La transazione pro quota con uno dei condebitori solidali

La transazione pro quota con uno dei condebitori solidali

Sommario: 1. Transazione parziale e obbligazioni solidali ad interesse comune. La contitolarità elementare – 2. Transazione parziale e obbligazioni solidali ad interesse comune. La contitolarità accidentale – 3. La giurisprudenza di legittimità sulla transazione pro quota: Cass. civ. n. 26113/2016

 

1. Transazione parziale e obbligazioni solidali ad interesse comune. La contitolarità elementare

L’art. 1304 cod. civ. prevede che la transazione fatta dal creditore con uno dei debitori in solido non produce effetto nei confronti degli altri, se questi non dichiarano di volerne profittare. Parimenti, se è intervenuta tra uno dei creditori in solido e il debitore, la transazione non ha effetto nei confronti degli altri creditori, se questi non dichiarino di volerne profittare.

La norma in esame chiaramente fa riferimento ad una transazione riguardante l’intera obbligazione.

Il Codice nulla detta, invece, circa l’ammissibilità o meno della cd. transazione pro quota. Il silenzio del legislatore non deve però essere frainteso come una totale impossibilità di configurazione di tale fattispecie. È lecito chiedersi, dunque, se sia concepibile un atto di disposizione limitato alla sola frazione di credito o di debito che spetta a ciascun consorte secondo la divisione interna dell’obbligazione.

La risposta è positiva ma occorre distinguere le ipotesi che comprendono tutti i casi in cui il condebito o concredito è fine a se stesso da quelle in cui manchi tra i coobbligati qualsiasi sorta di vincolo o legame.

Per quanto riguarda la prima categoria, è corretto parlare di contitolarità elementare. Qui la transazione pro quota assume lo stesso valore di un atto dispositivo riguardante la frazione di bene che spetta a ciascun condomino nell’ambito della comunione dei diritti reali[1]. Infatti, ogni qual volta un rapporto obbligatorio con una parte plurisoggettiva trae origine da un contratto o da un illecito unico e unitario, si realizza un caso di condebito o concredito. In altre parole: aver posto congiuntamente in essere uno stesso negozio giuridico, ovvero aver attuato lo stesso illecito, crea fra coloro che hanno compiuto l’azione un legame che, anche se destinato ad esaurirsi con la conclusione di quelle fattispecie, rappresenta un ponte che fa da collegamento tale da qualificarli come membri di un ente complesso.

Pertanto, sembra ammissibile un potere di disposizione della quota, sia con riferimento al concredito sia con riferimento al condebito. Nessun ostacolo, quindi, nella configurazione di una eventuale transazione parziale[2].

Tuttavia, parte della dottrina esclude l’ammissibilità della transazione pro quota. E ciò sarebbe dovuto alla particolarità dell’istituto in esame e alla caratteristica dell’identità oggettiva del debito/credito, tale da impedire il sorgere di una lite limitata ad una sola parte del rapporto[3].

Appare poco condivisibile tale opinione, soprattutto se si considera che pur essendo i debitori solidali tenuti ad eseguire una prestazione in favore della controparte, ciò non significa che non possano crearsi delle controversie relative, per esempio, ad una sola parte del rapporto obbligatorio. E qui si rinviene la ratio della transazione pro quota: è conveniente, per il creditore, porre in essere una transazione pro parte per mantenere intatta per lo meno la restante parte di obbligazione relativamente agli altri debitori.

Per completezza, va rilevato che siccome il connotato essenziale di questa fattispecie è l’esistenza di una unica obbligazione per tutti i debitori/creditori, sarà ammissibile la transazione parziale solo a condizione di una rinuncia alla solidarietà.

2. Transazione parziale e obbligazioni solidali ad interesse comune. La contitolarità accidentale

Per quanto riguarda, invece, la seconda categoria è corretto parlare di contitolarità accidentale.

Infatti, anche qualora manchi un titolo o, meglio, una fonte unitaria del rapporto obbligatorio, è comunque concepibile l’esistenza di un vincolo solidale. La fattispecie in esame è prevista dall’art. 2055 c.c. il quale stabilisce che se il fatto dannoso è imputabile a più persone, tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno. Colui che ha risarcito il danno ha regresso contro ciascuno degli altri, nella misura determinata dalla gravità della rispettiva colpa e dall’entità delle conseguenze che ne sono derivate. Nel dubbio, le singole colpe si presumono uguali.

