La transizione democratica del potere negli Stati Uniti d’America
Sommario: 1. Introduzione – 2. L’Era Trump – 3. Critiche e reazioni – 4. I quattro scenari per la rimozione del Presidente – 4.1. Dimissioni – 4.2. XIV emendamento – 4.3. XXV emendamento – 4.4. Impeachment – 5. Limiti e presupposti per l’attivazione dell’impeachment: il dibattito in dottrina – 6. Democrazia: il valore da proteggere e preservare – 7. Transizione democratica “in order to (re)form a more perfect Union” – 8. Riflessioni conclusive: what comes next?
1. Introduzione
Ciò di cui il mondo intero è stato testimone, nella giornata del 6 gennaio 2020, avrebbe potuto tranquillamente far parte della narrativa distopica di Philip K. Dick, se non fosse che le immagini trasmesse dalle emittenti statunitensi stavano riprendendo null’altro che la realtà: i supporter del Presidente Trump in marcia verso il Campidoglio per esprimere la loro rabbia e frustrazione per la vittoria elettorale di Joe Biden, irrompendo all’interno dell’edificio durante la seduta del Congresso con i suoi membri riuniti in sessione per certificare il risultato elettorale.
Le immagini di quella giornata ci hanno mostrato gli scontri con la polizia: le barricate ed i checkpoint di sicurezza a nulla sono serviti contro la loro furia, la folla manifestante ha fatto irruzione nell’edificio sventolando le bandiere confederate, saccheggiando gli uffici dei membri del Congresso, tenuta insieme dalla falsa retorica che ha accompagnato gli USA dalla notte del 3 novembre e anche prima, ossia la narrativa parziale secondo la quale le elezioni erano state una frode e Trump fosse il vero vincitore di quella tornata.[1]
La violenza manifestata durante l’insurrezione ha spinto molti ad interrogarsi sullo spettro politico americano, al fine di chiedersi cosa possa essersi incrinato nel corso della storia politico-istituzionale del Paese. Pur tralasciando l’orrore di quei crimini, l’insurrezione ed il supporto offerto ai manifestanti da molte branche della società stessa, gli eventi di quella giornata rappresentano, senza possibilità di errore, sintomi di una disfunzione nel corpo politico che era rimasta latente.
Tra una pandemia globale e la sua conseguente crisi economica, il Popolo americano si è ritrovato a confrontarsi con una trasformazione in corso d’opera della società stessa, talmente destabilizzante come nessun’altra mai sperimentata nel corso della propria storia.[2] Ma il vento dell’incertezza aveva cominciato a soffiare, negli Stati Uniti, molti anni prima, all’epoca in cui la Nazione si apprestava a dare il benvenuto alla Presidenza Trump, il quale con la sorpresa di molti e contro tutte le previsioni sondaggistiche era riuscito nell’impresa di vincere le elezioni presidenziali (nonostante avesse perso la sfida del voto popolare).
2. L’Era Trump
Ripercorrendo a ritroso i vari eventi che, concatenatisi tra di loro, hanno condotto ad una delle manifestazioni più drammatiche della storia americana del XXI secolo, ci si può render conto che, sin dai primissimi giorni del suo mandato presidenziale, Trump aveva dovuto fronteggiare un ampio dissenso nei suoi confronti, con marce che hanno avuto luogo in tutto il Paese e con un approval rating tra i più bassi di sempre. La stessa campagna elettorale prima, e la sua Presidenza poi, si sono caratterizzate per lo slogan America First e MAGA[3], con il quale egli ha segnato un ritorno al passato rispetto alle aperture in termini di globalizzazione della precedente Amministrazione Obama.
Trump ha rappresentato una rottura dello status quo ed ha fatto il suo ingresso alla Casa Bianca alla medesima maniera con cui aveva condotto la sua campagna elettorale. Presentatosi come outsider della politica, con atteggiamento aggressivo, durante il suo discorso di insediamento si è descritto come la persona che avrebbe riportato il potere da Washington, identificato come l’establishment, nelle mani del Popolo.
