La teoria del contatto sociale: i profili generali, la disciplina e i casi di maggiore applicazione
All’interno della più ampia tematica delle obbligazioni si inscrive la teoria del contatto sociale.
Di derivazione tedesca, essa prende le mosse, nel senso più lato, dai principi di correttezza e solidarietà che governano i rapporti giuridici intersoggettivi, sì come sancito a livello costituzionale dall’articolo 2 e dalla normativa primaria alle disposizioni di cui agli articoli 1175 c.c., 1337 c.c. e 1338 c.c.
Con riguardo all’affidamento che una parte ripone nell’altra, dovuto all’occasione della relazione intersoggettiva, come nella trattative precontrattuali, oppure strutturalmente dipendente dalle informazioni ricevute dalla controparte, com’è, invece, nei rapporti asimmetrici, i fautori di questa dottrina hanno ritenuto di non poter ricondurre la responsabilità derivante dalla lesione del suddetto affidamento in quella aquiliana, ex articolo 2043 c.c. e seguenti.
La violazione dei soprarichiamati doveri non sembra integrare un mero vulnus al generale principio di neminem ledere, la responsabilità attestandosi, infatti, su una relazione pregressa tra le controparti, seppur non di tipo contrattuale.
Mentre la responsabilità da inesatto adempimento, ex articoli 1218 c.c. e seguenti, è a carattere derivato, atteso che si incardina su un rapporto previamente sussistente tra le parti, nella opposta concezione extracontrattuale la responsabilità deriva dalla violazione del precetto generale, valido erga omnes, che impone di non ledere la sfera giuridica altrui e postula una relazione che trova occasione proprio nella lesione pregiudizievole.
Si è giunti, in tal senso, valorizzando gli obblighi solidaristici e considerando la buona fede quale strumento attuativo di principi generali, capace di assegnare portata precettiva al disposto costituzionale dell’articolo 2, a ritenere che la lesione dell’affidamento legittimo si sostanzi in un quid pluris rispetto ai presupposti applicativi del 2043 c.c., sebbene integri un quid minoris rispetto alla ragione fondante l’applicabilità della disciplina della responsabilità cosiddetta contrattuale.
Più correttamente, non è dato rilevare una distinzione di carattere quantitativo tra le due responsabilità, da contatto e da contratto, quanto e piuttosto una divergenza afferente le fonti dell’obbligazione.
A tale riguardo, giova premettere una breve digressione circa l’originaria sede applicativa della teoria del contatto sociale.
In Germania, infatti, essa si è sviluppata con riferimento alla fase delle trattative precontrattuali.
In questo contesto i soggetti si trovano in relazione tra loro, sebbene manchi un contratto, la cui stipula ne costituisce, anzi, lo scopo finale.
L’affidamento che una parte ripone legittimamente nel rispetto delle regole di correttezza e buona fede da parte della controparte trova la propria tutela nelle regole della responsabilità da inesatto adempimento, atteso che non può ragionevolmente ritenersi inesistente, a questo punto, qualsiasi relazione tra le parti coinvolte.
Anche nel nostro sistema giuridico, sulla scorta di tale approccio, si è ritenuto di dover tutelare l’affidamento e di doverlo fare in base agli articoli 1218 e seguenti del Codice Civile.
Nell’ordinamento italiano, sebbene due siano i regimi di responsabilità, aquiliano e contrattuale, non in ciò si esaurisce il panorama delle obbligazioni.
A ben guardare, nel silenzio classificatorio del legislatore, che sceglie di non fornire alcuna definizione di obbligazione, l’articolo 1173 c.c. ne individua le fonti.
Accanto al contratto e al fatto illecito, si nota sussistere la categoria atipica dello “ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità all’ordinamento giuridico”.
