La sottrazione internazionale del minore commessa da uno dei genitori
Gli articoli 573 e 574 del codice penale inquadrano fattispecie delittuose che ledono il diritto di vigilanza e di custodia sul figlio minore o sul pupillo, e cioè uno degli attributi essenziali sia della potestà genitoriale che della tutela.
L’articolo 573 punisce il reato di sottrazione consensuale di minorenni, così recitando: “chiunque sottrae un minore, che abbia compiuto gli anni quattordici, col consenso di esso, al genitore esercente la potestà dei genitori, o al tutore, ovvero lo ritiene contro la volontà del medesimo genitore o tutore, è punito, a querela di questo, con la reclusione fino a due anni.
La pena è diminuita, se il fatto è commesso per fine di matrimonio; è aumentata, se è commesso per fine di libidine.”
Il reato di sottrazione di persone incapaci, di cui all’articolo 574 c.p., punisce, invece, “chiunque sottrae un minore degli anni quattordici, o un infermo di mente, al genitore esercente la responsabilità genitoriale, al tutore, o al curatore, o a chi ne abbia la vigilanza o la custodia, ovvero lo ritiene contro la volontà dei medesimi”.
La sottrazione comporta la cessazione del rapporto che unisce il minore ai propri genitori o al proprio tutore; essa implica sempre un’azione materiale, un’abductio de loco in locum. Il soggetto agente conduce il minore o l’incapace in un luogo diverso da quello in cui vive abitualmente, distogliendolo dalla potestà del preposto. Dalla sottrazione si distingue la condotta di ritenzione, consistente nel trattenere presso di se un soggetto che era già nel potere legittimo dell’agente, il quale avrebbe, però, dovuto liberarlo o consentire che egli tornasse a casa; la ritenzione presuppone dunque la preesistenza di una situazione legittima.
Nonostante sia risaputo che la sottrazione debba avvenire in danno del genitore esercente la potestà, il fatto che l’ordinamento attribuisca ad entrambi i coniugi analoghi diritti e doveri, può comportare che, in caso di crisi familiare, uno degli stessi genitori sia soggetto attivo del reato.
Fondamentale è l’articolo 574bis che si occupa di sanzionare la sottrazione e il trattenimento di minore all’estero ed è stato introdotto nel codice penale dalla legge n. 94 del 15 luglio 2009; esso mira a superare l’inadeguatezza degli articoli 573 e 574 c.p. – che puniscono la generica “sottrazione consensuale di minori” e “sottrazione di persone incapaci” – dettando una disciplina ad hoc.
Si tratta di una norma di assoluta importanza poiché, a causa della sempre maggiore mobilità delle persone tra uno stato e l’altro e del rilevante incremento dei rapporti affettivi di carattere internazionale (c.d. “matrimoni misti”), si assiste ad un aumento dei casi di sottrazione internazionale dei minori, soprattutto in ambito familiare; proprio il terzo comma dell’articolo 574bis fa riferimento a quest’ultima evenienza, prevedendo la sospensione dell’esercizio della responsabilità genitoriale, nel caso in cui i fatti previsti dai primi due commi siano commessi da un genitore in danno del figlio minore. La responsabilità genitoriale rappresenta il bene giuridico che il legislatore ha inteso tutelare; sembrano invece restare in secondo piano la libertà personale e i diritti fondamentali del minore, nonostante sia esso il soggetto passivo della condotta dell’agente. Si vuole garantire il diritto del minore alla bi genitorialità.
In ambito civile il problema della sottrazione internazionale dei minori è stato ampiamente regolamentato attraverso la ratifica di diversi accordi internazionali e in particolare della Convenzione dell’Aja del 25 ottobre del 1980 sulla sottrazione internazionale dei minori e della Convenzione di Lussemburgo del 20 maggio 1980 sull’affidamento dei minori; recentemente, la disciplina di tali convenzioni è stata integrata dal regolamento CE n. 2201/2003, entrato in vigore nel marzo 2005. Molteplici sono stati i moniti che, negli ultimi anni, sono pervenuti dalla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, che, nel sanzionare l’Italia per non essere stata in grado di tutelare i diritti relazionali che vedevano coinvolti minori, indebitamente allontanati da uno dei genitori o dai relativi ascendenti, hanno invitato la nostra nazione a dotarsi di un adeguato arsenale giuridico che consenta di adottare le misure che possono essere ragionevolmente adottate, in un bilanciamento degli interessi in gioco, al fine di riunire i genitori con i figli.
Il trattamento sanzionatorio del nuovo reato è sicuramente più severo rispetto alla normativa previgente, essendo prevista la reclusione da uno a quattro anni nella ipotesi base, e quella da sei mesi a tre anni per il caso del minore che abbia compiuto i quattordici anni e abbia espresso il proprio consenso. La nuova fattispecie è procedibile d’ufficio in considerazione della lesione diretta e più grave di interessi di carattere generale; si tratta di situazioni difficilmente risolvibili e reversibili, che danneggiano gravemente la personalità del minore, sradicato dal suo ambiente di vita e dalle sue relazioni affettive.
E’ doveroso chiarire che, in caso di crisi della coppia genitoriale non coniugata, il venir meno della convivenza tra genitori naturali non conduce alla cessazione dell’esercizio della responsabilità genitoriale, che resta in capo ad entrambi i genitori. Il problema è stato affrontato di recente dalla Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 10953/2017 del 7 marzo, ha rigettato il ricorso di una donna la quale era stata condannata in secondo grado in quanto aveva portato con sé il figlio minorenne in Ucraina senza il permesso e consenso del padre. Necessaria è la premessa concernente la circostanza che la legge sull’affidamento condiviso dei minori (legge n. 54/2006) va applicata anche alle coppie di fatto, cioè ai genitori non legati dal vincolo del matrimonio ma solamente da una convivenza di fatto. La legge infatti ha voluto equiparare a tutti gli effetti i figli legittimi, cioè nati nel matrimonio, ai figli naturali, nati cioè fuori del matrimonio. Alla luce di tali premesse, ne consegue che la responsabilità genitoriale sia sempre esercitata in modo congiunto da entrambi i genitori, a meno che il Tribunale non privi uno dei due genitori della stessa per motivi gravi e comprovati. I figli minori sono, dunque, affidati in via condivisa ad entrambi i genitori e collocati prevalentemente presso uno di loro; l’altro avrà precisi diritti di visita e di frequentazione, ad eccezione di quei casi gravi nei quali sia necessario disporre l’affido esclusivo ad uno dei genitori. La Cassazione afferma che la madre non può portare con sé il figlio minore all’estero senza il consenso del padre, né il rilascio del passaporto per il minore può essere interpretato come consenso al trasferimento all’estero del figlio. Pertanto, la madre che, senza il consenso del padre, come accaduto nel caso di specie, si trasferisca all’estero con il figlio minore, pone in essere il reato di “sottrazione e trattenimento di minore all’estero”.
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Jessica Guadagni
Laureata in Giurisprudenza presso l'Università Federico II di Napoli.
Tirocinante presso la Procura della Repubblica di Nola (NA).