Lo stesso Trump ha descritto se stesso come un “moderno Jackson” per via della sua anima populista, disintermediazione nei confronti dell’elettorato e la sua energica carica anti-establishment. Seppur il Trumpismo venga considerato quale incidente di percorso nell’intero arco della storia costituzionale americana, esso è stato un prodotto della globalizzazione. La sua campagna elettorale fece presa sull’animo delle persone perché promise di mettere freno alle cosiddette “guerre senza fine” e di difendere i lavoratori della Rust Belt e a far tornare a crescere il settore manifatturiero: puntava, dunque, sulla delusione lasciata dalla Presidenza Obama.[4]
I risultati conseguiti, però, sono stati oscurati nell’ultimo anno della sua Presidenza che è stato caratterizzato dalle elezioni e dal definitivo declino della persona stessa del Presidente: gli ultimi dodici mesi hanno messo in evidenza una gestione della pandemia da covid19 che è stata ampiamente sottovalutata, con lo stesso Trump che ha costantemente cercato di minimizzare la sua pericolosità e i conseguenti interventi.[5]
Tutto ciò a cui si è assistito non è stato altro che un malessere nato da una dialettica politica che si è radicalizzata e polarizzata, mettendo in evidenza alcune frange della società che in pochi anni hanno guadagnato un nuovo protagonismo. Ci si è trovati dinanzi ad una involuzione a cui la società americana multietnica ci aveva abituati, sempre più tenuta sotto scacco da una società civile conservatrice e ancorata alle proprie tradizioni, alla quale i social media hanno amplificato e semplificato le dinamiche dei conflitti.
Negli ultimi anni, la società americana ha vissuto una insicurezza determinata da un contesto economico e geopolitico che vede il suo predominio ridimensionatosi (come annunciava Joseph Nye Jr. in Fine del secolo Americano?).
Ciò a cui si è assistito è stato, dunque, una degenerazione della Presidenza, culminata con le vicende menzionate in apertura e che avranno, come si è già avuto modo di notare, conseguenze per l’ex Presidente anche una volta che avrà lasciato l’ufficio.
3. Critiche e reazioni
Gli eventi, come c’era da aspettarsi, sono stati prontamente condannati sia dai leader democratici che repubblicani: lo stesso leader dell’attuale minoranza repubblicana al Senato, Mitch McConnel (R-KY) li ha definiti come “insurrezione fallita, provocata dalle menzogne del Presidente”.[6] La dura reazione non si è fatta, nemmeno, attendere dai quattro ex Presidenti ancora in vita, i quali hanno denunciato le rivolte nella Capitale, con Obama e Clinton critici nei confronti di Trump per aver incitato alla violenza i suoi sostenitori.[7] Ancora più dure sono state le richieste inviate dai due leader democratici al Congresso, leader dell’attuale maggioranza democratica al Senato Chuck Schumer (D-NY) e la Speaker Nancy Pelosi, i quali si sono rivolti al precedente Vice Presidente Mike Pence per richiedergli l’applicazione della procedura prevista dal XXV emendamento: qualora questi non fosse pervenuto alle loro richieste, sarebbero andati avanti provando a rimuovere il Presidente, dal suo ufficio, mediante un secondo procedimento di impeachment.
4. I quattro scenari per la rimozione del Presidente
Può risultare ostico tracciare un bilancio dell’Era Trump: gli eventi da analizzare si sono conclusi da troppo poco tempo e ci sarà bisogno di valutarne gli effetti sul lungo periodo; si è trattato di un arco temporale scosso da azioni troppo forti e divisive che hanno condotto ad una polarizzazione estrema della società civile e che non permette possano essere analizzati su un piano esclusivamente di tipo razionale. Si rende necessario, dunque, porre l’attenzione ed analizzare quali siano state le possibili alternative per realizzare la rimozione di Trump dal suo Ufficio, varie ipotesi che hanno iniziato a circolare tra i membri dello stesso Congresso, del suo stesso gabinetto, commentatori politici e studiosi.
4.1. Dimissioni
Sin dai primi istanti successivi l’assalto al Campidoglio, si è posta l’attenzione sulla possibilità che Trump decidesse di rassegnare le dimissioni: il Presidente dispone della possibilità di rassegnarle, nel quale caso il Vice Presidente diventerebbe automaticamente il nuovo Presidente piuttosto che assumere “meramente” i poteri ed i compiti della Presidenza in qualità di Presidente “agente” (art.II, sez.1, §5).
