Occhiali scuri sulle palpebre calanti? Il Giudice nell’atto di abbandonarsi tra le braccia di Morfeo

Occhiali scuri sulle palpebre calanti? Il Giudice nell’atto di abbandonarsi tra le braccia di Morfeo

Così ci sono massime della Cassazione tanto importanti da dover essere lette con marcate sottolineature, nella loro interezza.

Le norme civili di riferimento.

Per l’art. 275 del Codice di Procedura Civile la sentenza deve essere depositata in cancelleria entro sessanta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica di cui all’articolo 190 dello stesso codice.  Il termine è di 30 giorni per i giudizi davanti al giudice monocratico e pari a 15 giorni per quelli davanti al giudice di pace.

Le norme penali di riferimento.

Art. 548 c.p.p.: “1. La sentenza è depositata in cancelleria immediatamente dopo la pubblicazione ovvero entro i termini previsti dall’articolo 544 commi 2 e 3. Il pubblico ufficiale addetto vi appone la sottoscrizione e la data del deposito. 2. Quando la sentenza non è depositata entro il trentesimo giorno o entro il diverso termine indicato dal giudice a norma dell’articolo 544 comma 3, l’avviso di deposito è comunicato al pubblico ministero e notificato alle parti private cui spetta il diritto di impugnazione. È notificato altresì a chi risulta difensore dell’imputato al momento del deposito della sentenza. 3. L’avviso di deposito con l’estratto della sentenza è in ogni caso comunicato al procuratore generale presso la corte di appello”.

Art. 544 c.p.p.: “1. Conclusa la deliberazione, il presidente redige e sottoscrive il dispositivo. Subito dopo è redatta una concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la sentenza è fondata. 2. Qualora non sia possibile procedere alla redazione immediata dei motivi in camera di consiglio, vi si provvede non oltre il quindicesimo giorno da quello della pronuncia. 3. Quando la stesura della motivazioneè particolarmente complessa per il numero delle parti o per il numero e la gravità delle imputazioni, il giudice, se ritiene di non poter depositare la sentenza nel termine previsto dal comma 2, può indicare nel dispositivo un termine più lungo, non eccedente comunque il novantesimo giorno da quello della pronuncia. 3 bis. Nelle ipotesi previste dall’articolo 533, comma 3 bis, il giudice provvede alla stesura della motivazione per ciascuno dei procedimenti separati, accordando precedenza alla motivazione della condanna degli imputati in stato di custodia cautelare. In tal caso il termine di cui al comma 3 è raddoppiato per la motivazione della sentenza cui non si è accordata precedenza“.


Il caso

La  Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, nel pieno della duplice funzione nomofilattica e giurisprudenziale, con sentenza n. 9250/2014, ha evidenziato : il magistrato deve rispettare il termine per il deposito della sentenza e non sono ammesse scuse quando il ritardo supera del triplo i termini di legge.

I termini processuali sono chiarissimi e conosciutissimi sia dagli avvocati che dai giudici chiamati dalla legge a depositare le sentenze a conclusione dei giudizi.

Nella pratica però i termini per il deposito della sentenza in civile o della motivazione in penale ( considerato che, per il principio dell’immediatezza, del dispositivo penale viene data immediata lettura a fine udienza) sono spesso disattesi, trattandosi di termini “ordinatori”, ossia termini la cui inosservanza non produce decadenze.

Può accadere che il Giudice non riesca a trovare la carta di supporto nel momento in cui la prova in motivazione deve essere compiutamente trascritta, si scompone, si distrae, si impone una battuta di arresto per dare la caccia a quel foglio che non si trova, nascosto magari tra le pagine di un corposo fascicolo, per evitare increspature, incertezze e approssimazioni lessicali o concettuali, verità provvisorie e presunzioni. La motivazione soffoca tra enormi spazi bianchi lasciati in corso di stesura.

L’attività argomentativa si impone, così, come una faticosa ricerca per ottemperare ad un impegno burocratico.

Processi complicati in cui la mole delle carte è enorme; oppure processi semplici che per diversi motivi diventano complicati.

Si crea comunque una stasi irritante non solo per l’avvocato, schiacciato sempre da termini perentori per il deposito dei suoi scritti difensivi, ma anche per chi osserva la giustizia penale dell’esterno; soprattutto se aveva seguito e steso un bel filo spinato sul percorso processuale.

E il giudice lo percepisce, ma non deposita.

Piccoli, ma fastidiosi incidenti di percorso. La trappola del surmenage ?

Flessibilità severamente bacchettata dalla Suprema Corte che ritiene legittima la sanzione della censura per il magistrato che ha depositato provvedimenti impiegando il triplo del tempo necessario.

E’ giusto richiamare i giudici al loro dovere?

In proposito queste Sezioni Unite, nel ribadire che i ritardi nel deposito dei provvedimenti, quando per la reiterazione e l’entità superino ogni limite di tollerabilità e ragionevolezza, integrano gli estremi dell’illecito disciplinare di cui all’art. 2, comma 1, lettera q), del d.lgs. 24.febbraio 2006, n. 109, in relazione all’inosservato dovere di diligenza di cui all’art. 1, anche nei casi di accertata laboriosità del magistrato e di sussistenza di ragioni estranee all’ambiente di lavoro, hanno già avuto modo a tale ultimo riguardo di precisare, in un caso in cui le ragioni addotte riguardavano gravi ed impellenti esigenze di assistenza familiare, che le stesse “non possono risolversi in un ostacolo al buon funzionamento del servizio giustizia e lasciano aperte, ove il magistrato non sia in grado di svolgere il proprio lavoro in condizioni di apprezzabile serenità ed efficienza, le vie consentite dall’ordinamento giudiziario per potersi assentare temporaneamente dal servizio, quali congedi straordinari ed aspettative per motivi familiari(sent. n. 12108 del 2013)” . E’ quanto precisato in sentenza.

Forse, direbbe Calamandrei ancora una volta: “se non è sempre possibile che il giudice comprenda, è sempre necessario che ascolti”.


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