Questa terza fonte delle obbligazioni, introdotta con il codice del quarantadue e assente nella normativa previgente, segna il passaggio da un sistema obbligatorio tipico e chiuso, attestato su sole cinque fonti, tra le quali le abbandonate categorie del quasi delitto e del quasi contratto, e offre un ampio respiro alla possibilità di individuare fonti ulteriori di obbligazioni, e dunque di doveri giuridici coercibili.
Ulteriormente, nell’abbandono del richiamo alla legge, sostituito nel sistema attuale dalla più ampia categoria della conformità all’ordinamento deve leggersi la possibilità di riconoscere la teoria del contatto sociale qualificato.
Per tale dovendo intendersi, quindi, una relazione tra soggetti connotata dal sorgere di doveri di protezione, più che di mera prestazione, in cui l’affidamento di buona fede di una parte nella correttezza e diligenza altrui rappresenta la quiddità stessa del legame.
Un simile approdo consente di ricondurre la lesione dell’affidamento, e quindi del contatto, nel novero applicativo della disciplina del 1218 e seguenti c.c.; soluzione che reca con sé conseguenze di non poco momento.
Sotto il profilo processuale, deve anzitutto evidenziarsi la peculiare regola probatoria, sancita dalla sentenza leading case della Cassazione, a mente della quale il creditore deve provare il danno e la riconducibilità eziologica di questo al fatto dell’inadempimento, potendo solo allegare il fatto dell’adempimento mancato o inesatto, la cui prova è, invero, rimessa al debitore in via liberatoria.
Nella responsabilità aquiliana, invece, il creditore è tenuto a dimostrare sia la causalità materiale che quella giuridica, essendogli richiesto di fornire la prova di ogni elemento costitutivo della responsabilità de qua.
Ulteriori vantaggi, dal punto di vista sostanziale, derivanti dalla applicazione del 1218 c.c. e seguenti, concernono il regime prescrizionale; raddoppiato nella responsabilità da inadempimento.
Il favor creditoris, scelto dal legislatore a tutela della certezza dei rapporti giuridici e al fine di agevolare l’impiego diffuso dei contratti, è la ragione dello statuto normativo agevolante il creditore.
Sussistono, peraltro, ulteriori divergenze di disciplina intorno alle regole di giurisdizione, competenza, del diritto internazionale privato, oltre che concernenti il regime della mora, il tipo di danno risarcibile, ex articolo 1225 c.c. e la risarcibilità del danno non patrimoniale, profilo distintivo oggi attenuato, per vero, grazie alla estensione applicativa offerta dalla giurisprudenza, che ha aperto alla risarcibilità ex 2059 c.c. anche nei casi di responsabilità contrattuale.
Avuto riguardo alla casistica applicativa della teoria del contatto sociale, se ne possono desumere regole di carattere generale.
Largo impiego se ne è compiuto, ad esempio, in materia di responsabilità dell’insegnante per autolesione del minore.
In questo ambito, infatti, può ravvisarsi con facilità l’affidamento che viene riposto in capo alla struttura scolastica e, dunque, nell’insegnante quivi impiegato.
Mentre, tuttavia, con la scuola il genitore o l’esercente la tutela del minore ha un rapporto di natura contrattuale, nulla lo lega, secondo le tradizionali classificazioni, all’insegnante.
Non può però riconoscersi nel danno da omessa vigilanza sul minore una ipotesi di responsabilità extracontrattuale, idonea a porre il danneggiato nella svantaggiosa condizione di dover provare ogni elemento costitutivo della responsabilità, con conseguente doppia vulnerazione: l’una in via di fatto e l’altra in via giuridica.
Deve abbandonarsi, quindi, la spiegazione causale della culpa in vigilando, non occorrendo dimostrare la sussistenza dell’elemento soggettivo richiesto dal 2043 c.c., ma essendo sufficiente la riconducibilità eziologica dell’evento dannoso al mancato adempimento del debitore; questo potendosi, per contro, liberare soltanto fornendo la prova contraria della propria inimputabilità.