Se Trump avesse seguito questa linea, il suo Vice, Pence, sarebbe divenuto il 46° Presidente USA; nonostante una intensa pressione da parte della propria amministrazione, la minaccia di rimozione e le numerose dimissioni dei suoi componenti, Trump si è impegnato, solo verso il termine della sua presidenza, ad una ordinata transizione del potere.[8]
4.2. XIV emendamento
La seconda ipotesi è stata quella dell’invocazione del XIV emendamento che, alla sezione 3, afferma che se una persona ha partecipato a delle insurrezioni dopo aver prestato giuramento nel difendere la Costituzione, quest’ultima potrà essere interdetta dal tenere un ufficio a meno che ciò non sia permesso dal Congresso. L’unico precedente del suo utilizzo, però, lo si riscontra nel lontano 1919, quando venne invocato per impedire che Victor L. Berger, accusato di aver violato l’Espionage Act a causa delle sue prospettive anti-militaristiche, potesse prendere il suo posto alla Camera dei Rappresentanti. Sarebbe stata la prima volta dell’utilizzo di questo emendamento nei confronti di un Presidente in carica e, dunque, visto come altamente improbabile.[9]
4.3. XXV emendamento
Tra le varie ipotesi al vaglio degli studiosi, quella che sarebbe potuta risultare maggiormente perseguibile era quella relativa al XXV emendamento, il quale stabilisce che se il Vice Presidente ed una maggioranza dei Segretari dei Dipartimenti avessero trasmesso al Presidente pro tempore del Senato e allo Speaker della Camera una dichiarazione scritta nella quale si evidenziava l’incapacità del Presidente di esercitare i poteri ed i doveri del suo ufficio, il primo avrebbe potuto assumere l’incarico presidenziale in qualità di facente funzioni.[10] L’emotività non deve, però, far dimenticare che la Costituzione deve essere soggetta ad una interpretazione storica, testuale e sistematica delle sue norme, e l’emendamento sopra citato risulta inapplicabile alla fattispecie in esame: il XXV emendamento venne elaborato per risolvere situazioni in cui vigeva una impossibilità di fatto, determinata da cause di salute o di forza maggiore, nell’esercizio delle funzioni presidenziali.[11]
L’applicazione analogica di tale istituto al caso Trump avrebbe rappresentato null’altro che una forzatura, in quanto il Presidente si trovava nel pieno delle proprie facoltà di intendere e di volere nel momento in cui stava incitando la folla a marciare su Washington.[12]
Da aggiungere, inoltre, che tale applicazione avrebbe potuto condurre ad una situazione paradossale di stallo: il Presidente sarebbe sempre in grado di mandare egli stesso una medesima dichiarazione al Presidente pro tempore del Senato e allo Speaker della Camera nella quale esplicita che non vi è alcuna inabilitazione ai suoi doveri e rientrando nel pieno dei suoi poteri, a meno che nuovamente il Vice Presidente ed una maggioranza del Governo non trasmettano una ulteriore dichiarazione sulla incapacità di intendere e di volere del Presidente (entro quattro giorni). A questo punto spetterebbe al Congresso la decisione sulla questione (sez.4 §2).
Tale possibilità venne scartata da Mike Pence i giorni seguenti, divenendo subito impraticabile. Seppure avesse avuto la possibilità di rimuovere, dalla scena politica, il Presidente Trump, la stessa proposta sarebbe dovuta essere ratificata dai 2/3 dei membri di ciascuna Camera in un momento nel quale al Senato si contavano in numero pari Democratici e Repubblicani (50 vs 50), mettendo il Partito Repubblicano dinanzi a scelte divisive senza precedenti, in quanto molti Senatori sono ben consapevoli di quanto la presa di Trump sia ancora molto forte sulla base degli elettori in un’ottica di rielezioni durante le mid – term elections del 2022, ed esautorando ancora di più quei conflitti interni che il Paese si stava trovando ad affrontare.[13]
4.4. Impeachment
Accantonate le ipotesi sopra menzionate, il 13 gennaio 2020 la Camera dei Rappresentanti ha deciso di dare avvio al procedimento di impeachment nei confronti di Donald Trump mediante la stesura di un solo articolo: incitement of insurrection.
