La successione del coniuge separato e del coniuge divorziato

La successione del coniuge separato e del coniuge divorziato

Al momento della morte di un soggetto si apre la sua successione, cioè quel fenomeno previsto dal nostro ordinamento per far subentrare una o più persone nei rapporti giuridici prima facenti capo al defunto.
In questo articolo vedremo quali sono i diritti successori che la legge prevede in favore del coniuge separato e del coniuge divorziato del defunto.
Analizziamo, allora,  le varie situazioni in cui possono trovarsi coloro i quali sono separati o divorziati nel momento in cui muore l’ex coniuge, nell’ipotesi in cui quest’ultimo non abbia fatto testamento e dunque si apra la successione legittima.
Sommario: 1. Separazione – 1.1. Separazione consensuale e separazione giudiziale senza addebito –1.2. Separazione giudiziale con addebito – 1.3. TFR e pensione di reversibilità – 2. Divorzio – 2.1. TFR e pensione di reversibilità

 

1. Separazione

In caso di separazione occorre distinguere la separazione consensuale, che avviene in caso di accordo dei coniugi,  dalla separazione giudiziale che si ha a seguito di una vera e propria causa davanti al giudice alla quale si ricorre nell’ipotesi di disaccordo dei coniugi.

Nell’ipotesi di separazione giudiziale si distingue ulteriormente tra separazione senza addebito e separazione con addebito. Si parla di separazione con addebito nel caso in cui si è fatto ricorso alla separazione giudiziale e uno dei coniugi ha chiesto e ottenuto l’addebito della separazione all’altro coniuge. La richiesta di addebito può farsi solo ove ricorrano i presupposti previsti dalla legge [1] e cioè: il coniuge al quale si chiede l’addebito della separazione deve aver tenuto un comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio (es. infedeltà coniugale, maltrattamenti, abbandono ingiustificato della casa coniugale); tale comportamento deve aver provocato l’intollerabilità della convivenza per il coniuge che ha richiesto l’addebito; deve essere accertato un nesso di causalità tra i due suddetti presupposti.

1.1. Separazione consensuale e separazione giudiziale senza addebito

Orbene, nel caso di separazione consensuale o separazione giudiziale senza addebito il coniuge superstite ha gli stessi diritti successori del coniuge non separato, quindi ha diritto: – all’intera eredità se non concorre con altri successibili [2]; – alla metà dell’eredità se alla successione concorre un solo figlio [3]; – ad un terzo dell’eredità se concorre alla successione con più figli [4], ad essi sono equiparati i figli adottivi [5]; – ai due terzi dell’eredità se concorre con gli ascendenti o con fratelli e sorelle del coniuge defunto [6].

Al coniuge superstite sono riservati, inoltre, i diritti di abitazione sulla casa familiare e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o di entrambi i coniugi, purché ne sussistano i presupposti.

1.2. Separazione giudiziale con addebito

Nell’ipotesi, invece, di separazione giudiziale con addebito, pronunciata con sentenza passata in giudicato: il coniuge a cui non è stata addebitata la separazione ha gli stessi diritti di successione del coniuge non separato (v. sopra); il coniuge a cui è stata addebitata la separazione è escluso dalla successione e ha solo diritto ad un assegno vitalizio se al momento dell’apertura della successione godeva degli alimenti a carico del coniuge deceduto. L’importo dell’assegno viene determinato in base alle sostanze ereditarie e alla qualità e al numero degli eredi legittimi, in ogni caso non può essere superiore all’ammontare della prestazione alimentare goduta. Tale disciplina si applica anche nel caso in cui la separazione sia stata addebitata ad entrambi i coniugi.

1.3. TFR e pensione di reversibilità

Nel caso di coniugi separati il TFR (trattamento di fine rapporto) e la pensione di reversibilità dell’ex coniuge defunto sono dovuti al coniuge superstite anche se la separazione sia stata a lui addebitata, purché gli sia stato riconosciuto il diritto all’assegno vitalizio.

In particolare: – il TFR maturato dal lavoratore defunto, spetta al coniuge – anche separato – in concorso con i figli e i parenti entro il terzo grado (e affini entro il secondo grado) se conviventi con il lavoratore defunto; – la pensione di reversibilità spetta al coniuge superstite, ancorché separato. Oltre al coniuge è bene ricordare che ne hanno diritto anche i figli che alla data del decesso siano minori di 18 anni oppure studenti fino al compimento dei 21 anni se frequentano la scuola media superiore o professionale o fino al compimento dei 26 anni se frequentano corsi universitari (nei limiti della durata del corso legale di studio), purché siano a carico del genitore al momento del decesso e non prestino attività lavorativa retribuita. Nel caso di figli inabili, essi hanno diritto alla pensione di reversibilità del genitore defunto a prescindere dall’età.

Nel caso in cui il defunto abbia contratto più matrimoni, la pensione di reversibilità deve essere ripartita tra i coniugi superstiti; il giudice, su richiesta delle parti, stabilirà la ripartizione basandosi soprattutto sulla durata dei matrimoni ma vi è la possibilità di dare rilievo anche ad altri elementi che possono emergere nelle singole fattispecie come – ad esempio – lo stato di bisogno di una parte.

In ogni caso il diritto alla pensione di reversibilità cessa per il coniuge separato superstite che contragga nuovo matrimonio.

è opportuno ricordare, infine, che il TFR del lavoratore defunto e la pensione di reversibilità spettano agli eredi che ne hanno diritto anche se questi hanno rinunciato all’eredità.