Siffatto approdo agevola nettamente la tutela del soggetto leso, stante l’alleggerimento probatorio descritto ed è in base a tale constatazione che risulta di facile intuizione l’impiego pratico che la giurisprudenza ha fatto in materia di rapporti finanziari; settore dal quale, anzi, si è avviato il processo di riconoscimento interno della teoria del contatto sociale.
Il rapporto caratterizzato da squilibrio strutturale, che mette in relazione intermediari finanziari e quivis de populo totalmente scevri da nozioni e conoscenza in una materia tanto tecnica, quale è la scienza finanziaria, ha condotto le Corti di legittimità a intervenire tutelando la parte debole.
E’ in questo ambito che il contatto sociale assolve la sua più significativa funzione: la disciplina della responsabilità contrattuale sopperisce a un deficit di autonomia negoziale; le regole del 1218 c.c. e seguenti sanzionano la violazione dei doveri solidaristici e delle obbligazioni di protezione cui il professionista è tenuto.
Lo squilibrio nella tutela reagisce all’approfittamento che la parte forte del rapporto ha perpetrato, impedendo a quella svantaggiata di determinarsi in modo libero e consapevole.
L’ottica dell’ordinamento è equitativa, di giustizia redistributiva, in chiave rimediale.
La giurisprudenza mira ad alleggerire la posizione processualistica, più che sostanziale, successiva alla lesione subita, così sanzionando parimenti la condotta abusiva della parte profittante, che ha leso la buona fede del creditore.
Il contatto sociale non individua, quindi, una mera scelta di disciplina, rispondendo a esigenze più ampie, di tutela della buona fede, della correttezza nei rapporti e dell’affidamento legittimo; regole che sono fonte autonoma di obbligazioni.
Nonostante questi scopi valoristici, la teoria del contatto sociale è, però, da sempre oggetto di critiche serrate nell’ordinamento.
Oltre alla scarsa determinatezza della categoria del contatto qualificato, tale da non consentire una previsione anticipata dei rapporti che soggiacciono alla applicazione della disciplina della responsabilità contrattuale, da più lati ci si è scagliati contro la dottrina de qua, la quale configgerebbe con la tradizione romanistica cui è improntato l’intero impianto giuridico.
La terza via delle fonti obbligatorie è, infatti, istituto sconosciuto ed estraneo al diritto romano; ora come allora potendosi, secondo alcuni autori, agevolmente ricorrere alle figure del contratto a favore di terzo e del quasi contratto, nell’intento di tutelare le stesse posizioni giuridiche soggettive garantite dal contatto sociale.
Ancor di più oggi, alla luce del d.lgs. n. 24/17, la teoria è ripiombata in una nuova e rafforzata messa in discussione.
Il legislatore, infatti, intervenendo in materia di responsabilità dell’esercente la professione sanitaria, ha sancito in modo espresso la disciplina applicabile, da individuarsi in quella aquiliana, ex articolo 2043 e seguenti c.c.
La più attenta dottrina si è domandata, quindi, se il legislatore abbia voluto spazzare via integralmente lo statuto giurisprudenziale del contatto sociale, oppure se ne abbia sancito soltanto una espressa deroga di settore, confinata all’ambito medico, in ragione degli scopi dichiarati della norma.
Ambiziosamente la legge mira ad arginare la medicina difensiva e a rinsaldare il patto di solidarietà tra medico e paziente, recuperando la naturale caratterizzazione della prestazione del medico quale obbligazione di soli mezzi e non anche di risultato.
La scelta del legislatore è stata quella di richiedere a chi si pretende leso l’onere della prova del danno, dell’inadempimento e della dipendenza del pregiudizio dalla prestazione svolta dal personale sanitario.
A torto o a ragione, lo stato dei fatti condurrà il paziente a subire l’aggravio probatorio che la responsabilità aquiliana reca con sé e che aveva spinto la giurisprudenza di legittimità, negli anni, a individuare risposte giuridiche in grado di fornire la miglior tutela per il soggetto, già debole nel rapporto, pregiudicato.
Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
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