La disposizione in esame fa riferimento a tutte quelle attività che si inseriscono in una serie causale dante vita ad un certo fatto dannoso, facendo in modo che sull’agente gravi l’intero obbligo risarcitorio, anche se il suo comportamento non è isolato, ma concorra con quello di altri individui.

Facciamo degli esempi: mandante e mandatario rispondono solidalmente verso terzi per fatti illeciti compiuti dal rappresentante nell’ambito delle facoltà attribuitegli con la procura.

Oppure, l’autore di un incendio è solidalmente responsabile con l’impresa costruttrice che non ha fatto installare adeguati impianti di sicurezza, di fronte al proprietario dell’immobile.

Ed ancora, vi è responsabilità solidale tra il genitore e il guidatore dell’autoveicolo che ha investito il minore lasciato senza sorveglianza su una strada di notevole traffico.

L’elemento comune è rilevante esclusivamente al momento dell’adempimento, nel senso che se uno solo dei danneggianti esegue la prestazione, tale esecuzione ha effetto liberatorio per gli altri coobbligati. L’obbligo di risarcire il soggetto leso è però solo una conseguenza dell’unicità del danno. Non è infatti indice di un legame tra corresponsabili. E ciò ci porta all’osservazione che forse non sia configurabile l’ipotesi della transazione parziale nel caso di condebito accidentale.

L’osservazione ha come base il fatto che in tali fattispecie non è possibile quantificare le incidenze causali in rapporto all’ammontare del danno. Per il danneggiato è indifferente che l’evento lesivo è il risultato di plurime azioni.[4]

3. La giurisprudenza di legittimità sulla transazione pro quota: Cass. civ. n. 26113/2016

Con la sentenza del 19.12.2016, n. 26113, la Terza Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione ha fornito interessanti chiarimenti in tema di transazione parziale intervenuta tra il creditore e uno dei debitori in solido, soprattutto in riferimento alla problematica circa la determinazione del residuo debito gravante sugli altri debitori solidali.

Fulcro nevralgico del problema è se e in quale misura gli altri condebitori solidali che non hanno transatto il debito solidale possano avvantaggiarsi della transazione posta in essere da uno solo o alcuni di essi col comune creditore e quale sia il criterio di calcolo del debito residuo gravante sugli stessi.

La scelta contenuta nel Codice Civile è stata quella di lasciare al condebitore stesso, in qualità di arbitro, la possibilità o meno dell’estensione degli effetti della convenzione, soprattutto se si considera che il contenuto dell’accordo non è predeterminabile a priori come vantaggioso o svantaggioso[5]. Pertanto, la scelta è rimessa alla sola discrezionalità del debitore interessato e rimasto estraneo alla transazione, il quale valuterà concretamente se quella transazione sia per lui pregiudizievole o meno, decidendo, in quest’ultimo caso, per l’estensione degli effetti. Questo è quanto prevede il già citato art. 1304 cod. civ. allorquando consenta ai condebitori che non hanno partecipato alla transazione intercorsa tra uno o più di essi con il creditore, di poter dichiarare di volerne profittare, estendendo gli effetti della stessa anche nei loro rapporti col creditore medesimo.

Quali sono, invece, gli effetti sugli altri condebitori solidali e sul contenuto dell’obbligazione solidale in presenza di una transazione parziale per la sola quota di debito del condebitore transigente?

Partiamo dalla vicenda posta all’attenzione della Suprema Corte.

A seguito di un parto distocico, una neonata subiva lesioni all’arto destro. I genitori raggiungevano un accordo transattivo con i sanitari che avevano assistito al parto, con riserva di azione nei confronti degli altri corresponsabili.

Successivamente, gli stessi convenivano dinanzi al Tribunale di Vibo Valentia l’ASL locale, chiedendone la condanna ex art. 1228 cod. civ. al risarcimento del danno ulteriore divisibile per quote. Contro la decisione resa veniva proposto ricorso in Cassazione. I ricorrenti asserivano l’erroneità della valutazione dell’obbligazione come indivisibile, in quanto l’obbligazione risarcitoria, avente ad oggetto una somma di denaro, è per ciò stesso divisibile.

Inoltre, la questione se la transazione abbia ad oggetto l’intero debito solidale o solo una parte di esso è questione lasciata alla volontà delle parti e non deve essere desunta dalla natura dell’obbligazione.