2. Divorzio

La pronuncia di scioglimento del matrimonio civile o di cessazione degli effetti civili del matrimonio religioso comporta, per il coniuge c.d. divorziato, la perdita del diritto di partecipare alla successione dell’ex coniuge.

Tuttavia, la legge sul divorzio [7] attribuisce al coniuge divorziato il diritto ad un assegno periodico a carico dell’eredità nell’ipotesi in cui si trovi in uno stato di bisogno e godesse dell’assegno divorzile al momento dell’apertura della successione.

Dalla disposizione suddetta si ricavano i presupposti che devono necessariamente sussistere affinché sorga il diritto in esame e precisamente: il coniuge divorziato superstite deve essere titolare del diritto all’assegno divorzile [8]; che l’assegno divorzile non sia stato corrisposto in unica soluzione, in quanto ciò esclude la sopravvivenza, in capo al coniuge beneficiario, di qualsiasi ulteriore diritto nei confronti dell’altro coniuge; che sopraggiunga la morte dell’ex coniuge obbligato alla corresponsione dell’assegno divorzile; che il coniuge divorziato superstite versi in stato di bisogno, cioè non abbia le risorse economiche occorrenti per soddisfare le essenziali e primarie esigenze di vita.

Solo in presenza di questi presupposti, il Tribunale – su richiesta del coniuge divorziato superstite – può stabilire in suo favore un assegno periodico a carico dell’eredità tenendo conto dei seguenti fattori: l’importo dell’assegno divorzile che percepiva quando l’ex coniuge era in vita (tale importo, infatti, rappresenta il limite massimo dell’assegno da attribuire), l’entità del bisogno, l’eventuale pensione di reversibilità, le sostanze ereditarie, il numero e la qualità degli eredi e le loro condizioni economiche.

La corresponsione dell’assegno può avvenire anche in un’unica soluzione in caso di accordo fra l’avente diritto e i soggetti obbligati.

Il diritto all’assegno divorzile viene meno se il beneficiario passa a nuove nozze o viene meno il suo stato di bisogno; l’assegno può essere nuovamente attribuito nel caso in cui risorga lo stato di bisogno.

2.1. TFR e pensione di reversibilità

Il coniuge divorziato superstite ha il diritto di percepire una quota del TFR dell’ex coniuge, anche se l’indennità viene a maturare dopo al sentenza di divorzio, se presenta i seguenti requisiti: a) è titolare di assegno divorzile e non lo ha ricevuto in un’unica soluzione; b) non è passato a nuove nozze.

Al ricorrere di tali presupposti al coniuge divorziato superstite spetta il 40% dell’indennità totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio [9]. In altre parole l’indennità dovuta deve computarsi calcolando il 40% dell’indennità totale percepita alla fine del rapporto di lavoro, con riferimento agli anni in cui il rapporto di lavoro coincise con il matrimonio; tale risultato si ottiene dividendo l’indennità percepita per il numero degli anni di durata del rapporto di lavoro, moltiplicando il risultato per il numero degli anni in cui il rapporto di lavoro sia coinciso con il rapporto matrimoniale e calcolando il 40% su tale importo.

Per quanto riguarda, invece, la pensione di reversibilità, essa spetta al coniuge divorziato superstite solo se ricorrono le seguenti 3 condizioni:  a) il coniuge superstite è titolare di assegno divorzile e non lo ha ricevuto in un’unica soluzione;  b) il coniuge superstite non è passato a nuove nozze;  c) il rapporto di lavoro dal quale ha origine il trattamento pensionistico deve essere anteriore alla sentenza di divorzio.

Qualora l’ex coniuge defunto non abbia contratto nuove nozze, il coniuge divorziato superstite che presenti i suddetti  requisiti avrà diritto all’intera pensione di reversibilità e ad una quota di TFR calcolata con i criteri sopraindicati.

Differente è l’ipotesi in cui l’ex coniuge defunto si sia risposato e vi sia uno o più coniugi successivi  aventi diritto anch’essi alla reversibilità e al TFR; in tal caso, il coniuge divorziato superstite avrà diritto ad una quota della reversibilità e del TFR che sarà determinata dal Tribunale tenendo conto, anzitutto, della durata dei rispettivi matrimoni (comprensiva del periodo di separazione) e poi anche dell’eventuale periodo di convivenza prematrimoniale, dell’ammontare dell’assegno goduto dal coniuge divorziato prima del decesso dell’ex coniuge, delle condizioni economiche di ciascun coniuge, nonché di ogni altro elemento che venga in rilievo nel caso di specie.

 

 


[1] Art. 151 cod. civ.
[2] Art. 583 cod. civ.
[3] Art. 581 cod. civ.
[4] Art. 581 cod. civ.
[5] Art. 567 cod. civ.
[6] Art. 582 cod. civ.
[7] Art. 9 bis legge n. 898 del 1970
[8] Art. 5, comma 6, legge n. 898 del 1970
[9] Art. 12 bis legge n. 898 del 1970

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Avv. Giulia Madia

L’Avv. Giulia Madia si è laureata in giurisprudenza con votazione 110 e Lode ed ha conseguito l’abilitazione all’esercizio della professione forense aggiudicandosi il premio “Toga d’argento”. Alla professione di Avvocato ha fin da subito affiancato gli studi notarili nelle più prestigiose scuole di formazione italiane e tali percorsi le permettono di approfondire diverse aree del diritto: diritto civile, diritto di famiglia, unioni civili, eredità e successioni, diritto commerciale e societario, diritto bancario, contratti.

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