelazione.>>
[2] A mente del quale: <<Il fallimento apre il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito.>>
[3] Cass. 21 novembre 2016 n.23630 ove per la a corretta configurazione della posizione del curatore occorre distinguere: nell’attività di amministrazione del patrimonio fallimentare, infatti, può rivestire sia il ruolo di parte, che, viceversa, essere soggetto terzo, rappresentante degli interessi della collettività dei creditori.
[4] Dispone infatti l’art. 111 L.F.: <<Le somme ricavate dall’attivo sono erogate nel seguente ordine: 1) per il pagamento dei crediti prededucibili; 2) per il pagamento dei crediti ammessi con prelazione sulle cose vendute secondo l’ordine assegnato dalla legge; 3) per il pagamento dei creditori chirografari, in proporzione dell’ammontare del credito per cui ciascuno di essi fu ammesso, compresi i creditori indicati al n. 2, qualora non sia stata ancora realizzata la garanzia, ovvero per la parte per cui rimasero non soddisfatti da questa. Sono considerati crediti prededucibili quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge, e quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui alla presente legge; tali crediti sono soddisfatti con preferenza ai sensi del primo comma.>>
[5] Cass. 3 maggio 1976 n. 1564; Cass. 27 giugno 1972 n. 2206; Cass. 20 dicembre 1955 n. 3907; Trib. Milano 24 settembre 1981; Cass. 11 ottobre 2013 n. 23164.
[6] Si veda la già citata giurisprudenza nella nota precedente.
[7] Legge fallimentare commentario formulato a cura di FABIANI-NARDECCHIA, Milano, 2014, p.229.
[8] Cass. 5 marzo 2012, n. 3402, secondo la quale ai fini della prededucibilità dei crediti nel fallimento, il necessario collegamento occasionale o funzionale con la procedura concorsuale, menzionato dall’art 111l.f., va inteso non soltanto con riferimento al nesso tra l’insorgere del credito e gli scopi della procedura, ma anche con riguardo alla circostanza che il pagamento del credito, ancorché avente natura concorsuale, rientri negli interessi della massa e dunque risponda agli scopi della procedura stessa, in quanto utile alla gestione fallimentare.
[9] DIMUNDO, Commento art. 80 in Codice commentato del fallimento, a cura di Lo Cascio, 2013, pag. 1045; NARDO, Commento art. 80 in La legge fallimentare , Commentario a cura di M. Ferro. 2011, pag.936;.
[10] Art. 104 bis L.F. A mente del quale: <<Anche prima della presentazione del programma di liquidazione di cui all’articolo 104 ter su proposta del curatore, il giudice delegato, previo parere favorevole del comitato dei creditori, autorizza l’affitto dell’azienda del fallito a terzi anche limitatamente a specifici rami quando appaia utile al fine della più proficua vendita dell’azienda o di parti della stessa. La scelta dell’affittuario è effettuata dal curatore a norma dell’articolo 107 , sulla base di stima, assicurando, con adeguate forme di pubblicità, la massima informazione e partecipazione degli interessati. La scelta dell’affittuario deve tenere conto, oltre che dell’ammontare del canone offerto, delle garanzie prestate e della attendibilità del piano di prosecuzione delle attività imprenditoriali, avuto riguardo alla conservazione dei livelli occupazionali. Il contratto di affitto stipulato dal curatore nelle forme previste dall’articolo 2556 del codice civile deve prevedere il diritto del curatore di procedere alla ispezione della azienda, la prestazione di idonee garanzie per tutte le obbligazioni dell’affittuario derivanti dal contratto e dalla legge, il diritto di recesso del curatore dal contratto che può essere esercitato, sentito il comitato dei creditori, con la corresponsione all’affittuario di un giusto indennizzo da corrispondere ai sensi dell’articolo 111, primo comma, n. 1). La durata dell’affitto deve essere compatibile con le esigenze della liquidazione dei beni. Il diritto di prelazione a favore dell’affittuario può essere concesso convenzionalmente, previa espressa autorizzazione del giudice delegato e previo parere favorevole del comitato dei creditori. In tale caso, esaurito il procedimento di determinazione del prezzo di vendita dell’azienda o del singolo ramo, il curatore, entro dieci giorni, lo comunica all’affittuario, il quale può esercitare il diritto di prelazione entro cinque giorni dal ricevimento della comunicazione. La retrocessione al fallimento di aziende, o rami di aziende, non comporta la responsabilità della procedura per i debiti maturati sino alla retrocessione, in deroga a quanto previsto dagli articoli 2112 e 2560 del codice civile. Ai rapporti pendenti al momento della retrocessione si applicano le disposizioni di cui alla sezione IV del Capo III del titolo II.>>
[11] Dispone tale articolo: <<I crediti prededucibili devono essere accertati con le modalità di cui al capo V, con esclusione di quelli non contestati per collocazione e ammontare, anche se sorti durante l’esercizio provvisorio, e di quelli sorti a seguito di provvedimenti di liquidazione di compensi dei soggetti nominati ai sensi dell’articolo 25; in questo ultimo caso, se contestati, devono essere accertati con il procedimento di cui all’articolo 26. I crediti prededucibili vanno soddisfatti per il capitale, le spese e gli interessi con il ricavato della liquidazione del patrimonio mobiliare e immobiliare, tenuto conto delle rispettive cause di prelazione, con esclusione di quanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno ed ipoteca per la parte destinata ai creditori garantiti. Il corso degli interessi cessa al momento del pagamento. I crediti prededucibili sorti nel corso del fallimento che sono liquidi, esigibili e non contestati per collocazione e per ammontare, possono essere soddisfatti ai di fuori del procedimento di riparto se l’attivo è presumibilmente sufficiente a soddisfare tutti i titolari di tali crediti. Il pagamento deve essere autorizzato dal comitato dei creditori ovvero dal giudice delegato. Se l’attivo è insufficiente, la distribuzione deve avvenire secondo i criteri della graduazione e della proporzionalità, conformemente all’ordine assegnato dalla legge.>>
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