La Cassazione parla, al riguardo, di obbligazioni solidali “a solidarietà imperfetta” o “ad interesse uni-soggettivo” (una sorta di terzo genus rispetto alle categorie  di contitolarità elementare e accidentale) in quanto se è pur vero che il responsabile di un fatto illecito che sia stato commesso a causa e nell’esercizio di mansioni lavorative, ed il datore di lavoro di questi, rispondono in solido nei confronti del danneggiato, ai sensi dell’art. 2055 cod. civ., nel profilo interno dell’obbligazione solidale, tuttavia, l’obbligo risarcitorio grava per intero su chi ha materialmente causato il danno. La Corte allora afferma che non si può determinare l’oggetto di una transazione deducendolo dalla natura dell’obbligazione sottesa (ad interesse uni-soggettivo o plurisoggettivo), in quanto la transazione, ai sensi dell’art. 1965 cod. civ., è un contratto il cui oggetto è rimesso alla volontà delle parti.

Il creditore che transige con uno dei condebitori solidali può limitare la transazione alla quota gravante sul transigente, liberando solo questi, con scioglimento del vincolo solidale unicamente nei suoi confronti oppure può estenderla all’intera obbligazione, rendendo operante l’art. 1304 cod. civ., così che i coobbligati non transigenti possano profittarne, se lo dichiarano.

La questione di stabilire se le parti abbiano voluto estendere la transazione all’intero debito solidale o solo alla parte di debito del transigente non attiene alla natura dell’obbligazione, ma è questione di interpretazione del contratto, da risolvere secondo criteri di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ., attraverso la ricostruzione della volontà delle parti.

Nel merito, la Cassazione rigetta il ricorso. E la decisione della Corte prescinde dal fatto che la transazione, abbia avuto ad oggetto l’intero debito solidale, o la sola parte del debitore transigente.

Nello specifico, la transazione parziale produce automaticamente un effetto riflesso sugli altri condebitori solidali, ossia la riduzione del debito del condebitore rimasto estraneo per la quota riferibile al soggetto stipulante.

L’effetto della transazione con cui uno dei condebitori solidali transige la lite con l’unico creditore, pagando una somma astrattamente pari alla propria quota di debito, è lo scioglimento della solidarietà rispetto al transigente e la riduzione del debito complessivo in misura pari all’importo pagato da questi o alla quota ad esso riferibile.

Non trova invece applicazione l’art. 1304, primo comma, cod. civ. dettato unicamente per le ipotesi in cui la transazione abbia ad oggetto l’intero debito.

In definitiva, la Cassazione, dopo aver illustrato gli effetti della transazione pro quota su un debito solidale,  riprende i principi delle Sezioni Unite con riferimento alla determinazione del debito residuo, affermando che il residuo debito gravante sugli altri debitori in solido si riduce in misura corrispondente all’importo pagato dal condebitore che ha transatto se costui ha versato una somma pari o superiore alla sua quota ideale di debito (e ciò per evitare un ingiustificato arricchimento).

Se, invece, il condebitore transigente ha pagato una somma inferiore alla quota che faceva idealmente capo allo stesso, il debito residuo deve essere ridotto in misura pari alla quota di chi ha transatto[6].

 

 

 

 

 


[1] M. Costanza, Obbligazioni solidali e transazione, Giuffrè editore, Milano, 1978, p. 53.
[2] F. Busnelli, L’obbligazione soggettivamente complessa, Milano, 1974, p. 265.
[3] F. Carresi, La transazione, Unione Tipografico-Editrice Torinese, 1966, p. 185.
[4] P. Trimarchi, Rischio e responsabilità oggettiva, Milano, 1961, p. 283 il quale afferma testualmente: “Il concetto di causa non ammette attributi quantitativi”.
[5] Cfr. Cass. 29 settembre 2004, n. 19549.
[6] L’esempio riportato dalla Suprema Corte è il seguente: “Dato un credito risarcitorio di “100” e due debitori solidali tenuti, nel profilo interno, rispettivamente per 60 e 40, se il creditore transige col primo e lo libera, accettando in pagamento 50, dal secondo debitore potrà pretendere solo 40, ovvero non più della c.d. quota virile su questi gravante. Se, invece, il creditore transige col primo debitore e lo libera, accettando in pagamento 70, dal secondo coobbligato potrà pretendere solo 30, ovvero il danno residuo non ancora risarcito”.

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