Il procedimento di impeachment prevede una divisione dei compiti tra i due rami del Congresso: alla Camera dei Rappresentanti è conferito l’esclusivo potere di accusa, mentre al Senato è attribuita la competenza esclusiva del giudizio.[14] Se le accuse poste in essere sono ritenute particolarmente fondate, la Camera predispone l’immediato inizio della fase istruttoria e viene affidato ad una Commissione parlamentare[15] il compito di raccogliere informazioni utili circa i fatti denunciati, al fine di redigere un report sulla natura e sulla gravità dei comportamenti posti in essere.
Terminata la fase istruttoria, vi è la presentazione di una relazione in cui la Commissione di inchiesta deve rendere conto delle indagini svolte ed espone gli, eventuali, illeciti commessi. Qualora si voti per la procedibilità, la stessa Commissione avrà l’incarico di elaborare i singoli capi di accusa, ossia di redigere gli articles of impeachment.[16]
Il voto alla Camera ha evidenziato il risultato di 222 voti a favore per la procedibilità dell’impeachment contro 197 voti contrari. L’ultima fase che ha luogo dinanzi la Camera dei Rappresentanti è la nomina dei managers che avranno il compito di esporre gli articoli e sostenere l’accusa dinanzi il Senato.
Durante il procedimento di impeachment, il Senato si costituisce come organo giudicante e dà avvio alla raccolta delle prove riguardanti gli illeciti contestati. Terminata la fase di acquisizione delle prove, si apre la fase dibattimentale con la discussione finale in Aula. L’apertura e l’arringa spettano sempre ai rappresentanti dell’accusa. Al termine dell’arringa conclusiva, si conclude la fase dibattimentale ed il Senato, a porte chiuse, permette ad ogni suo membro di esporre le proprie riflessioni circa la colpevolezza o meno dell’imputato. Al termine di ciò, si giunge alla fase della votazione: i membri del Senato votano su ciascun articolo ed il voto è espresso mediante un sì od un no. Se viene raggiunta la maggioranza dei 2/3 dei Senatori presenti per la colpevolezza, il Senato provvederà ad emettere una sentenza di condanna.[17]
Qualora venga sancita la colpevolezza dell’accusato, la Costituzione degli Stati Uniti prevede che il Presidente (e gli altri soggetti elencati all’art.II sez.4) possano essere rimossi dalla loro carica qualora si rivelino essere colpevoli di tradimento, concussione o altri gravi reati.[18]
Ai sensi dell’art.III, sez.3, comma 7, “le condanne pronunciate in caso di impeachment non avranno altro effetto se non di allontanare l’accusato dalla carica che occupa e di interdirgli, negli Stati Uniti, l’accesso a qualsiasi carica onorifica, di fiducia o retribuita; ma il condannato potrà nondimeno essere soggetto o sottoposto ad incriminazione, processo, giudizio e sanzione secondo le leggi ordinarie”.
Tale enunciazione deriva dalla circostanza che lo scopo principale di tale istituto è quello di difendere lo Stato nei confronti di comportamenti pregiudizievoli messi in atto da funzionari civili: la destituzione e l’inabilitazione rappresentano le sanzioni più gravi per il codice d’onore della società americana, una condanna di impeachment pregiudicherebbe tutta l’attività politica di un soggetto.[19]
Lo stesso Toqueville considerava l’impeachment come “un terribile strumento, il cui carattere intimidatorio nasceva dalla sua mitezza […] gli uomini ordinari vedranno in essa una sentenza capace di distruggere la loro posizione, di intaccare il loro onore e che li condanna ad una impotenza peggiore della morte”.[20]
5. Limiti e presupposti per l’attivazione dell’impeachment: il dibattito in dottrina
Ciò che negli ultimi giorni di gennaio ha infiammato il dibattito dottrinale dei costituzionalisti è stata la procedura di attivazione di tale istituto nei confronti di un soggetto che non sarebbe stato più in carica al momento in cui tale processo sarebbe giunto a termine, venendo in tale maniera a contraddire la lettera dell’art.II sez.4 laddove è specificato che l’obiettivo dell’impeachment risulta essere la rimozione dall’ufficio. Pare, dunque, difficile comprendere come sia possibile lo svolgimento di tale istituto nei confronti di un soggetto che avrà già cessato di ricoprire la sua carica.
La dottrina si è divisa tra chi riteneva non si potesse proseguire il procedimento dopo la scadenza del mandato presidenziale (Cass Sunstein); chi riteneva che, al contrario, il procedimento iniziato potesse proseguire anche dopo la scadenza (Michael J. Gerhardt); chi, invece, che non vi fossero limiti temporali sia alla conclusione sia all’avvio della procedura (Brian Kalt).[21]
Tale impeachment si sarebbe inserito all’interno di una grave crisi politico-istituzionale, con una peculiarità rispetto ai precedenti: sarebbe stata la prima volta la cui attivazione avrebbe interessato per ben due volte il medesimo Presidente, soprattutto negli ultimi giorni del suo mandato, quando la rimozione dall’ufficio non avrebbe potuto più avere effetto.
La prassi, affermatasi nel tempo, ha sancito che la cessazione del mandato impedisce o arresta il corso dell’impeachment, ma in tale ottica il procedimento nei confronti del Presidente Trump avrebbe acquisito un nuovo significato: avrebbe rappresentato quello strumento impiegato dal Congresso per separare definitivamente dal potere e dalla possibilità di ricandidarsi un soggetto che rappresenta una minaccia alla sicurezza nazionale, alla democrazia e alla Costituzione medesima.[22]
Le speculazioni riguardanti le varie ipotesi per la procedibilità o meno del procedimento sono giunte al termine: la conclusione della fase del procedimento dinanzi il Senato ha visto Donald J. Trump, in data 13 febbraio 2021, venir assolto dal procedimento a suo carico con il risultato di 57 senatori che hanno votato per la sua colpevolezza e 43 contrari. Durante questo secondo impeachment sette senatori repubblicani si sono uniti all’intera schiera dei senatori democratici[23] (diversamente dal primo procedimento di impeachment durante il quale soltanto Mitt Romney aveva votato per la sua colpevolezza).[24]
6. Democrazia: il valore da proteggere e preservare
Il giudizio di non colpevolezza (il secondo) nei confronti di Donald Trump non fa altro che evidenziare quanto la democrazia, celebrata da Biden, dimostri di essere potenzialmente fragile e per tale ragione vada soprattutto difesa, in quanto rappresenta il solo strumento in grado di garantire l’affermazione degli ideali di eguaglianza, libertà e giustizia che sono stati presenti nel corso della storia americana.[25]
Quella stessa democrazia, che Toqueville identificava come la bussola che deve guidare lo spirito americano, è stata chiamata ora ad assolvere l’arduo compito di sostenere quell’Unione che ha necessità di essere riparata, curata e ricostruita, in un periodo storico in cui le forze divisive hanno dimostrato di essere profonde e reali. Consapevoli di quanto la storia degli Stati Uniti sia profondamente intrisa di eccezionalismo e l’ideale americano si sia costantemente plasmato attraverso la metafora messianica, l’Amministrazione Biden avrà un solo ed unico scopo nell’affrontare le sfide che le si prefigureranno in futuro: emergere vittoriosa.
7. Transizione democratica “in order to (re)form a more perfect Union”
Il Presidente Biden si è trovato e si troverà, nel corso della sua Amministrazione, a fronteggiare la pandemia da coronavirus, la crisi economica e sociale da essa scaturita, la politica interna ed internazionale, ma soprattutto la necessità di ricostruire una forte unità nella società americana attraverso il ripristino delle regole democratiche che i Framers hanno inserito nella Costituzione del 1787 e che ancora oggi rappresentano il fulcro che anima la Nazione.
Lo spettacolo messo in mostra durante l’Inauguration Day è stato volto a celebrare l’orgoglio americano, un giorno di celebrazione della democrazia stessa; con ciò non si intende affermare che il Partito Repubblicano sia anti-democratico, piuttosto che il lascito trumpista ne abbia causato una deriva autoritaria il cui unico scopo, tramite la folla violenta del 6 gennaio, era quello di annullare la volontà popolare e quindi l’essenza stessa della democrazia.
Il richiamo di Biden alla tradizione è stato molto forte, si vuole ricercare l’unità del Paese e sono stati evidenti i molteplici accenni alla Guerra Civile e alla (ri)fondazione della Nazione. C’è una intenzione di riconciliazione, quasi al pari dell’Era della Ricostruzione: una ricostruzione messa a dura prova dalla narrativa alternativa che era stata promossa da Trump, il quale ha trasformato la sconfitta elettorale in un sopruso personale e ai danni di oltre 70 milioni di americani che lo avevano votato.
Non possono che riecheggiare nella mente di tutti le parole pronunciate, durante il discorso di insediamento, dalla giovane poetessa Amanda Gorman nel suo poema “The Hill we climb”:
“[…] we are striving to forge our union with purpose.
To compose a country committed to all cultures, colors, characters, and conditions of man.
And so we lift our gazes not to what stands between us, but what stands before us.
We close the divide because we know, to put our future first, we must first put our differences aside
We lay down our arms so we can reach out our arms to one another.
We seek harm no one and harmony for all.”
8. Riflessioni conclusive: what comes next?
L’America che si è affacciata al 2021 è un’America stanca, che ha vissuto uno dei suoi anni peggiori e con i suoi cittadini messi l’uno contro l’altro in nome di una supposta superiore ideologia che non contemplava altro che lo scontro ad oltranza. Per tale ragione, nelle parole “America is back, diplomacy is back” pronunciate da Biden, si può scorgere lo sforzo di ritrovare la propria anima, tornare ad essere il faro che ha illuminato il mondo per oltre mezzo secolo, senza però esimersi da un lavoro introspettivo sul passato permeato da razzismo sistemico, esacerbato da anni di Presidenza Trump. Sarebbe errato considerarli quali incidente di percorso; necessario, invece, operare un processo di elaborazione.
Il Paese risulta essere lacerato, internamente, da una situazione di profonda crisi, tanto sanitaria quanto economica e sociale, contornata da uno scontro politico sempre più radicalizzato. Dinanzi, un crocevia: necessario sarà imboccare la strada giusta per rimettere il Paese sul binario giusto.
Sul piano interno, il provvedimento più ambizioso risulta essere l’American Rescue Plan, il cui scopo è quello di accelerare la ripresa del Paese sia sul piano economico che su quello sanitario: come già avvenuto precedentemente, è stato approvato uno stimolo da 1,9 miliardi di dollari distribuiti mediante il modello helicopter money ai cittadini americani che dispongono di redditi bassi. Sul versante del contrasto alla pandemia, invece, l’invocazione del Defense Production Act del 1950 ha permesso di dare una forte accelerazione alla campagna vaccinale, generando al contempo malumori tra i partner europei per l’atteggiamento oltremodo protezionista messo in campo dagli USA (la promessa delle 100 milioni di somministrazioni nei primi 100 giorni di Amministrazione Biden è stata raggiunta in soli 58 giorni, rendendo dunque sempre più concreta la possibilità di festeggiare la vittoria contro il covid19 in occasione dell’Independence Day del 4 luglio).
Anche in politica estera gli USA si sono posti l’obiettivo di tornare ad essere faro e leader mondiale, per mostrare la loro presenza a quegli alleati e soprattutto avversari, quali Cina e Russia, che avevano approfittato del loro momento di debolezza. I partner europei, però in un primo momento, hanno arrancato non riuscendo a tenere il passo di questo vigore ritrovato, rimanendo invischiati per più tempo in quel circolo vizioso costituito da lockdown, dilagare del virus e delle sue varianti e carenza di vaccini.
In un modo globalizzato ed interconnesso, infatti, non si può sperare di andare avanti da soli: o si vince insieme o sarà una vittoria a metà. In quest’ottica, dunque, lo strumento del vaccino aveva acquisito il ruolo di nuovo soft power che avrebbe garantito al suo portatore il ruolo di deus ex machina. La transizione del potere appare essere duplice: internamente si sta operando una politica riconciliativa, ma sul piano estero non si è ancora pronti ad un passaggio di testimone. Il secolo americano è ben lungi dall’essersi concluso, sono cambiate soltanto le “armi” messe in campo.
[1] J. JACOBO, A visual timeline on how the attack on Capitol Hill unfolded, ABC News, 10 gennaio 2021.
[2] R. EMANUEL, How To Calm America’s Hundred-Year Storm, POLITICO, 25 gennaio 2021.
[3] Acronimo di Make America Great Again.
[4] S. GRAZIOSI, Il bilancio della presidenza Trump è positivo, ma non si può dire, PANORAMA, 21 dicembre 2020.
[5] Si rammentino i comizi tenuti in presenza nei palazzetti, per la campagna elettorale, a discapito di qualunque normativa anti-covid.
[6] A questi, tra i molti, hanno fatto eco Adam Kinzinger (R-IL) e Liz Cheney (R-WY) i quali hanno ritenuto le manifestazioni quale un “colpo di Stato” la cui fiamma è stata alimentata dal Presidente stesso; Nancy Mace (R-SC), che aveva lavorato alla campagna presidenziale del 2016, ha affermato che tutto ciò per cui aveva duramente lavorato era stato spazzato via dalla violenza; McMorris Rodgers (R-WA), che aveva pianificato primariamente di opporsi alla certificazione del voto elettorale, ha annunciato che non avrebbe più mosso alcuna obiezione essendo stato testimone di eventi che erano così poco americani.
[7] Il Presidente Obama ha rilasciato una dichiarazione in cui si è detto amareggiato per il disonore e la vergogna che dovrà affrontare la Nazione, a causa di un evento creato da un partito e dall’accomodamento dell’ecosistema dei mass media ad esso vicini che si sono rifiutati troppo spesso di dire la verità ai propri elettori, dando vita ad una narrativa fantasiosa che si è allontanata sempre più dalla realtà, la quale è cresciuta su anni di dormiente risentimento. Per la dichiarazione completa, si veda Former U.S. President Obama releases statement on chaos at U.S. Capitol, Dayton 24/7, 7 gennaio 2021.
[8] M. MCGRAW, A. KUMAR, Trump agrees to “orderly transition” of power, POLITICO, 7 gennaio 2021.
[9] B. Z. WOLF, What’s the 14th Amendment and how does it work?, CNN politics, 12 gennaio 2021.
[10] XXV emendamento, sez.4 della Costituzione degli Stati Uniti d’America.
[11] Come si può notare, nel corso della storia, la cessione temporanea dei poteri presidenziali, prevista dal XXV emendamento, si è avuta soltanto in fattispecie in cui si era dinanzi ad una impossibilità fisica: Ronald Reagan sottoposto ad una chirurgia per un cancro al colon, e George W. Bush per una colonscopia.
[12] A. BURATTI, Da Trump a Biden: è il momento di ricucire gli strappi, DPCE Online, Blog La transizione: l’America dopo Trump, 18 gennaio 2021.
[13] G. F. FERRARI, An endless story? DPCE Online, Blog La transizione: l’America dopo Trump, 13 gennaio 2021.
[14] Art.I, sez.3, comma 6 della Costituzione degli Stati Uniti d’America.
[15] Dal 1813 è incaricata di tale compito la Commissione giustizia.
[16] Cfr. M. J. GERHARDT, The Federal Impeachment Process: a Constitutional adn Historycal Analisys, Princeton, 1996.
[17] Art.II, sez.4 della Costituzione degli Stati Uniti d’America.
[18] Treason, bribery, high crimes and misdemeanours.
[19] M. OLIVIERO, L’Impeachment. Dalle origini inglesi all’esperienza degli Stati Uniti d’America, GIAPPICHELLI, Torino, 2001, pag.89.
[20] Cfr. A. DE TOQUEVILLE, La democrazia in America, ed. it., a cura di G. CANDELORO, Milano, 1982.
[21] Vedi G. F. FERRARI, op. cit., pag.2.
[22] H. Res.24 – Impeaching Donald John Trump, President of the United States, for high crimes and misdemeanours, 117th Congress.
[23] Vedi Trump acquitted in impeachment trial; 7 GOP Senators vote with Democrats to convict, NBC News, 13 febbraio 2021.
[24] L. ZHOU,7 Senate Repubblicans vote to convict Trump – the most bipartisan impeachment trial verditc ever, Vox, 14 febbraio 2021.
[25] G. D’IGNAZIO, Le ferite degli USA, le sfide di Biden e le incognite, Il Quotidiano del Sud, 22 gennaio 2021.
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Luigi Rende
Laureato in Scienze Politiche presso l'Università della Calabria, con votazione 110/110 e lode.
Master in Relazioni internazionali e studi strategici.
Studioso di diritto pubblico anglo-americano.